Questa ve la devo proprio raccontare. Come da consueta procedura, Stefano ci contatta per inviarci la nuova tornata di fantastici formaggi d’erba da assaggiare e cucinare, già passati al setaccio della sua esperienza e competenza, e infine approvati da lui medesimo.
Decido di aprire subito questa meravigliosa ricotta (lo sapete che per le ricotte c’ho una passione), la fotografo, preparo il piatto, scarico e correggo le foto e il giorno dopo mi metto al mac con wordpress da una parte e il sito dell’azienda in questione dall’altro (monitor largo) per scrivere questo post.
Dopo cinque minuti mi cerca Macs, un mio amico carissimo, su facebook, e mi scrive: “cara Sonia, non sono io che ti parlo, ma il basista che è in me. Ti segnalo che la dimora storica casa Lawrence di Picinisco sta aprendo una dependance della sua già bella struttura. Si tratta di una casa del 1800 con decorazioni dell’epoca (ispirate o realizzate da Mastroianni di Arpino) destinata a degustazione di formaggi prodotti in proprio e vini di qualità.
La cosa più particolare è che in collaborazione con una mia amica naturalista vuole dedicare una stanza alle tisane fatte con le erbe del luogo. perché non visiti il sito e ti fai un’idea? Casa Lawrence si chiama così perchè c’è stato ad abitare quello di Lady Chatterley. baci etc.” sì sì proprio baci etc., lui scrive così, io lui lo adoro proprio.
Insomma, clicco sul link che mi ha segnalato e mi si apre… la stesso sito sul quale stavo lavorando :-DDD Quando vi dico che l’energia e il fiume esistono… e che ci navigo ogni giorno, in acque mai meno che tempestose! Evidentemente questo incontro s’ha da fare; intanto vi racconto dei loro formaggi, poi un salto ce lo farò, e presto, ché il fiume mi ci vuole portare, e chi sono io per cambiare cotanto corso?
Questa ricotta molto particolare viene prodotta da molti secoli (!!!) nella Valle di Comino, in provincia di Frosinone (dove ha una forma cilindrica a scalzo come quella che vedete nell’immagine ed è piccolina, di solito può pesare dai 100 ai 250 grammi), ma si trova anche nella provincia di Latina (dove ha una forma cilindrica-tubolare) e di Rieti (dove è tronco-conica e arriva anche a pezzature di 700 grammi).
È un formaggio a pasta dura e piuttosto grassa, e viene preparato aggiungendo piccole quantità di latte fresco di pecora al siero (il liquido che rimane quando si prepara il formaggio), dopo di che si lascia rassodare in fuscelle (in alcuni luoghi ancora in quelle di vimini!) fino a quando non perde tutto il liquido. A quel punto viene leggermente salata e poi affinata su stuoie di cannucce per un paio di settimane.
Non so. Vi dico solo che quando l’ho assaggiata sono quasi svenuta! È me-ra-vi-glio-sa. Solo se vi piacciono i formaggi che provengono da pecore felicissime e cresciute in luoghi incontaminati, però. E fatti a mano da piccoli produttori onesti e bellissimi, che si possono andare a trovare, con i quali si può chiacchierare e che magari se gli siete simpatici vi fanno vedere come si fanno, e vi presentano anche le pecore, una per una.
Sul sito dell’azienda ho letto che questa ricottina in particolare si abbina molto bene alla pasta all’uovo in bianco e alle verdure. Guarda caso avevo giusto sottomano i tajarin di Mauro Musso, e un bel cespo di puntarelle crude e croccanti, che aspettavano solo di essere saltate in padella con un po’ d’aglio.
Potete arguire dalla foto cosa ne è venuto fuori (spettacolo!). Nei piatti così semplici, che secondo me sono l’unica opzione per utilizzare questo formaggi pazzeschi, il sapore dipende unicamente dagli ingredienti che userete, e potete stare certi che utilizzando materie prime scadenti otterrete cibo deludente.
