Sdraiata sul letto, persiane chiuse balcone aperto tende danzanti. Nel pieno di uno squarcio di vita reale, vale a dire il fresco della notte della campagna romana, il profumo dell’erba tagliata, il silenzio intervallato dai cani, da qualche animale notturno e anche da qualche voce, perché non ci siamo cercati un posto troppo isolato, ci sono vicini, qui, di tutte le nazionalità ed estrazioni sociali.
Non posso fare a meno di ricordare la mia vita precedente a San Giovanni (ma anche in molti altrove) quando giorno e notte l’unico incessante rumore che si sentiva era quello delle macchine che passavano sotto le finestre, meglio non aprirle.
Cerco di fare in modo che questa realtà così intensa e avvolgente cancelli l’illusione nella quale siamo calati, il continuo senso di soffocamento che ci dà annaspare tra le onde incattivite delle pressanti richieste economiche che la vita, che abbiamo voluto testardamente anche senza potercela permettere, ci fa ogni singolo giorno.
Io so che la forza che mi dà sapere di aver fatto scelte giuste non ha prezzo, che lo stress a cui siamo sottoposti è ridicolo rispetto a ció che abbiamo. So che ci sono tanti che sono nelle nostre condizioni, e so che condividere in questo non luogo le nostre difficoltà potrebbe essere una specie di appiglio per qualcuno, anche solo per una persona, solo per una famiglia.
Qualche giorno fa leggevo questo articolo sulla difficile situazione nella quale sta versando la Grecia, e nel quale si riportava tra l’altro che alcune madri hanno preso a rubare cibo nei supermercati. Una donna di 32 anni con due figli di 4 e 6 anni ha rubato anche un gelato. Uno. Tre litri di latte, e *un* gelato.
Non ce la posso fare a leggere queste cose. Vorrei poter andare da quella mamma, abbracciarla, baciarla, dirle che non ha bisogno del supermercato per vivere.
Dobbiamo muoverci adesso, prima che l’economia malata nella quale siamo immersi imploda trascinandoci dentro. Dobbiamo decrescere, subito, ora, e il cibo è un ottima palestra per cominciare. Dobbiamo imparare a cercarlo dove viene coltivato, allevato, munto, cagliato, trasformato. Dobbiamo auto produrlo tutte le volte che possiamo. Trasformare le materie prime. Solo così non avremo bisogno di comprare pane ma solo farina, di scegliere yogurt o marmellate tra i banchi del supermercato, ma solo latte, frutta e zucchero, di nutrirci di minestrone pronto, ma solo della verdura che cresce, miracolo, molto bene se rimane più indisturbata possibile (Olmontano docet).
Per fare tutto questo dobbiamo scrollarci di dosso le stupidaggini di cui ci hanno vestiti, dimenticare le paure che ci hanno inculcato, agire più spesso d’impulso, impedire al cervello di sconfinare nelle scelte che non gli competono. Il cervello è la scusa della paura.
Io ho paura delle persone paurose. Ti trascinano nel panico con loro, sono violente, deboli, corruttibili, disoneste. So che mi tirerò addosso gli strali di molti di voi, ma io mi sento vicina a quelle mamme spaventate, e le capisco profondamente. Avessero avuto la consapevolezza non avrebbero tentato di rubare, non sarebbero state disperate.
Faró tutto ció che posso per condividere quello che imparo, perché altri, altre madri, abbiano le armi che sto acquisendo. Il mio lavoro non avrebbe alcun senso se rimanesse solo mio, l’evoluzione ha bisogno di numeri, di una folla, di tutti. Ecco perché ringrazio voi che fate muro, che avete l’entusiasmo patetico e bambinesco di leggervi i miei sproloqui assurdi alla fine di una giornata delirante e troppo lunga o ritagliando un pezzettino di tempo nello spazio prezioso di pausa dell’ufficio. Il pasto nudo siete voi, la risorsa siete voi, non singolarmente, uniti.
Abbiamo la rete. Non siamo più soli, e se ci giochiamo bene questa carta non lo saremo mai più.
@ Carissima, grazie per questo post. Bello, intenso, importante. Perchè è vero, non sentirsi soli nelle difficoltà aiuta. Tanto. E vorrei capovolgere il problema, per diventare tutte noi un pò “guerriere”. Parli di scelte che non vi potevate permettere. Ma ti rendi conto? Viviamo in una società in cui due persone che lavorano attivamente (non che stanno tutto il giorno a dormire) non si possono permettere una casa in campagna? Non una lussuosa villa con piscina (scusa, ma non credo la tua lo sia), ma una semplicissima casetta in campagna? Ma che c…di società è? Da questo dovremmo partire. Lancia in resta. E dirci, tutte insieme (uso il femminile, perchè mi sa che siamo le più agguerrite, siamo nate per difendere la prole) difficoltà economiche o no: nessuno tocchi la nostra casa. Nessuno. O ci muoveremo tutte, in gruppo, a difendere chi è sotto attacco. Ecco, iniziamo a darci questa tranquillità. Io mi candido, subito, a partire per salire sul tuo tetto e urlare, lanciare sassi, fare tutto ciò che vuoi nel caso tu fossi in difficoltà. Un gruppo. Che si muove per qualsiasi donna, emiliana, laziale, veneta, cui tocchino la “tana”, quella in cui riusciamo a trovare o ritrovare la nostra sicurezza e il nostro equilibrio. Perchè fare una scelta “consapevole” ci deve essere proibito? Ecco, io vado al di là della tua pacata “decrescita”, fare tutto da noi, non comprare gelati (per inciso, quelle donne dovevano rubarne tanti, e spero non le abbiano arrestate), vorrei arrivare a gesti (non violenti) ma eclatanti. E hai ragione, la rete è l’unica che può aiutare.
