In fatto di pizza sono la regina dei rompipalle. Dovete perdonarmi, ma sono napoletana, e la pizza che si mangia qui a Roma, che può anche essere buonissima, per me è un’altra cosa che non riesco a identificare con quella che conosco da sempre.
Ogni santa volta che siamo andati in pizzeria sono sempre uscita dal locale dicendo: “sì buona però…”, spesso anche a Napoli! Il fatto è che sono cresciuta con la pizza di Triunfo (pace all’anima sua, sigh), che adesso non c’è più.
Era un locale schivo, tranquillo e insospettabile che si trovava a Napoli in un vicoletto vicino piazza Garibaldi, precisamente tra via Alessandro Poerio e vico settimo Duchesca, affollato di gente di ogni razza e condizione, e se non ricordo male aveva anche una piccola finestra sul retro attraverso la quale si serviva la pizza da passeggio, vale a dire piegata in quattro parti e avvolta in una carta oleata. Io cominciavo sempre a mangiarla dalla punta inferiore, dove si raccoglieva tutto il sugo bollente.
Ed ecco perché qui sul pasto nudo non vi ho mai proposto una ricetta per fare la pizza tonda (ovviamente con la pasta madre), il problema è che trovarne una convincente è molto ma molto complicato, primo perché i pizzaioli napoletani non te la sganciano neanche sotto tortura, secondo perché tutte e in assoluto tutte le ricette che ho trovato in giro (e ne ho provate tante) prevedono lievito di birra (addirittura anche il disciplinare della pizza napoletana Dtg parla di lievito di birra, guardate qui) e farine forti tipo manitoba o al limite 0 (che come sapete ci siamo giocati qualche mese fa, quando ho deciso di usare *solo* farine semintegrali, tranne super mega eccezioni da una volta l’anno).
Piano piano però sto acquisendo più sicurezza con i lieviti e adesso comincio a essere in grado di convertire le ricette che prevedono il lievito di birra in impasti fatti con il lievito naturale, e ad acquisire la manualità necessaria per sostituire farine con pochissimo glutine (e quindi decisamente poco elastiche) alle varie manitoba o a farine di media forza.
Così quando qualche giorno fa ho visto queste foto stupende mi si è aperto un mondo di possibilità. La pizza come la conosco io, sottilissima e morbida al centro e con il cornicione gonfio e un po’ bruciacchiato. La pizza romana è sempre sottile, ma più sul croccante, per capirci la fetta rimane dritta quando la si taglia.
La paternità della ricetta originale alla quale quella meraviglia si richiama appartiene all’ormai stramitico Adriano, ma quando lui la pubblicò, un paio di anni fa, non mi convinse, anche perché la foto non le rendeva giustizia.
Inoltre anche volendo avrei dovuto tentare una conversione che all’epoca non ero ancora in grado di fare, visto oltretutto che Adriano sconsigliava assolutamente di provare quel tipo di pizza con il lievito naturale, e che la vera pizza napoletana è fatta con impasto diretto (cioè deve lievitare una volta sola).
Invece, rileggendo la ricetta l’altro giorno, nella mia testa ingredienti e tempi si trasformavano automaticamente nei *miei* ingredienti e tempi, e all’improvviso ho realizzato che *potevo farlo*.Tralascio gli incidenti di percorso, tipo quando alle sette di sera, poco prima di formare i panetti, ho detto a Zac, aka l’uomo più pigro del mondo: “Ehm. mi serve la pala per infornare” e lui ha smesso di lavorare all’istante ed è andato con Emma (!) al ferramenta a cercarne una, fatto che mi ha confermato una volta per tutte che un uomo farebbe qualsiasi cosa per la pizza.
Una nota sui tempi di lievitazione (motivo per cui nel titolo c’è quel “quasi”): gestendo i tempi (e l’idratazione) in un modo piuttosto che in un altro (ad esempio prolungando di più o di meno la prima lievitazione, o mettendo meno acqua prima e più dopo) è sicuramente possibile rendere l’impasto più elastico. Il mio ad esempio era decisamente poco elastico, e mi ha fatto sudare un bel po’ nella fase della stesura. Voi fate un po’ di prove e nel caso fatemi sapere i risultati; io mi impegnerò per fare in modo che la prossima pizza napoletana che vi racconterò non avrà nessun “quasi” nel titolo :-)
Basta, passo a spiegarvi tutto quello che dovete fare per ottenere questa meraviglia, che non sarà esattamente la pizza che potete mangiare a Napoli in *poche* pizzerie di senso, ma ci si avvicina molto di più di qualsiasi altra pizza io abbia mai fatto. Potreste farcela anche per stasera, se avete un po’ di poolish pronto. O per sabato sera. Non so se mi spiego.
Ingredienti:
100 grammi di poolish* di pasta madre liquida
335 grammi di farina 1 verna frassineto
40 grammi di semola rimacinata senatore cappelli
200 grammi di acqua (circa)
15 grammi d’olio extravergine d’oliva
un cucchiaino di sale marino integrale
1 chilo di pomodori pelati
500 grammi di mozzarella di bufala
*trovate il procedimento per fare il poolish nella pagina della pasta madre liquida, qui!
Per prima cosa tagliate la mozzarella a fette piuttosto sottili e mettetela a scolare il liquido, coperta e a temperatura ambiente (la mozzarella di bufala non si mette in frigo!).
Poi passate al preimpasto della pizza.
