Se avete anziani saggi in famiglia ringraziate il cielo e teneteli da conto, perché sono rari. Di solito sono legati in qualche modo alla terra, che li ha contaminati anche solo per la vicinanza. Non è un discorso che fa piacere sentire un giovedì mattina qualsiasi, e capisco che non ve lo aspettavate come incipit della ricetta di una torta (dopo però vi addolcisco, prometto).
Solo prendendo coscienza però possiamo rimboccarci le maniche e dire basta al basso profilo degli ultimi cinquant’anni: non ha funzionato e soprattutto non funziona adesso.
La verità è che ci siamo ritrovati in una situazione mai vissuta nella storia, nella quale quasi tutti i nostri anziani hanno perso la saggezza che una volta li distingueva e che gli assicurava il rispetto delle generazioni più giovani.
I nostri anziani mangiano scatolette e animali violentati, se ne fregano della provenienza del loro cibo, spargono pesticidi sulla terra che è di tutti; qui in campagna gli anziani — che dovrebbero essere le figure alle quali ispirarsi — gettano nei caminetti truciolati, polistirolo e in generale tutto quello che gli capita sottomano, e utilizzano plastiche in tutte le loro coniugazioni, nei cosmetici, come contenitori per i cibi, nei vestiti, per i mobili, sulle pareti dei loro appartamenti. Che razza di anziani sono questi?
Amo profondamente i miei genitori, ma dal punto di vista ecologico, etico, consapevole, sono stati e sono un disastro; bombe che camminano. Ci hanno consegnato un mondo sull’orlo del disastro ambientale, non sono neanche certa che siamo ancora in tempo a tornare indietro, a riparare le ferite.
Non hanno avuto colpa, sono stati raggirati dalle chiacchiere delle industrie, dai blablabla della politica, ma dopo averli perdonati dovremo riprendere in mano la nostra vita senza farci influenzare dalle loro obiezioni: “i bambini non si allattano oltre i sei mesi, l’omeopatia è acqua zuccherata, la medicina alternativa è fuffa, e poi una viennetta una volta ogni tanto non fa male a nessuno, la televisione la tengo accesa tutto il giorno anche quando mangio perché mi fa compagnia, le malattie ci cadono addosso casualmente e non possiamo fare nulla per difenderci, aver paura di tutto è cosa buona e giusta e affidiamoci a chi ne sa più di noi”. Basta.
Passo alla torta, giuro. Non vi inquietate. Volevo darvi uno stimolo ulteriore a portare avanti la rivoluzione che stiamo facendo tutti, dal basso, e che comincia dal pane che vi fate in casa e dalle etichette che vi leggete al supermercato, ché già quella è una battaglia, con quei caratteri microscopici che neanche una lince appena uscita dalla fabbrica.
Questa bellezza l’avevo vista in uno dei più bei gruppi su facebook che abbia mai frequentato, fertile come mai, pieno di gente bella e sveglia, una vera ventata di conoscenze e serenità. Si chiama Great Country House, come il blog (dal quale è tratta?) sul quale oggi ho ritrovato la ricetta.
La prima volta che la feci andò a finire nel secchio. E conoscete lo sconforto che ti prende quando sei costretto a gettare cibo buonissimo (in partenza). L’errore fu l’espressione “farina di cocco” che usai quando chiesi allo zac di acquistarla per me al supermercato. Lui mi tornò, bel bello, con una scatola stranissima, questa che vedete sotto. Quando la aprii rimasi un po’ interdetta di trovarci dentro, invece delle solite bellissime scagliette profumate che tutti conoscete, una vera e propria farina, anche abbastanza inodore, in verità.
In due secondi aveva assorbito qualsiasi traccia di liquido, sembrava di lavorare la sabbia :-D Dovetti aggiungere altri liquidi e non mi capacitavo dell’aspetto orrendo dell’impasto.
Decisi di darle una possibilità e la infornai lo stesso, sciorinando mentalmente tutte le parolacce in dialetto napoletano che mi ricordavo, ma fu tutto inutile, la torta era assolutamente immangiabile (e io mangio praticamente qualsiasi cosa, purché consapevole!). Da allora, la scatola è stata etichettata come “farina di cocco ammappazzante”. È segregata in dispensa da mesi, e se avete suggerimenti su come usarla ve ne sarò molto grata.
