Volete mettere rispondere a chi vi chiede cosa avete mangiato ieri “faraona” invece di un inflazionatissimo “pollo”? Insomma, già il nome è tutto un programma, senza contare che il volatile in questione è con tutta probabilità più sano di un pollo, visto che non ho mai sentito parlare di allevamenti intensivi di faraone.
Inoltre come sapete variare molto la propria alimentazione è sempre una carta vincente; la peggior cosa che si possa fare è mangiare sempre gli stessi alimenti, tanto è vero che la bioterapia aborre l’abitudine di mangiare gli avanzi del giorno precedente (e da qui la ragione delle dosi delle mie ricette, che sono sempre ridotte all’osso: se rimane qualcosa in genere devo regalare in giro!).
Questa faraona in particolare, poi, proviene dall’allevamento di quasi-volatili felici che preferisco in assoluto, Lo spicchio, un’azienda agrituristica che si trova in Val D’Orcia; un posto che è tutto un programma e che oltre a faraone, polli, tacchini, capponi e conigli, vende anche carne di maiali bradi di cinta senese, olio, frutti di bosco, frutti antichi e ortaggi – tutto ovviamente biologico.
Come potete vedere sul loro negozio virtuale molti dei prodotti si possono comprare online; io per comodità li compro dal mio amichetto che sapete (così ho una scusa per andarlo a trovare e rompergli un po’ le scatole mentre cucina – oh, per me guardare Andrea ai fornelli è come andare a teatro), e comprando la faraona “testa e zampe” (vale a dire così com’è, con le interiora e tutto il resto) spendo molto meno che se la comprassi già pulita (come normalmente si compra il pollo, cioè senza testa, senza zampe e senza interiora).
C’è da dire che arrivata a casa mi devo armare di coltello e pazienza e fare una specie di autopsia; però una volta venuta a capo della situazione mi ritrovo con tutto il necessario per un bel brodo (carcassa, zampe e testa), due bei petti consistenti, le interiora e dulcis in fundo la faraona a pezzi, vale a dire quattro pasti, oltre al grasso, che ho appena scoperto che si può sciogliere, filtrare bene e conservare per cucinare: pare che il grasso di volatile sia tra i più delicati e pregiati in assoluto.
Il passo successivo è stato cercare una ricetta che non fosse la solita sosta nel forno con accompagnamento di rosmarino; così sono andata a fare un giro su cucina di stagione, che difficilmente mi delude, e quando ho trovato questa ricetta che prevedeva *molto* aglio, gli spicchi del mio bulbo preferito si sono lanciati subito sul tavolo e hanno cominciato a spogliarsi da soli :-)
Ho dovuto per forza di cose sostituire lo sciroppo di cassis con un succo di mirtillo al 100% aumentando leggermente lo zucchero, e omettere il burro e la salsa di arrosto (“legata”… che vuol dire?); il risultato mi ha dato ampiamente ragione, la salsa era irresistibile (e l’aglio era dolcissimo, non sembrava neanche aglio). Provare per credere.
Ingredienti:
una faraona felice
16 spicchi d’aglio
olio extravergine d’oliva
50 grammi di aceto di vino rosso
2 cucchiaini di zucchero grezzo
50 grammi di succo di mirtillo 100%
sale marino integrale
pepe nero in chicchi
Per prima cosa lavate e asciugate i pezzi di faraona, asciugateli e dimezzate le cosce e le ali se sono intere. Provate a farlo senza usare il coltello tipo mannaia, perché in quel modo non solo è più complicato, ma rischiate di ritrovarvi nel piatto dei fastidiosi pezzetti di osso. È molto più facile e veloce stringere l’articolazione tra le dita e sentire al tatto dove le due ossa si uniscono (c’è come un avvallamento morbido). Quando lo trovate non dovete fare altro che infilarci in mezzo la lama del coltello; le due ossa si separeranno con una facilità impensabile.
Schiacciate la metà degli spicchi d’aglio e usateli per strofinarli sui pezzi di carne, poi condite con sale e pepe. Nella ricetta non dicono cosa fare con questi spicchi schiacciati, io li ho messi nell’acqua del brodo (quello della carcassa, la testa e le zampe) insieme a tutto il resto (di solito nel brodo l’aglio non ci andrebbe, ma tant’è).
Coprite il fondo di una padella grandina con un velo d’olio e lasciatelo scaldare fino a quando brilla (non fatelo fumare!). Rosolate per qualche minuto i pezzi di faraona dalla parte della pelle, poi distribuite l’altra metà degli spicchi d’aglio tagliati a metà per il lungo e abbassate la fiamma.
