Bell’e buono (traduzione dal napoletano = all’improvviso) arriva lo zac, inondato dal sole delle tre del pomeriggio, e mi dice con il sorriso dello stregatto: stasera siamo a cena da Ilaria e Davide con due amici loro, hanno comprato tutto bio per noi, vedi quello che devi fare.
crostata di pesche ricetta
Poi gira le spalle e approfittando del controluce si tuffa nella cristallinità del mare sardo, lasciandomi con tutti i dubbi che assalgono gli esseri di sesso femminile (che notoriamente hanno un pezzo di cromosoma in più) in questi casi, del tipo eeeehhhh?? ma come stasera? ma non posso assolutamente! Primo mi hai fatto tu la valigia (perché io ho un’idiosincrasia per i bagagli) e mi ci hai messo *un* pantaloncino, *tre* magliette vecchie, i costumi e un paio di infradito, vedi qualcosa di adatto a un’uscita serale, scusaaaa!?
Secondo poi non è che a una cena ci vai senza portare nulla (il vino lo porta la coppia numero due) e che cavolo mi invento in tre ore (nelle quali è compreso lo sforzo creativo per sembrare vestita da sera senza vestiti?)

Emmenomale che sono una che sotto pressione funziona bene, per cui ho dato una scorsa velocissima ai bookmark, cartellina “food” sottocartellina “da fare” sotto-sottocartellina “veloci e supersicure”, e la vincitrice è stata questa crostata (anzi crostada) di Sigrid (ettepareva), che ho dovuto reinterpretare con quello che avevo, e che come tutte le cose del cavoletto non si è scomposta di pezza, è piaciuta a tutti, è risultata originale e molto gradita. Estiva nonostante il burro, che si sentiva pochissimo, giuro, ve lo dice una che il burro lo accusa tutto sotto forma di brufoletti-the day after (stiamo parlando di una dose parca, ovviamente, una fetta una).

Come dice l’autrice poi, pochi minuti per fare l’impasto, riposo in frigo (invece che in congelatore), qualche momento tra una doccia e un’asciugata di capelli per sbucciare e saltare in padella le pesche, e assemblaggio al momento del bisogno, cioè un’oretta prima di andare, così mentre mi vestivo (o meglio arrangiavo ciò che avevo alla meno peggio) la crostata cuoceva e sono riuscita persino a portarla appena fatta, bella fragrante.
crostata di pesche
Per chi dovesse chiederselo, no, la pasta sotto le pesche non era per nulla inzuppata, anzi è rimasta bella croccante, nonostante le pesche fossero un pelo troppo mature e avessero rilasciato un bel po’ di liquido. Mah. Miracoli del cavoletto o_O
Per quanto riguarda le pesche tabacchiere (o saturnine, alias “ombelico di venere”), a parte essere un presidio slow food, sono una delizia, molto difficili da trovare, e quindi costose.
Quelle che ho trovato qui in Sardegna, all’inizio di luglio erano dolci e saporite (e venivano dalla Sicilia), adesso, fine luglio, non hanno più sapore di una patata (e vengono dalla Spagna). Visto che pare non durino più di tre giorni una volta spiccate dalla pianta, non so cosa pensare. Se qualcuno ha idee in proposito, mi illumini, lo prego.
Faccio un appello a tutti quelli che hanno un pezzettino di terra o un vaso bello grosso, e un clima abbastanza caldo (pare che le tabacchiere siano originarie dell’Etna) a seminare noccioli di queste pesche e a segnalarmi le eventuali piantine in svezzamento: prometto che provvederò a farne un censimento su una sezione apposita del pasto nudo, ché se lo meritano veramente.
Oltretutto le pesche bianche, come vi dicevo ultimamente, godono di grandissima stima da parte della bioterapia, il perché ve lo saprò dire quando (a breve, sigh) tornerò a casa dai libroni dimenticati. A meno che non passi casualmente Elena da queste parti :-)

Ingredienti:
per la pasta:
250 grammi di farina 00
150 grammi di burro di centrifuga
50 grammi di zucchero
una presa di sale integrale
due cucchiai di latte freddo
1 uovo per spennellare

per il ripieno:
1 chilo e 1/2 di pesche tabacchiere
due cucchiai di burro chiarificato*
4 cucchiai di zucchero grezzo
20 grammi di burro di centrifuga
una noce di zenzero fresco
timo