Ingredienti:
200 grammi di tajarin all’uovo
un congruo cespo di puntarelle
una ricotta moscia di circa un etto
mezzo bicchiere di vino bianco
olio extravergine d’oliva
un paio di spicchi d’aglio
sale marino integrale
pepe bianco
Prendetevi un’oretta di calma per lavare, asciugare e tagliare a pezzetti le puntarelle. Dovete regolarvi a seconda di com’è la pianta: nel mio caso aveva un bel po’ di belle foglie fresche e lunghe, ma può capitare quella con poche foglie e tante puntarelle. Ho staccato tutte le foglie eliminando le parti dure, poi ho staccato le puntarelle dal torsolo, le ho tagliate per il senso della lunghezza prima a metà e poi in quarti (se sono grosse dovete prima spellarle), e poi le ho tagliate ulteriormente a pezzetti. Dovete ridurle ad un formato che possa essere cotto e mangiato con facilità, potete usare il metodo che vi pare.
Affettate molto finemente metà della ricotta moscia e grattugiate con la grattugia grossa la metà rimanente. Mettete sul fuoco una padella ampia velata d’olio, con dentro gli spicchi d’aglio schiacciati e scamiciati. Lo scopo è far rilasciare all’aglio il più possibile i suoi olii essenziali nell’olio, quindi se riuscite a inclinare la padella in modo che l’aglio sia immerso completamente, meglio. In questa fase sarebbe meglio tenere la fiamma molto bassa, sempre per far “sudare” l’aglio più possibile.
Quando l’aglio sarà appena dorato e l’olio ben caldo alzate un po’ la fiamma e buttateci dentro le puntarelle, che sfrigoleranno leggermente. Tenete la fiamma non proprio alta ma quasi allegra, in modo che le puntarelle cuociano senza ammollarsi troppo. Se invece le preferite ben morbide dopo qualche minuto aggiungete un pochino d’acqua. Quando le puntarelle saranno a buon punto sfumate con il vino, alzando un po’ la fiamma per farlo evaporare, poi lasciate cuocere ancora un pochino il tutto.
Intanto mettete sul fuoco una pentola d’acqua a bollire, e quando sarà il momento aggiungete un pugno di sale e subito dopo i tajarin, che devono cuocere pochi minuti.
Scolate i tajarin a tre quarti della cottura e saltateli in padella insieme alle puntarelle. A fiamma spenta aggiungete un cucchiaio di ricotta grattugiata, mescolate, poi adagiate una grossa forchettata di tajarin (potete aiutarvi con un forchettone) su un piatto sul quale avrete posizionato strategicamente qualche scaglia sempre di ricotta. Se vi piace, spolverate con un po’ di pepe o peperoncino, aggiungete un filo d’olio di quello buono, e servite di corsa :-)
Il produttore che ti presenta le sue pecore e’ fantastico! :-) Purtroppo questi prodotti genuini bisogna cercarli con il lanternino magari averceli sempre a portata di mano. Piacere di conoscerti e complimenti per il tuo blog.
@ Elvira: il mio portale si sta preparando per presentarvene diversi di questi bravi produttori “come una volta”, e molti spediscono i loro prodotti col corriere espresso. In genere basta accordarsi con qualche amico o parente, od appoggiarsi ad un Gas (gruppo d’acquisto) per ammortizzare il costo della spedizione (15€ o poco più)
wow! che bontà. sto svenendo. Sarebbe bello poter inserire questa eccellenza nel network jenuinō!
bel sito, d’accordissimo sul crudo e sulla bontà della ricotta.
Buongiorno. frequento spesso quelle zone di cui mia moglie è originaria e confermo la possibilità di gustare prodotti tipici in via di estinzione. La domenica capita di acquistare una ricotta fresca da questi pastori, o magari di riceverla in regalo, e di assaggiarla in punta di forchetta ancora calda. Per quanto riguarda la pasta in bianco con ricotta (o pecorino) ed erbe spontanee in loco si possono assaggiare gli orapi, spinaci selvatici che crescono in alta quota del parco nazionale d’Abruzzo che confina con il comune di Picinisco.