Coprite la padella e lasciate cuocere sempre a fuoco basso per 10-15 minuti, poi girate i pezzi di faraona e continuate la cottura ancora per una decina di minuti, sempre con la padella coperta. Intanto mescolate l’aceto con il succo di mirtillo e lo zucchero. Quando i pezzi saranno belli dorati togliete la faraona e l’aglio e mettete tutto in una scodella calda.
Prendete la padella, buttate via il grasso in eccesso (non nel lavello e neanche in altri scarichi, mi raccomando!!!), dovrà rimanerne solo un pochino; rimettete sul fuoco e aggiungete il composto di succo di mirtillo e aceto, e lasciate ridurre fino a quando l’alcool dell’aceto non sarà evaporato (due o tre minuti) e la salsa avrà assunto un sapore dolciastro (e delizioso).
Aggiustate di sale, filtrate (se serve, io non l’ho fatto) e servitela con la faraona. Io l’ho messa sul fondo del piatto con la faraona adagiata sopra, se non sbaglio in linguaggio tecnico si dice (mettere la salsa “a specchio”). E poi ditemi :-)
Rispondo alla mia amica Sonia, curatrice di questo magnifico sito, ed a tutti quelli che quando hanno udito queste parole: si sono sentiti gelare il sangue!!!
Scherzi a parte, niente paura! Per i non addetti ai lavori il termine “legare” si utilizza nell’ambito della cucina professionale in riferimento ad una qualsivoglia salsa della quale si voglia aumentare la densità. Vi faccio un esempio pratico, semplice ed efficace: la besciamella non è altro che latte “legato”!!!
Il principio è applicabile a qualsiasi liquido utilizzato in cucina, sughi, salse e via dicendo.
Vi sono tre metodi per “legare”; il primo, a mio parere il migliore, è quello di far sciogliere del burro in un tegame ed aggiungere della farina (roux) per poi unire a questi la salsa della quale volete ridurre il volume. Portare il tutto ad ebollizione e mescolare, con una frusta possibilmente, fino a che il composto che volevate ottenere abbia raggiunto una buona consistenza! Il secondo metodo è ancora più semplice; portate ed ebollizione il liquido del quale volete aumentare la densità ed aggiungete della maizena sempre ricordandovi di mescolare fino ad ottenere il risultato che desideravate! Il terzo metodo è identico al secondo ma con la sostituzione della maizena con la farina.
Se qualcuno si chiedesse che cosa sia la maizena, è semplicemente amido di mais, perfetta per gli intolleranti al glutine!!!
Spero che, anche essendo stato un po’ prolisso, abbia tolto qualsiasi dubbio sul termine “legare” a Sonia ed a tutti voi!!!
Accidenti che ricetta… mi tocca volare da Roberto a comprare la faraona…
e si..cara Loretta quado ci vai fammi un fischio!! che volo con te..
…ottima ricetta come sempre.. La proverò!! Ma volevo chiederti, come mai il sito di biogusto non è più agibile??? Dice che il dominio non è più funzionante, e dunque?!? aiuto vi prego ripristinatelo…. Sto andando in astinenza… Mi manca la pasta!!!
Tutti ingredienti alla portata che combinati insieme ne fanno una pietanza proprio deliziosa, adattissima ai primi freddi autunnali!!..Grazie per la ricetta, cercherò di recuperare una faraona anch’io,… in alternativa purtroppo cambierò volatile, sperando di non perdermi troppo gusto!! Grazie anche a Fabrizio per il chiarimento sul termine “legata”!! Ho imparato qualcosa in più…un abbraccio a presto Lys=))
Molto buona!
Appena fatta e mangiata.
Io per paura ho un pochino diminuito il massaggio con l’aglio, ma la prossima volto non lesinerò.
Per la salsa nonostante ho seguito scrupolosamente le dosi è rimasta una forte presenza del sapore dell’aceto, avrò sicuramente sbagliato qualche cosa.
Ah la faraona l’ho recuperata da San Bartolomeo, che da paco ha aperto u punto vendita a Corso Francia.
la sto preparandooooooooooooooooooooo…. stasera!
vediamo che effetto farà!
@Hombre: due alternative: o la mangi in solitudine, e ti eremitizzi per un paio di giorni, o la condividi con qualcuno che ti è vicino, e che solo così non avvertirà gli effetti. Altrimenti rimane solo la distanza di sicurezza (un paio di braccia – deutsch mode) 8-/
E mi raccomando che qui pretendiamo un feedback :-)
l’ho preparata a moglie e figli
risultato assegnato alla riuscita della ricetta 5/5, al gusto 4/5.
