Quanto mi piacciono le patate (ben cucinate) lo potete arguìre anche solo dal fatto che ho creato una voce nell’indice solo per loro. Che poi per adesso quella sezione conta solo due o tre ricette potete capirlo solo entrando per un attimo nella mirabolante testa del foodblogger, il cui tipico dubbio atavico è: il gattò di patate lo metto in “torte salate”, “cucina tradizionale” o in “patate”?? o.O
patate maitre d'hotel
Capirete bene che i due neuroni famosi a quel punto si guardano fissi con occhio pallato senza proferire verbo, e la decisione sul posizionamento della ricetta finisce a testa o croce, quando va bene; nella variante patetica può facilmente capitarvi di vedere il foodblogger in questione (mica io eh) che supplica amici e parenti di consigliarlo in proposito, a volte con blandi tentativi di corruzione alimentare, ricevendo sguardi di compassione (ma questo non ha proprio niente a cui pensare, no?!).
Bene; normalmente comunque le patate mi piacciono croccanti o al limite nella versione assolutamente opposta, cioè a puree. Devo dire però che differentemente dal solito sono favorevolmente disposta anche verso la patata un po’ stracotta, condita con olio e sale (di Maldon. E aglio, e prezzemolo, e a volte anche un po’ di limone, ehm). Tutto questo per dirvi che quando un bel po’ di tempo fa ho visto questa ricetta dalla mia virtual-amica Benedetta Gargano (che oltre ad essere una foodblogger di grido è anche una sceneggiatrice di successo, ndr). I suoi post sono bellissimi perché a parte la ricetta (di solito ottima e semplice) c’è sempre un racconto che la introduce, che di solito o fa scompisciare dalle risate o fa pensare. O è folle (quelli sono i miei preferiti eheheh).
Il post della ricetta in questione si chiama “Jacaranda”, e racconta di come la sua mamma e la sua nonna gliele preparassero durante l’infanzia e di come fosse nato il nome con cui le battezza nel post: “Inutile dire che questo è il modo in cui le chiamavo quando ero piccola, credendo si trattasse di una parola italiana, e pensando avessero un nome che eguagliasse in bellezza la loro infinita bontà. In realtà le patate maître d’hôtel (è questo il modo giusto di chiamarle), sono state per anni la mia bestia nera in fatto di cucinelle”.

Questa spiegazione mi ha fatto ridere e riflettere, su quante sono le parole che da piccoli ci figuriamo scritte in un modo per poi scoprire (con un certo fastidio) che si scrivono in tutt’altro modo e che oltretutto significano pure qualcosa di preciso. In realtà non ho idea della vera etimologia di questo nome: forse era un piatto che si offriva spesso negli alberghi? Magari perché tra i suoi molti pregi ha anche il fatto che è una ricetta facilissima e veloce, che si può preparare in largo anticipo, e scaldare sul momento (anzi forse è anche migliore il giorno dopo?). Quien sabe.

Io so solo che dopo aver provato a prepararla un paio di volte fallendo miseramente (ve l’ho già detto che noi napoletani siamo negati per le cose brodose o comunque non asciutte?) ho passato la palla allo zac, *al* quale sono riuscite meravigliosamente bene al primo colpo, e *il* quale però come al solito non ha potuto esimersi dall’upgrade (ci ha aggiunto cipolla, noce moscata, alloro, pepe, parmigiano e salame… due cosette da niente). Ovviamente voi potete provare a farle nella versione originale, e sospetto che il latte possa tranquillamente essere sostituito con latte di mandorle o semplice acqua (o brodo), e il burro con olio extravergine d’oliva (o… latte di cocco e burro di cocco? che dite?).

Ingredienti:
1 chilo di patate
1 cipolla media
quattro o cinque fette di salame (facoltativo)
50 grammi di Parmigiano Reggiano
sale marino integrale
pepe nero in grani
noce moscata
circa tre quarti di litro tra latte intero fresco e acqua
20 grammi di burro
2 foglie di alloro

Per prima cosa tagliate le patate a tocchetti e la cipolla a fettine molto sottili. Prendete una casseruola larga e bassa, con il fondo pesante, aggiungete una presa di sale, qualche grano intero di pepe, una grattata di noce moscata, e il burro tagliato a tocchetti e mescolate bene con le mani per amalgamare tutto.
Aggiungete l’alloro e coprite con l’acqua e il latte (zac ha usato circa mezzo litro di latte e poi ha allungato con acqua fino a coprire la superficie delle patate (come dice Benedetta “bisogna creare un simpatico vedo non vedo”).
Coprìte e lasciate cuocere a fuoco molto basso fino a quando parte delle patate si scioglieranno nel latte creando una cremina deliziosa. Non dovrebbero mai essere mescolate, e zac infatti non lo ha fatto (ma l’ho fatto io mentre non guardava eheheh, solo un paio di volte giuro — non ce la facevo proprio a non interferire).
Intanto che le patate cuociono tagliate il salame e il parmigiano a dadini molto piccoli. Appena le patate sono cotte toglietele dal fuoco, aggiungeteli nella pentola e mescolate. Servite immediatamente (devono essere ustionanti), magari con una macinata di pepe. Stivate tranquillamente gli avanzi, perché scaldate rimangono strepitose se non di più.