Che bello poter leggere queste parole così vere. A volte mio marito ed io ci sentiamo soli nelle nostre scelte. Abbiamo scelto di crescere i nostri tre figli lontano da una società malata, a contatto con un mondo pieno di natura e animali. Abbiamo detto addio alla tv per sempre. Facciamo piccoli passi verso un’autonomia consapevole. Allora non siamo soli, e questo mi riempe il cuore.
Ciao!
Ho scoperto il tuo blog per caso, mentre cercavo informazioni sulla pasta madre. Complimenti, è pieno di articoli interessanti e informazioni preziose.
Io sono una studentessa e per troppo tempo ho mangiato al volo e quello che trovavo, senza prestare molta attenzione. Ma da un po’ di tempo a questa parte il mio corpo ha iniziato a mandarmi segnali molto chiari e io ho iniziato a fare più caso ai veleni che giornalmente ingerivo. E’ un lungo percorso, ma cerco di fare del mio meglio.
Sto cercando anche io di creare un blog (non di cucina, ma perché no, qualche articolo potrebbe starci) e siccome il tuo è fantastico anche esteticamente vorrei un paio di consigli. Sono all’inizio, ho scritto poco e confusamente, non farci caso :)
Complimenti ancora e grazie per quello che fai, questo blog è una vera miniera!
“Io ho paura delle persone paurose. Ti trascinano nel panico con loro, sono violente, deboli, corruttibili, disoneste”. L´ho sempre pensato che il problema dell´Italia non fosse solo la crisi, ma la paura che hanno instillato nelle menti delle persone in anni e anni di attento e preciso lavoro comunicativo.
(evviva!!! Ti leggo!!!)
Vi riporto l’esempio di un’associazione, Eccemamma, costituita da un gruppo di mamme ben decise a trasformare la loro cittadina, Cernusco sul Naviglio, in un luogo “family friendly”. L’associazione, fondata da 11 mamme, oggi conta più di 250 socie e rappresenta una dimostrazione di come “l’unione fa la forza”. di come sia possibile diventare cittadinanza attiva, una sorta di lobby positiva che propone e collabora con le forze politiche nella gestione del bene comune. Nella home page del sito di Eccemamma si trova una frase pronunciata da John Fitzgerald Kennedy. “Non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”.
ecco, leggere, avere conferma che ci sono persone così (come te, come chi conversa con te), tanto diverse da come viene rappresentato l’italiano da tv e giornali, mi conforta, mi da la forza per continuare a “studiare” come fare per aumentare la mia sensibilità e consapevolezza.
è necessario rendersi conto pienamente di quante responsabilità abbiamo e quindi, di quanto possiamo fare per cambiare le cose, quelle cose di cui sembra, vogliono convincerci, ci si possa solo lamentare e accettare rassegnatamente.
oggi avevo proprio bisogno di respirare ottimismo, dopo la serata di ieri, quando ho dovuto assistere ai pianti (letteralmente!) di vicini di casa (adulti), per questioni di rigori, falli, ecc..
la mia rabbia è per la dimostrazione di quanto ancora siamo disposti a subire qualunque ingiustizia, a credere (non solo, anche a venerare!) proprio quelli che hanno dimostrato la loro falsità, la pochezza, la bassezza morale: l’esatto contrario di quello spirito patriottico che (per me, inspiegabilmente) riescono a suscitare ancora.
sì, è solo un gioco di pallone. metafora inquietante, però.
complimenti per il blog!
Hai una bella testa. Mi piace come ragioni, mi piace la gente come te: convinta, tenace, positiva e propositiva.
A me fanno paura quelli che non si pongono mai domande.
Ma proprio tanta tanta paura.
è un vero piacere leggere i tuoi post …!
grazie
che dire?viviamo in una societa malata che non da piu’ i suoi frutti.che genera poverta’ e ignoranza.il nostro dio e’ il supermercato e chi non puo’ accedervi diventa automaticamente un reietto un escluso.povera mamma!anch’io vorrei abbracciarla e so per certo che storie di questo genere sono frequentissime in Grecia ma anche in altri
paesi molto vicini a noi!!
DOBBIAMO CAMBIARE PER UNA SOCIETA’ PIU’ GIUSTA E PIU’ VICINO ALLA NATURA!
GRAZIE DI CUORE PER RICORDARCI OGNI VOLTA CHI SIAMO E SOPRATTUTTO COSA DOBBIAMO FARE PER PORTARE AVENTI QUESTO CAMBIAMENTO! IO CI CREDO!!
Ogni tanto torno a rileggerlo. Grazie.
Anche noi avevamo i problemi che accomunano tanti…lo stress, i soldi…ora siamo passati ad una vita tranquilla sana e giusta, abbiamo il tempo di dedicarci ai nostri figli, coltiviamo ortaggi e alleviamo animali per noi e anche per chi apprezza il nostro lavoro. Vorrei incontrarti di persona davvero ci terrei tanto…sei davvero forte !!!! Grazie.
Siamo vicine sono di rignano e porta la bimba che sicuro si diverte a vedere i miei figli a 4 zampe!!!
