Perdonate se questo post non riguarderà una tavoletta particolarmente aromatica o una ricetta golosa… questa volta vengo a bussare alle vostre porte per parlarvi di un argomento scomodo, che ha molto a che vedere con la consapevolezza pastonudista e che ovviamente vuole essere uno spunto di riflessione, una presa di coscienza e un punto di partenza per fare meglio le nostre scelte.
È che qualche mese fa mentre navigavo in rete mi sono imbattuta in un libro sul cioccolato del tutto diverso dagli altri. Dovete sapere che io ho una discreta biblioteca sul cioccolato di cui vado piuttosto fiera e che è in continuo ampliamento, per cui sono sempre alla ricerca di nuovi titoli che stimolino la mia curiosità. Il titolo di questo mi ha colpito immediatamente e l’ho subito ordinato… purtroppo mi hanno fatto attendere parecchio, ma alla fine il libro è arrivato e io l’ho letto voracemente.
Si tratta di “Cioccolato amaro – Il lato oscuro del dolce più seducente” di Carol Off, giornalista canadese autrice di molte inchieste, edito da Nuovi Mondi; un testo istruttivo e rivelatore che consiglio a tutti gli amanti del cioccolato perché apre uno squarcio su un mondo di cui si sospetta l’esistenza ma che si preferisce comodamente, e vigliaccamente, ignorare.
Il libro si apre con questa dedica: Ai bambini di Sinikosson e a Guy-André Kieffer, che ha dato la vita per scoprire la verità sul loro mondo., e già dalla comparsa di questi nomi si ha subito la sensazione di non conoscere nulla di ciò che leggeremo.
Sinikosson è un villaggio della Costa d’Avorio, uno stato dell’Africa Occidentale tra i maggiori produttori mondiali di cacao.
Guy-André Kieffer era un giornalista franco-canadese che ha dedicato la sua vita a far luce sulla corruzione della politica governativa di diversi stati africani. Scomparso misteriosamente da un parcheggio di Abidjan nel 2004, indagava da anni, tra le altre cose, anche sul traffico illegale di bambini impiegati per la coltivazione di cacao in Costa d’Avorio e si sospetta sia stato ucciso per ordine di elementi del governo ivoriano.
In apertura l’autrice ci racconta che gli abitanti del villaggio di Sinikosson, che basa il suo precario sostentamento sulla coltivazione di cacao, non sanno che fine facciano le fave che spediscono in America ed Europa, non sanno cosa sia il cioccolato, né tanto meno lo hanno mai assaggiato. Neanche i bambini, che pure lavorano duramente con le proprie famiglie per coltivarlo e renderlo disponibile ai nostri, di bambini.
Basterebbe questo inizio a farci riflettere, ma il libro offre molto di più. La Off comincia dagli albori e ci racconta come la storia del cacao sia stata intrisa di ingiustizie e discriminazioni, sfruttamento e criminalità.
Mentre scoprire le ingiustizie perpetrate a causa del cacao nel corso dei secoli può essere un fatto storicamente interessante, a tratti anche affascinante, sapere che oggi succedono cose anche peggiori e ancora più ingiustificabili (dato il presunto livello di civiltà che dovremmo aver raggiunto) è a dir poco scioccante.
I capitoli relativi ai nostri giorni sono sostanzialmente un’inchiesta giornalistica svolta dall’autrice in Costa d’Avorio, il secondo produttore al mondo di cioccolato e il più problematico dell’Africa Occidentale. Non soltanto i coltivatori vivono in condizioni pessime, ma i bambini, anche provenienti da stati limitrofi, sono spesso ridotti in schiavitù, in barba alle leggi internazionali e tramite un meccanismo perverso e difficilmente controllabile. La faccenda fa comodo a molti, in primis le multinazionali del cacao, ma anche lo stesso governo ivoriano. Diverse ONG sono intervenute per ottenere la cessazione della schiavitù e il raggiungimento di condizioni di vita dignitose per i produttori, ma si sono scontrate, e continuano a scontrarsi, con le autorità e con una complessità politico-sociale davvero scoraggiante.
Ogni riassunto dei fatti descritti è del tutto inutile perché non renderebbe mai un quadro completo della precarietà e della complessità della situazione; quindi il mio invito è quello di leggere il testo per intero.
