L’anno scorso durante una passeggiata sul lungotevere adocchiammo il banco di una gelateria che si definiva biologica. Zac mi consigliò di prendere un volantino, ma io la snobbai (cretina) perché dopo il trasferimento di Ermanno a Civitavecchia (ricordate Neve di Latte, vero?) ero a lutto gelatoso, e nulla mi sembrava paragonabile alle sue meraviglie.
Neve di Latte è sempre al suo posto, ma da quando Ermanno è andato via sinceramente non è la stessa cosa. Per noi conta molto più chi sceglie le materie prime e prepara il cibo che il cibo in sé. Tornando a noi, poi in Agosto ci siamo trovati per caso a passare all’Aventino, zona che non frequentiamo molto (sono sempre stupita di quanto sia vasta questa città) e abbiamo provato a farci un salto, inizialmente in totale anonimato.
Beh, da quella volta Stefìno è diventato la nostra nuova meta per la tradizionale cena-con-il-gelato estiva (e non solo) di casa zac, nonostante la considerevole distanza, e adesso che ve l’avrò raccontata capirete perché; e magari ai primi tepori primaverili rischieremo di incontrarci sul posto.
Stefano Roccamo ha aperto la sua prima gelateria nel 1998 a Bologna; già allora, e questo dice tanto, utilizzando solo materie prime di grande qualità, alcune (frutta fresca, latte e cacao) già biologiche certificate e quasi tutte provenienti da piccole aziende a conduzione familiare del territorio, selezionate da lui stesso, per sostenere le microeconomie locali (e noi amiamo chi sostiene le microeconomie locali! :-D).
La sua è stata prima di tutto una scelta etica: oggi la sua filiera è completamente trasparente e tutte le volte che è possibile anche a chilometro zero; le materie prime provenienti dai paesi del sud del mondo (come cacao, zucchero grezzo, caffè, spezie e altro) sono anche equo-solidali. Nel 2014 Stefano ha deciso di certificare non solo i singoli ingredienti ma la gelateria stessa.
La frutta che utilizza proviene fresca da una rete di piccoli produttori biologici locali bio o biodinamici, o del serissimo circuito di Genuino Clandestino; è raccolta al giusto punto di maturazione in modo da ridurre al minimo la quantità di zucchero aggiunto, e dopo viene lavorata da Stefano a temperature che non superano i 45°C. Il latte bovino che quest’uomo illuminato utilizza per i suoi gelati non-vegan (perché ne fa anche tanti — ottimi e cruelty-free — a base di latte di riso integrale germogliato fatto con acqua sorgiva dei monti Lessini e addensato con amido di kuzu), se lo fa arrivare da piccoli allevamenti familiari di pezzate rosse che pascolano sull’Appennino bolognese a non più di 5 chilometri dall’azienda, in taniche di alluminio a rendere da 25 litri.
Yogurt e panna montata invece sono il primo dell’Antico Podere Bernardi, e la seconda la Berchtesgadener, che ormai se non la conoscete vuol dire che è la prima volta che leggete il blog, perché vi ci ho fatto una testa così O:-)
Stefano prepara le miscele con il latte crudo, poi pastorizza tutto insieme una sola volta lui stesso a bassa temperatura (85°C), e subito dopo raffredda istantaneamente; eccezion fatta per aggiunte come mandorle, pistacchio e nocciola — provenienti dalla Sicilia — che vengono aggiunti dopo la pastorizzazione, per non impoverirli. In questo modo il latte viene pastorizzato una sola volta, quindi si perdono meno nutrienti, e chi lo produce risparmia l’energia che ci vorrebbe per pastorizzarlo in azienda.
Per addensare i sorbetti invece Stefano usa farina di Baobab, anch’essa biologica ed equo-solidale, proveniente da zone incontaminate dell’Africa dove viene coltivato in modo tradizionale dalle popolazioni locali nel pieno rispetto della natura e del loro sviluppo economico, e che come se non bastasse è anche — cito dalla pagina degli ingredienti sul suo sito — “antiossidante, riequilibrante intestinale e potenziatore delle difese immunitarie”.
Una volta preparata e pastorizzata la miscela, Stefano la surgela e la invia alla gelateria di Bologna e a quella di Roma, dove verrà mantecata con una macchina verticale molto speciale. La buona riuscita di un gelato dipende in gran parte da come l’aria viene incorporata allo stesso; è da questa variabile che dipendono la consistenza e la morbidezza.
Ecco perché Stefano ha scelto di usare la Cattabriga, un mantecatore verticale a bastone, inventato nel 1920 a Bologna da Otello Cattabriga (appunto), che imita meccanicamente il movimento manuale incorporando pochissima aria e restituisce un gelato asciutto, morbido e consistente.