Riprovai la ricetta con le scagliette di cocco (mai più nella mia vita farò l’errore di chiamarla “farina”) e venne così buona che quando Lorenza e Flavia di Cucina mancina mi chiesero di collaborare al loro bellissimo libro “mancino” (cioè di cucina alternativa a quella convenzionale) con una paio di mie ricette inedite, decisi di regalarla a loro.
Per questo non ho potuto pubblicarla finora, ma sappiate che risale alla scorsa primavera; adesso utilizzerei meno zucchero o forse un tipo diverso di zucchero; per il resto è una torta strabuona e ottima per chi non può permettersi di avvicinarsi al glutine (sempre per la solita storia di cieche avventatezze di cui vi ho sproloquiato sopra).
A questo proposito per i Romani (e per chi vuole fare una gita a Roma… di lunedì! :-D) anticipo che l’ultimo giorno di questo mese le mancine presenteranno il libro al Treebar (nell’ambito del tour di presentazione del libro che trovate qui su facebook).
Ci sarò anch’io e lo staff cucinerà giustappunto questa torta che vedete, e altre cose buone. Vi aspetto dalle 18.30 in poi per un aperitivo di inizio settimana. Intanto beccatevi la locandina (qui sopra), e non andate in giro a dire che non vi offro la possibilità di migliorare il lunedì :-)
Ingredienti:
300 grammi di carote
150 grammi di cocco in scaglie
150 grammi di mandorle
150 grammi di zucchero grezzo chiaro
1 presa di sale marino integrale
1 presa di polvere di vaniglia
1 presa di polvere di cannella
3 uova felici
1 bustina di polvere lievitante
Imburrate e infarinate una teglia (non antiaderente) del diametro di 20 centimetri e preriscaldate il forno a 200°C, in modalità statica.
Se le vostre mandorle hanno la pellicina, fatele bollire per un minuto in un pentolino d’acqua. Scolatele, e appena saranno tiepide premetele tra indice e pollice (come si faceva per i lupini, per chi se li ricorda!); la mandorla sguscerà fuori nuda e cruda (attenzione a puntarle verso il basso altrimenti dovrete recuperarle in giro per la cucina!).
Finita questa operazione, mettetele nel tritatutto e frullatele più possibile, facendo attenzione a non scaldarle troppo, altrimenti si trasformeranno in una crema (potete frullarle con un po’ di zucchero per evitare questo problema).
Lavate e grattate via la buccia alle carote, tagliate via testa e coda, tagliatele a pezzi e frullate pure queste (oppure grattugiatele molto molto finemente).
Mettete le carote e le mandorle frullate in una ciotola grande, aggiungete le scagliette di cocco, lo zucchero, il sale, la vaniglia, la cannella e la polvere lievitante e mescolate tutto per bene. Aggiungete le uova (possibilmente a temperatura ambiente) frullandole prima brevemente. È tutto.
Non dovete fare altro che versare il composto nella teglia, livellarlo un po’ con una spatola o un leccapentola e infornarlo per una quarantina di minuti.
Questa torta è molto più buona da fredda, ed entro un paio di giorni da quando è stata cotta. È ottima servita su una salsa di cioccolata versata a specchio sul piatto, oppure con una bella cucchiaiata di panna acida.
Vero verissimo. E non hai parlato del loro rapporto con i rifiuti… I miei sono delle bombe ambientali. Bottigliette di plastica, monoporzioni superimballate di qualsiasi cosa, incapaci di distinguere carta dalla plastica (oh… Gente con la laurea eh…), detersivi come se piovesse, freezer pieno di qualsiasi nefandezza (spesso scaduta), fragole a febbraio e uva a marzo. Voglio loro bene ma mi fanno un misto di rabbia e tristezza.
L’ho comprato appena uscito (il libro intendo) e mi piace tantissimo: un modo simpatico per venire incontro alle esigenze di chi (come me, che sono vegetariana) si nutre diversamente ^_^ La torta è bellissima…la devo provare! Complimenti a tuttiiiiiiii <3
Cara Izn, stesse impressioni iniziali sulla farina di cocco. L’avevo comprata quando ho dovuto convertire la cucina al senza glutine e all’inizio e’ stato un disastro. Poi ho imparato ad usarla in dosi minime rispetto alle altre farine e da li’ il discorso e’ cambiato. Adesso non metto mai piu’ del 25% di farina di cocco sul totale delle farine. Credo che provero’ questa tua torta stasera stessa, viste le eccedenze di carote in frigo…
PS riguardo a suggerimenti, io faccio dei muffin con farina di cocco, albicocche secche e cioccolato. Sono una ricetta salva-dispensa e salva-colazione… Li trovi da me.