Mettete nell’impastatrice tutto il poolish, 100 grammi di acqua e 250 grammi di farina 1. Mescolate per un paio di minuti con la foglia (l’impasto sarà molto liquido) e lasciate riposare un paio d’ore. Io ho riversato l’impasto in una ciotola di vetro e l’ho messa in forno con la luce accesa e uno strofinaccio bagnato e strizzato sopra (ricordate che non deve mai toccare l’impasto), ma se la temperatura esterna è bella calda (e si spera che tra pochi giorni dovrebbe diventarlo) potete anche lasciarlo nella ciotola dell’impastatrice, avendo cura sempre di coprire con lo strofinaccio umido.
Trascorso questo tempo aggiungete i rimanenti 85 grammi di farina 1, la semola rimacinata, l’acqua (poca alla volta e non fredda, fino a che la farina la assorbe), il sale, e alla fine l’olio, non tutto insieme. Formate una palla (non sarà semplicissimo perché l’impasto è piuttosto idratato, nel caso aiutatevi con la spianatoia infarinata e la spatola piatta) e mettete di nuovo a riposare nel forno con la luce accesa e lo strofinaccio.
Trascorsa ancora qualche ora (i tempi che vi indico sono variabili, perché dipende tutto dalla temperatura esterna, l’umidità, la forza del vostro poolish, il tipo di farina etc.) riprendete l’impasto, mettetelo sulla spianatoia e dividetelo in tre pezzi di circa 240 grammi ognuno. Cercate di essere precisi, dovete fare in modo da non reimpastare insieme ritagli orfani, non fa nulla se non sono tutti identici, l’importante è non averne, che ne so, uno enorme e due piccolissimi.
Rimetteteli a lievitare, ma non fate come me che mi sono limitata a infarinare il ruoto (termine napoletano), perché si attaccano al fondo anche se infarinate per bene; metteteci sotto un po’ di carta forno, vi sarà di grande aiuto nel momento del bisogno, qaundo dovrete essere veloci a spianare, condire e infornare.
Mentre i tre panetti ricominciano a lievitare dedicatevi a preparare tutto l’ambaradam per bene, in modo da avere le cose pronte. Scolate i pelati e schiacciateli con le mani o con una forchetta, riunite tutto quello che vi serve per condire e accendete il forno al massimo della temperatura (il mio arriva a 350 300°C) posizionando la pietra refrattaria all’ultimo piano in alto, vicinissima al grill (devono esserci al massimo una quindicina di centimetri di distanza in altezza).
Questa vicinanza è il motivo per cui vi serve assolutamente una pala per infornare. Avete troppo poco spazio per infilare la pizza tirandola dalla carta forno (come ho fatto fino adesso con il pane), e non potete permettervi di aprire il forno per troppo tempo perché deve rimanere rovente, più è caldo meglio la pizza verrà. Ho letto che Adriano a volte si è arrangiato con un cartoncino pesante, ma datemi retta, per evitare ustioni andate a comprare una pala. Nel caso non sapeste proprio dove prenderla ne ho vista una qui da amazon (spediscono gratis e sono seri e veloci), e hanno addirittura il kit pala-pietra refrattaria!.
Quando avrete tutto pronto a portata di mano e il forno sarà arrivato a temperatura da almeno una mezz’oretta prendete delicatamente una delle tre palline di impasto – fate attenzione perché saranno piene di bolle e non bisogna far uscire l’aria, e con la farina 1 è molto difficile perché il glutine non regge – e cominciate a stenderla. La tecnica per stendere la pizza è fondamentale. Primo *non osate* neanche guardare il matterello. Poi guardatevi questo filmato illuminante di Adriano.
In pratica dovete infarinare il piano, schiacciare con delicatezza estrema il centro del panetto cercando di dirigere i gas della lievitazione verso i bordi, che così diventano tutto bollosi, e poi sempre senza mai toccare i bordi farla diventare più larga possibile, facendo in modo che però non si creino dei buchi (il buco è il vostro nemico). Se usate una farina 0 sarà tutto molto ma molto più semplice (ma molto meno sano).
Una volta stesa perfettamente la pizza trascinatela sulla pala molto ma molto infarinata, io l’ho condita direttamente sulla pala, secondo me è più comodo e meno rischioso, ma se volete potete farlo immediatamente prima di questo passaggio.
Adagiate al centro una bella mestolata di pomodoro e poi usate lo stesso mestolo per spalmarla, in senso circolare; aggiungete qualche pezzo di mozzarella, il sale e per ultimo l’olio, che va sempre versato facendo un movimento a spirale. Mettete il forno in modalità grill e fate scivolare elegantemente il tutto sulla pietra refrattaria (niente parolacce – per fortuna c’era zac che copriva le orecchie della cucciola).
L’optimum sarebbe lasciarla nel forno per tre minuti, io ho dovuto allungare a quattro minuti, evidentemente la temperatura del forno non regge benissimo. Quando ne tirate fuori una dovete subito rimettere il forno in modalità normale così riprende il calore, per poi rimetterlo a grill quando infornate la seconda e così via.
Per sfornarle potete aiutarvi con la pala o con una pinza per fritti (io ho usato la pala); servite le pizze *molto* calde, e se ce l’avete metteteci qualche foglia di basilico (il mio è ancora un lattante purtroppo).
E buon fine settimana a voi :-)
A me sembra perfetta! Bravissima!
Buona e digeribile col poolish. Magari a trovarla così nelle pizzerie! Ottimo il consiglio sulla lievitazione: impossibile dare un’orario esatto temperatura, umidità, farine…molto interessante l’utilizzo della tipo 1 anziché la 00. L’importante (a mio ipermodestissimo parere) è che comunque si raddoppi per avere una lievitazione fatta per bene e una pizza imbattibile (Ti si è raddoppiata a te?).
Complimenti, sei bravissima!
