Io i gyoza quelli veri non ho mai avuto il bene di assaggiarli, un po’ perché ho sempre sentito dire che i ristoranti giapponesi sono molto costosi, un po’ perché pure se ne trovassi uno abbordabile, come farei a conoscere la provenienza degli ingredienti? E mica posso fare la mia lista di domande invadenti in lingua. Ché quelli poi sono pure sensibili, non sia mai che mi si offende il ristoratore giapponese.
gyoza fatti in casa
E poi immagino che quelli che ci sono qui a Roma non siano poi questa cosa imperdibile, e insomma a me il giapponese piacerebbe mangiarlo in Giappone, ecco, l’ho detto.
Così, nell’impossibilità di percorrere quei 9715 chilometri che mi renderebbero una donna (più) felice, ogni volta che posso vado a leggermi i bellissimi resoconti di Sigrid da Kioto, e casualmente l’altro giorno mi sono imbattuta in questa ricetta molto attraente, ma che ho archiviato nella mia testa tra le cose “magari un giorno lo farò”, visto che prevedeva tra gli ingredienti il cavolo cinese del quale non sapevo neanche l’esistenza. Anzi ho pure pensato “magari potrei sostituirlo con un cavolo cappuccio”, ma poi mi sono detta che non sarebbe stata la stessa cosa, così ho sospirato e sono passata ad altro.

Guarda i casi della vita, la sera stessa zac va a ritirare il cassettone bio e quando lo apro che cosa fa capolino? Un cavolo riccetto e oblungo inedito (molto carino) con gli occhietti a mandorla!!!! Beh, quando il destino bussa alla mia porta, io gli offro subito una… sambuca, e così ho capito che il cavolo andava trasformato subito *in quel* ripieno succulento, e il giorno dopo ero lì che infarinavo, matterellavo, e poi reinfarinavo, e ri-matterellavo, e così via per tipo due ore, puff.

Ehssì, perché ovviamente non potendo acquistare le sfoglie già pronte (e quando mai, manco se vivevo in Giappone da dieci anni) ho fatto tutto home made, e per fortuna che Sigrid lungimirantemente aveva linkato tutte le risorse atte all’uopo, così non ho dovuto neanche fare le mie solite ricerche estenuanti.
gyoza homemade
Insomma, vi dico che ho fatto una faticaccia (ma soprattutto perché avevo una bambina appesa alle gonnelle una sfoglietta sì e una sfoglietta no, altrimenti sarebbe stato persino rilassante potendomici concentrare e facendo tutto con tempi napoletani), ma ne è valsa *veramente* la pena.
gyoza ricetta facile
Per questa volta ho deciso di usare l’olio di sesamo per cucinare, contrariamente ai precetti della bioterapia, ma l’ho fatto soprattutto perché in questa preparazione l’olio non dovrebbe superare il punto di fumo, vista la presenza del cibo che ne abbassa la temperatura… spero nell’assoluzione di Elena O:-)
L’unico neo è che non vi so dire quanto somiglino all’originale, ma vi riporto che Zac si sta ancora leccando i baffi da lupo; immaginate un raviolo fatto con una sfoglia sottilissimissima, croccante e saporita, con un ripieno dal sapore celestiale e smaccatamente orientale. Anzi, terminati i gyoza ci siamo spadellati il ripieno rimasto così com’era, con grande soddisfazione.

Ingredienti:
per la pasta gyoza:
120 grammi di farina 00
60 grammi di acqua
1 presa di sale integrale

per il ripieno:
100 grammi di carne macinata di porco con le ali
50 grammi di cavolo cinese
mezza cipolla
1 piccolo porro
1 piccolo spicchio d’aglio
1 pezzo di zenzero di un centimetro
1 cucchiaio di salsa di soia
olio di sesamo
aceto di riso
1/2 cucchiaio di zucchero grezzo chiaro