@Laura: grazie di cuore mia cara… quando ho scritto il post avevo molto timore di essere fraintesa, che sembrasse che volessi dare addosso agli anziani tout court, cosa lontanissima dalle mie intenzioni. Per fortuna molti di voi condividono con me le stesse sensazioni, e se ho scritto ciò che ho scritto è stato perché sono certa che se non ci rendiamo conto della realtà che ci circonda agire nel modo giusto è molto più complicato… e lento.
@Francesca: Grazie Francesca, spero tanto che ti piaccia, io l’ho trovata strepitosa (mi sono dimenticata di scriverlo) :-D
@Slicing Potatoes: Grazie cara!! Mi scriveresti il link per favore? O cerco semplicemente su google “muffin con farina di cocco” e li incrocio con il tuo nome? :-P
Mi piace moltissimo la ricetta, ma…odio le carote. Si può fare con qualche altra verdura? Quanto agli anziani “bombe che camminano” qua lo sono tutte le generazioni di genitori (contadini), e le eccezioni (esistenti, per fortuna) in realtà non hanno età (vanno dai nonni ai bambini). La differenza sta solo nella voglia di informarsi, e apprendere dalla tradizione, con umiltà. Nell’essere colti, insomma (al di là del titolo di studio, ovviamente). Non so, non riesco a vederlo come un fatto generazionale.
@Graziella: hai ragione, non è sicuramente un fatto di età; quello che intendevo era quel tipo di anziano che purtroppo ha identificato la cultura con ciò che hanno passato i media che ben sappiamo. Mio padre era un famoso avvocato napoletano (pace all’anima sua), eppure, lontano com’era dalla terra, ha vissuto succube di informazioni sbagliate e alla fine della sua vita era talmente depresso e stanco che non c’era nulla che potesse risollevarlo. Credo che la cultura si sia svincolata dai titoli di studio, come dici tu, e vada molto oltre. Il problema è uscire dall’ipnosi collettiva. Sai cosa intendo :-/
Credo anch’io che non ci si debba limitare ad una questione generazionale, ma è altresì vero che in tantissimi anziani non esiste proprio una cultura rispettosa della natura, se non limitata al proprio orticello. Anche i miei genitori, che andavano per boschi e amavano le nostre montagne, poi a casa si comportavano in modo irrispettoso nei confronti dell’ambiente. Ed il corsivo calza proprio a pennello!
Assolutamente sì, so cosa intendi, Izn! Forse semplicemente il nostro concetto di anziano ehm…è un po’ diverso. Per dire, per me anziana era mia nonna, che ora avrebbe più o meno 100 anni, e lei invece cucinava e mangiava “secondo tradizione” mantovana per giunta, e mia cugina ancora si ricorda la sua pasta frolla e sfoglia fatte in casa (io no, essendo stata inappetente sino alla maturità), con uova rigorosamente del contadino, farine del mulino ecc.ecc. E da piccola anch’io mangiavo “le cose della terra”, almeno finchè ho vissuto in un piccolo paese, e ci regalavano di tutto, salumi fatti in casa, anzi in cortile, vino autoprodotto, e persino la trippa di venerdì (arrivava un signore vestito ancora con il mantello nero, proprio come i contadini di una volta). Poi, in città tutto questo non si trovava più, e mia madre, lavorando, non aveva tempo di cercarlo. Ma intanto le campagne si erano comunque riempite tutte di diserbanti e ddt, in misura massiccia, il biologico non esisteva, e forse dal cibo contadino dagli anni 70 in poi era meglio stare alla larga…e poi, forse, la prima industria alimentare in Italia (tipo la star) era ancora abbastanza accettabile. I nostri genitori non avevano a disposizione mercati rionali, cibi biologici, ecc. Il part time non esisteva, mia madre è tornata a lavorare tre settimane dopo che io sono nata, i mariti non aiutavano certo in casa, insomma far da mangiare “come da tradizione” era un pò impossibile. Per dire, io non mi sento di colpevolizzarla mia mamma, se è lei che intendete per “anziani”. Ad ogni generazione la sua lotta, loro avevano un bel daffare a far passare il voto alle donne, il diritto di lavoro alle donne, e poi divorzio (quello anch’io) e tutto il resto. Noi ora possiamo dedicarci ad un altro tipo di “lotta”, quella per il cibo consapevole, chè i diritti altri già li abbiamo…
Be’, io vivo in uno stato di lotta silenziosa continua: contro i supermercati, contro i mercati rionali con la frutta che sembra di plastica, contro i ristoranti che chissa’ cosa mettono dentro i piatti, contro la plastica che ormai ce la ritroviamo anche dentro le pentole, contro la gente a cui non gliene può importare di meno, contro i miei genitori e parenti che non mi hanno insegnano niente al riguardo, anzi.