Anche a me….e ci starebbe proprio giusta giusta qui,nel mio pancino……pacco celere 1 e te la pago con postepay???????????????Daiiiiiiiiiiiiiiiiiii ;-)
Il tuo forno arriva a 350°C?!? No, perché il mio si ferma a 250 e come lui tutti gli altri che ho visto in commercio (lo abbiamo comprato circa un anno fa). Se non si tratta di una svista, TI PREGO, dimmi di che marca è e dove lo hai preso!!! Non che abbia intenzione di correre a cambiare il mio – ormai ce l’ho e me lo tengo… – giusto per informazione, così in futuro saprò cosa cercare!! ;)
Grazie mille!
PS: a proposito, mi associo ai commenti qui sopra: anche a me sembra buonissimissima!! Ed ho prontamente segnalato la tua ricetta alla mia dolce metà che ultimamente sta sperimentando proprio la pizza in casa…così, un suggerimento disinteressato il mio!!! :)))))
Mi associo ad Alessia nello sgomento per i 350°!! Sei sicura?!? No perché in questo caso dubito che riuscirò mai a fare questa pizza… poi ti ho detto che la pizza napoletana, da brava romana, mi piace poco, ma mi resta sempre il udubbio di non aver assaggiato quella giusta e dunque provare non mi dispiacerebbe affatto!
Ma senti un po’… io non ho capito una cosa essenziale… quando va messo il condimento? No perché sembra che si debba infornare senza, ho capito bene? Si mette a crudo successivamente?!?
@alessandra: grazie alessandra, ma avendo ricavato la ricetta poi è tutto molto più semplice di quello che sembra :-)
@mauro ronci: Grazie Mauro!! Detto da te che hai quel blog interessantissimo mi fa molto piacere :-)
Sì sì, si è raddoppiata, se guardi la foto (ho cercato di mantenere la stessa proporzione) i panetti erano diventati ciccioni (anche troppo mi sa).
@jennifer: Va bene, inforno e ti mando entro stasera… prepara i piatti grandi!
@Alessia e Loretta: noooooo scusatemi ho sbagliato a scrivere (ho corretto adesso) in realtà arriva a 300°C non a 350°C. Il forno è un vecchio modello della REX, quello di metallo con le gambe alte. Il contatore arriva fino a 250°C, ma poi c’è uno spazio in più dove la temperatura non è segnata che scalda un’altra cinquantina di gradi.
Se devo dire la verità mi piacerebbe tanto mettere un bel forno a legna piccolo piccolo sul terrazzo…
@Loretta: ehm, mi rendo conto che non si capisce in effetti… forse se mi fossi ricordata di scriverlo… vado a correggere, và…
meravigliosa…che delizia… posso assaggiare?!
Buonasera a tutti, molti di voi già mi conoscono, mentre per gli altri, e (c’è ne sono) i miei saluti più cordiali.
@Izn: ma che mi hai fatto ricordare, Mario Triunfo, a piazza Garibaldi, 650 metri in linea d’aria da dove io sono nato ….anta anni fa, ma sai che, io prima di te sono cresciuto con le sue pizze, da ragazzo, quando si faceva “filone” (lo sai cosa significa vero) a scuola prendevo pure io quella chiusa a libretto e sai quante volte sono tornato a casa tutto sbrodolato di olio, prendendone di santa ragione, che tempi, ma crescendo, nell’età idonea ci portavo, ogni tanto la fidanzatina di turno.
E sai che mi è venuto un magone quando hai scritto che Triunfo non c’è più, non lo sapevo, e vero che io manco da Napoli da ormai 10 anni, eh, lui era un’istituzione, il re, l’imperatore della pizza Napoletana D.O.C.
Ma bando hai ricordi, finalmente hai trovato quello che da tempo cercavi, è dalle foto mi sembra proprio ottima e succulenta, ma aspetto che levi quel “quasi” dal titolo e appena mi libero dal lavoro, provvederò immantinentemente alla sua costruzione poi ti farò sapere.
Un saluto a tutti voi
IZN: cara, questa pizza con questa lievitazione e questo colore….che dire…
una delizia e una prova di coraggio! Certo che sei davvero una capa tosta, quando vuoi qualcosa la ottieni!
TUTTI e TUTTE: scusatemi, forse sono un pò fuori tema ma se siete interessati mercoledi prossimo in diretta all 8.45 su RAI UNO MATTINA ci sarà la mia dolce metà che porterà in studio le varietà di grani antichi, il pane, i cantuccini e spiegherà un pò di cosucce al riguardo.
Spero, emozione a parte, che riuscirà nell’intento.
Buona notte a tutti!
Io, invece, credo che il *quasi* della perfezione sia solo dovuto alla cottura. Sono certa che se tu avessi avuto a disposizione un vero forno a legna, anzichè elettrico, seppur con una temperatura invidiabile, ne sarebbe uscita una vera pizza napoletana perfetta!
Ho avuto l’onore e il piacere di poter mangiare la pizza preparata da Adriano, cotta nel forno a legna e, credetemi, è stata in assoluto la pizza più buona che abbia mai mangiato in vita mia. Adesso dovrei assaggiare la tua, così potrei fare il confronto….forno a parte….o magari, nel frattempo, il buon Zac ti costruisce un bel forno e…..
Sandra, io non ho avuto il piacere di conoscere il signor Adriano a cui va tutto il mio rispetto e che tra l’altro, mi piacerebbe proprio vederlo all’opera, e quindi non conosco e mai assaggiato la sua pizza, che certamente sarà eccelsa.
Ma, ti prego, per fare un confronto reale, preciso e indiscutibile, devi venire a Napoli e ti ci porto io magari in compagnia di Zac e Izn, in una pizzeria, e poi dopo e solo dopo potrai fare tutti i confronti che desideri, inquando per un confronto perfetto e ponderato, ci vuole un metro di paragone con l’Originale, ti pare?