@Tutte. Scusate. Il punto però non è che in Italia se passiamo ad una vita sana e a contatto con la natura, evitiamo i supermercati e coltiviamo l’orto possiamo vivere felici e senza stress, come scrivete. Comperare una casa in campagna con giardino costa (anche se meno che in città), avere l’orto costa (nel senso che o si coltiva l’orto o si lavora, se io lavoro, e per fortuna ,non ho aiuti, mi occupo della casa, o muoio o non faccio l’orto), avere tempo per produrre tutto da sè significa lavorare meno, e io per esempio non me lo posso permettere. Le due mamme di Atene non è che sono andate a rubare perchè non avevano avuto l’intelligenza di farsi un orto o autoprodursi latte e zucchero per il gelato, semplicemente non ne avevano avuto la possibilità. Punto. Altrimenti l’avrebbero fatto di sicuro. Non si può continuare a pensare che tutti possono fare decrescita felice e rimanere indenni dalla realtà. Questo capita a chi ha un marito che porta a casa i soldi e vive in un mondo “distaccato”, o a chi è in pensione, o a chi ha soldi in partenza per non fare debiti. Gli altri devono lavorare dieci ore al giorno per guadagnare quello che serve per vivere e pagare il mutuo. E il gelato auto prodotto quando lo fa? Di notte? Ancora non ci chiamiamo Santa Maria Goretti. E’ questa l’ingiustizia (naturalmente appartiene anche a chi ha un marito che la mantiene, ma vuole comunque lavorare).
@ Scusate, mancava una frase. Ovvero l’ingiustizia di una società che non permette di vivere decentemente neppure a chi non pretende troppo, scelte alimentari a parte.
Non sono pienamente d’accordo. Se credi in una cosa nulla ti può fermare. Se vuoi puoi. Non voglio ora sbandierare scelte personali, ma io e mio marito abbiamo fatto (e tutt’ora li stiamo facendo)i salti mortali per costruire il nostro sogno. Siamo rimasti mesi in casa senza andare da nessuna parte e senza spendere praticamente un euro perchè non l’avevamo.
Non è facile, fare delle scelte comporta dei sacrifici, ma noi ci crediamo e perseveriamo.
Oh sí. Io e mio marito (e la bimba) siamo dovuti andarcene dall´Italia, per vivere con un minimo di dignitá. Anche se poi mi vengono a dire che mi devo vergognare, perché ho lasciato la barca che affondava (é la prima volta nella storia dell´emigrazione che chi se ne va con tanta sofferenza nel cuore viene additato come traditore, pare, ma vabbé). Certo, qui l´orto col cavolo che possiamo…e pure il cibo felice, ce lo scordiamo (non sempre, ma spesso). È questione di scelte, appunto. Noi preferiamo qui, per esempio, magari senza l´orto e la casa nostra, che in Italia a farci pigliare a pesci in faccia da capi incompetenti e arroganti, che a 80 anni ancora hanno l´attack sulla sedia. Ma non ci lamentiamo perché dobbiamo pagare il mutuo, proprio perché abbiamo scelto consapevolmente di non avere una casa nostra, per evitare di avere notti insonni causa banche sanguisughe. per alcuni l´orto e la casa posseduta sono un valore imprescindibile. Per altri, come noi, no. Tutto é soggettivo, e tutto é relativo. Quello che importa é, secondo me, che qualsiasi scelta si faccia sia consapevolmente pensata, cercando di rispettare il piú possibile prima di tutto noi stessie le nostre caratteristiche, e poi la natura che ci circonda. Amen. ;-))
Grazie..grazie davvero di cuore!
Mi unisco anche io all’abbraccio collettivo per quella mamma greca!
V.
@Pasqualina, adriana, lorenza, laura, la luna nera, Martina, Roberta: lo dico sempre, sono io che devo ringraziare voi. Se scrivessi queste cose e nessuno le capisse o apprezzasse (visto che non sono cose comode né semplici da digerire) sarei totalmente inutile. Il senso è il gruppo, il senso siete voi, noi.
@Tyna: Proprio quello che intendo, queste sono le associazioni che lavorano seriamente per il futuro. Altro che Stato e società! Appena ho un secondo andrò a fare un giro sul sito, anzi adesso guardo se hanno un account su facebook.
@Graziella: Bellissima questa immagine di donne sul tetto a urlare e lanciare sassi, prometto che nel caso sarai la prima che chiamerò!! :-)
Per quanto riguarda il tuo secondo commento, ho alcune considerazioni da fare.
Ovviamente non è che singolarmente possiamo tirarci fuori dal casino in cui ci siamo ritrovati fino al collo; quello che dovrebbe succedere è che una massa di persone decida di fare questo tipo di scelte. Di decrescere, appunto. Ragionare sul singolo individuo ci riporterebbe nell’errore iniziale. Se invece una grande maggioranza di persone decidesse di vivere in campagna (la differenza di prezzo tra una casa in campagna e una di uguale metratura in città è abissale, non minima), piano piano si potrebbe verificare una situazione nella quale se una famiglia su dieci coltiva la terra si ha cibo per tutti, e poi ognuno fa quello per cui è portato (non esattamente un tornare indietro ai tempi del paese, perché adesso abbiamo tecnologia, internet, e siamo – spero – cittadini del mondo anche se abitiamo in un posto piccolo e di provincia).
Io credo invece che le due mamme greche non hanno avuto la possibilità di *sapere* che le cose potrebbero essere diverse, che si può vivere senza supermercati, slegati dalle logiche distorte nelle quali siamo immersi dalla nascita.
Io non ho un marito che porta i soldi a casa e stiamo decrescendo, con una certa lentezza e con moltissime difficoltà, ma solo perché purtroppo siamo dei pionieri (e lo dico, giuro, senza proprio nessunissimo orgoglio, anzi con una grande tristezza).
Non credo più nell’ingiustizia della società, perché la società siamo noi, non dobbiamo più vederla al di fuori, altrimenti saremo sempre fregati.