Insomma, ringrazio il cielo che esiste internet e siti come questo!
@Kleis: e io che esistono persone come te che hanno il coraggio di andare controcorrente :-)
visto il periodo di regime alimentare per il mio nano, a cui omeopata ha ridotto drasticamente tutto ciò che è con glutine,,,questa la provo.
nel frattempo ho sformato una focaccia con madre e farina di mais…che è la fine del mondo….devo decidermi a postare ricetta.
Sia con mia mamma che con i miei suoceri qualche passo avanti, pian piano, spiegando le nostre scelte, l’abbiamo fatto. Devo dire con molto piacere che mia mamma è molto ricettiva (anche se continua a fumare come una ciminiera Aaargh!) però solo su alcune cose, direi quelle più semplici da applicare, sui detersivi per esempio non sono riuscita a farle cambiare strada, forse anche perché viviamo lontane e non la posso tartassare più di tanto, anche se a volte penso che se così fosse non otterrei nulla, anzi!!!
Anche i miei suoceri sono spesso bacchettati, quando portano alla nipote schifezze piene di additivi, al punto che ora arrivano con le banane o gli yogurt bio (alè)!!! Per quanto riguarda le loro abitudini sono difficilissime da sradicare: anche nel loro caso non c’è speranza per detersivi e detergenti personali, non parliamo dei medicinali, per quanto non ne facciano abuso ci guardano con un certo sospetto quando curiamo la tosse con lo sciroppo di cipolla, o ci avvaliamo della medicina omeopatica, pur verificandone l’efficacia con i loro occhi… Però io avverto che sotto sotto ci guardano con una punta di ammirazione, come se pensassero “Vorrei tanto, ma non ce la faccio…”.
Non amo il cocco, peccato, però aspetto la ricetta dei tortini con la pasta madre.
p.s. ma come mai il carattere del testo è così piccolo??? o sono io a vederlo piccolo?
Un’altra cosa: guardandomi intorno sono d’accordo che non si tratta di una questione generazionale. Per fare un esempio pratico: io sono una mamma “anziana”, nel senso che alla materna dove va mia figlia sono decisamente se non la più grande, tra le più grandi (45 contro una media di 30/37 anni), ma parlando con loro e frequentandone alcune mi rendo conto di essere una voce fuori dal coro, e che in certi casi vengo anche considerata “strana”. Non so se a qualcuno di voi è capitato di leggere l’ultimo post della brava Sabine Eck, sul “Nomadismo domestico”, lei parla di “folle normalità”, e io senz’altro sono una “folle normale”. Purtroppo sia a scuola che nella maggior parte delle giovani famiglie di qui non c’è nessuna attenzione all’alimentazione [tanto per dirne una, l’anno scorso il menù del martedì prevedeva: pizza + mozzarella + budino al cioccolato, vorrei conoscere la nutrizionista che lo ha stilato, per fortuna quest’anno è cambiato!], la raccolta differenziata viene vissuta come una seccatura, e ho sentito anche qualcuno affermare che è una cosa che si può fare solo nei condomini con 160 persone (!!!!)… insomma credo che, come sempre, la questione sia di pura e semplice ignoranza e di nessun interesse né esigenza ad affrancarsene.