Esso offre anche altre informazioni interessanti.
Ad esempio ho scoperto l’esistenza dell’ONG elvetica Dichiarazione di Berna che tra le altre cose si occupa anche di controllare che la Svizzera e le sue aziende produttrici di cioccolato abbiano dei comportamenti trasparenti e rispettosi delle condizioni umane e in particolare dei bambini.
Qui potete vedere i risultati di uno studio condotto dalla DB nel 2010 sulle principali aziende svizzere. Invece questa è la pagina relativa all’argomento cioccolato, da cui potete anche scaricare un pdf con una scheda informativa molto ben fatta.
A questo punto vorrei condividere con voi le mie considerazioni personali.
Al termine della lettura mi sono sentita delusa e offesa ancora una volta dalla meschinità di cui l’essere umano è capace. Mi sono sentita arrabbiata e carica di un’energia rinnovatrice che vorrei mettere a disposizione di questo blog e di tutti coloro a cui capiterà di assaggiare cose al cioccolato preparate da Castadiva.
Mi sono chiesta come fare per apportare questo rinnovamento… ho preso a pretesto l’ultimo capitolo del libro che fa un’incursione in centro America per parlarci di un’esperienza di commercio equo. Sebbene emergano anche i problemi relativi alle certificazioni fair trade, in particolare la macchinosità e la troppa burocrazia, quello che salta agli occhi è che scegliere il commercio equo è l’unica strada che sembra percorribile da noi amanti del cioccolato per combattere le sperequazioni e la criminalità.
Sarebbe auspicabile che i professionisti che utilizzano il cioccolato, pasticceri e cioccolatai in primis, comincino ad operare delle scelte precise che tengano conto della qualità complessiva della materia prima utilizzata; dunque non solo del suo gusto, ma anche di come essa viene prodotta, di quanto impatto ha sull’ambiente e di come vivono le persone che lavorano per produrla. Perché in fondo l’uomo non è che una parte dell’ecosistema e il fatto che egli riesca a vivere bene e in armonia con ciò che lo circonda è, alla fin fine, determinante per poter dire che un prodotto è davvero biologico.
Dunque mi sono detta che da oggi in poi l’attenzione al fair trade sarà un parametro determinante nella valutazione delle aziende e dei prodotti che recensirò su questa rubrica e che acquisterò per il mio uso personale. Andrò ad inserire sulle recensioni già fatte delle aggiunte a questo proposito, perché è giusto che anche ciò che è già stato valutato sotto il profilo del gusto venga valutato anche sotto il profilo dell’etica. E invito tutti voi a fare attenzione al cioccolato che acquistate, che sia “buono, pulito e giusto” per copiare lo slogan di Slowfood.
Sono certa che sia un passo determinante per la consapevolezza che i lettori di questo blog perseguono, scegliere un cioccolato che di amaro abbia soltanto il gusto.
Chiaro. Preciso. Dopo aver letto questo post, ogni volta che addenteró uno scacchetto di cioccolato o berró una tazza di cacao non potró piú fare a meno di pensare a tutto quello che c´é dietro. Un post che cambia la vita? Di sicuro un post che cambia un pezzetto di vita, quello che riguarda il modo in cui spendiamo i nostri soldi. E la dimostrazione pratica che ognuno di noi puó contribuire a cambiare, se non la propria, di sicuro la vita di altre persone; di quelle che si ammazzano per produrre il cibo che compriamo tutti i giorni.
Ogni tanto, mentre siamo a tavola, abbiamo preso l´aitudine di ringraziare chi ci ha dato il cibo che stiamo mangiando. È una specie di gioco, pensare a tutte le persone coinvolte nella coltivazione-preparazione-spedizione-vendita. Perché non ci si pensa. Certe volte, anche solo per uno scacchetto di cioccolato, la lista é infinita. Sapere che comprando un prodotto piuttosto che un altro tutti i protagonisti rimangono tali, e sono soddisfatti, non é altro che un nostro dovere. E impararlo fin da piccoli non puó fare che bene. Se fossi una maestra leggerei questo post in classe (ci sará pure una maestra, un maestro, la moglie o il marito di un maestro, tra i tanti lettori del pastonudo….;-)). Grazie.
grazie per aver condiviso, avevo già letto qualcosa in merito, sicuramente ora cercherò questo libro per avere una visione più completa. e presterò maggiore attenzione nella scelta del cacao che comprerò.