@Monica: Molto interessante!! Ce l’hai il mio contatto facebook? Dovremo sicuramente vederci allora, ho la sensazione che abbiamo un po’ di gioie e dolori in comune! :-)
@claudia: In realtà il mutuo qui non è tanto una scelta, perché l’affitto costa quanto se non di più la rata fatidica, con in più il fatto che puoi essere cacciato da un momento all’altro, e che non hai alcun diritto di gestire il posto dove vivi come vuoi.
Sulla storia della barca che affonda caliamo un velo pietoso (io credo che in gran parte sia invidia!!) per tutto il resto Amen, Amen, Amen.
Grazie per questo post, fanno bene le tue parole. Io ormai tra le persone che mi conoscono sono quella eco-bio-naturista-salvapianeta, e fin qui va bene, finché mi si prende scherzosamente in giro, finché mi si prende a esempio, finché mi si chiedono consigli sulle alternative ai prodotti industriali. Ma purtroppo mi capita spesso anche di notare l’indifferenza totale a questi argomenti, o peggio ancora il menefreghismo, il “tanto ormai è troppo tardi” o “tanto se non cambiano le politiche è tutto inutile” . Fino a quando le persone non si renderanno conto del loro potere non cambierà mai nulla. E per questo sono felice di leggere parole come le tue, piene di forza, di amore e di voglia di cambiare il mondo.
Sonia, ho un dubbio (tra i tanti): ma secondo te, se una famiglia su dieci si mettesse a coltivare la terra (per autoconsumo e per le altre nove, suppongo), l´Italia non ha una superficie coltivabile troppo piccola? In fondo siamo sempre stati un popolo di marinai, banchieri, artsti e commercianti…scusa la stupiditá, ma quando c´é c´é. ;-))
@ Claudia. Come ti capisco! Anch’io, ti giuro, me ne sarei andata volentieri se avessi potuto costruirmi il lavoro che mi piace all’estero. A quindici anni mi mandarono in Francia a fare un corso, biglietto del treno di ritorno rigorosamente affidatomi con mille raccomandazioni. Beh, dovettero venire a riprendermi, perchè non volevo più tornare. Finalmente un popolo civile, moderno, non bacchettone, che già allora parlava di aborto, coppie di fatto e gay senza problemi (qui se ne fanno ancora adesso, i nostri politicanti, manca poco vadano in giro con il rosario, stiamo ancora a discutere sul divorzio breve!).
Poi scoprii che l’unica cosa che sapevo fare bene era scrivere, in italiano naturalmente, e qui mi costruii un lavoro, una carriera, una vita. Che altrove non avrei potuto. Sono contenta, naturalmente, ma non mi piace come si è costretti a vivere in questa nazione. E non si tratta di non voler fare sacrifici (anch’io per stare a contatto con la natura e fare una vita più sana devo rinunciare ad altro, ma non me ne pento per nulla), ma di incazzarsi perchè ci stanno togliendo ogni diritto.
A noi, consapevoli, che non vogliamo il suv, gli abiti firmati o la vacanza alle mladive (almeno, io non li voglio, mi basterebbe la serenità economica e quindici giorni in un rifugio in montagna), a noi, consapevoli, che cerchiamo di rispettare la campagna e i suoi frutti, a noi, consapevoli che potremmo essere il futuro del paese. Invece il nostro paese ci “sanguisuga”.
In Olanda stanno creando comunità di “colleghi” (grafici, giornalisti e chi più ne ha più ne metta) che si mettono a vivere nello stesso quartiere, per potersi confrontare ogni giorno senza prendere l’auto e farsi ore nel traffico (inquinando). In Germania i prodotti bilogici costano la metà e lo stato rimborsa le spese per le medicine omeopatiche e fitoterapiche e le visite agli specialisti del settore (che qui invece lucrano senza ritegno: una visita da un medico olistico e alternativo a Pavia Euro 200,00, e l’ho mandato al diavolo).
Qui, cara Claudia, in affitto non si può stare. E te lo dice una che per molto tempo c’è stata esattamente per i tuoi motivi, ma ogni quattro anni il padrone di casa raddoppiava l’affitto, non faceva manutenzione, vivevo con tre muri invasi dalla muffa pagando 700,00 euro al mese + spese e non a Parigi, ma a San Martino Siccomario! A Pavia, anche peggio, c’è l’Università e, si sa, gli studenti in Italia hanno soldoi a palate (anzi, i loro genitori). Ora spendo la metà di mutuo e nessuno può rompermi le scatole (a volte ti chiedono di non tenere un cane, per esempio, i bravi e civili padroni di casa italiani).
Dunque, qui alcune scelte sono obbligate, e sono molto contenta di essermi costruita la possibilità di farle.
Ma non è giusto che per essere “pionieri” come dice Izn sia necessario fare notti insonni per paura di non arrivare alla fine del mese. Questo no. e non è giusto che, per essere pionieri, si abbia paura di pewrdere tutto questo no.
E stai tranquilla, Izn, se mi chiami corro, davvero (madevo arrivare con la San Bernarda, comunque in fondo potrebbe servire). Perchè qui, in questa nazione mal gestita e retrograda (ma piena di gente meravigliosa) per far valere i propri diritti si può solo urlare. Più forte degli altri.
Ciao, no non ho il tuo contatto facebook, come ti trovo?
GRAZIE.
Ciao izn, ti cerco e trovo solo la pagina del pasto nudo su fb, Io sono Monica Laugeni mandami una richiesta di amicizia ed io volentieri la accetto. L’ invito e’ rivolto a tutti/e volessero condividere esperienze e….insalata…uova….e un bel pomeriggio a casa mia.