Sì, credo che la questione generazionale forse sia da intenedere più come “attenzione all’alimentazione” che ai prodotti, se la riferiamo alle generazioni precedenti. Per esempio mia madre è sempre stata molto attenta a ciò che mangiavamo più che da dove veniva. Perchè allora vi era una emergenza al contrario, nel senso che le campagne (almeno qua intorno) stavano diventando un “territorio velenoso”, elicotteri che passavano random per buttare pesticidi tossici sulle vigne, ddt a gogò, amianto ovunque. Vivere in città (parlo di una piccola come Pavia allora) e comprare prodotti controllati da una industria alimentare nascente sembrava essere la scelta più sana. Unita a : no merendine, no canditi, pane burro marmellata e frutta per merenda, niente pizza-pasti cucinati fuori per bambini, uova freschissime sbattute a colazione, niente cioccolarini ecc. ecc. Ripeto, attenzione all’alimentazione più che ai prodotti in sè. Anche perchè la campagna di allora qui come verdure d’inverno produceva solo patate e cipolle, d’estate uva (trattata come detto) e qualche pomodoro (trattato come non si sa). Se vogliamo considerare mia mamma come anziana (ora avrebbe 88 anni, in effetti lo sarebbe alla grande) direi che la consapevolezza me l’ha insegnata in quel modo, e mi è facile ora adattarla ad una più “moderna”, che paradossalmente riprende la vecchia tradizione. Quindi Izn, posso dire che i miei anziani erano consapevoli , ed io sono cresciuta sapendo distinguere benissimo fra schifezze e non (anche se poi per mia scelta per moltissimo tempo ho preferito le schifezze). Invece sono contornata da trentenni e quarantenni assolutamente “ignoranti” in alimentazione consapevole, che purtroppo hanno anche figli cui propinano schifezze da discount (eh in tempo di crisi che vuoi fare…poi però hanno il suv, e i bimbi a casa malati un giorno sì e uno no). Vogliamo parlare delle nutrizioniste trentenni e quarantenni che lavorano nelle mense scolastiche e, ahimè, negli ospedali? A mia madre, infartuata e con problemi di masticazione, arrivavavo alla sera piatti di cosce di pollo e purè straunto, tanto che dovevamo portare noi da casa passati verdure, frutta cotta e gelati home made per nutrirla. Lo so, l’ho detto altre volte, ma qui il pesce puzza dalla testa, e mi sembra che la testa non siano alla fine “gli anziani” ma gli ignoranti, e mi sembra ce ne siano di più nelle generazioni “di mezzo”. Ovviamente è un mio parere, magari sbagliato.
Per Valeria: scusa Valeria, non per intromettermi, ma lasciali stare i tuoi genitori Santo Cielo! Una volta che sanno le cose se vogliono vivere così…te lo dico perchè mia nipote (dieci anni) è uguale a te , fa la morale a tutti, e ti giuro che ogni volta che la sento mi prende un desiderio irrefrenabile di fiondarmi da un Mac Donald’s e ingozzarmi di panini plasticosi e patatine da olio rancido, tanto mi fa venire l’ansia…
@Izn: alla fine questa torta l’ho poi fatta ieri sera e mangiata questa mattina a colazione. Ottima! E ho usato la farina di cocco, proprio quella fetente di cui si parlava ieri. Come d’abitudine, pero’, non l’ho usata in purezza, ma ho fatto 75g di farina di cocco, 50g farina di riso bruno e 25 g farina di tapioca. E poi ho pure aggiunto un mezzo bicchiere di latte di mandorle perche’ mi sembrava che l’impasto fosse troppo secco (forse pero’ le mie uova erano piu’ piccole delle tue). Scusa, ma sono incorreggibile, proprio non riesco a seguire una ricetta alla lettera… (ecco i muffin con farina di cocco, il mio blog non compare sui motori di ricerca).
Graziella, tranquilla, io non faccio la morale a mia madre, né ai miei suoceri, [ho anche detto che so che sarebbe controproducente], semplicemente quando ci vediamo e parliamo del nostro quotidiano gli spiego perché scelgo una cosa anziché un’altra, e questo produce dei cambiamenti, seppur minimi, nei loro comportamenti. Diverso è se danno da mangiare porcherie a mia figlia [o se mia mamma – o qualcun altro – fuma nelle sue vicinanze], su questo non transigo, ma nemmeno sono eccessivamente rigida con lei, le “schifezze”, come le chiamiamo noi, si mangiano ma solo occasionalmente. Sono per la tolleranza, finché è possibile, e il rispetto reciproco.
salve izn, ho provato a fare questa torta, il gusto è ottimo, anche se diminuirei la dose di zucchero, visto che il cocco è molto dolce. purtroppo non mi si è legata e non sono riuscita a servire delle fette compatte, ma si è sbriciolata nel piattino. come mai? un’ altra domanda, visto che non c’è la farina è proprio necessario il lievito? grazie per le risposte
Graziella Carnevali: Sì Graziella hai ragione, forse ho sbagliato a scrivere anziani, o meglio ho usato un termine che i nostri anziani non riconoscono come proprio. Quando si è anziani? Dopo i settant’anni? Dopo gli ottanta? C’è un limite oltre il quale si può essere definiti tali (senza ovviamente che il termine abbia un’accezione negativa, anzi!). Io per anziani intendevo la generazione dei nostri genitori (io sono del ’68, quindi diciamo quelli che vanno dal 1945 al 1930 o giù di lì, quindi persone che attualmente hanno un’età tra i settanta e gli ottant’anni.