Potete vedere la Cattabriga all’opera nel video qui sopra mentre manteca un gelato al pistacchio (muoio); con questo tipo di macchina, che oltretutto stressa molto meno gli ingredienti rispetto a quelle orizzontali che si usano comunemente, è l’artigiano a dover decidere qual è il momento perfetto per fermare la mantecatura (il cosiddetto “punto di gelato”).
Verso la fine del video avrete notato che, a differenza delle gelaterie alle quali siamo abituati, il gelato non è “a vista”, esposto all’aria e scoperto (e raffreddato con la ventilazione), ma sistemato in contenitori cilindrici di metallo che affondano nel banco frigorifero, ben chiusi con un coperchio, che si chiamano “carapine”, o pozzetti. In questo modo il gelato si conserva perfettamente, la parte superiore non si rovina e non si ossida, e cosa molto importante, i consumi energetici sono estremamente ridotti rispetto ai banchi a vetrina.
Quando trovate una gelateria che ha avuto questa accortezza dovete esserne molto felici, perché ha fatto una scelta impopolare e poco commerciale: alcune persone non sapendo quello che vi dicevo poc’anzi, si rifiutano sdegnate di prendere il gelato come se gli si volesse nascondere qualcosa :-D
Che altro. In perfetta coerenza con lo stile di tutta l’impresa, coppette, bicchieri e cucchiaini sono biodegradabili; le brioche, in versione vegana, sono preparate dal sempre mitico Santi Sebastiano e Valentino che ben sapete, e i coni sono non solo biologici e vegan, ma pure gluten free (ve l’ho già detto che tutti i gelati sono senza glutine?).
I gusti dei gelati variano tanto a seconda delle materie prime a disposizione — e quindi della stagione — e poi subiscono pesantemente le voglie di sperimentare di Stefano. Che so… cioccolato al lampone, mandorle e pistacchi, cioccolato con le amarene di Cantiano (il mio preferito), crema chantilly con scaglie di cioccolato (che per caso ho nominato il cioccolato?), pera e cannella, wasabi (!!!), mela e zenzero e così via.
Il prezzo dei gelati come vedete dalla foto sopra è decisamente basso in relazione alla qualità degli ingredienti e all’attenzione con cui sono preparati; e quando parlo di qualità intendo qualcosa di veramente tangibile. Per dire, nel bel video qui sotto (al minuto 4,27 circa), il NY times ha indicato Stefìno tra i posti da andare assolutamente a visitare a Bologna, e la guida 2017 del Gambero Rosso ha premiato la gelateria di Bologna con tre coni (il massimo del punteggio). Nonostante questo per Stefano è importantissimo che anche chi non ha grandi possibilità economiche possa accedere al cibo buono e sano, e quindi tiene in grande considerazione questo aspetto.
Non vi va di uscire di casa e arrivare all’Aventino? Beh sappiate che Moovenda ve lo porta direttamente a casa in tempi inusitati, freddo come mamma l’ha fatto. Però se ci fate un salto oltre al gelato trovate anche altre cose piuttosto interessanti, tipo la cioccolata di Cacao Crudo, le amarene di Cantiano di cui sopra, e creme di nocciole e cacao di fronte alle quali quella che ben conoscete arrossisce violentemente.
Bene, mi sembra di avervi detto tutto! Io a ‘sto punto ai primi caldi mi sa che mi trasferisco all’Aventino (in una tenda, con quello che costa quella zona!), intanto comincio a informarmi se Moovenda consegna a Formello, và!
Stefìno
viale Aventino, 30 – 00153 Roma
info@stefino.it
+39 06 64420291 oppure +39 389 8416769
orari di apertura: dal martedì al giovedì e la domenica dalle 12.30 alle 21.00 (chiusi il lunedì); venerdì e sabato dalle 12.30 alle 22.00
Aggiornamento del 28 marzo 2018
Qualche mese fa Stefano ha deciso di chiudere la gelateria di Roma, mantenendo solo quella storica di Bologna, in via San Vitale 37. All’indirizzo che avevo annotato sopra adesso c’è una gelateria convenzionale. Questa era la parte triste, non disperate, c’è anche un’ottima notizia (soprattutto per me che abito a nord di Roma, ehehe)!