Per prima cosa mescolate la farina con il sale in una ciotola di vetro media; scaldate poi l’acqua in un pentolino e quando sarà arrivata ad ebollizione versatela sulla farina mescolando con una forchetta.
Cercate di mettere insieme l’impasto che otterrete possibilmente senza aggiungere altra acqua (se lo fate versate un cucchiaino alla volta), e senza impastare troppo (attenzione a non scottarvi); dovreste ottenere una palla dall’aspetto farinoso e un po’ out of bed, o meglio “spulcinata” (come zac chiama la pulcina appena sveglia); se non vi è chiaro date uno sguardo qui.
Mettetela da parte (io l’ho messa in una ciotolina di vetro con un piattino sopra, ma lasciate passare un filo d’aria altrimenti la condensa dovuta al fatto che l’impasto è ancora caldo scivolerà sul fondo della tazza e bagnerà il sederino del sacro impasto) a riposare per un’oretta.
Intanto preparate il ripieno: tritate finemente la cipolla, la sola parte bianca del porro (al posto del quale ci sarebbe andato un certo nira, ma quello non c’era nel biobox – Sigrid comunque ha indicato come buon sostituitivo un cipollotto fresco, quindi più o meno ci siamo) e il cavolo cinese tagliato a striscioline molto sottili; metteteli in una ciotola di vetro e mescolateli con la carne tritata. Aggiungete lo zenzero e lo spicchio d’aglio grattugiati (io li ho microplanati), la salsa di soia, lo zucchero e l’olio di sesamo, mescolate bene, coprite con la pellicola senza pvc e lasciate riposare per una mezz’oretta.
Passato il tempo di riposo della pasta gyoza, formate un salsicciotto più uniforme possibile (cercando di appiattire bene anche le estremità) del diametro di circa tre centimetri e mezzo. Da questo salsicciotto dovrete ricavare tanti dischetti dello spessore di 3 o 4 millimetri, affettandolo come un salamino con un coltello molto affilato.
Sul sito al quale Sigrid si riferisce consigliano di tagliarlo prima a metà e poi di tagliare ogni metà a metà e così via; con questo metodo io non ci sono riuscita, mi è venuto molto più semplice affettarlo normalmente. Comunque andate a darci uno sguardo, ci sono delle belle foto passo passo molto utili.
Dovreste ottenere una ventina di dischetti, non meno altrimenti vi troverete una sfoglia troppo alta oppure dovrete scartare molta pasta. Man mano che ritagliate i dischetti cospargeteli di farina; questa operazione servirà a non farli seccare.
Una volta che avrete affettato tutto il salsicciotto armatevi di matterello. Infarinate bene il piano di lavoro e stendete ogni dischetto fino a renderlo quasi trasparente; dovrete ritagliarlo con un coppapasta (da taglio, non da impiatto, eh) del diametro di circa 9 centimetri.
Potete scegliere di tirare prima tutti i dischetti, mettendoli in un sacchetto di plastica per non farli seccare, oppure fare come me, che man mano che li stendevo li farcivo con un cucchiaino di impasto, li chiudevo e li allineavo diligentemente sul ripiano infarinato.
Per quanto riguarda le piegoline, sono molto meno complicate da fare di quello che può sembrare a fronte poi dell’effetto coreografico che fanno. Andate a guardare questo video, io quando l’ho visto mi sono sentita molto rassicurata :-P
Quando finalmente avrete finito di stendere, pieghettare, chiudere e allineare i vostri gyoza potrete finalmente cuocerli.
Prendete la vostra migliore padella antiaderente senza teflon, ungetela leggermente con un po’ di olio di sesamo e metteteci una parte dei ravioli; non affollateli troppo perché dovrete manovrare un po’ con la spatola per evitare che si attacchino al fondo, quindi c’è bisogno di un minimo di spazio di manovra.
Aggiungete poi un 3 millimetri di acqua bollente, coprite e lasciate cuocere a fiamma media fino a quando l’acqua non sarà evaporata; a questo punto togliete il coperchio e aggiungete due cucchiai di olio di sesamo (evitando di versarli sui ravioli, devono finire sul fondo); alzate leggermente la fiamma e lasciateli andare fino a quando saranno abbrustoliti (ci vorranno due minuti). In questa fase io ho dovuto staccarli un po’ dal fondo con la spatola, perché tendevano ad appiccicarsi.
Servite i gyoza con una ciotolina contenente una salsina fatta da due parti di aceto di riso e una di salsa di soia, nella quale andranno intinti.
p.s.: Wikipedia riporta per i gyoza una modalità di cottura leggermente differente, nella quale i ravioli vengono prima fritti nell’olio di sesamo dalla parte piatta fino a quando non diventano croccanti, poi si allunga con l’acqua e si copre con il coperchio per stufarli. Io ho preferito usare il sigridmetodo, ma se provate differentemente fatemi sapere!
Aggiornamenti:
lo stesso giorno
Mannaggia mannaggiona da un provvidenziale commento di Sigrid ho capito che ho sbagliato il posizionamento dei gyoza; in pratica andrebbero disposti (e cotti!!) come vedete ad esempio qui, e cioè in piedi, con la piegatura verso l’alto, come un pacchettino triangolare; quindi devono avere tre lati piatti, due cotti con il vapore dell’acqua e uno croccante-spadellato.
Lo sapete, vero, che fino a quando non ci riprovo, li rifotografo e faccio un altro aggiornamento con il nuovo portamento non mi tranquillizzerò? Argh!

Altri gyoza più veri di questi:
Yaki-gyoza di Comida de mama