Ieri notte qui da noi sono piovuti quasi venti centimetri d’acqua. Ho messo un pentolone sul terrazzo per recuperare l’acqua piovana, la riutilizzo per annaffiare le piante, perché è senza cloro e sicuramente più pura di quella del rubinetto, oltre a essere più sostenibile.
Lo so non c’entra con il baccalá. Ma in un certo senso sì, perché, come ho detto al laboratorio che abbiamo fatto a Bari (e come dico sempre, ormai sembro un disco rotto), le ricette sono un pretesto. Stare in cucina ti mette alla prova, stimola la creativitá, ti fa capire quanto sia importante fare, in che misura la realtà tangibile dipenda dalle nostre azioni, piccole e grandi. E anche quanto sia necessario (e bello!) mettere in comune ciò che si sa, aiutare gli altri ed essere aiutati, condividere la conoscenza, al di lá di tutto ciò che è diritto d’autore, copyright o semplicemente piccole gelosie insensate.
A Bari mi sono resa conto che siamo in tanti. Provo una grande emozione a far parte di questo cambiamento, a essere in mezzo a tutta questa gente che finalmente è sveglia, scandalizzata e arrabbiata, arrabbiata in modo sano, fattivo, equilibrato. Una rabbia curativa, che si esprime facendo il pane, spegnendo il televisore, informandosi dove le informazioni non sono manipolate, da altri come noi, dal basso. Imparando a distinguere anche qui sulla rete, tra chi magari è più superficiale e si limita a riportare un sentito dire e chi invece approfondisce e controlla prima di riportare una notizia o di esprimere un’opinione.
Riflessioni dopo un weekend di persone belle, una notte di diluvio e la morte apparente del mio Mac. Adesso pare sia di nuovo in piedi, quindi appena è in condizioni vi racconto anche di Bio&Sisto, che adesso sono dall’ipad e non posso accedere alle foto. Intanto vado a prenotare il volo per Bergamo, dove parleremo del pastonudolibro (tra qualche giorno è il suo compleanno, ve lo ricordate?), di farine, e faremo un bel po’ di tisane curative e non (se vi trovate nei paraggi venite!!!).
Colgo l’occasione per regalare alla rete proprio una delle ricette del pastonudolibro, che vi avevo promesso avrei riportato tutte anche sul blog, per chi non ha voluto o potuto acquistare il libro o per chi magari prova a farle dal libro e vuole chiarimenti o dare un parere. Questa ricetta è proprio il risultato di una condivisione, un’amicizia molto bella con Andrea, sì proprio lo cheffone consapevole della rubrica delle intolleranze, oltre al proprietario del glorioso Re Desiderio (che purtroppo adesso è chiuso… ma forse tra un po’ avremo una bella novità in questo senso :-)) e il mattatore della giornata da Coquis, tra un supplì e una pastiera consapevole (c’è pure il video… guardatelo coprendo la mia faccia, grazie!!).
Nei giorni immediatamente precedenti alla consegna dei file del libro Andrea passò di qui e mica lo potevo far andare via lasciandolo intonso! L’ho praticamente intrappolato in cucina (non potevo chiudercelo solo perché la mia cucina non ha porte) e gli ho affibbiato un baccalà. Sapevo benissimo che lui è capace di tirare sempre fuori dal cappello qualcosa di buono, anche con pochissimi ingredienti di fortuna. E infatti mi ha buttato là ben tre variazioni di baccalà, una più gustosa dell’altra :-) Oltretutto sono cose molto semplici da preparare, ma ottime e di grande effetto se avete ospiti.
Purtroppo sul libro c’è un errore su questa ricetta, sob! L’ho annotato (insieme agli altri che abbiamo trovato fino adesso, arghhhhhh!!) nella pagina dell’errata corrige, e per fortuna nel libro mi sono più volte raccomandata, se si hanno dubbi o qualcosa non funziona, di venire a commentare nella ricetta qui sul blog.
Ad esempio quando sul libro scrivo di tagliare il “trancio di baccalà due” a fettine e condirle, in realtà il suddetto trancio va *prima* fatto marinare e *poi* affettato. Di conseguenza il “trancio di baccalà tre” *non* va marinato come c’è scritto sul libro, ma solo tagliato a fette e scottato sulla piastra. C’è stato uno scambio di baccalà in culla, come dico nell’errata corrige.
Per quanto riguarda il baccalà, il peso che indico negli ingredienti si riferisce a quello già dissalato. Se per caso lo avete comprato ancora sotto sale, basterà che lo lasciate due o tre giorni sotto un filo di acqua corrente, o ancora meglio (per evitare lo spreco) potete lasciarlo in una grande ciotola piena d’acqua, cambiandola spesso.
Ingredienti:
550 grammi di baccalà dissalato
erbe aromatiche a piacere
pepe in grani
un limone o un’arancia felici
foglie di limone
fior di sale (o sale marino integrale)
1 peperone crusco
olio extravergine d’oliva
Asciugate il baccalà, mettetelo sul tagliere davanti a voi e separate la parte centrale, che è il cuore del filetto, più alto e compatto, dalle parti esterne e finali. Staccate delicatamente la pelle sottostante e mettetela da parte.