Da sabato 17 marzo i romani possono trovare il suo gelato, con il nome “ArtigianBio”, in tre gusti regular (stracciatella, mandorla con pistacchio, zabaione con il zibibbo di Nino Barraco – scusate se è poco) e tre vegan (cioccolato con zenzero, curcuma e gianduia), e due tipi di granite (mandorla e fragola) al Naturasì/Bistrot di Boccea, in via Tardini. Ogni tanto troverete anche il cioccolato con latte di capra che pare sia strabuono, appena lo assaggerò vi saprò dire!
Cara Sonia, non credo che tu sia aggiornata su Neve di latte, perche’ gli ingredienti sono tutti controllati e sono gli stessi che usava Ermanno, che poi il gelato non ti piaccia è un altro discorso….magari conta anche la mano individuale del gelatiere.
@Laura Catalano: ma non ho detto che gli ingredienti non siano gli stessi, solo che per noi conta più chi prepara il cibo e come che il cibo stesso (e comunque quando ci sono stata io la panna non era assolutamente più la stessa, e il latte non era quello in vetro).
Ci vado adesso che torno, grazie!
Salve, rispondo sulla qualità del gelato artigianale.
Innanzitutto gli ingredienti: devono essere pubblicati unicamente per ogni gusto di gelato, prodotto in purezza, l’origine e la provenienza dichiarati in etichetta, e l’assenza sottoscritta di additivi volontari, residui chimici, farine, prodotti tecnologici (zuccheri e dolcificanti di estrazione industriale, no al latte in polvere, al cacao in polvere, alla omogeneizzazione chimica e meccanica; meglio prodotti biodinamici di animali che si cibano solo d’erba naturale di montagna ricca di omega-3, cioccolato senza lecitina di soia, farciture fresche tutte artigianali, frutta fresca di stagione, solo zucchero di canna bio, solo vaniglia in bacche (escluse tutte le altre forme), solo caffè di alta qualità espresso al momento, solo uova fresche di alta qualità biologiche-biodinamiche per la crema, in poche parole solo latte e panna freschi, zucchero naturale bio e l’ingrediente aromatico “originale” certificato.
Il gelato deve avere corpo, aroma, fluidità, cioè si deve sciogliere velocemente in bocca, lasciando una sensazione di freschezza e di pulizia, deve essere vellutato e gustoso senza contenere granelle di nocciole, pistacchi, pezzi di frutta ecc.
Personalmente non trovo utile il SED, mantecatore verticale, l’ho venduto per pochi soldi, molto scomodo (me l’avevano sconsigliato) difficile da sanificare passando da un gusto all’altro, contrastanti tra loro (ogni volta bisogna smontare il cilindro con grande fatica) con l’inconveniente che il gelato può inquinarsi facilmente. Meglio il mantecatore orizzontale: con l’abbattitore di temperatura si risolve il fatidico problema dovuto al mancato congelamento dell’acqua libera nel gelato al momento dell’estrazione.
Non approvo assolutamente l’esposizione in carapine (innanzitutto se non vedo non compro) con tutte le problematiche legate alla condensa sotto i coperchi che, spostati sul piano neutro del banco e riposti di nuovo sulla carapina cade nel gelato, e la possibilità di inquinamento quando si appoggiano sul piano non refrigerato non sanificato. Io adotto coperchi tipo gastronorm in vista sopra le sorbettiere di gelato, removibili sempre all’interno del banco espositivo, senza la possibilità che la temperatura salga e si scongeli la patina di ghiaccio che li ricopre.
Poi c’è il problema della pulizia del banco a salamoia, da spegnere e scongelare, con il ghiaccio che si forma attorno alle carapine a contatto con il prodotto, tutti i residui di gelato e quant’altro possono cadere costantemente all’interno, attorno e dentro alle carapine, nel gelato, senza controllo alcuno.
Io spengo il banco tutte le sere e ripongo il gelato coperto in freezer, per detergerlo e sanificarlo il giorno dopo prima di riavviarlo. Costa fatica ma riduco i rischi di inquinamento. Che dire poi del fatto che le carapine, contenenti il gelato, vengono inserite nel banco a salamoia una sull’altra? Sotto la riserva sopra quella di servizio. Certo il banco a salamoia è un’ottima soluzione per evitare ogni problema legato alla formazione del personale addetto al servizio che oggi, in genere, procura più danni che guadagni, una trovata geniale per le gelateria in franchising.
In ogni caso, le parole non contano, conta il gelato all’atto dell’assaggio e la soddisfazione del cliente. Un augurio vivissimo a tutti di un grande successo entusiasmante!
Te possino Sonia, m’hai fatto venì ‘na voglia…e a Roma non ci tornerò fino a fine maggio! E per l’unica gelateria davvero buona che c’è da queste parti devo arrivare a San Gimignano, che sta a 70 chilometri da qui :(