Molti di voi spesso mi ringraziano per un post che trovano particolarmente interessante o che magari rispecchia una sensazione che già avvertivano all’interno di se stessi ma alla quale non avevano ancora dato un nome (consapevolezza?).
pane toscano ricetta
Sorvolando sul fatto che quello che faccio io non è altro che anticipare ciò che molto presto sarebbe accaduto ugualmente (sono convinta che le mie parole non avrebbero alcun senso per chi non fosse già predisposto ad ascoltarle, se cioè non steste già cercando qualcosa per conto vostro), vorrei dimostrarvi con questa ricetta come il vero significato del pasto nudo consista per me nella condivisione e nello scambio di informazioni, alle quali diversamente è molto difficile accedere, e che arricchiscono me almeno quanto voi.
Prova ne è infatti questo bellissimo pezzo di tradizione che è il pane toscano, che io non avrei mai saputo preparare se non ci fosse stata Sandra (ma avrebbero potuto essere Cleofe, Roby, Roberta, Domenico, Jennifer, Miche, e molte altre persone che sto avendo la fortuna di conoscere grazie a questo blog, e che posseggono un’energia positiva stupefacente, che prescinde dalla situazione contingente nella quale si trovano), che ha deciso in modo totalmente disinteressato di condividere un ricordo prezioso e un insieme di gesti che risalgono alla sua infanzia: il pane che la sua mamma, la Dina, preparava da sempre.

A parte che giá il nome Dina per me è tutto un programma (lo sapete, no, che la Dina era la gatta della piccola Alice del paese delle meraviglie – Dinah nella versione originale), avere la possibilità di accedere in un colpo solo alla saggezza e alla tradizione popolare e allo stesso tempo di addentare un tipo di pane che altrimenti potrei mangiare solo a casa di una vera Toscana come Sandra mi mette una tale allegria che avrei moltiplicato la dose per dieci e avrei distribuito come una pazza la pagnotta in giro per l’attonito paese dove vivo.

Insomma per la prima volta nella (breve) storia del pasto nudo la mia ricetta non è stata ispirata (o copiata spudoratamente) da un altro blog di cucina o da un sito (o libro) di ricette, ma arriva direttamente da una pastonudista (definirla lettrice sarebbe riduttivo, vi basta dare uno sguardo al forum, del quale lei è una degli indiscussi protagonisti).
tuscan bread recipe
Ovviamente questa non è che la prima di una spero lunga serie di ricette dei pastonudisti; anche Paoletta ad esempio, che conoscete sicuramente (e se la conoscete non potete che apprezzarla), da tempo pubblica le ricette dei suoi lettori, e che ricette :-9
Occhei, anche questa volta il sermone è finito, vi appioppo la ricetta e poi mi direte.
Solo un ultimo appunto il mio: lo so, sono imperdonabile, Sandra scusami ma la mia napoletanità mi ha tarata per sempre: la prossima volta provo a farlo con il saleeeeee! Non ce la faccio proprio a mangiare il pane sciapo, zac dice che con il salame o il prosciutto toscano acquista un senso tutto particolare, ma mi sa che devi essere nato in Toscana per apprezzarlo veramente!
pane toscano ricetta
Ho avuto il coraggio di scriverlo solo perché so che Sandra mi avrebbe capita… per farvi comprendere meglio chi è questa donna incredibile vi trascrivo un suo intervento di ieri sul forum, rivolgendosi a Domenico, anche lui napoletano come me, che per primo ha azzardato coraggiosamente la questione “se ci mettessi un zinzinino di sale”: …anche perché sai come son fatti i toscani, soprattutto i fiorentini, ti direbbero “ocche pane t’ha fatto? coi sale? ma unnè miha i toscano codesto costie! Codesto l’è un’artro par di maniche!”….In poche parole, nessun toscano definisce toscano un pane col sale! Però, poiché siamo democratici e aperti a qualsiasi esperienza, prova e poi raccontaci come è venuto!