… come diceva Franklin Delano Roosevelt: “L’unica cosa di cui avere paura, è la paura”.
Il fatto è che quando si parla di decrescita bisognerebbe avere chiaro che il livello di partenza non è affatto uguale per tutti. Io supermercati non ne frequento, per scelta e cibo confezionato non ne compro. Ma a parte il gelato, è innegabile che spesso lo snack costa meno di un pasto con frutta o verdura, anche non biologica. Anche per questo s’impongono.
Sinceramente decrescere quando non so cosa sia una serata a teatro o a un concerto, una vacanza anche dietro l’angolo (sì, quelle da Sonia Floriddia mi piacerebbero, ma nemmeno col mutuo…), un tuffo in acqua pulita, quando ciò che guadagni se ne va per pagare il dentista, quando non ti entra l’olivo in macchina mentre ne scendi perché usi i mezzi e solo quelli e se non puoi usarli semplicemente non vai dove non ti portano (compresi tanti posti campagnoli e di turismo alternativo), quando lo yoga è un sogno perché le lezioni costano troppo…
Cosa dovrebbe ancora voler dire decrescere? Gelare d’inverno e beccarsi una polmonite? Rintanarsi fra quattro mura e guardare il cortile? Pagarsi una connessione e vivere davanti a uno schermo ogni momento sociale o culturale? Rinunciare completamente all’apertura mentale che dà viaggiare in paesi diversi?
Con tutto il rispetto per le possibilità che apre la rete, finisco con il trovarlo limitante. C’è ormai troppa gente in queste condizioni, soprattutto chi vive di salario e magari anche di precarietà, o chi è solo (in genere donne).
E non è “la crisi”. La crisi non avrebbe morso così duro se non fosse venuta dopo venti anni di salari fermi, perdita di potere d’acquisto, smantellamento e riduzione dei servizi pubblici e collettivi, corruzione diffusa, evasione fiscale incontrollata e pervadente e se non fosse accompagnata da misure che mirano solo a approfondire questo fossato tra chi può approfittarne e chi vive in modo diverso.
Sì, probabile che noi tutti che siamo sul pastonudo “decresceremo” ancora, ma a vantaggio di una sperequazione ancora più profonda tra chi vive a caviale (per i più smaliziati biologico) su panfili magari a propulsione solare, sempre per i più smaliziati, e chi vede ridursi persino l’aspettativa di vita.
Il proprio orto non è sufficiente… noi parliamo di “decrescita” pensando che alcuni livelli minimi di vita (ad esempio l’assistenza sanitaria) siano acquisiti e garantiti. Non è così. Proviamo a decrescere col solo nostro stipendio avendo sulle spalle un genitore malato senza pensione e senza assegno di invalidità, pensiamo di dover che so affrontare una terapia costosa o semplicemente degli accertamenti sanitari urgenti, o dei cicli ripetuti di fisioterapia o una psicoterapia.. pensiamo di non avere più scuole o asili per i nostri figli: che vita faremmo noi donne? Altro che “basta volerlo in tanti”.
Lo stato sociale ci ha garantito di poter fare questi pensieri, lo stato sociale che stiamo perdendo senza accorgercene e senza protestare. Non si fronteggia la miseria, quella vera, con la sola buona volontà, i cambiamenti, il benessere, sono arrivati in altro modo.
@ Camilla. Hai perfettamente ragione!
@Camilla: meglio di cosí non potevi descriverla, la stituazione di gran parte della nostra generazione: io son come te. Ad un certo punto se decresciamo ancora scompariamo.
@Claudia , Camilla. Già e’ vero a furia di decrescere finiremo a vivere come gli eremiti, solo patate e cipolle. Ma vi sembra? Il fatto e’ che c’ e’ una fetta di persone in Italia che invece sta benissimo, ed e’ quella rappresentata dall ‘ attuale governo. Vengo da una riunione con i miei capi: non sanno neppure ciò che accade in Europa. Porche, vacanze in posti esclusivi, e, se chiedo un aumento (piccolo per carità, Monti mi fa pagare 70 Euro al mese in più di tasse, e per il mio budget, giuro, sono tanti, mi basterebbe mi aumentassero lo stipendio di quella cifra) , piangono miseria. Eppure loro hanno porche e vacanze esclusive grazie al mio lavoro.
La settimana scorsa ho fatto gli esami del sangue, fa parte di una routine sanitaria visto che sono in menopausa: 100 euro di ticket!!! Mi arriva la lettera per gli esami di prevenzione dell’assl mammografia e visita ginecologica. Scrivo via mail (parlare al telefono è impossibile, gli impiegati dell’ Assl di Pavia hanno altro da fare) che in quella data mi e impossibile, se possono darmi l’appuntamento la settimana dopo. Silenzio assoluto, manco rispondono. Privatamente, mammografia euro120, visita ginecologica e pap test 200,00.
Ecco, si può vivere in un paese che ti preleva più del 50 per cento di tasse e poi a livello pubblico non funziona nulla? Altro che decrescita e orto in casa, qua mancano le basi di un livello civile di vita.
Quanto alle mamme che hanno rubato ad Atene, cara Izn, li non si tratta di consapevolezza ma di fame. Mica potevano rubare zucchero latte e farina. Dove le mettevano? Molte persone ormai in Grecia vivono in auto ( testimonianze di parenti di un amico), hanno perso tutto, dove lo coltivano un orto, dove lo prendono il latte e lo zucchero, o le uova, se persino le medicine? Purtroppo, la “decrescita felice” l’ autoproduzione oggi, anche questa, e un privilegio, e non tutti se la possono permettere.