Non sono i nostri nonni, sono i nostri genitori. I nonni, alcuni, ancora si salvano, soprattutto quelli che hanno avuto la saggezza o la fortuna di rimanere legati alla terra (in modo sano, senza farsi consumare). I genitori, soprattutto quelli cittadini, invece sono stati investiti in pieno dall’ondata moderna di cui ho parlato, e purtroppo, per quanto li possiamo amare, sono bombe ambientali e disastri da tanti punti di vista. Incolpevoli, o come hai detto giustamente tu, al limite colpevoli di ingenuità. Però credo sia molto importante tenerlo presente, quando vogliamo andare avanti e loro fanno di tutto per scoraggiarci, a cominciare dall’allattamento e dall’educazione dei nostri figli, e a finire all’alimentazione, e al semplice senso civico, che è uscito molto male da quella che voglio considerare la loro epoca, ma che è anche stata la nostra finora.
È vero che hanno lottato per altre cose, però, diamine, non si può aggiustare una cosa e romperne tre. Anche quella è saggezza, e vorrei ritrovarla in quelli che sono i nostri anziani.
Ed è anche verissimo che ci sono molti trentenni e quarantenni che vantano una superficialità esagerata, infrequentabili. Ecco, quelli secondo me sono più colpevoli, perché l’accesso alle informazioni adesso c’è per quasi tutti. Solo che svegliarsi è dura ed è doloroso, e posso capire la riluttanza. La capisco, ma non la accetto.
@Valeria: dunque, può essere che sul tuo monitor si veda particolarmente piccolo; prova la combinazione di tasti ctrl+, i testi dovrebbero ingrandirsi, e puoi farlo tutte le volte che vuoi per farli diventare sempre più grandi! :-)
p.s.: io per quanto riguarda la piccola i miei suoceri li ho praticamente violentati poverini! Credo di essere la nuora più rompipalle della storia delle nuore mondiali :-D
@Slicing Potatoes: Grazie cara!!! Vado subito a vedere la ricetta, chissà che non riesca a utilizzare quella roba nella scatola!! Mi fa rabbia tenerla lì in sala di attesa a tempo indeterminato! Ma come mai il tuo blog non appare nei motori? o.O
@laura: Strano uhm. Forse le carote erano troppo secche? Avevano poco liquido? Lo zucchero lo puoi diminuire anche di molto se vuoi, non dovrebbe inficiare la riuscita del dolce. Per quanto riguarda il lievito, ne stavo parlando un paio di giorni fa con un’altra persona su facebook, che mi ha fatto la stessa domanda. Io credo che si possa tranquillamente provare a farla senza lievito, però probabilmente avrà una texture un po’ più compatta e pesantona. In realtà il lievito cosiddetto “chimico” non agisce sui carboidrati, ma sui liquidi, almeno a quanto ho capito da questo articolo, ti riporto la frase che ci interessa: “con la presenza di acqua (meglio se a temperatura ambiente e superiore) la base acida cede gli ioni idrogeno alla base alcalina e si ricombinano originando: anidride carbonica, acqua e composti secondari come (supponendo l’interazione tra bicarbonato di sodio e bitartrato di potassio) il tartrato di sodio”.
@Izn. Sì, capisco, e in liena teorica ti dò assolutamente ragione. Io però, che sono di una generazione precedente la tua (sono del ’57), o forse due, non riesco ad essere troppo critica con quelli che tu definisci (giustamente) anziani. Percè il momento storico in cui vivevano (i miei almeno) era troppo diverso da questo per poter essere davvero consapevoli. Uscivano da una guerra devastante, che aveva portato fame (avere uova e farina era un lusso, che tra l’altro si poteva pagare con la vita, perchè venivano dal mercato nero), mettere insieme pranzo con cena con le razioni quasi impossibile, e , dopo, c’era tutto da ricostruire, le campagne devastate insomma mica pizza e fichi. Per trovare lavoro bisognava andare in città, e lì si trovava quel che si trovava, non c’era certo tempo di recarsi lontano per acquistare cibo sano (che poi, ripeto, il concetto di sano allora era molto diverso, la medicina era solo quella ufficiale, le informazioni che abbiamo ora non esistevano). davvero, non mi sento di criticarli. Per esempio, mia madre dopo tre settimane dalla mia nascita ha perso il latte, ma non voleva darmi quello artificiale, in polvere, perchè comunque sapeva, essendo biologa, come era composto. L’unica alternativa? Quello di mucca. Oggi la crocifiggerebbero, ma secondo me invece è stata una scelta di buon senso, l’unica possibile. Ovviamente era latte industriale, mica poteva, lavorando dieci ore al giorno, andare dal contadino a quaranta minuti di auto a farselo dare . Insomma, la vita in quegli anni era molto diversa, e hanno fatto (almeno i miei) quello che hanno potuto. Non si può dire lo stesso invece per i genitori di oggi, questi sì che sono scandalosi.