Baccalà uno: mettete i ritagli (cioè tutto ciò che non è filetto) in un pentolino di acqua fredda, posizionatelo sulla fiamma media e appena l’acqua inizia a bollire spegnete e lasciate raffreddare il baccalà nell’acqua (*zio* Andrea sostiene che se si fa bollire a lungo si indurisce).
Scolate poi i ritagli, puliteli, asportate le lische e frullateli con il frullatore a immersione, aggiungendo piano piano l’olio a filo fino ad ottenere una sorta di mousse e aggiustando di sale se per caso il composto fosse insipido. Quando avrete ottenuto una pasta piuttosto omogenea create delle quenelle aiutandovi con due cucchiai e mettetele da parte.
Baccalà due: Tagliate il filetto in due tranci, prendetene uno e mettetelo a marinare per un paio d’ore in una ciotola con acqua che avrete acidulato con il limone o l’arancia (metteteci dentro anche il frutto dopo che lo avrete spremuto) e aromatizzato con le erbe aromatiche (ad esempio origano e timo freschi). Ricavate con il coltello delle fettine sottilissime e conditele con l’olio, il fior di sale e una macinata di pepe fresco.
Baccalà tre: Prendete il secondo trancio del filetto, tagliatelo a fette di due o tre centimetri di spessore, scaldate bene una piastra di ghisa o una padella di ferro o antiaderente (senza teflon), versate un filo d’olio e scottate i tranci da tutti e quattro i lati; quando saranno dorati mettete in padella le foglie del limone e posizionateceli sopra, in modo che assorbano gli olii essenziali della pianta.
Infine, scaldate bene un po’ d’olio in un padellino di ferro, riducete a listarelle il peperone crusco, immergetele nell’olio e spegnete immediatamente. Tiratele fuori, mettetele in un recipiente e fatele raffreddare davanti a una finestra aperta (devono subire uno shock termico per diventare croccanti).
Posizionate le tre versioni del baccalà (il mantecato, l’affettato e lo scottato) in modo estremamente artistico su un tagliere o su un bel piatto rettangolare, decorandoli con qualche foglia di limone e il peperone crusco fritto.
Ciao! bellissima ricetta multipla. Una domanda sul secondo procedimento. Essendo una “pesciologa” consapevole chiedo come hai considerato di evitare il rischio anisakis. La salagione infatti (se non eseguita a caldo) non è considerata, nei protocolli asl come risolutiva…(anche se in realtà ci sono delle contraddizioni …). La mia curiosità è più che altro volta a sapere se e come ti poni rispetto a questo problema visto che sei un riferimento importante, anche con le tue ricette. grazie!
Ciao Serena, ottima domanda, che mi trova in parte impreparata. In effetti nel libro avevo scritto che il parassita anisakis muore se tenuto a temperatura superiore a 63 gradi per dieci minuti e dopo il congelamento a meno 20 gradi per almeno 24 ore; avevo però scritto anche che non sopravvive alla salatura, se il tenore di sale è abbastanza alto. Non ho notizie della salagione a caldo, mi sai dire qualcosa tu, o allungarmi qualche link? Così vado a studiare :-)
Ciao! Ti passo il protocollo asl che ho trovato in rete via mail segnalandoti l’incongruenza a cui tutti quelli che ho interrogato non hanno saputo rispondere. E ti giro quello che so.
Vado. :-)
Santo Cielo, questi baccalà mi hanno fatto letteralmente venire l’acquolina in bocca. Un bacio.
Da quel poco che ne so sui metodi x eliminare l’anisakis, la salagione ad alte concentrazioni (NaCl >8%) è sufficiente a debellare le larve.
Dati sperimentali (si possono leggere ad esempio qui) dimostrano che la salagione disattiva (uccide) l’anisakis in 14 giorni. La asl stessa in questo pdf afferma che 20° baumè (e nella salagione la densità salina è molto ma molto più alta) in 14 giorni uccidono l’anisakis.
La mia perplessità nasce dal fatto che (almeno qui in Emilia Romagna) la asl non afferma che si può consumare pesce sottosale in tranquillità. Questo “per stare dalla parte dei bottoni” lo trovo piuttosto assurdo e mi chiedevo e chiedevo anche a voi, quando si ha a che fare con la diffusione di informazioni (ho una piccolissima rubrica sulla pagina enogastronomica del Corriere di Bologna che si chiama “Diamoci all’ittica”) cosa è giusto dire.
Io le acciughe sotto sale le preparo e poi le mangio dopo che sono “maturate” ma sotto la mia responsabilità, e così il baccalà.
Perchè non vietano la vendita di questi prodotti se sono davvero a rischio? Nella normativa di cui riporto di seguito il link (pag 113-114 e dintorni) sembrerebbe che i pesci da salare vengano prima congelati a bordo e quindi trattati col freddo; anche se parrebbe dai dati sopra che il congelamento preventivo è pure inutile e quindi mi chiedo perchè non dicano chiaramente che si possono consumare tranquillamente.
buono.. buono e ancora buono! tema anisakis sempre molto caldo..
baci
Al di là della questione anisakis, di cui so poco che il pesce non lo mangio, quoto la prima parte del tuo articolo…la rabbia e l’indignazione, senza uno sbocco creativo, rischiano di portare a poco. Belle riflessioni e belle sensazioni!