Come per tutte le paste burrose, dovreste cercare di lavorare al fresco, per quanto possibile. Visto che siamo in piena estate quindi prendete degli accorgimenti furbi: sbattete la farina in frigorifero (ben chiusaaaa) qualche ora prima di utilizzarla, tagliate il burro a dadini, mettetelo in un piattino e rimettetelo in frigo per una mezz’oretta prima di utilizzarlo, mettete in frigo anche la ciotola e gli utensili che utilizzerete, e naturalmente scegliete il momento più fresco della giornata, forno e fornelli spenti, finestre aperte.
Un altro accorgimento che uso è anche di giocherellare per qualche minuto con un ghiaccioletto prima di usare le dita per “sbriciolare” il burro nella farina. A chi in questo momento stesse pensando di prendere parte dei miei consigli e ridistribuirli nel mondo per eccedenza, sappiate che sarò grata per l’opera pia.
Procediamo. Prendete la freddafarina, mettetela nella freddaciotola, aggiungete il freddozucchero e il sale, mescolate con le mani in modo arioso (vale a dire sollevando il composto con le dita e facendolo ricadere a pioggia, è pure divertente – per chi come me si diverte con le stupidaggini). Aggiungete il burro pretagliato a dadini e ben freddo, fate in modo che i cubetti siano più distribuiti possibile, mescolate brevemente con un cucchiaio perché i suddetti si rivestano di farina, poi se siete state abbastanza veloci e il tutto è ancora abbastanza freddo cominciate subito a schiacciare con una forchetta o un coltello (o meglio l’apposito attrezzo per schiacciare il burro nella farina, che non possiedo ma è nella wishlist di tutti i siti di materiale per cucinare, in genere d’oltremanica, che frequento). Altrimenti rimettete in frigo per una ventina di minuti e ricominciate dal punto dove c’è scritto “schiacciare” :-)
Dopo lo schiacciamento forchettoso sbriciolate come al solito molto velocemente il burro nella farina con le dita fino a quando otterrete un composto con tanti piccolissimi grumi; attenzione a non prolungare questa fase: il burro non deve sciogliersi, solo sbriciolarsi.
A questo punto aggiungete un cucchiaio di latte freddissimo (va benissimo anche l’acqua) e formate una palla (se aveste difficoltà improbe a metterla insieme vi è concesso un altro cucchiaio di latte). Schiacciatela ai poli fino ad ottenere un disco di tre o quattro centimetri di altezza, avvolgetela nella pellicola senza pvc e mettete il tutto a riposare in frigo per un paio d’ore (o tutta la notte: potete agevolmente preparare la pasta il giorno prima, se siete previdenti come la formichina saccentona che dettava massime alla fichissima cicala cantautrice).
Passiamo al ripieno! Sbucciate le pesche tabacchiere (che per me è un sacrilegio, perché assurdamente adoro mangiare la buccia delle pesche – lo so, è pelosa!!). Tagliatele a spicchi più o meno regolari, scaldate una padella antiaderente (senza teflon… lo so, ve lo ripeterò fino a quando le padelle con il teflon non saranno estinte), metteteci un cucchiaio abbondante di burro chiarificato e fatele rosolare per qualche minuto.
Aggiungete due cucchiai di zucchero, lo zenzero grattugiato e i chiodi di garofano, e lasciate cuocere fino a quando le pesche non saranno ben dorate. Mettete tutto in una ciotola, aggiungete il timo (che potete benissimo sostituire con qualche foglia di menta fresca spezzettata, se preferite) e i pinoli, mescolate e lasciate riposare un po’ perché i sapori si amalgamino.
Quando sarete pronte per l’assemblaggio, preriscaldate il forno a 180°C (o, se avete a disposizione solo il ventilato, come me qui sull’isola, a 150°C) e imburrate e infarinate una tortiera (se possibile di alluminio) di 27 centimetri di diametro o giù di lì.
Stendete poi un foglio di carta forno sul piano di lavoro, spolveratelo con un po’ di farina, tirate fuori dal frigo la pasta per la torta e adagiatecela sopra. Aspettate qualche minuto che la pasta si ammorbidisca leggermente, poi stendetela con il matterello in un disco approssimativo di due o tre millimetri di altezza.
A questo punto prendete la carta forno dai bordi (magari fatevi aiutare come me dal malcapitato che passa di là per caso) e rovesciate il tutto sulla teglia, in modo da rivestirla completamente, e da far sbordare la pasta eccedente.
Con le dita (o con una pallina di pasta rivestita con un po’ di pellicola senza pvc e precedentemente lasciata in frigo) fate in modo che l’impasto aderisca alla tortiera e, se volete che il bordo venga preciso, tagliate via con la lama di un coltello affilato l’eccedenza di pasta; quest’ultimo passaggio non è necessario: se andate a guardare la torta del cavoletto è tutta imprecisa ed è bella anche per questo.
Versate il ripieno nella pasta, spolveratelo con gli altri due cucchiai di zucchero, ripiegateci i bordi sopra, spennellateli con un po’ d’uovo sbattuto e infornate per una quarantina di minuti.
Servite tiepida :-)