@Graziella: anche i miei genitori hanno vissuto le stesse esperienze dei tuoi, infatti non mi sento di criticarli. Anche perchè sono persone comunque aperte e cercano di fare del loro meglio, tipo la raccolta differenziata…magari sbagliando qualcosa, ma si sforzano.
Quello che davvero non sopporto e non tollero, sono i miei coetanei o quelli di una generazione prima della mia (40-30 enni per intendeci), che se ne fregano, non si informano e non probano nemmeno ad avvicinarsi a uno stile di vita alternativo a quello “consuma a nastro, usa e getta senza pensieri”. Che non significa che uno debba magiare carrube e bacche, oppure vestirsi in canapa grezza o curarsi con i decotti della nonna e andare a vivere su un eremo, ma cercare di vivere in maniera più sostenibile e sensata possibile.
Ma quando vedo che la gente “giovane” accende la tv, guarda un programma qualunque che getta allarmismo a casaccio e lo prende per oro colato non so a voi, ma a me viene una gran tristezza. Non mollo, ma un po’ mi avvilisco.
Per la pardona di casa: la torta mi ispira assai: c’è caso che avrai sulla coscienza qualche mio chilo di troppo, sappilo ;)
@Laura: sono d’accordo, molti delle nuove generazioni sono comedici tu, e ha ragione Izn, avendo molte informazioni a disposizione non hanno giustificazioni. Però io non è che “non li tollero” come te, cazzi loro, per usare un francesismo, mi dispiace molto solo quando hanno figli, e li nutrono così, perchè in quel modo non fanno del male solo a se stessi. Per il resto, che ci vuoi fare? Ultimamente sono andata a pranzo da una mia carissima amica, convinta di essere un’ottima cuoca (in realtà lo è), ma refrattaria ad ogni argomento di consapevolezza,e straconvinta di avere ragione. Compra tutto al discount, pur vivendo in un posto con contadini consapevoli e per nulla cari a go-go (montagna piemontese). Risultato: ho avuto acidità di stomaco a altre amenità per due giorni. Pensavo fosse un fenomeno psicologico da rifiuto-cibo-discount, poi ho pensato al Pasto Nudo (meno male che esisti, Izn) e ho capito che non ero pazza. Ma non mi arrabbio: solo, non pranzerò più a casa sua. Mica tutti possono pensarla come noi.
@izn: e se invece avessi in casa della farina di mandorle che vorrei eliminare dalla dispensa potrei usarla al posto delle mandorle frullate? Suggerimenti sulla conversione del peso? Grazie…adoooooro la torta di carote ;)
@graziella: mi sono espressa male: il mio discorso sulla deliberata ignoranza delle mie generazioni era esteso a tutti gli ambiti del quotidiano, non al cibo soltanto. Io sono la prima a non mangiare consapevole ogni giorno, figuriamoci se vado a fare la morale agli altri. É vero che ognuno é libero di pensarla come vuole, ma il non volersi mai mettere in gioco per poi essere i primi della fila a lamentarsi beh, é intollerabile, per me.
Ps. Torta fatta oggi. Buona ma buona ma buona eh.
Ottima per me che non posso mangiare farina! Ma..che differenza c’è tra “lievito” e “polvere lievitante”??
Grazie!
@Maurizia: secondo me sì, stesso peso!
@Dana: Dana è la stessa cosa, l’importante è che ne trovi uno senza fosfati, oppure utilizzi il cremor tartaro mescolato con il bicarbonato (trovi tutto nei negozi bio – ma leggi l’etichetta!) :-)
Grazie mille, proverò a farla!