Grazie per questo spaccato sui retroscena oscuri del cioccolato. Certo, ero già a conoscenza che le multinazionali non sono degli esempi di comportamento onesto ed equo nei confronti dei territori che sfruttano, ma fa sempre bene rinfrescarsi la memoria. E il libro pare molto interessante, l’ho messo in wishlist.
Io non sono una grande appassionata di cioccolato e molto difficilmente acquisto delle tavolette. Quando lo faccio, però, di solito sono solo quelle del commercio equo&solidale. Solo che queste informazioni dovrebbero essere più diffuse tra la gente!
Grazie per questo lavoro e per tutto quello che fai. Sei un prezioso punto di riferimento nel mio percorso di consapevolezza come consumatrice.
Claudia, mi hai letto nel pensiero! Quando torno a scuola ( adesso sono in malattia a causa del ginocchio), , farò leggere il post e approfondirò il tema con i miei ragazzi. Insegno in una scuola professionale per apprendisti ed è argomento di studio la merceologia e la provenienza dei prodotti alimentari.
Moralmente devo leggerlo questo libro…io che amo così visceralmente il cacao!!!!Grazie di cure per la divulgazione.
@claudia: ciao cara, grazie a te per il commento… non ti nascondo che mi hai lusingata. Bellissimo gioco quello che fate a tavola, credo che lo prenderò in prestito!
@herbi: grazie a te
@eleonora: grazie a te, ma temo che tu mi abbia scambiato per izn… che non smetteremo mai di ringraziare tutti quanti! Comunque sono d’accodo, di queste cose bisognerebbe parlare molto di più…
@rosella: accidenti… sono emozionata ed onorata! Mi piacerebbe sapere come reagiranno… magari puoi venire a scrivere un commento qui quando lo farai?
sara: si credo che quelli di noi che amano visceralmente il cioccolato debbano più degli altri conoscere questi aspetti della sua produzione.
@ Loretta: è solo dopo aver letto questi ultimi commenti, che mi sono resa conto che l’autrice dello scritto sei tu… Credo che comprerò questo libro, visto il mio interesse per il *dietro le quinte*…
Parlando di insegnanti, io conosco un certo Emiliano, non so, forse lo conosci anche tu… Mi sembra di ricordare che abbia a che fare più con la musica che con altro, però potrebbe sempre fare da portavoce nel corpo docenti. Che dici? Sempre che riesci capire di chi sto parlando…
Un abbraccio grande a tutte e tre,
Sara I°lab
P.S.: tieni duro e vai avanti…
@sara I°lab: fantastico… ti ho appena mandato una mail e scopro che hai appena commentato… si ho detto a izn che la firma degli articoli non è molto chiara con questo nuovo look, credo ci stia lavorando (vero izn?!?).
Credo di aver capito chi sia l’Emiliano di cui parli… lo vedo ogni tanto passare con in braccio una bimba magnifica, chissà chi sarà la mamma ;-)) Fa l’insegnante di sostegno alle scuole medie (ma prima insegnava musica, si). Non so se ci siano materie nell’ambito delle quali è possibile inserire un discorso sugli alimenti e la loro origine… ora ci parlo, eventualmente poi lui dovrebbe chiedere all’insegnante della materia specifica di dedicare del tempo proprio a questo.
L’abbraccio è ricambiato da tutti noi
P.S. Sto tenendo duro malgrado tutto… leggi la mail, che ti ho aggiornata…
belle le ricette, toccanti queste testimonianze, evviva il blog di izn!
Ho avuto un amico tecnico importante di una delle multinazionali che produce cioccolata che mi diceva che quando qualche governo di paese produttore provava ad alzare il prezzo di vendita del cacao, la sua multinazionale ti organizzava una guerra civile sostenendo i guerriglieri che una volta andati al governo avrebbero venduto il cacao al prezzo più conveniente (ovviamente per la multinazionale).