La carne e l’agliatura perfette, anche se sistemare la faraona mi ha dato un po’ di lavoro, certe pennuzze bastarde non volevano venire via manco morte e scordatevi che le passo sul gas, sono ancora scioccato da quella puzza da quand’ero cittino.
La salsa – sulla salsa devo confessare 2 varianti (sarò crocifisso in sala mensa?) ovviamente il cassis non l’avevo nemmeno io, è una bevenda che in casa mia durerebbe cmq solo 2 ore, difficile avere una faraona da cucinare PROPRIO in quelle due ore. Quindi ho usato, non il succo che ritenevo troppo liquido, ma la marmellata di mirtilli. E l’aceto di vino, bianco, che rosso non l’avevo.
Garantisco che la marmellata schiacciata bene (non ho filtrato nemmeno io) ha fatto la sua porca figura e tutti (tranne il seienne) hanno gradito l’effetto specchio.
Avevo pure un maionese-dipendente che ha addirittura rinunciato alla sua salsa droga per fare più di un bis alla salsa di mirtillo.
Però secondo me andrebbe pompato meglio il titolo, o completato ecco. Perché Faraona all’aglio è riduttivo, magari faraona all’aglio in salsa di mirtilli, o… fate voi.
perché dopo il pollo all’aglio della Child, bisogna differenziare.
@Sonia: se questo non é un fico, dimmi te…non male come nuovo acquisto, eh? Guarda che resoconti che ti scrive…mica sta lí a dar da mangiare alle faraone…
@Hombre: é stato il primo pensiero che ho avuto, su questa ricetta: é la salsa al mirtillo che fa la differenza (ehm…sí, anch´io niente cassis, io manco l´ho mai provato…:-), e la mette un gradino sopra ad una semplice “faraona all´aglio”. Voglio dire: se andassi in un risotrante di quelli che cucinano bene, secondo me nel menu ci metterebbero qualcosa tipo “faraona al profumo cremoso di mirtilli e aceto di vattelapesca”. Ma non insisto con Izn: mi sa che mi sta giá insultando per quello che le ho detto sull´indice delle ricette…;-))
PS: diavolo di un Hombre, ma tu cucini pure…non ti avrei mai fatto cosí attento…(sará per tutte quelle storie di calciatore…;-)
mi piace spaziare.
“Sono spazioso, contengo moltitudini”
Le storie sul calcio sono altre, le mie son storie sull’amore.
:*
@Hombre: Pure io tendo a non passare il pollame sul gas, e poi mi chiedo sempre se sia salutare mangiare una cosa bruciata con uno scarto petrolifero. Farò outing (proprio perché Claudia dice che sei un fico :-D) confessando che una volta ho ricevuto orecchie di maiale da cucinare, erano piene di peli e ci ho passato il Silk Epil. Evito di riportare il seguito, comunque non sono riuscita a mangiarle neanch’io che ho il piglio (ma non lo stomaco, purtroppo) di uno scaricatore di porto.
AHAHAHAAHAHA mi hai fatto cadere dalla sedia con la storia del cassis, in effetti pure qui l’uomo di casa non lascia scampo a siffatte bevande demoniache. Epperò adesso non lo posso cambiare più il titolo, che altrimenti Google mi sega le visite. Però tengo presente per la prossima volta. È che non vorrei finire per utilizzare il linguaggio delle schiere dei gastro-qualcosa (gastro-fighetti, gastro-nauti, gastro-fanatici, e poi ce n’è pure un altro che odio talmente tanto che l’ho rimosso e non me lo ricordo) per carità, che chiamano tutto con nomi altisonanti lunghi come i film della Wertmüller. No, eh!! :-)
venerdì sono andato a cercarlo, il cassis, visto che aveva aperto vicino all’ufficio una nuova bottiglieria che si dava un sacco d’arie, con birre d’importazione e vetrine tirate a lucido.
Non ce l’avevano mica!
Gli ho detto che se pensavano di reggere il mercato così eran cassis amari.
Io allevo polli, tacchini, anatre e anche faraone… questa ricetta la trovo proprio interessante e la proverò di sicuro con la prossima faraona.
si, il grasso dei volatili è molto pregiato e quello d’oca è eccezionale. Io ogni tanto lo uso proprio per conservare a lungo le carni degli animali in padelle di terracotta. Bisogna solo provare questi vecchi metodi di conservazione per apprezzare il sapore che conferiscono alla carne.