Mi rimetto alla clemenza della corte. Ho preparato la coda alla vaccinara in Sardegna (!), in piena estate, e vi presento questo piattino leggero leggero su un blog di cucina *consapevole*, nel quale si parla di come curarsi con il cibo e di rispetto della stagionalità e dei ritmi del nostro organismo o_O

coda alla vaccinara ricetta

Adesso provo a imbastire una linea di difesa (mi sono allenata da piccola con i miei fratelli: durante i viaggi in macchina che a noi bimbi sembravano infiniti, giocavamo a “processo” con il mio papà, che era per l’appunto un avvocato ma che per l’occasione faceva il giudice). Intanto però vi esorto a non fare assolutamente questa cosa, sempre se non siete già svenute dal caldo solo guardando la fotografia; vi annoto la ricetta perché proviate a realizzarla in tempi più consoni (che so, novembre!!?), perché so già che altrimenti dimenticherò il procedimento entro le ventiquattr’ore, come da mio standard mononeurone.

Il fatto è che in una delle visite alla macelleria che vi dicevo poc’anzi, quella delle mucche che pascolano sulla tenuta della Crespi, occhieggiava dal bancone una coda molto interessante.

Nondimeno molto in linea con la nostra idea di mangiare il quinto quarto; primo perché spesso viene inspiegabilmente ignorato, secondo perché ha un costo esiguo rispetto ai pezzi ritenuti pregiati (chi lavora con la carne vi racconterà di come di solito la gente pretenderebbe che le mucche fossero fatte solo di filetto e fettine…), e terzo perché sono tagli spettacolari, particolari e spesso protagonisti di ricette popolari di quelle che bisogna provare almeno una volta nella vita. Insomma io e lo zac ci siamo guardati in faccia e abbiamo deciso di commettere il codicidio. In Agosto. E lo so, non si fa. Voi non lo fate, mi raccomando.

Per la ricetta ho preso un po’ di consigli e li ho frullati insieme: il macellaio diceva che bisogna fare un soffritto con lo stesso peso della carne in verdura. Qui, da Bonilli, che ci capisce, ho dato una scorsa al procedimento generale (ma ho omesso la guancia, che non avevo, e la salsa alla cioccolata e uva passa, quella me la riservo per l’inverno pieno, mi sa – inoltre ho sostituito lo strutto con il burro per non mischiare maiale e mucca); in qualche altro posto, poi, ho letto che bisogna usare tantissimo sedano, ed ecco l’illuminazione, proveniente come al solito da una reminescenza del librone di bioterapia: il sedano accelera il metabolismo (e infatti mi sarebbe proibito, in realtà).

coda alla vaccinara ricetta tradizionale

Quindi ho immaginato, e spero che Elena non mi bacchetti, che il sedano potesse in qualche modo migliorare anche solo un pochino la digeribilità di questo piatto (la bioterapia aborre in generale gli stracotti e le lunghe cotture in generale, se non sbaglio, ma la carne della coda è tenace perché è un muscolo che lavora molto, e non ci sono tante alternative per la cottura). In effetti in un commento sul post di Bonilli leggevo che “la coda è speculare ad un piatto della cucina cardinalizia romana chiamato stufato di bue col sellero” prova evidente che il sedano è ingrediente fondamentale in questo piatto.

Per quanto riguarda invece i pomodori Bonilli suggeriva di usare circa un chilo di pelati (giustamente in inverno i pomodori freschi non è che li trovi dietro l’angolo – nel mondo sano, intendo), io ho trovato dei pomodori che mi hanno venduto come “costoluti”, ma forse erano più dei cuore di bue. Comunque erano ottimi!

Ingredienti:
una coda di manzo (o di bue, se la trovate) felice
un sedano intero
uno spicchio d’aglio
una cipolla
un paio di carote
3 pomodori cuore di bue
una manciata di prezzemolo
olio extravergine d’oliva
sale marino integrale
due bicchieri di vino bianco

Sbucciate la cipolla, lavate le carote con la spazzola per le verdure (per asportare la pellicina esterna) e lavate il sedano, tagliando via le parti rovinate e cercando di togliere più possibile i filamenti dalle coste. Tritate tutto a coltello piuttosto finemente e mettete in una casseruola insieme alla giusta dose d’olio (le verdure ne devono essere impregnate) su fiamma bassissima e coprendo con il coperchio.

Aspettate che l’acqua delle verdure evapori e le stesse comincino a soffriggere, mescolando ogni tanto (ci vorrà un’oretta, a seconda del peso delle verdure). Lavate poi i pezzi di coda, mettetela insieme alle verdure, mescolate e lasciate evaporare l’acqua che contiene; ad un certo punto comincerà a rosolare insieme al soffritto.

Aggiungete il vino e dopo una ventina di minuti i pomodori tagliati a pezzi, mescolate, coprite, e lasciate cuocere a fiamma bassissima fino a quando la carne non sarà molto morbida. Ci vorranno alcune ore. Bonilli suggeriva di aggiungere acqua fino a coprire la carne, nel mio caso non c’è stato bisogno, perché il liquido è risultato sufficiente alla cottura.

Servite calda, con una mestolata di sugo, accanto al pupazzo di neve.