Io il cavolo nero a Napoli non lo avevo proprio mai visto. La prima volta che lo comprai, qui a Roma, non avevo ancora la familiarità con la rete che ho adesso, così me lo stesi davanti foglia per foglia con aria interrogativa e mi chiesi “e mo’ che ci faccio con queste foglione?!”.
Non sapevo che la parte centrale andava scartata, o quantomeno non cotta insieme a tutto il resto. Misi tutto insieme e mi ritrovai al primo tentativo con le foglie supermolli e al secondo con la costa coriacea. Poi è arrivata la rete, i blog su cui curiosare e il cavolo nero oltre che bello è diventato anche buono, anzi buonissimo.
Ho imparato che “se non ha preso il ghiaccio nel campo non è bono”, perché dopo le gelate diventa più tenero e saporito; che ne parlava persino l’Artusi, che lo definiva “un piatto da Certosini o da infliggersi per penitenza ad un ghiottone”, che è un ingrediente imprescindibile della celeberrima ribollita toscana, così celeberrima che trova eco su blog di oltreoceano del calibro di 101cookbooks, ma anche più vicini, come quello del Jamie Oliver che sicuramente conoscete (aò, a me lui sta simpatico, anzi supersimpatico!).
Quella di cui vi parlo oggi però è un’altro tipo di preparazione, non meno blasonata e tradizionale, e non meno antica, che ho rischiato incautamente di titolare “fettunta con il cavolo nero”, ma che fettunta assolutamente non è, visto che (cito, da un commento di tale Andrea, su Dissapore): “La fettunta richiede solo pane raffermo sciocco, possibilmente cotto nel forno a legna, abbrustolito sulla brace da una parte sola e morbido all’interno, strofinato con aglio; olio e.v.o. di prima spremitura, quasi verde; poco pepe appena macinato (se piace) e pochissimo (ma meglio niente) sale”.
Io ho usato qualche fetta rafferma del mio solito pane di farine antiche (o di farro), e invece che sulla brace (da una parte sola) le ho tostate leggermente in una padella di ferro e c’ho pure messo il sale (di Maldon; quello giusto sarebbe sale marino integrale grosso macinato appena con una bottiglia di vetro a mo’ di matterello); ma non lo dite ai toscani che mi fanno nera o.O
Ho fatto due prove, una più spuria (ho stufato il cavolo nero in padella con un po’ di aglio e olio invece di bollirlo, vedete il risultato — molto elegante! — nella foto qui sopra), l’altra più tradizionale, e tutte e due erano assolutamente strepitose.
Questi Toscani ne sanno una più del diavolo (vero Giucche? ma tu sei ancora Toscano? O sei Francese, ormai?). E non dite che le fette di pane sono troppo sottili! A me piacciono così! Uffa! L’uomo del sarcasmo (anche detto Zac) l’ultima volta mi ha chiesto se doveva obliterarle!
Ingredienti:
un cavolo nero reduce da una bella gelata
qualche fetta di pane fatto in casa, meglio se raffermo
olio extravergine spremuto da poco
qualche spicchio d’aglio
sale marino integrale, grosso (o sale di Maldon)
pepe nero in grani
peperoncino (facoltativo)
Per prima cosa abbrustolite il pane (se siete tra i fortunati che hanno un caminetto usate la brace!) da un solo lato e poi strofinateci sopra per bene l’aglio.
Separate le foglie del cavolo nero dal torsolo e lavatele; staccate le foglie dalle coste e tuffatele in una pentola grande piena di acqua bollente. Io le lascio sempre poco perché come ho detto sette milioni di volte non sopporto la verdura molle, quindi tiratele fuori quando vi piace la consistenza che hanno (venti minuti comunque mi ci sono voluti tutti). Non gettate l’acqua di bollitura (e tenetela in caldo) ché vi servirà tra poco.
Tritate il cavolo grossolanamente, intingete le fette di pane per qualche istante nel brodo bollente di cui sopra, poggiatele nei piatti, distribuiteci sopra il cavolo appena scolato e tagliato grossolanamente (ma anche no), aggiungete una generosa dose di olio (io me ne sono appena accaparrata una latta di quello nuovo di Scandriglia, una cosa pa-zze-sca), qualche grano di sale, una spolverata di pepe appena macinato e se vi piace finite con un po’ di peperoncino fresco piccante tritato al momento. Se non provate non potete immaginare quanto sia buono questo piatto geniale. E saziante! :-)
Sonia ma il sale di Maldon dove posso trovarlo?
Mi hai dato la superconferma di una cosa che sostengo da mesi: il cavolo nero è quello che gli anglosassoni chiamano Kale e i tegeschi gruenkohl; in Germania si dice che non si possa mangiare prima che abbia nevicato e ci fanno uno stufato molto teutonico e buonerrimo, con i wuerst e del maiale affumicato… se lo trovo bio te ne porto un pezzo!!
