La macchina fotografica più bella del mondo? Sì, esiste, è l’occhio 8-) Umano o animale che sia, non esiste niente di più evoluto e qualsiasi apparecchio fotografico ne è comunque una banale imitazione. Nell’occhio abbiamo gli stessi elementi di una macchina fotografica, con la differenza che possiede caratteristiche e possibilità che farebbero impallidire qualsiasi nostra riproduzione tecnologica.

L’occhio registra la luce esterna con accessori di estrema complessità e con un supporto di registrazione fenomenale, che è il cervello.

Detto questo, cerchiamo di capire come funziona quell’oggettino così carino, a volte così colorato (il rosa Hello Kitty è un must) che usiamo per registrare la realtà che ci circonda. Non vi voglio spaventare, cercherò di passare su questi carboni ardenti il più velocemente possibile!

La fotografia (come l’occhio) basa il suo funzionamento sul principio della camera oscura. Quest’ultimo *non è* il titolo di un film horror; si tratta invece di una cosetta piuttosto semplice, legata ai principi di fisica dei raggi luminosi.
In pratica, se ho una scatola completamente chiusa e pratico un minuscolo foro (detto “stenopeico”) su una delle pareti della suddetta, al suo interno, nella parete interna opposta a quella del foro, si produrrà un’immagine speculare e capovolta dell’ambiente circostante. Guardate la figura, è più facile da far vedere che da spiegare.

Vediamo ora come sono fatte le nostre moderne “camere oscure portatili”.
Le categorie fondamentali sono due: le reflex e le compatte (esistono anche le mirrorless – senza specchio: ne parleremo più avanti, perchè in futuro potrebbero interessare molto alla maggior parte di voi per la food photography).
Le reflex sono, in generale, fisicamente più grandi: prevedono un corpo macchina (quello scatolotto con rotelline, pulsanti e schermi a cristalli liquidi) al quale è attaccato un obiettivo (un cilindro di plastica e metallo con una serie di lenti di vetro e delle ghiere sulle quali sono stampigliati una serie di numeri incomprensibili).
Le compatte sono più piccole, lo scatolotto e l’obiettivo sono saldati insieme, lo schermo solitamente è uno solo e ci sono anche meno pulsanti.
Accendiamo la brace: come funziona una reflex?
Veloce-veloce. La luce passa attraverso l’obiettivo, colpisce una serie di specchi (è “reflex”, cioè la luce si riflette) e arriva al nostro occhio dal mirino: stiamo guardando attraverso l’obiettivo.

Quando premiamo il pulsante di scatto lo specchio si alza, dal mirino per un attimo non si vede più nulla (lo specchio smette di riflettere) e la luce va dritta dritta sul supporto che la registra (la pellicola o il sensore). Guardate questa immagine dove la macchina è presentata di profilo:

Nella compatta invece la luce passa attraverso l’obiettivo e va direttamente sul sensore, che ci fa vedere cosa sta inquadrando attraverso uno schermo a colori. Alcune di queste macchine hanno anche un mirino esterno, una sorta di piccola finestrella in vetro che più o meno ci fa capire cosa la macchina sta vedendo e ci dà la possibilità di comporre l’inquadratura anche senza guardare lo schermo a colori.

Fatto!
“Sì, vabbè, ma ti pare che è così semplice”. Beh, un minimo dovremo approfondire, perché all’interno di queste scatole ci sono dei meccanismi che ci servono molto per esprimere la nostra creatività fotografica. Allora cominciamo.
Gli elementi sono solo due (per completezza nelle immagini ho inserito il nome anche di altri).
Uno sta dentro l’obiettivo e si chiama “diaframma”.
Uno sta dentro la macchinetta e si chiama “otturatore”.
Il diaframma è una specie di ciambella piatta che grazie a delle alette in metallo sovrapposte e pilotate da una ghiera sull’obiettivo fa in modo, aprendo o chiudendo il “buco” della ciambella, di far entrare più o meno luce all’interno dell’obiettivo.
L’otturatore invece è una specie di tendina posta davanti al sensore (o alla pellicola) che, quando premiamo il pulsante di scatto, si apre (nelle reflex contemporaneamente allo specchio che si solleva) e fa entrare per un brevissimo momento la luce sul sensore, registrando la foto.
Troppi dati da elaborare? Per il momento fermiamoci qui.
Nei prossimi post approfondiremo la nostra conoscenza di questi due “amici” che si portano dietro un sacco di numerini incomprensibili (giuro che non parleremo di matematica!).
Poi parleremo anche del sensore che registra la luce, e di come questa si possa misurare quando entra nella macchinetta.
Mi raccomando, ricordate che ogni elemento di cui parleremo avrà sempre il suo risvolto “creativo”! ;-)