Questa estate eravamo in Sardegna (sospiro), l’ultimo giorno prima di tornare a casa, e per salutarci tutti si organizzò una piccola festicciola serale sulla spiaggia; ognuno doveva portare qualcosa da mangiare. Mi serviva una ricetta svuotafrigo, avevo del riso bianco già cotto che languiva e così pensai: “cosa c’è di meglio di un bel sartù?”.
Anche se è una scelta un po’ scontata piace sempre a tutti ed è semplice e veloce da preparare, mi dissi. Beh non potevo essere più in errore. Quando lo portai in spiaggia, ancora tiepido di forno, andò letteralmente a ruba, tra la meraviglia dei presenti che non finivano di dirmi ma cos’è questo “tortino” buonissimo, ma come l’hai fatto di qua, ma escimi la ricetta di là, e io attonita dicevo ma ma ma… è solo un sartù! o.O
Beata ignoranza, che ne sapevo io che il sartù si fa solo a Napoli?! La versione originale è un po’ diversa da quella che vi presento qui io; è preparata con ragù di pomodoro, polpettine, piselli, funghi, provola (che a Napoli è la mozzarella affumicata, mai trovata qui a Roma sigh sob), salsicce e fegatini di pollo. Nient’altro, direte voi? Vabbeh lo sapete che a Napoli si tende un filo a esagerare in cucina. Comunque anche se io lo preferisco in bianco pure questo con il ragù è fenomenale, da provare, magari in tardissima primavera, quando i piselli sono di stagione e magari fanno capolino anche i primi pomodori da sugo.
Scrivendo questa ricetta mi sono resa conto che ormai ho realizzato uno dei miei obiettivi più pretenziosi degli ultimi anni, cioè cucinare con ingredienti totalmente provenienti da piccoli produttori, comprati direttamente da loro (o dalle botteghe che li vendono). Ai tempi dei nostri bisnonni quest’affermazione avrebbe fatto ridere i polli (felici), adesso invece sembra complicato anche solo pensarlo.
Eppure, ecco fatto: il riso è della Riserva San Massimo, le puntarelle biodinamiche e le uova sono di Semia Bio/Casale Vecchio (Mino quando fate il sito!?), la fontina è della Formaggeria di Francesco Loreti, il salame è di Fausto Fanelli (il sito non è più attivo perché ha deciso di ritirarsi dal commercio qualche anno fa, n.d.r.), il parmigiano è del caseificio Santarita, l’olio è di Vianova, l’aglio è di Antonietta (la vicina di casa che coltiva consapevole). Solo il sale e il pepe li ho presi al Naturasì, ma prima o poi trovo anche quelli eh! Ah, se li trovo! :-P
Una soddisfazione enorme. Comprare dai piccoli produttori non vuol dire solo stare molto più tranquilli su quello che si porta in tavola, e avere la possibilità di un confronto diretto con chi ha prodotto quello che si mangia, ma anche aiutare una famiglia a vivere del proprio lavoro, a dare un’istruzione ai propri figli, a comprare ciò che gli serve, a essere felici di ciò che fanno. Una differenza enorme rispetto a quando si compra dall’industria, non c’è nemmeno un lontanissimo paragone.
Va bene la faccio finita con il sermone, su! Intanto provate a preparare questa meraviglia anche se non avete avanzi; è facilissimo da fare, potete usare qualsiasi verdura abbiate in frigo (cotte così le puntarelle sembravano tantissimo carciofi, al gusto!) e piace anche molto ai bambini, nonostante l’odiato verde!!
A proposito di verde, prima di lasciarvi alla ricetta vi racconto la zac-ipotesi sul perché i bambini piccoli odiano tutto ciò che è verde e verdura. Secondo lui è uno stratagemma evolutivo, perché molte piante possono essere velenose e quindi i cuccioli evitano naturalmente le piante verdi in toto per non rischiare. Piano piano poi crescendo cominciano a fidarsi, abbiate fede. Intanto mettetegliele nel sartù :-D
Ingredienti:
200 grammi di riso
un grosso mazzo di puntarelle
100 grammi di fontina (o un altro formaggio, o mozzarella)
50 grammi di salame
50 grammi circa di parmigiano
2 uova felici
1 spicchio d’aglio rosso
olio extravergine d’oliva
sale marino integrale
pepe nero in grani
Se non avete riso già cotto, bollitelo velocemente in acqua salata o cuocetelo per assorbimento (come ho fatto qui con la quinoa).