Ovviamente io sono di parte come Izn, e per noi (senza nessuna offesa per gli altri) la pizza originale è nata a Napoli e sarà sempre la terra che ha dato origine a questa prelibatezza che in tutto il mondo ci invidia, sono convinto che ne convieni con me.
Tu mi insegni che ci sono troppe variabili in una preparazione, come nella pizza può influire, l’acqua, la farina, l’aria, il modo di preparare l’impasto e anche il forno.
Naturalemente la mia NON E’ una polemica eh, ci mancherebbe, e poi non mi permetterei mai e poi mai di farla con una persona che stimo e ripetto.
Buona serata a tutti,
già fatta nel forno a legna con farina 1 di Soniuccia
al momento di infornare si è rotta la pala di legno e due pizze sono finite come dire nella brace!! Il profumo della farina di grani antichi ha richiamato l’attenzione di vicini ….. !! Ho fatto appena in tempo a mangiarne un pezzo!! Intanto avevo preparato il pane con farina 1 di grani antichi come ricetta di Soniuccia che si trova nei commenti di Izin “il pane con le pieghe” con una variante di percentuale di farina in più: Un pane veramente buono che risalta la fraganza della farina.
Si Pino dici bene, un profumo che non ha eguali. Io ho preparato un pò di tutto dal pancarrè, alle fette biscottate brioches e soprattutto pane.
Ho fatto la pizza nella pirofila con alta idratazione, adesso con tanta emozione mi cimenterò in questa ambita avventura della pizza più amata da tutto il mondo.
Grazie, era tempo che cercavo una buona ricetta come questa dalle foto è spettacolare e conoscendo le farine di Floriddia immagino il sapore.
Appena possibile la provo con il forno a legna e…. considerati già invitata.
il mio fornitore di pane napoletano perfetto ha chiuso il negozio :((((( e sono in vena di panificare. verrò a meditare da te :)))
stamani ho ordinato per la prima volta la farina di sonia. e poi pizzo pure io eh!
Questa pizza è una cosa meravigliosa.
Ho abitato per 6 anni a Roma e ogni volta era una tragedia! Le pizze che mi facevano correre a mangiarle erano quella di Bonci (non è tonda, ma una meraviglia comunque) e quella di Sforno (non sempre al massimo, però!).
Ho provato la ricetta del disciplinare più volte, cuocendo nel forno a legna.
La pasta è sì molto elastica, ma molto più *panosa*, cosa che la pizza napoletana non è affatto!
Non avevo mai tenuto in considerazione quei 50° in più tra i 250° e la fine della manopola.
Non appena ho tempo, conto di provare la ricetta con cottura in forno a legna!
Non puoi far sbavare così davanti ad uno schermo una povera napoletana immigrata a Milano.
E’ cattiveria allo stato puro
Povera Lydia, come ti capisco, almeno tu volente o nolente una pizzeria un pochettino decente la trovi a Milano, ma io che sono qui nelle Marche, credimi, la pizza la conoscono solo in fotografia, che rabbia.
hai tutta la mia comprensione,
Questa ricetta mi ha fatto tornare in mente il sapore della pizza, la vera pizza napoletana, essendo piemontese capita raramente di assaggiare una pizza così… ma ora con la tua ricetta posso provare a farla anche io. Non ho mai utilizzato il poolish, ma c’è sempre una prima volta!
Mamma tesoro sei una tremenda tentatrice!…..la prossima volta che ci vediamo VOGLIO PIZZAAA!!!! Spero sia prima di 5 anni! :)
Intanto… sperimenterò anche io la tua ricetta! e…resto in attesa di luglio ad Ischia!!
izn@spero tanto che l’avrai proposta anche al laboratorio di panificazione,sai che profumo,sto aspettando con ansia il resoconto,come ho rosicato questi ultimi fine settimana,ma speriamo a presto a napoli.
Io sto lottando con la ricetta della pizza ormai da diversi mesi, ché una volta viene bene/benissimo e due no!!!
Devo anche dire che non ho nemmeno lontanamente usato tutte le accortezze che segnalate ora tu (e Adriano prima), ma ho semplicemente convertito la ricetta di mia mamma per usarla con la pasta madre.
Inoltre… la pietra refrattaria è proprio necessaria? Pensi che vada bene anche quella che noi chiamiamo “pietra ollare” (di cui mi hanno regalato un kit quando mi sono sposata, con il cavalletto per cuocere in mezzo al tavolino, usato 1 volta).
E soprattutto… il mio forno cuoce 250 sulla carta, ma non penso che superi i 200 in realtà!!! Mamma mia mi hai messo in crisi, mi sa che domani sera (venerdì sera pizza) tento questo metodo…
Un abbraccio (anche se scrivo sempre poco ti leggo sempre!)
Gloria
ci ho provato a farla questa pizza coi mezzi che avevo ahimé (no pietra refrattaria) al marito è piaciuta parecchio ma a me non tanto :-(
fatto sta che non somigliava proprio a quelle delle foto,
in pratica mi sono incartata a stenderla mi sa che ho ucciso quasi tutte le bolle, ma ho la capa tosta, riproverò agguerrita come non mai vincerò vincerò vinceròòòòòòòòòòòò :-) :-) ;-)
«la vera pizza napoletana è fatta con impasto diretto (cioè deve lievitare una volta sola)». Veramente metodo diretto non significa che lievita una volta sola, ma che si fa un unico impasto, in cui si mette direttamente il lievito.
La pizza partenopea prevede, anzi, rigorosamente la lievitazione in due fasi:
– puntata, cioè lievitazione dell’intero impasto, che dev’essere lunga almeno 8 ore e comunque il doppio dell’appretto;
– appretto, cioè fermentazione dei panielli stagliati.
