Facebook è un luogo periglioso. Soprattutto la chat. Tipo che bell’e buono qualche settimana fa mi ha contattata una donna pazza, arrendevole come una roccia di granito scolpita dal vento sardo, un po’ strega ma anche dolce, avvolgente, magnetica. Il piglio era apparentemente delicato e timido, ma con un polso di ferro che poche volte ho avuto l’occasione di incontrare.
Elisabetta, alias (su Facebook) “Morgana del deserto”, è indubbiamente una creatrice, una di quelle femmine che se gli metti dei limiti ci girano dentro come tigri in gabbia, e guai a voltargli le spalle. Un vulcano pronto ad esplodere, con un grande cuore accogliente, insomma una contraddizione in termini, una donna vera e tangibile. E allo stato brado (quindi grass fed! Niente integrazioni e mangimi :-D).
Codesto essere femminino, che ha stabilito il proprio territorio in quel di Bari, ha manifestato da sùbito il desiderio di scrivere per il pasto nudo un sacco di cose belle e interessanti, e non che già non le scriva in luoghi molto più blasonati, tipo qui o qui (e non solo).
Si definisce scrittrice, ambientalista e artigiana (per ora, ma non pone limiti alla provvidenza). Mi scrive che il cibo sintetizza bene queste tre anime, e siccome è esattamente ciò che penso anche io già la sento vicina.
Dice che ha un microorto sinergico sul balcone, che è la sua terapia del buongiorno — le sue parole esatte sono: “un saluto alla melanzana che sta crescendo mi risolve la giornata” — che fa laboratori di analisi sensoriale con i bambini per fargli scoprire la consapevolezza di ciò che mangiano attraverso l’uso dei propri sensi, che è una degustatrice di olio e di miele “perché sono prodotti poco manipolati ma soprattutto parlano meglio di altri del territorio”.
Che ha una passione speciale per l’olio, l’olivo, il suo paesaggio, le sue storie e da questa passione, insieme ad altri tre amici e amiche ha creato un gruppo su facebook che si chiama “Passione Extravergine”.
Insomma, chi sono io per impedirle di comunicare con voi attraverso il pasto nudo? È evidente che il suddetto l’ha scelta, attratta e catturata, e non sarò certamente io a impedire qualcosa al mio secondo figlio (che ha molto in comune con la prima, ad esempio la testardaggine, la volitività, l’indipendenza, e un po’ di sana incoscienza del tipo “a tutto c’è una soluzione”).
Eccovela in tutta la sua irruenza, vedetevela voi con lei; vi dico solo ancora che Burroughs, l’ispiratore del titolo (e non solo del titolo) di questo blog, a proposito del titolo del suo romanzo disse: “naked lunch, a frozen moment when everyone sees what is on the end of every fork” (il pasto nudo, l’istante raggelante quando ognuno vede cosa c’è sulla punta di ogni forchetta). Già questo dovrebbe bastare a spiegare perché trovo il titolo che Elisabetta ha scelto per questa rubrica molto ma molto appropriato a noi, e a ciò che lei vuole dirci.
Sono capitata per caso. I miei genitori si volevano fermare ad un solo figlio, dal momento che era venuto abbastanza bene (a tre anni aveva già inventato i numeri negativi) e invece sono arrivata io, una bambina che si rifiutava di giocare con le bambole, anche quelle fighette, e preferiva salire sugli alberi. La nonna mi chiamava Pippi e non a caso.
La mia pippitudine crescendo non è diminuita, anzi semmai è diventata più articolata, multisfaccettata, insomma sono una personalità con molte tasche. A mio figlio ho insegnato che ridere ti salva la vita e lui lo ha capito fin troppo bene, non c’è più niente che prenda seriamente.
Chi mi conosce sa che amo la scrittura, una compagna che ho scelto fin dalle scuole elementari, la natura, perchè pur abitando a Bari, la montagna è per me una filosofia di vita fatta di ritmo, limiti, pazienza e rispetto. La terza anima è quella artigianale: mi da’ soddisfazione creare con le mani (monili, conserve…) e soprattutto condividere.
Il cibo è diventato da qualche anno il mio mestiere, terreno d’incontro di narrazione, paesaggio e lavoro artigianale. Una sintesi insperata di tre Elisabette che possono incontrarsi con gioia (naturalmente ce ne sono altre che non ho ancora scoperto).
È stato un richiamo potente e affascinante, mediato da una consapevolezza corporea, ancestrale, diretta. Essenzialmente l’odore con il suo carico di memoria e monito, ma anche il gusto e l’aroma, una sensazione olfattiva nascosta e più schiva, a volte il tatto che in cucina si esprime con la consistenza, tutto è diventato viaggio, esplorazione, scoperta.
Mettersi in gioco fisicamente è una componente passionale della vita che vale la pena di cogliere per conoscere e imparare meglio se stessi, sfruttando anche i residui animali di cui è portatore sano il nostro corpo, che solitamente facciamo di tutto per non sentire.
In questo spazio vorrei portarvi per mano attraverso il vostro corpo, alla scoperta di come percepiamo e di quanto è bello scoprirsi capaci di sentire le emozioni del cibo, ma anche vi racconterò di persone che hanno scelto la strada in salita delle piccole cose fatte bene, e di quella natura, di quella campagna che parla a chi la sa ascoltare.
Pronti? Lo zaino lo riempiremo viaggiando…
CHE BELLO!
mi piace, aspetto…
benvenuta Elisabetta :o)
Bene bene! Un altro *essere-inter-disciplinare* sulla piazza magica di Izn!
Sono curiosa delle tue esperienze cara Elisabetta. Ben arrivata :-)
Grazie Valeria e grazie Sabine! che bella accoglienza! Vedo che siete già armate di curiosità…ottimo!
A presto!
:)