Io, da brava toscana, conosco assai bene il cavolo nero e lo coltivo anche nel mio orto (quest’anno però non ce l’ho). buonissimo, sul pane poi è la morte sua ;)
Anche io il cavolo nero l’ho conosciuto tardi, nonostante non vivessi a Napoli ma a Roma. Ho dovuto aspettare di venire a stare in Toscana per scoprirlo, prima in lucchesia e poi qui nel senese…e che scoperta! Ieri proprio qui dove vivo c’era una festa di paese con tanto di pentolone di ribollita a cuocere sul braciere acceso, un profumo così invitante che ho detestato il fatto di dovermene andare senza poterne prendere un piatto! Questa ricetta non l’avevo mai sentita e sembra superinvitante…grazie!
Io del cavolo nero mi sono innamorata l’anno scorso e ora lo “piazzo” dappertutto…proprio ieri ci ho condito le orecchiette al posto delle cime di rapa. I pugliesi rabbrividiranno ma i commensali hanno gradito molto, provate!
Adoro!!!
E’ il mio vegetale preferito in assoluto.
Mai bollito, ma cucinato sempre saltato in padella con olio, aglio e peperoncino.
Mai tolta la parte centrale. Adoro la sua croccantezza!
La morte sua l’ho provata accostata a una cremosa vellutata di zucca.
Peccato che si coltivi soltanto nei pressi dell’appennino. Quanto mi manca qua in piemonte!
Io amo il mio gemellino zaccoso, di un amore fraterno ovviamente che non me ne voglia la padrona di casa… ma il suo sarcasmo non manca mai di rallegrarmi! (sebbene il pane sottile piaccia pure a me, sia chiaro!)
E amo pure il cavolo nero, ma proprio tanto tanto… prova a ripassarlo con aglio e patate lesse! Oppure buttalo a manciate casuali in zuppe cometipareate… una delizia!
@Simona: lo trovi da Dama d’erbe!!
Il Grünkohl (Brassica oleraceae var. sabellica) appartiene alla stessa famiglia del cavolo nero, ma non e’ il cavolo nero, che infatti si chiama Schwarzkohl (Brassica oleraceae var.viridis). Hanno sapori molto differenti tra loro, il Grünkohl e’ molto più’ coriaceo e richiede una cottura di 2 ore, al cavolo nero bastano una ventina di minuti.
Non esiste una sola Toscana sola, Sonia, ma tante quanti sono i suoi campanili. Figlio come sono di una piombinese e di un pisano, il cavolo nero non è stato un “must” della mia infanzia, forse anche perché al mercato coperto della Garbatella credo non sia mai arrivato.
Da quando sono a Cortona, bazzicando Arezzo, Siena e Firenze, posso dire che di ribollite non ce n’è una sola e che la patria della “Fetta col cavolo” è Arezzo. Figurarsi che là non stanno neanche a specificare quale cavolo debba essere, tanto “il” cavolo per anonomasia è il nero.
Per imparare ad apprezzarlo, devono aver pensato in origine di prepararlo nel più semplice dei modi: lessato in poca acqua, aggiungendo un po’ di sale e, una volta pronto – via nel piatto, con il suo brodo! – sopra una fetta di pane toscano (meglio se cotto nel forno a legna) abbrustolito (non secco!), condito con aglio e olio extravergine d’oliva (quello toscano, “col pizzico”!) a piacere. In ultimo un giro d’olio ancora e, volendo, una macinata di pepe nero.
Beh, se lo provi così lo conosci davvero. E difficilmente cercherai altre strade per apprezzarlo (ribollita a parte, ma lì il protagonista è il binomio “cavolo nero e fagioli toscanelli, o cannellini”.
Sulla pulitura del cavolo: stacca foglia per foglia, impugnala dal basso con una mano e con l’altra (tre dita: una salda sotto la costola, le altre due a “tirare” sui lati) separa la foglia dal gambo, lasciando che questo si spezzi dove finisce di essere legnosetto (un po’ come si fa con l’asparago quando se ne ricavano le punte). Prima di cuocerlo sminuzzalo per evitare ciondolamenti dal cucchiaio.
Sul fatto che abbia preso il gelo per “intenerirsi”, confermo. Sulla cottura farei anche mezz’ora. Sulla sua divulgazione va aggiunta la Liguria, dove però lo consumano con le patate lesse e il loro splendido olio (che io trovo però un po’ troppo delicato in questo accostamento).
eh, che poesia questo piatto!
Anche io come Marjanne lo cuocio in padella. Dalla costa sfilo la parte più fibrosa sfilandola come dal sedano, ognuno a modo suo da come ho letto ; )
Noi l’abbiamo messo nell’orto e per sicurezza l’abbiamo regalato ad amici ortolani più esperti, non possiamo star senza!
ah, volevo dire che da quanto ho sentito qui in zona “sul campo” (piemonte), la regola di aspettare la gelata per cogliere il cavolo vale per tutti i cavoli, anche per i più famosi cavoli verza.
Quest’anno ha gelato tardi e noi il cavolo nero l’abbiamo pappato anche prima ed era buono lo stesso.
Come vorrei mangiarmela adesso la tua fetta!
saluti Su