Quindi non solo sfruttamento della gente ma anche ecatombi umane per un prodotto che fin dalla sua scoperta ad opera dei colonizzatori spagnoli è stato macchiato con il sangue della povera gente azteca, il massacro del grande tempio e l’uccisione di Montezuma da parte dei conquistadores del barbuto e crudele Cortès.
Il meno che possiamo fare oggi è di comprare, come ci consiglia Loretta, cioccolata biologica targata fair trade. Io, avvezzo a mangiare un pezzettino di cioccolato al giorno, da anni ne consumo uno fair trade extrafondente al 70%. Buono da mangiare e giusto. E se costasse qualcosa in più lo comprerei lo stesso sapendo la destinazione del danaro.
@matteo giannattasio: purtroppo non mi stupisce quello che le ha raccontato questo suo amico, in Costa d’Avorio c’è la guerra civile da anni, l’argomento viene trattato ampiamente nel libro. E di mezzo, come ho scritto, non ci sono solo le multinazionali del cacao, ma anche lo stesso governo…
L’essere umano temo abbia un baco da qualche parte, una falla… la perfezione che interessa tutto il resto dell’Universo, a lui è toccata solo in parte. Deve fare molto cammino e un grande lavoro, soprattutto di crescita personale e approfondimento, per superarlo ed arrivare a convivere in modo giusto ed equo con il sistema vivente nel quale ha avuto l’enorme fortuna di svilupparsi. Ma coloro che lo compiono per primi possono fare moltissimo per trascinarsi dietro tutti gli altri. Per questo il lavoro di izn su questo blog ha un valore inestimabile.
@Loretta: ehm ops! Non avevo fatto caso all’autore del post. Chiedo umilmente venia!
Allora rifolrmulo: grazie a te per questo spaccato di realtà sul cioccolato :)
Grazie davvero, Loretta, e grazie a Izn, che con le sue idee e il suo duro lavoro del sito (“partorire” idee, coinvolgere esperti e avere la capacita di diffonderle creando informazione e’ un duro lavoro) ci permette di avere queste notizie. E’ terribile, ieri pensavo a quei piccoli bimbi costretti in schiavitù e mi venivano i brividi. Sono drogata di cioccolato (spero la dott.ssa Galeazzi non mi legga), dove lo prendo io pero il biologico non e equo e solidale e viceversa. Ieri ho preso quello non biologico ma “etico” , meglio un po’ di conservanti per me che la schiavitù di quei bimbi. Non si può sapere il nome delle multinazionali più coinvolte?
P.S. Da anni non compro più Nike per lo stesso problema e ogni volta che vedo qualcuno adocchiarle in un negozio parto con la mia filippica. Idem per la Nestle, ora vorrei indirizzare le mia opera di terrorismo verso le case di produzione di quel cioccolato. Qui quando mi vedono entrare in un negozio si fanno il segno della croce…Buona giornata a tutte, Graziella
Comprare prodotti certificati Fair Trade è sicuramente un buon inizio
Il fatto è che tante persone si indignano quando leggono di sfruttamento e lavoro minorile e poi si rifiutano di fare il graaaande sforzo di leggere un’etichetta oppure ti dicono che tanto il commercio equo è solo uno specchietto per le allodole
O magari che i prodotti certificati equosolidali costano di più (non è vero, il prezzo di solito è uguale agli altri) oppure, peggio, non sono buoni (e in tal caso vorrei sapere perchè quando “sbafano” gratis a casa mia li trovano deliziosi e per inciso a Natale mi han fatto fuori i tartufini al cioccolato senza dire neppure bah)
Avrai capito che ce l’ho in modo particolare con una persona
Sfoghi personali a parte: acquisto da anni prodotti equosolidali, sia nelle botteghe sia in alcuni super (Coop) e compro cioccolato e cacao (menzione d’onore per una crema spalmabile al ciocco fondente che è una delizia e per una tavoletta extrafondente al tè verde) sia caffè, snack vari (consiglio i chicchi di caffè coperti di ciocco fondente), tè e tisane, miele di vari tipi, pasta e marmellate; molti di questi prodotti sono italiani (ex prodotti Liberaterra, vini, olio, salse e pasta) tanto per ricordare che lo sfruttamento non è solo in Africa ma anche nella civilissima (?) Italia e compro questi prodotti perchè penso che le parole siano belle ma i fatti ancor di più (è la storia dell’uomo affamato a cui dare un pesce e poi insegnare a pescare, sai?)
