Siamo tornati, ricchi (di emozioni!) e spietati (ma quando mai) :-D Prometto che vi racconterò per filo e per segno di quello che è successo nel week end ammuinato (con tanto di esauriente reportage fotografico), datemi solo il tempo di riordinare le idee; intanto vi faccio vedere una ricetta che vi piacerà un sacco, utilissima per chi ha bambini (ma anche no… per me questi nastri sono irresistibili).
Prima però, a bocce ferme, due parole su un argomento importante, ancora più importante adesso visto quello che sta accadendo attorno a noi, che spero possano essere d’aiuto a chi, come me, è rimasto come stordito da tutto il dolore che ci ha sfiorato negli ultimi tempi, non inusuale al mondo ma terribile anche perché così vicino.
Ormai sono anni che mi esercito ad ascoltare il mio corpo. Ci vuole molto allenamento, ma paga veramente, in termini di uscita dalle piccole e grandi paure di noi ipocondriaci (adesso posso dire quasi-ex-ipocondriaca). Senza il fardello della paura si viaggia molto più leggeri in ogni senso.
Ecco, questo non vale solo per l’ipocondria. Possiamo rifiutarci di avere paura. Ci vuole esercizio e costanza, e bisogna essere testardi, ma se riusciamo a farlo avremo in cambio un dono insostituibile: potremo non odiare. La paura tira fuori il peggio di noi, ci fa diventare bestie, ci fa fare errori enormi, spesso irrimediabili, dai quali ci vogliono generazioni per uscire. Restiamo umani, umani nel senso della parola che riempie di orgoglio. Il tempo della paura è finito, adesso è il tempo dell’amore, della carità, della gentilezza, della fiducia. Prima decidiamo di rialzare la testa meglio è.
Esercitiamoci anche in piccolissimo, affrontiamo la cucina mettendo le mani in pasta; una ricetta che riesce, fatta a partire dalle materie prime, è un’esercizio che ci fa sentire più capaci, più forti; sembra incredibile perché è una piccola cosa, ma la vera sconfitta è guardare la pagina di un blog pensando: “vabbeh e quando ci riesco, mi limito a guardare”.
Invece provate, il massimo che vi può capitare è sbagliare e ottenere una cosa immangiabile; questo sarà il primo scalino verso il prossimo tentativo, e piano piano farete sempre meglio. Cucinare è un atto di rispetto verso se stessi, oltre che di amore verso gli altri :-)
Questa ricetta per conservare la frutta l’avevo vista tanto tempo fa da Ester, addirittura nel 2011 (Ester è da sempre una che precorre i tempi con una naturalezza incredibile). Lei l’aveva mutuata dall’account Flickr di una signora francese (credo), e si era limitata a tradurre l’espressione “fruit leather” in italiano, quindi l’aveva chiamata “pelle di frutta”.
Io ho preferito chiamarli “nastri”, ma a parte il nome rimane il fatto che è un modo assolutamente geniale per conservare la frutta (soprattutto quella molto matura) in più; una via di mezzo tra una marmellata e una cotognata, con il plus che è un po’ giocosa, come i rotolini di liquirizia, facile da fare (a dispetto delle apparenze), buonissima e soprattutto adattabile a quasi tutti i tipi di frutti (e sono de-li-zio-si! e i bambini li adorano!).
Vi faccio vedere il procedimento per farla con le mele cotogne, ma si possono fare con quasi tutti i tipi di frutta (e anche infilandoci qualche verdura), come questi di mela e spinaci, questi di banana (anche in versione mista con le fragole), questi di mango, questi di lamponi e pesche (questo blog è strepitoso!). Ho trovato anche questa ricetta di Natalia Cattelani, in italiano finalmente, fatta con le albicocche secche 8-)
Ingredienti:
frutta fresca – nel mio caso 700 grammi di mele cotogne già mondate
miele, o zucchero grezzo o integrale, o succo d’agave etc (opzionale, io ho usato 100 grammi di miele)
succo di limone
acqua pura (io ne ho usati 100 grammi)
sale marino integrale (io ne ho messa una piccola presa)
spezie o aromi (opzionali, io ho usato un po’ di cannella e vaniglia)
una noce di burro (io ho usato il burro di cocco)
Se vi siete dedicati anche una sola volta a preparare una marmellata (o l’avete vista preparare) è difficile sbagliare questa ricetta; dovete solo adattarla al vostro forno e alle vostre esigenze. Io sono partita da una cotognata che avevo tolto dal fuoco troppo liquida, e ho usato quella (anche questa ad esempio secondo me può essere un’ottima base di partenza).