Mi e saltata una frase: se persino le medicine mancano, e gli ospedali non hanno più soldi per assicurare le cure necessarie.
Concordo sia con il discorso di Graziella che con la filosofia della decrescita felice, che interpreto non come l’antisviluppo, ma come la ricerca di nuovi valori che non siano meramente quelli consumistici del lavorare con lo scopo di comprare beni per essere felice.
In fondo il problema è la possibilità di scelta. Non vorrei essere obbligata a farmi l’orto, così come non vorrei essere obbligata a lavorare otto ore al giorno con straordinari per sopravvivere, perchè il costo della vita non fa che alzarsi.
La madre greca, sicuramente non ha avuto possibilità di scelta. Il pane sarebbe costato di sicuro più del gelato.
Coraggioso e vera la tua scelta, oltremodo vero quello che dici: bisogna cominciare a ragionare e scrollarci di dosso tutto quello che vogliono farci credere circa l’economia e le nostre necessità.
Ti appoggio in pieno!
[…] differenza. Stamattina ho letto due cose che voglio condividere con voi: uno è l’articolo di Sonia, l’altro questo articolo sul […]
“Anch’io, ti giuro, me ne sarei andata volentieri se avessi potuto costruirmi il lavoro che mi piace all’estero…. Poi scoprii che l’unica cosa che sapevo fare bene era scrivere, in italiano naturalmente, e qui mi costruii un lavoro, una carriera, una vita. Che altrove non avrei potuto. Sono contenta, naturalmente, ma non mi piace come si è costretti a vivere in questa nazione….(Questo capita a chi ha un marito che porta a casa i soldi e vive in un mondo “distaccato”).”
@Graziella: scusa, ma non é la prima volta che parli delle donne che dipendono dal loro marito economicamente, e sempre in modo quantomeno ambiguo. Probabilmente ho la coda di paglia, ma anche il mio, di lavoro, é stato per anni quello di scrivere, in italiano naturalmente, e anch´io in Italia mi ero costruita una carriera e una vita. E nemmeno a noi piaceva il modo in cui eravamo costretti a vivere. Mio marito, per garantirci una sicurezza economica ed una vita senza insonnie ha accettato l’offerta di lavoro in un altro continente (emigranti, ci chiamavano, una volta) ed io, per tenere unita la famiglia, ho lasciato il mio amato lavoro, ben consapevole che avrei dovuto dipendere da lui in tutto e per tutto e, soprattutto, rinunciare a ció che al momento mi dava maggior gioia e autostima (e riempiva il mio ego galattico).
Non mi piace quando parli di “donne col marito che porta a casa i soldi” come se fosse una scelta facile. Prova a parlarci, con qualcuna, prima di classificarle. Perché guarda che é piú facile rinunciare al SUV e alle Maldive che alla propria indipendenza. ;-)
@cri: sì, passare da un atteggiamento di assoluta passività a uno concreto, attivo, vero. Ho visto ieri una manifestazione pacifica che c’è stata a Napoli, un gruppo di ottanta persone è entrato in una banca, si è tolta i vestiti e li ha consegnati come pagamento per l’IMU, rifiutandosi di pagarlo diversamente. Sarà anche solo una cosa simbolica, ma fa capire a tutti che non sono soli, io credo sia importantissimo.
@claudia: Sinceramente non lo so. Anche se non parlavo solo dell’Italia, ma in un’ottica più generale. Bisognerebbe provare, non credi? ;-)
@Graziella Carnevali: Stupenda la notizia sull’Olanda, la trovo molto intelligente. Ecco, anche questa è una cosa pratica e sana che si potrebbe fare benissimo anche qui, con uno sforzo economico nullo e guadagnando parecchio in rapporti sociali.
Per quanto riguarda le mamme che hanno rubato, so che non potevano rubare zucchero latte e farina, ma se fossero state abituate a comprare materie prime da piccoli produttori avrebbero avuto la possibilità di trovare zucchero latte e farina senza entrare in un supermercato. Voglio dire, quando la situazione è già precipitata è molto più difficile da risolvere, per questo dobbiamo agire adesso, prima di essere costretti a vivere in macchina. Adesso che la decrescita ancora abbiamo un minimo margine per permettercela.
@Monica: ti ho appena aggiunta su facebook, quando vuoi ci sono :-)
@Silvia N.: parole sante!
@Camilla: le domande che ti/mi fai sono assolutamente legittime. Per decrescita intendo uno stato, più che un processo, se si tratta di persone come te o come noi che già sono decresciute moltissimo. Purtroppo la decrescita funziona solo se a decrescere sono tante persone, non una minoranza. A quel punto la situazione dovrebbe stabilizzarsi su un livello più basso, più vivibile e più sano, e si potrebbe ricominciare ad andare avanti. Pensa che lo yoga lo sto facendo (quando ci sono riuscita) pagandolo con la progettazione grafica di loghi e volantini per il centro Mahel, che qualche giorno da Sonia abbiamo potuto trascorrerlo in cambio di servizi grafici da parte nostra (poi c’è che siamo diventate amiche, ma questo è successo dopo). Certo, sono molto preoccupata per la situazione dei miei denti, perché il dentista proprio non posso permettermelo e ne avrei molto bisogno, e teatri e concerti per adesso me li sogno (ma se un giorno riuscirò ad andarci li apprezzerò enormemente di più, spero).