Mondate le puntarelle togliendo tutte le parti legnose, lavatele, fatele asciugare all’aria su un panno pulito e tritatele molto grossolanamente. Coprite con un filo d’olio il fondo di una padella larga, fateci appassire a fiamma bassissima lo spicchio d’aglio schiacciato con il coltello (cercate di tenerlo completamente immerso, se necessario inclinate la padella) e quando lo vedrete biondo e leggermente dorato alzate un po’ la fiamma e aggiungete le puntarelle, lasciandole cuocere fino a quando non prendono aspetto e sapore ottimi.
Preriscaldate il forno a 180°/200°C, in modalità statica, ungete (e se volete cospargete di parmigiano o di pangrattato) una teglia rettangolare larga e bassa (io di solito ne uso una di ceramica) e mettetela da parte.
Tagliate il formaggio a dadini (se usate la mozzarella fatela scolare più possibile), il salame a tocchetti e grattugiate il parmigiano. Le dosi che vedete negli ingredienti sono indicative, variatele come vi pare.
In una ciotola di vetro grandina mettete il riso cotto e intiepidito, aggiungete le puntarelle, il formaggio, il salame, le uova, il parmigiano e un’altra presa di sale (se serve, anche un altro po’ d’olio), e mescolate molto bene. Trasferite tutto nella teglia che avete preparato; non schiacciate il composto, anzi cercate di fare in modo che rimanga ben increspato in superficie, così avrete tante punte croccanti e deliziose da sgranocchiare. Se vi piace, cospargete la superficie del sartù con altro parmigiano grattugiato o con pangrattato.
Infornate a metà altezza e dopo un quarto d’ora/venti minuti regolate il forno in modalità ventilata o in grill per far formare una bella crosticina in superficie. Sfornate e servite immediatamente; è ottimo anche riscaldato ma appena uscito dal forno è strepitoso :-)
1) Buonissimo!! Pensa che io ho scoperto il sartu’ di riso quaggiu’ in fondo al mondo!! :-)
2) anch’io sono molto “stolz” (=fiera) quando porto in tavola cibi veri, comperati da piccoli produttori. Proprio ieri mi godevo dei pomodori spettacolari (sembra strano, ma qui nei negozi trovi solo quelli color rosa/giallo/verdino coltivati nell’acqua, o chissa’ dove, nonostante il sole pazzesco di questo posto). No, tutto no, qui non si puo’. Il riso, per esempio, E poi, in una citta’ cosi’ grande, e’ durissima. Devo cercare un’Ammuina! :-)
3) non concordo totalmente con la Zac ipotesi, ma ok (perche’ ai bambini di solito non piacciono nemmeno le verdure di altri colori, o i crauti, che son gialli ;-) e ci sono bacche rosse molto velenose, nei boschi, ma i bambini adorano le ciliegie). Comunque concordo che i bambini hanno ancora un poco di istinto, per queste cose (dipende da chi li nutre, peratro… ;-) ). Per esempio, di solito non amano funghi/melanzane/ peperoni (a parte quelli molto rossi), per via della solanina.
L’ipotesi normalmente piu’ accreditata sostiene che, essendo le verdure verdi tipicamente “pulitrici” e anche tendenzialmente amarognole (asparagi – ai tempi c’erano quelli selvatici, quindi verdi; cicorietta, tarassaco e altre insalate verdi servono a pulire il fegato, etc), e non avendo i bambini bisogno di essere ripultiti (oppure corrono e si muovono ed hanno un metabolismo che li ripulisce in un nanosecondo), istintivamente se ne tengono lontani. Della serie: “mangiatevele voi grandi, che voi avete bisogno di disintossicarvi, non io!!” :-)))