Per prima cosa preparate una teglia da forno (io ho usato quella di ferro che vedete in foto): rivestite il fondo della teglia (che deve avere i bordi bassissimi per far evaporare quanta più acqua possibile) con due o tre strati di carta forno, uno sopra all’altro (tra poco capirete perché). Ungete l’ultimo foglio di carta forno (quello sopra a tutti) con un po’ di burro di cocco (o qualsiasi altro tipo di burro o olio neutro abbiate a disposizione). Mettete tutto da parte.
A seconda della frutta che avete a disposizione, lavatela e togliete quello che non serve (bucce, piccioli, semi etc), tagliatela a pezzi non troppo grandi. Poi, come scrive il mitico simplyrecipes, assaggiate un pezzetto per capire di quanto dolce c’è bisogno. Se la frutta è dolcissima non ci sarà bisogno di aggiungere dolcificanti, altrimenti prendete nota mentalmente perché lo aggiungeremo dopo la cottura (e subito prima dell’essiccamento in forno).
Mettete i pezzi di frutta e l’acqua in una pentola di acciaio dal fondo spesso, aggiungete l’acqua e il sale e portate a bollore; appena bolle coprite e abbassate la fiamma, lasciando cuocere per una ventina di minuti o comunque fino a quando la frutta non è *molto* morbida. Scoperchiate, mescolate e frullate a fondo con il frullatore a immersione. Assaggiate e (se serve) aggiungete il dolcificante che avete scelto, le spezie desiderate, e poi il succo di limone, un cucchiaio alla volta fin quando non sentite che il sapore della frutta viene fuori. Mescolate molto bene per rendere tutto omogeneo, se necessario frullate ancora come se non ci fosse un domani (il composto deve essere abbastanza liquido da poterlo spargere facilmente sulla teglia di cui sopra).
Preriscaldate il forno in modalità statica a 60°C (il mio l’ho messo a 70 perché è moscissimo). Potete provare anche a metterlo in modalità ventilata se volete velocizzare leggermente la situazione, ma fate attenzione che non si secchi all’esterno e rimanga umido all’interno, nel caso abbassate un pochino la temperatura.
Tirate fuori la teglia e facendo attenzione che i fogli non scivolino uno sull’altro, versate delicatamente il composto in uno strato molto sottile (diciamo un po’ meno di mezzo centimetro). Aiutatevi a stendere uniformemente lo strato con una spatola di silicone o un cucchiaio di legno. Infornate e lasciatelo dentro fino a quando la superficie non diventa asciutta e riuscite a passarci un dito sopra senza che si appiccichi (cioè fino a quando non si forma la famosa “pellicina”).
A questo punto tirate la teglia fuori dal forno, e con *molta* delicatezza ribaltate lo strato di frutta con tutto il foglio di carta forno, sul foglio di carta forno che c’è sotto. Poi staccate con delicatezza, come si fa con la carta adesiva, il foglio di carta forno che a questo punto sarà sopra. Lo strato sotto sarà umido, quindi rimettete tutto in forno e lasciate asciugare per bene anche quello. Non esagerate e non fatelo seccare troppo altrimenti diventa croccante, e ancora dopo gli zuccheri si caramellano e poi bruciano.
Quando anche lo strato inferiore (che adesso è quello superiore) sarà asciutto tirate tutto fuori dal forno e lasciate intiepidire. Quando sarà quasi freddo dovreste poter togliere la carta senza alcuna difficoltà. A quel punto munitevi di riga e taglierino (eheheh vabbeh se non avete i cinque pianeti in vergine vanno bene anche le forbici e basta) e ricavate tante strisce (tutte perfettamente ugualiiiii!! Zitta tu!! No zitta tu!! Le strisce devono essere precise! No zitta tu! Ehm scusatemi sono i pianeti).
È fatta. Nastri di frutta gommosa ottenuti (molto più difficile da spiegare che da fare)! Si conservano bene in un vasetto ermetico in frigo, ma anche fuori per un paio di settimane (a seconda di quanto sono asciutti e di quanto sono dolci). Come tutti sanno, i ritagli dei nastri si mangiano al volo, lì sul posto, ancora con la riga in mano (adesso poggiala però! Zitta tu!).
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