Ingredienti:
50 grammi di poolish di lievito naturale liquido
750 grammi di farina 0
400 grammi d’acqua (all’incirca)

Al mattino impastate il poolish con 200 grammi di farina e 100-120 grammi d’acqua (come al solito, a seconda di quanta ne assorbe la farina. A differenza del solito metodo che utilizziamo per impastare, stavolta dovete fare in modo da far sviluppare meno glutine possibile.
Come vedete dalle foto questo tipo di pane deve avere una mollica compatta con alveoli piccoli e regolari: questo è il segreto che gli permette di rimanere fresco per molti giorni (secca più lentamente perché non entra molta aria all’interno), quindi impastate velocemente, meglio sarebbe a mano, se preferite usare l’impastatrice fatela andare meno tempo possibile, solo fino a che non si formerà la solita palla; mettete poi il vostro panetto in una ciotola di vetro, coprite con la pellicola senza pvc o infilate in un sacchetto per alimenti e mettete a lievitare nel forno spento (o, se fa veramente caldo, nel frigorifero).
Dopo circa 10 o 12 ore (se seguite la tabella di marcia dovrebbe essere sera) aggiungete al vostro panetto (se era in frigo tiratelo fuori e aspettate che torni a temperatura ambiente) altri 300 grammi di farina e altri 150 grammi d’acqua. Reimpastate velocemente, panetto, ciotola, aspettate un’oretta e poi mettete tutto in frigorifero fino al mattino successivo.
Il mattino dopo prendete l’impasto dal frigo, aspettate di nuovo che torni a temperatura ambiente (ci vorrà almeno un’oretta) e aggiungete altri 250 grammi di farina 0 e 125-150 grammi d’acqua (se avete intenzione di aggiungere il sale io ne metterei due cucchiaini in quest’ultima fase). Impastate brevemente e formate un filone lungo e stretto, posizionandolo sulla spianatoia verticalmente rispetto a voi.
Per la formatura vi copio-incollo dal forum il procedimento di Sandra, visto che l’ha descritto in modo impeccabile:
“Prendete la parte superiore, ripiegate per un terzo e con tutta la lunghezza dei pollici (per intendersi dall’unghia fino al polso) schiacciate fino a toccare la spianatoia.
Prendete ancora la parte piegata e piegatela sull’ultima parte. Schiacciate ancora.
Date una forma veloce di filone, giratelo ancora per verticale e ripetete l’operazione. Ora formate il vostro filone. Prendete un canovaccio (che non profumi di sapone o ammorbidente, please!), infarinatelo bene bene ed appoggiate sopra il filone. Chiudete a pacchetto ma senza stringere troppo, altrimenti non potrà lievitare.”

L’impasto dovrà lievitare circa tre ore, o comunque fino a quando non avrà ricominciato a crescere e “la superficie sarà tutta piena di crepe e smagliature”.
A questo punto preriscaldate il forno a 220°C, con la solita pietra refrattaria posizionata all’interno. Quando avrà raggiunto la temperatura dovrete adagiare il pane molto delicatamente sulla pietra, evitando di scottarvi; Sandra suggerisce di prendere la pietra refrattaria, appoggiarla su una superficie che non bruci (io l’ho messa sul lavello di metallo), poi rovesciare delicatamente il filone dallo strofinaccio sull’avambraccio e la mano e altrettanto delicatamente poggiarlo sulla piastra rovente, poi inserirlo immediatamente nel forno.
Io ho fatto proprio così; per essere la prima volta che usavo questa procedura non è andata poi così male, la prossima volta sarò ancora più delicata, devo prenderci la mano, anzi l’avambraccio :-P Lasciate cuocere per una decina di minuti, poi abbassate la temperatura del forno a 190° per altri 40 minuti; a questo punto togliete la pietra refrattaria e posizionate il pane direttamente sulla griglia ancora per una decina di minuti, in modo che si cuocia bene anche sotto.
Per non far ammorbidire la crosta ho poi lasciato che il pane si raffreddasse nel forno spento con la porta socchiusa, ma non so se questa è la procedura giusta, chiederò all’esperta :-)