A che temperatura va cotta?
Grazie
Veronica
Visto che la torta non è minimamente lievitata mi domandavo se le uovo forse andavano montate a neve?nella ricetta dici di sbattere leggermente.
@Veronica: perdonami, mi sono resa conto grazie al tuo commento che avevo dimenticato di indicare la temperatura di cottura, ho corretto adesso. C’era l’indicazione nel link di provenienza per fortuna. Dunque, tieni conto che questa torta praticamente non lievita, è più come una specie di caprese. Quindi rimane compatta e umida. Il sapore com’era?
Ciao!!! La mia nipotina di 10 anni domani compie gli anni ma poverina la settimana scorsa è andata al pronto soccorso per dolori forti alla bocca dello stomaco e al bambin gesu’ le hanno diagnosticato la gastrite…domani povera non sa che mangiare a vorrei prepararle una delle tue torte…pensi questa sia adatta per il suo problema?(so gia’ che dovro’ togliere la cannella)
Grazie di tutto e anche se non scrivo quasi mai ti seguo e ti stimo.:)
@daniela: ma ciao! Purtroppo con la gastrite i dolci sarebbero totalmente da proibire che io sappia :-( magari al limite abbassa ancora la percentuale di zucchero (e non usare quello bianco!). Ma soprattutto mi sa che questa cucciola ha bisogno di serenità e tranquillità :-/
Il sapore ottimo ma non avevo tritato le scaglie grosse di cocco (coco chips Rapunzel).l immagine mi ha fatto pensare che dovesse lievitare di più…
Grazie!!
Ripesco questo post perchè mi sono ricordata che chiedevi suggerimenti per usare la farina di cocco e qualche giorno fa ho postato una ricetta proprio con la farina di cocco!
Questo è il link magari ti puó interessare!
Io da buona fan dipendente dal pasto nudo devo assolutamente provare la tua :)
Ho fatto la torta ma, a parte che affettandola si sbriciola, le uova si sono depositate tutte alla base e pur avendo cotto per 40 minuti a 180 gradi, non si sono cotte e il risultato è stato deludente.
Cosa ho sbagliato?
@Francesca: Uhm. Quando l’hai infornata il forno era già ben a temperatura? In modalità statica? E come mai hai deciso di cuocere a 180°C invece che a 200°C?
Cara Izn, ho seguito alla lettera la ricetta cosi come pubblicata sul volume “Eat different” dove è scritto di cuocere la torta per 40 min. a 180 gradi (statico e ben caldo). Grazie!
@Francesca: Temo ci sia stato un refuso sul libro :-P Mi dispiace molto :-( Non riesco a capire come mai comunque le uova siano precipitate sul fondo. Forse prima di infornare, hai lasciato l’impasto in teglia per un po’ per qualche motivo (tipo il forno non era ancora caldo, una telefonata o altro?).
Grazie Izn, ci riproverò con il forno a 200. Ho comunque subito infornato….
E diventata buonissima questa torta:-)
Complimenti!
La vorrei fare. Ma se le mandorle le lascio con la pellicola?
@Patty: Non credo sia una controindicazione particolare; forse potrebbe perdere un po’ di morbidezza. Inoltre con il senno di poi (cioè dopo vari anni dalla pubblicazione di questa ricetta) le mandorle le lascerei a bagno una notte invece di sbollentarle, per fargli perdere i fitati e “attivarle”. Anche così la pellicina viene via molto facilmente, come se le avessi bollite.
Ok….ti ringrazio…..ti farò sapere appena la faccio .
Ciao, l’ho fatta…..ma ho avuto un grosso problema……appena messo il cocco, non ho potuto più miscelare perché troppo asciutta…….Ho usato cocco essiccato raspato. Forse dovevo usare quello fresco , privato di buccia?. Ho aggiunto yogurt per poterlo lavorare. Infornata per un’ora a 180°. È buonissima , e umidissima……
Ma vorrei capire cosa ho sbagliato. Grazie
Ciao Patty! Guarda credo che tu abbia fatto il mio stesso errore, che racconto nell’introduzione alla ricetta… il cocco essiccato raspato è proprio la farina di cocco che trasse in inganno anche me :-D
Ti ringrazio per avermi risposto. Comunque la stiamo mangiando perché all’impasto aggiunto tantissimo yogurt. Naturalmente è rimasta molto umida, infatti sta in frigo. Ti farò sapere quando la rifaccio, e grazie per avermi risposto .