Nelle botteghe, poi, si trovano prodotti di artigianato (spesso bellissimi) sia tessili che ceramiche e legno, a prezzi abbordabili e tutti certificati
Per i links che hai postato: da anni la Nestlè è sotto tiro per i suoi modi di gestione commerciale, parlare di “sfruttamento” in certi casi è un eufemismo (ma la Nestlè è la stessa che negli Anni 70 aveva cercato di incoraggiare l’allattamento artificiale a scapito del materno perchè “più salutare per il bambino” – sì ho la mia bella età e me lo ricordo)
Mi ha sorpreso la Lindt, avevo letto che si riforniva solo da produttori certificati invece sul sito linkato c’è scritto che in fondo si deve fidare dei procacciatori
Cmq acquistare prodotti certificati risolve almeno questo problema e ripeto IL COSTO è UGUALE AI PRODOTTI “NORMALI”
OK la smetto
@graziella: non so dove abiti, ma mi sembra strano che tu non riesca a trovare un cioccolato che sia al tempo stesso sia biologico che fair trade; ce ne sono diversi… riguardo alle multinazionali poni una domanda la cui risposta non è un semplice elenco. Il mercato del cacao è spottoposto alla “legge” e ai prezzi imposti da questi colossi e gli altri produttori non possono fare molto. L’unica chance è avere una filiera propria dal produttore al consumatore, ma non sono molti quelli che possono permettersela. E’ anche molto difficile riuscire a boicottarle perché spesso sono aziende che non producono per il pubblico, ma per altre aziende o per professionisti e dunque non è dato sapere in quali prodotti finali andraà a finire il loro cacao… Comunque i tre nomi più grandi sono Cargill, Barry Callebaut e Nestlé. Su Barry Callebaut e Nestlé puoi leggere qualcosa anche sul link all’associazione svizzera Diciarazione di Berna che ho postato nell’articolo. Riguardo Cargill non ho dati di approfondimento, ma non ha una buona fama… è anche produttrice di sementi OGM come la Monsanto. E’ un colosso dalle mille facce: ad esempio è anche proprietaria della NatureWorks LLC che produce biopolimeri da risorse 100% rinnovabili (marchio Ingeo). Barry Callebaut a differenza delle altre due produce esclusivamente cioccolato per professionisti ed ha tra le altre una linea biologica ed una biologica e fair trade. Posso dirti per esperienza diretta che la linea biologica e fair trade in Italia non è acquistabile perché la Callebaut Italia non la importa.
Rimane il fatto che il settore dei professionisti ha urgente bisogno di un porduttore che produca ESCLUSIVAMENTE cioccolato bio e fair trade di varie origini. Possibile che nessuno ci abbia pensato?!?!?
@Laura: capisco la tua indignazione, l’atteggiamento di certe persone è davvero irritante specie per l’incoerenza di base. Sono d’accordo rispetto alla possibilità di acquistare prodotti del commercio equo, ma non concordo sul fatto che sono sempre prodotti di qualità elevata. In particolare riguardo al cacao mi è capitato di assaggiare cose davvero poco convincenti. Ma ci sono anche prodotti validi ed è a quelli che bisogna puntare senza che il maggior prezzo (che in alcuni casi è effettivo) ci scoraggi perché è proprio quello che paga sia la qualità che l’integrità dell’ecosistema (includendo in esso anche gli esseri umani che lavorano…).
Abito vicino a Casteggio, e li non c’ e nulla di tutto ciò. Per questo tipo di spesa per me l’ unica e andare all’ esselunga di Voghera, e li trovo quello equo solidale ( che ho sempre comprato). Guarderò meglio le etichette, magari la marca che mi piace e’ anche biologica. Grazie molte per le indicazioni.
Senza alcun dubbio, dobbiamo comprare solo prodotti verificati. E ‘in nostro potere per fermare questo business sporco. E non solo reffer al cioccolato. Stiamo parlando di altri tipi di attività in Africa e in Cina.