Ah, la pizza non si spiana, ma si stende ;-)
Tanto premesso, le tue pizze sono fantastiche. Molto meglio di quella di Adriano :D
Davvero una bella faccia, complimenti!
@adriano: grazie Adriano detto da te è un onore! Sono commossa :-)))
Izn…grazie!!! Non sai da quanto tempo volevo provare la pizza di Adriano con il lievito madre (il mio si chiama Stitch).
Grazie al tuo post stasera ho sfornato la pizza più buona che abbia io mai fatto (…assaggiato?)!
Avevo quasi finito la 1 allora ho dovuto usare un po’ di 0 e di conseguenza aggiungere un bel po’ di acqua in più per avere la giusta consistenza…si stendeva che era una bellezza, morbida morbida. Ora non vedo l’ora di riprovarla solo con la farina 1!
(ps: adoro il tuo blog, ti leggo con piacere e *sommo* interesse già da un paio d’anni…)
Tu dici: Adriano sconsigliava assolutamente di provare quel tipo di pizza con il lievito naturale, e che la vera pizza napoletana è fatta con impasto diretto.
Mi sembra che Adriano dica che nella “sua ricetta” non si possa semplicemente sostituire il lievito di birra con il lievito madre. Lui prepara un poolish con 100% di idratazione e lo lascia a T.Amb per 12 ore… con il LM probabilmente diventerebbe troppo forte/acido.
La “tua ricetta” invece prevede un preimpasto con idratazione del 50% lasciato a T.amb per 2 ore.
Ti chiedo: hai mai provato a fare il poolish di 12 ore, solo acqua e farina, idratato al 100%… e POI unire il LM quando impasti?
Cosa cambia secondo te?
Se non sbaglio lo diceva in un commento, ma sono quasi sicura che l’abbia scritto. Se ti interessa *molto* te lo cerco (ci metterò un po’, ci sono millemila commenti da lui) :-/
Per quanto riguarda il preimpasto di acqua e farina, che se non sbaglio viene chiamato autolisi, ci ho provato, ma con la farina antica non funziona (almeno con un’idratazione alta e molte ore) perché avendo poco glutine la lisi… lide tutto, e ti ritrovi con un impasto liquido, ci puoi al massimo fare una specie di pizza (se non sei costretto a buttare tutto).
Devo dire che già con l’idratazione che ho indicato nel post l’impasto finale era al limite. Ho fatto una fatica non indifferente per non farlo bucare mentre formavo le pizze. La prossima volta anzi proverei ad aggiungere un pochino di zero, tanto la pizza non la mangio ogni giorno, e una volta ogni tanto si può fare.
[…] dell’immaginario collettivo. Un ottimo risultato l’ho ottenuto con la ricetta di Sonia (che deve avere un forno *da paura*: a me mica si erano gonfiate così), e poi con quello di Anna, […]
@izn: ti faccio i miei complimenti perché hai fatto la pizza con il lievito madre ma una cosa te la devo dire. L’olio non va utilizzato nell’impasto, perché in cottura quest’ultimo raggiunge i 250 gradi di temperatura, e in questo modo l’olio supera abbondantemente il punto di fumo.
Per ottenere una buona pizza napoletana oltre a quello che già fai è importante conoscere il punto di incordatura della pasta e darle i giusti giri. Un’altra cosa assai importante è la formatura dell’impasto sul banco (in gergo si chiama stagno — in napoletano si dice “sto stagnann’ a past” che tradotto significa: “sto dando la forma alla pasta”).
Risultato apparentemente eccellente, per i quali porgo vivi complimenti all’autrice. Tuttavia, mi corre l’obbligo di operare alcune precisazioni.
1. La vera pizza napolitana non si fa col poolish ma con metodo diretto e/o crìscito (cioè pasta di riporto inacidita oppure madre acida). Lo stesso Adriano Continisio lo ha detto e ribadito in più occasioni, precisando che la sua pizza al piatto con metodo poolish (così la titola nel blog) non è la pizza napolitana (che peraltro si fa esclusivamente con grano tenero, anche se le mie conoscenze storiche mi portano a ritenere che 400 anni fa si facesse con grano duro, essendo il cereale di gran lunga più coltivato, e dunque diffuso, in tutto il Regno di Napoli e in Sicilia, che non ricorrevano all’importazione di materie prime alimentari dall’estero, non avendone bisogno ed essendoci dazi piuttosto pesanti anche con il vicino Stato pontificio).
Tanto premesso, questo metodo è ottimo e forse il migliore per ottenere una pizza in casa su pietra refrattaria o fornetto Ferrari. Con il metodo classico partenopeo la cosa a mio avviso si fa molto più complicata, per tutta una serie di ragioni che non sto qui a spiegare. Poi, è vero che ciò che si realizza è quasi più simile a una pinsa (prodotto tipico romano ormai estinto, che niente ha a che fare con la pseudo-pizza sottile e croccante che hanno ‘inventato’ a Roma a imitazione mal riuscita di quella napolitana), dato che ha un sapore più da pane, però risulta assai soddisfacente per il palato e per lo stomaco e tutto sommato non è difficile da realizzare.