Decrescere non vuol dire gelare d’inverno e beccarsi una polmonite, vuol dire abbassare un po’ la temperatura dei termosifoni e mettere un maglione in più, ma soprattutto insegnare ai nostri figli che se mai dovessero scegliere una casa (o se magari dovessimo avere per fortuna la possibilità di farlo noi) la prima cosa che dovranno guardare sarà l’autosufficienza energetica. O anche vuol dire considerare la possibilità di spostarsi fuori città o dovunque una casa costi meno, lasciare un lavoro che odiamo, cambiare modo di vivere, mettere al primo posto ciò che ci fa bene e che ci fa rallentare, in tutti i sensi. Cambiare vita, sì. Sembra starno solo perché sono ancora in pochi a farlo, ma tra qualche anno sarà molto più normale e comprensibile da tutti.
Decrescere non vuol dire rintanarsi tra quattro mura e guardare il cortile; qui in campagna spesso ci citofona la coppia di contadini che abita al primo piano e trascorriamo le ore serali estive con loro, seduti nel loro patio come le vecchiette dei paesi (appunto) e non è assolutamente noioso, anzi istruttivo e interessante. Oppure facciamo delle lunghe passeggiate nel Parco di Veio, a raccogliere more e altre erbe spontanee.
A forza di risparmiare magari ci esce anche qualche soldo per fare un viaggetto (poco costoso) in un paese diverso.
Per il resto, e per la “crisi” sono assolutamente d’accordo con te su quello che è successo. Solo che secondo me non possiamo più aspettare che sia chi ci governa a fare il nostro bene e il nostro futuro, bisogna che riprendiamo la situazione nelle nostre mani, che riprendiamo coscienza che la politica siamo noi.
Dall’assistenza sanitaria, sinceramente, Dio ce ne scampi e liberi, a meno che non si tratti di vita o di morte. E se siamo felici e sereni e mangiamo nel modo giusto ti assicuro che la morte arriva tardi e le malattie molto molto raramente.
Dici che i cambiamenti, il benessere (quale benessere??!) sono arrivati in altro modo, come?
@marjanne e rossella: è esattamente quello che volevo dire :-)
@claudia: Quando parlo di donne che hanno il marito che porta a casa i soldi non uso un tono ambiguo, semplicemente faccio notare la differenza. Il che non significa giudicare, o criticare (soprattutto se, come la tua, è stata una scelta “forzata”). Ci mancherebbe.
Ognuno è giusto segua la sua strada e faccia le sue scelte (quando può). Però deve anche cercare di mettersi nei panni degli altri, di chi invece per scelta o necessità lavora tanto, e in più si deve occupare di tutto il resto. Allora l’orto, la vita bucolica diventano un surplus di lavoro che non sempre si può sostenere.
Sono critica invece nei confronti di chi non considera un valore l’indipendenza economica delle donne. Ma è una mia formazione mentale, non certo un diktat assoluto.
Molto interessante questa discussione!… Sicuramente si può dividere la decrescita in due gruppi: quella forzata sicuramente in primis non gradita (perché mancano i soldi) e quella consapevole (decrescita come nuova forma mentis). Ma sempre vale la frase: “non tutti i mali vengono per nuocere”.
Sicuramente ci serve un fortissimo spostamento delle priorità: solo un esempio: i figli… per molti ancora vuol dire proteggerli “allo spasimo”… iperprotezione nella salute (tanto da rovinarla) – impedire che crescano in gruppi misti un pò selvaggi (per farsi le ossa) -comprargli la macchina appena presa la patente, l’appartamento, etc, etc.
Qui decrescita potrebbe essere: no TV, giochi veri, vacanze a piedi (trekking), libri anziché video-demenze, scuola libertaria, …e mandarli all’estero a 18-19 anni!(sperando che tornino poi per salvare questo paese che ha tutte le potenzialità per essere un paradiso) :-))
@Graziella: “di chi invece lavora tanto….”. Vedi che ci risiamo? Infatti. Cercare una casa nuova, un medico, un dentista, un pediatra, il pane migliore, la carne buona, cercare di far sí che tua figlia si inserisca in una scuola diversa ogni tre anni e cambi vita senza possibilmente farsi la pipí addosso, tirar su figli da sola, prendersi magari anche un poco cura del marito e ascoltarlo quando proprio non ce la fa piú con tutta la burocrazia infinita ed i visti, discutere (in una lingua diversa dalla tua, che mica c´é l´interprete) con impiegati e funzionari che ti guardan con occhi sbarrati, perché in ogni paese che vai ci son regole diverse (penso solo alle vaccinazioni e mi vien male). Oltre a reinventarsi una vita e una rete di relazioni pesonali e familiari. E la nostalgia nostalgia canaglia, come cantava il saggio, di genitori e familiari e amici e patria. Se penso a quando stavo in Italia e lavoravo 20 ore al giorno sempre nella mia cittadina…beh, ti diró: io allora ero in vacanza, orto o non orto.