2. I pizzaiuoli (voce in lingua napolitana per pizzaioli) non è che non vogliono sganciare la ricetta. Semplicemente, una ricetta univoca non esiste. Gli ingredienti sono sempre quelli: acqua, farina, sale (rigorosamente marino! Possibilmente delle saline di Ferdinandea, che i conquistatori nostrani hanno ribattezzato Margherita di Savoja), lievito o criscito. Il metodo come detto è il diretto. Tutto il resto sta all’abilità dell’artigiano, e alla sua capacità di offrire sempre lo stesso prodotto indipendentemente dalla folla che ha nel locale e dall’alternarsi delle stagioni. Non si tratta di una ricetta ma di un metodo, cui si perviene dopo mesi e anche anni di apprendistato e lavoro, dopo aver sposato quella che è una sorta di filosofia di vita. Ognuno cerca la sua strada, la trova, individua il suo proprio metodo e lo affina… Spiegarlo in quattro parole non è semplice.
3. Certamente il disciplinare della verace pizza napoletana stg (non dtg) parla di lievito di birra; è ovvio, dato che oramai la fanno quasi tutti così da almeno un trentennio prima che il disciplinare venisse redatto. Ma va bene così. Se ne impiega pochissimo e la fermentazione è lunga, talmente lunga che la pasta inacidisce leggermente e dunque alla fermentazione alcoolica si aggiungono quella lattica e quella acetica, sebbene quella alcoolica sia nettamente prevalente a causa del metodo diretto (ma non è così se all’impasto si aggiungono i panielli avanzati del giorno prima, il famoso riporto).
Non capisco l’affermazione «prevedon […] farine forti tipo manitoba o al limite 0»: chi ha detto che una farina 0 è una farina forte? 0 è un livello di abburattamento, immediatamente superiore allo 00 e immediatamente superiore all’1. Esistono poi farine 0 molto forti (come è il caso di quelle commercializzate come manitoba, che sono tutte 0 anche se Alimonti e Grandi molini italiani le propongono anche o solo in versione 00 e alcuni piccoli molini del Nord anche 1 e 2 e in un caso perfino integrale), di media forza (tipicamente quelle dichiarate adatte per panificazione: pane, focacce, pizze, lievitati dolci) e, via via, perfino da biscotto. Lo stesso vale per le farine di grano tenero di qualsiasi altro abburattamento (l’abburattamento è speculare alla raffinazione: più una farina è abburattata, meno è raffinata).
Ebbene, per fare la pizza napolitana l’abburattamento non è importante (anche se sarà almeno mezzo secolo che la si fa solo con farine bianche, infatti il disciplinare prevede 00 oppure 00 tagliata con 0, e questa clausola è stata inserita tenendo conto della correzione con manitoba operata da alcuni pizzaioli in estate, considerato che sul mercato locale è più facile reperire manitoba 0 che 00), quanto la forza, la cosa che incide maggiormente, e l’unica che incide in misura determinante, a fini tecnologici. Ebbene, il disciplinare prevede un range di forza molto elevato: la tecnica più diffusa nelle pizzerie più tipiche e rispettose della tradizione è l’uso di farine di media forza (la più diffusa è la Caputo pizzeria, W 240-260, ma alcuni pizzaioli bravissimi, come il grande Ciro Salvo di Portici, usano anche la Caputo super, che e non sbaglio è W 220-240) idratate il più possibile (tenendo presente che per la verace ci si ferma al cosiddetto punto di pasta, cioè non si incorda particolarmente) e spinte sino al limite della maturazione, con 24-36 ore (36 ore solitamente hanno i panielli avanzati per il pranzo), che a temperatura ambiente sono davvero una sfida per farine di quella forza perché i panielli tendono a rilassarsi a causa della proteolisi.
4. Il metodo diretto non consiste nella lievitazione di una volta sola, affatto. Metodo diretto significa impasto unico, senza prefermenti (infatti già usando la pasta di riporto, se vi è aggiunta di lievito di birra, si parla di semidiretto). Ma la pizza napolitana lievita in due volte: in una prima fase, detta “puntata”, e in una seconda, detta “appretto”, che dura almeno la metà della prima.
5. Dici che l’impasto in stesura era poco elastico e questo ti ha creato problemi. Non capisco. Il contrario di elastico è estensibile: e un impasto estensibile, a meno che non lo sia talmente tanto da andarsene in giro per i fatti suoi, non crea affatto difficoltà in stesura, anzi. Un impasto a glutine corto tende a strapparsi. L’impasto elastico è quello che torna indietro, dato che l’elasticità, al contrario dell’estensibilità e della plasticità, è la proprietà per cui un corpo sottoposto a trazione tende a riacquisire la forma originaria nel momento in cui l’azione meccanica cessa.
Pietro Parisi,
1. l’olio in superficie (figurati quello all’interno dell’impasto) a stento raggiunge i 200 gradi (punto di fumo più frequente della maggior parte degli olî vegetali) quando la pizza viene cotta a legna a 450 °C. La cottura infatti dura tra gli 80 e i 120 secondi, e hai idea di quanto tempo ci voglia per raggiungere la stessa temperatura dell’ambiente circostante?
2. giri per la pizza napolitana? Intendi pieghe? Ma assolutamente no! Per la napolitana come detto ci si ferma al PUNTO PASTA, cioè appena si forma il glutine l’impasto va chiuso (poi al momento di formare i panielli ce lo si troverà più incordato per effetto della glutinazione spontanea dovuta all’autolisi).
3. quello che dici tu si chiama STAGLIO o STAGLIATURA, non stagno, che, sia in toscano/italiano che in napolitano, indica un accumulo di acqua ferma, sorta di piccolo lago. In lingua napolitana si dice «Sto staglianno ‘a pasta», che tradotto significa «Sto stagliando la pasta» (come hai detto tu stesso la parola in italiano, sebbene trattasi evidentemente di un prestito dal napolitano, fa parte del gergo dei pizzaioli, dunque non c’è bisogno di tradurla con una locuzione).
Tanto per chiarire, in lingua napolitana le parole sono generalmente tronche come in francese, ma, sempre come in francese, la vocale finale ESISTE e SI SCRIVE, anche se si pronuncia praticamente per metà dato che si tratta di quella che in gergo linguistico viene definita “schwa”. Datosi che il toscano/italiano e il napolitano sono due lingue diverse, entrambe sulla stessa scala evolutiva rispetto al latino (sono due lingue romanze, dunque neolatine, ergo sorelle tra loro; tra l’altro a voler esser precisi quella napolitana è sorella maggiore di quella toscana dato che è attestata perlomeno tre secoli prima), è sbagliato cercare di scrivere il napolitano secondo la fonetica propria del toscano/italiano: ai grafemi a, e, i, o, u in lingua napolitana corrispondono semplicemente fonemi diversi che in lingua toscana/italiana, esattamnte come corrispondono fonemi diversi in inglese, tanto per fare un esempio. Ed è parimenti sbagliato usare il carattere della e capovolta, proprio dell’alfabeto fonetico interlinguistico, per indicare la schwa.
@Francesco: ti ringrazio immensamente per questo commento, che mi dà modo di imparare molte cose nuove e magari anche di chiederti qualche spiegazione. Non ho studiato cucina e tutto ciò che spiego qui sul blog lo sto imparando sul campo, a forza di errori, quindi ogni precisazione è assolutamente benvenuta. Passo a risponderti (e a chiederti).
Io utilizzo pasta madre idratata al 100%. Quello che qui sul blog chiamo impropriamente “poolish” è una prefermentazione della pasta madre, al solo scopo di rinforzarla (si tratta praticamente di tre rinfreschi successivi il giorno prima, di cui l’ultimo con una percentuale di pasta madre leggermente minore, per trovarsi il mattino dopo con una pasta madre molto attiva).
Quindi immagino che possa ascriversi esattamente a quella che chiami madre acida. O no? So che la pizza di Adriano non è quella napoletana, infatti proprio per questo questa mia l’ho chiamata “pizza napoletana *quasi* perfetta”, proprio perché non la ritengo una ricetta definitiva, ma solo un avvicinamento a quella che spero lo sarà.
Molto interessante la nota della pizza con il grano duro, bisognerebbe provare, chissà cosa verrebbe fuori.
Per quanto riguarda la pizza che è venuta fuori, ti assicuro che aveva un sapore e una consistenza molto simile a quella che mangiavo da Triunfo, tranne che per il sapore di legna che non ha e che naturalmente le toglie molto del suo fascino. Se vorrai spiegare le ragioni per cui il metodo classico partenopeo è molto più complicato te ne sarò grata, mi interesserebbe moltissimo (e non solo a me).
Per quanto riguarda i pizzaiuoli (non parlavo di segreto sugli ingredienti, ma sulle dosi) dicevo della difficoltà di avere una ricetta da loro perché semplicemente proprio loro lo presentano come un segreto indicibile, ma probabilmente lo fanno per dare un’aura di mistero alla pizza, che da quanto mi dici è soprattutto un fatto di esperienza.
Moooolto interessante il fatto che innescare l’impasto con un pochino di lievito di birra crea comunque una fermentazione lattica e acetica. Peccato che però che per il metodo casalingo che non aggiunge l’impasto del giorno prima prevalga appunto la lievitazione alcoolica.
Arriviamo alle farine. Non so se tu hai letto qui sul blog gli articoli relativi all’uso delle farine antiche, e al diverso tenore in glutine (non solo in quantità, ma soprattutto in tipo di glutine) che hanno queste ultime. Per quanto riguarda le farine 00 e 0 intendevo che essendo molto raffinate hanno più glutine in percentuale rispetto alla semintegrale (tipo 1, che se non erro si chiama anche buratto). Poi naturalmente dipende dal tipo di farina e dalla sua forza, ma qui sul pasto nudo utilizzo solo quelle che ti dicevo perché lo scopo principale del blog è cercare di coniugare la buona (e colta) cucina tradizionale con la salute.
Come puoi capire non è cosa semplice gestire impasti con farine a basso tenore glutinico, e oltretutto semintegrali, per questo tipo di lavorazioni. Oltretutto non posso neanche idratarle troppo nè farle maturare troppe ore; anche ai fini della salute non servirebbe in quanto le proteine vengono predigerite dai batteri in tempi molto minori rispetto a quelli che occorrono a farine di tipo “moderno” vale a dire derivate dal creso che immagino ben conosci.
Se hai un consiglio per mettere a punto una ricetta perfetta utilizzando le farine di cui ti ho parlato sarà benvenutissimo e ti ringrazieremo in tanti :-)
Forse ho sbagliato parlando di elasticità: intendevo appunto che l’impasto si strappava facilmente, devo ancora impratichirmi con i termini tecnici e me ne scuso :-)
Cara izn, no. Pasta acida (madre acida perché si tratta di una matrice, cioè un impasto usato per fermentarne altri) è il nome tecnico corretto, traduzione letterale dell’inglese sourdough: si tratta di una pasta (liquida o solida non importa, anzi nel mondo anglosassone è decisamente più diffusa in formato liquido) fermentata da saccaromiceti e lattobacilli, a pH basso (= acido) a causa della presenza di questi ultimi.
Io più che «pizza napoletana quasi perfetta» chiamerei la presente «pizza quasi napoletana», dato che il metodo è diverso.
Io ho provato la pizza con il grano duro, in teglia… A differenza che il grano tenero, incide molto la varietà di grano duro che usi (io ho usato sempre blends, ma di provenienza diversa). Per quella al piatto non lo vedo molto indicato, ma la teglia viene saporitissima e molto soffice :)
Il metodo classico partenopeo in sé non è complicato; è complicato riprodurlo in casa a causa della quasi impossibilità di procurarsi attrezzature che consentano di cuocere la pizza formata in 80-120 secondi. Poi, bisogna avere una grande manualità per poter formare pizze con panielli derivanti da impasti con farine di media forza idratati al 65% e tenuti a fermentare complessivamente per più di un giorno intero. Questo è l’unico segreto della vera pizza: l’idratazione estrema, che consente di ottenere un prodotto sofficissimo anche se steso sottile, grazie alla cottura molto rapida. Hai voglia a mettere grassi, latte o altre papocchie nell’impasto: non verrà mai la stessa cosa e quelle cose che spacciano per pizze a Gragnano e nella penisola sorrentina lo dimostrano ampiamente (da quelle parti fanno un impasto molto più duro, ma aggiungono strutto). Qualcosa di decente può venir fuori già al 55% di idratazione (i pizzaioli mediocri arriveranno al 60% con la Caputo 00 R…), ma a maggior ragione, in quel caso, la cottura dev’essere rapida.
Le dosi non sono standard, ma variano in funzione dei valori della farina e del suo comportamento concreto, nonché ella stagione.
Quella del glutine è semplicemente una leggenda. Innanzitutto, le farine più raffinate contengono per definizione non più glutine ma più amido, dato che il minore abburattamento esclude le parti esterne della cariosside, e le proteine, glutenine e gliadine comprese, si trovano all’esterno, non all’interno :D Il cuore è costituito praticamente solo da amido, tanto che per fare farine 00 forti spesso si aggiunge del glutine vitale.
A parità di varietà di grano possiamo dire che sicuramente le farine più forti saranno la 0 e la 1, poi la 2 e la 00 a pari merito e infine la integrale (che è più debole non perché contiene meno glutine e gliadine o sviluppa meno glutine, ma perché l’elevato contenuto in fibra e sali condiziona la resistenza di quest’ultimo). Questo a parità di varietà di grano, ma i molini miscelano le varietà in base a ciò che intendono ottenere e, siccome è possibile, producono farine di tutti gli abburattamenti con tutti i gradi di forza possibile. Esistono a catalogo di molti molini farine 2 con valore W addirittura superiori al 400 e Bongiovanni ha a listino la manitoba (che poi in realtà manitoba non è, ma sono grani di forza equivalente coltivati in Valpadana) integrale. Ed è logico che una farina W 400 è una farina W 400, che sia 00 o integrale, e che dunque ha quella quantità di glutine; anzi, quella integrale a parità di forza, oltre ad avere un contenuto proteico complessivamente più elevato perché gli strati immediatamente sub-superficiali del chicco sono ricchi di proteine terze (solubili e insolubili), ne sviluppa un po’ di più perché a parità di glutine non potrebbe avere la stessa forza di una farina, ad esempio, 0. Analogamente, una 2 W 400 sarà sicuramente estremamente più ricca di proteine costituenti il glutine rispetto a una 00 W 90.
Ah, le farine «semiintegrali» non esistono (è un ossimoro; significa letteralmente «per metà intero») e «buratto» è un nome commerciale che adotta il mulino Marino. Le denominazioni in base alle classificazioni di legge sono le seguenti:
00 finissima (nota anche come fior di farina);
0 molto fine;
1 fine;
2 grossolana.
Saluti.
il cornicione e il bozzo bruciacchiato sono perfetti! me ne metti a parte pezzetti di scarto? le mie pizze quasi perfette con pm sono in effetti più simili alla Bonci maniera, ovvero più croccantine. però facendo lievitare 48 ore ed eliminando le pieghe ho ottenuto un risultato accettabile: io uso 350 gr di pm 200 gr di integrale 680 di 1 (con la gentil rosso non ha lievitato abbastanza) e 600 di acqua. ma adesso provo anche il tuo sistema. (ho notato che ti piace pomodorosa eh?) baci a voi sì ps dimmi qual’è adesso il tuo riferimento a Napoli che io i miei li ho ;)
penso sia la vera pizza che mangiavamo qui negli anni 70 fatta da napoletani doc..ora questo tipo di pizza nn ce piu
[…] L’ispirazione della ricetta è tratta da qui, insieme a una serie di consigli molto preziosi per la lavorazione, la stesura dell’impasto e […]
Il mio nonno Mario Triunfo era piu bravo pizzaiolo del mondo.
Mi manca tantissimo la sua pizza. Mi manca mio nonno.
Buonasera,
sono anch’io alla ricerca di una variante della famosa ricetta di Adriano con il metodo poolish che preveda pero’ il lievito madre invece che quello di birra, eventualmente mantenendo la farina forte se necessario. Volendo sostituire il poolish di lievito liquido con il poolish di lievito madre solido, come cambiano le proporzioni?
Grazie
Elena
@elena: ciao Elena, quando sostituisci il lievito solido (idratato presumibilmente al 50%) con il lievito liquido (idratato, nel caso in questione, al 100%), devi semplicemente aggiungere acqua e togliere farina dalla ricetta in proporzione a quanto lievito solido decidi di usare.
In questo caso ad esempio, se usi 100 grammi di pasta madre solida, che è fatta di 66 grammi di farina e 33 grammi di acqua (mentre 100 grammi di pasta madre liquida sono composti da 50 grammi di acqua e 50 grammi farina) dovrai aggiungere alla ricetta 17 grammi di acqua e togliere 16 grammi di farina (spero di non aver fatto casini con i conti).
Ovviamente questi calcoli lasciano il tempo che trovano (e valgono più che altro con il tipo di farine che ho usato io); regolati con l’impasto semplicemente idratandolo più possibile a seconda della farina che usi, e vedrai che andrà tutto bene :-)