@Sabine: qui sfondi una porta spalancata: pensa che stavamo discutendo proprio in questi giorni se togliere anna dalla scuola tedesca e metterla in quella pubblica…(qui sarebbe proprio un grande passo, visto che le classi sono anche di 40 bambini, pistole e armi comprese…). La scuola materna di Anna a Trento era uno spettacolo, da questo punto di vista: cinesi, kossovari, pakistani, trentini, veneti, sardi, russi, figli di disoccupati e di avvocati e dottori, e imbianchini tutti assieme. Religioni diverse, culture diverse, mentalitá diverse. Di destra, di sinistra, di sopra e di sotto. E se ci son bambini difficili, magari maleducati, magari che ti prendono in giro…come dice la mia amica Cristina: “This is life, baby…” :-)
@Sabine: forse non ho capito cosa significa “scuola libertaria”…
No, izn io all’assisstenza sanitaria ci penso un bel po’ prima di dire dio me ne scampi. Penso ai miei nonni salvati e aiutati dall’assistenza sanitaria più volte prima dell’ictus fatale, penso a mia mamma e a suo marito salvato dai centri cardiologici specializzati da una patologia ereditaria, penso alle mie tre operazioni di cui una d’urgenza, gratuite, penso all’assistenza domiciliare già tanto penalizzata ma ancora importante per tanti. Penso a Gino Strada che racconta in Pappagalli verdi come in Perù un’appendicite sia a pagamento in tempo DI PACE e come un vecchietto supplichi i figli di lasciarlo morire con l’intestino perforato piuttosto che mandare all’aria il bilancio di una famiglia con cinque bambini. Penso ai pap test di massa gratuiti fino a pochi anni fa, e oggi per fortuna ancora possibili e a tante altre cose. Penso alla pillola anticoncezionale gratuita e francamente piuttosto che diciassette aborti per donna più 13 figli come succedeva nelle nostre campagne w gli ormoni e non mi parlate di diaframma e simili pirlate, un giocattolo erotico per chi ci si diverte più che un mezzo per una sessualità felice. E sì, penso anche all’ivg, pure se credo che una bella prevenzione nelle scuole sarebbe molto meglio. Penso semplicemente alla possibilità che c’era di detrarre gli occhiali dalle tasse o anche di averli gratuiti. Penso alla medicina del lavoro. La medicina non è solo farmaceutica e nemmeno solo dieta. Penso alle fisioterapie che ho fatto gratuitamente e che ora non so se potrei ancora fare. Alle protesi. Alle analisi. Al parto (anche dolce) gratuito nelle strutture pubbliche. Questo è per me il primo passo del benessere. Un grosso grossissimo passo. E’ il fatto di avere goduto per alcuni decenni e in parte godere ancora di cose del genere che oggi ci pemette di decidere di rinunciare che ne so, al lavoro che odiamo. Se sapessimo di dovercele pagare, o di dover pagare molto ma molto di più per l’istruzione, ad esempio – e un domani potrebbe accadere, data la politica di demolizione dei servizi pubblici – altro che sogni di decrescita e baratto e serate con la vicina. Sarebbe la miseria, non la decrescita, per chi vive di salario e non è evasore nè in altro modo criminale. Passare le serate coi vicini, o con persone che si sentono vicine, va benissimo, ma non basta, non può bastare tornare al villaggio per tutta la vita. Diventa claustrofobico. Diventa ritorno all’ignoranza. Detto da chi nell’altro villaggio, quello turistico, non ci ha mai messo piede, alle Maldive nemmeno e neppure a New York, per dire. E non per mere questioni di budget, non sono state, queste scelte, scelte di “decrescita” forzata per questioni economiche, Sabine. Ma che una volta andava d’estate che so, in Turchia dormendo dove capitava e adesso non può. Che vive d’inverno infagottata in dieci maglioni dalla nascita e che se non potesse permettersi di scaldare casa passerebbe quattro mesi rabbrividendo e ammalandosi perché l’hanno fatta così, freddolosa e rivendica pure il diritto di esserlo senza doversi sentire dire che basta coprirsi un po’, da chi ha una termoregolazione diversa, o semplicemente può passare il tempo facendo anche attività che scaldano. Insomma si tratta di chi viveva, per scelta, già facendo il lavoro più congeniale che avesse potuto permettersi di trovare in un paese familista e senza mobilità sociale come l’Italia, in uno stile che non si era mai ingozzato, diciamo.., non si parla del lusso e dello spreco sfrenato, quello vero dei nostri predicatori di sobrietà, ma nemmeno di cene al ristorante bio né non bio, aperitivi feste tv al plasma (o semplicemente tv), cellulari apple perché 400 euro per un telefono…, suv o macchina per ogni spostamento anziché tessera dell’autobus e treno, chi non è andato nei supermercati per scelta, magari da sempre perché in primis la roba che c’è dentro è una porcheria, da Liberati non ci si avvicina perché è lo stesso un eccesso, ma avrebbe voluto conservare altrettanto per scelta, una serie di consumi diciamo in senso lato “culturali” o anche sportivi (non il costoso sci, ma le passeggiate in montagna…) che ora sono preclusi, perché il denaro che c’è non se ne va per pagare un po’ di più il pomodoro biologico, ma proprio per le spese primarie di sopravvivenza e certe competenze non permettono il baratto… penso a famiglie con più figli… penso a chi in campagna non ci può tornare né restare, perché semplicemente il lavoro non lo trova, ma si deve sobbarcare ore di pendolarismo, quello rigido di chi timbra il cartellino al minuto, e di fatica quotidiana. Penso a chi già oggi abita nell’hinterland delle grandi città e si alza a orari di contadini non per mungere le vacche, per arrivare in ufficio in tempo, ma alternative non ne ha.
Le mamme greche, dato lo stato di quel paese, non avrebbero probabilmente nemmeno potuto permettersi di pagare un cetriolo a un contadino, altro che azionare una gelatiera. Continuare a esaltare la decrescita, per essere una cosa seria, deve accompagnarsi anche alla consapevolezza a alla definizione di un livello di guardia della dignità, della cultura (quella cosa che permette ad esempio di essere consapevoli) e anche del godimento della vita che non può e non deve essere abbandonato. Perché alla fin fine sono queste le cose che allungano la vita…
http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/7952/
@Camilla: mi rendo conto che uscire dallo stato di fintissima grazia nel quale siamo stati tenuti per tanto tempo non è affatto semplice. Sono felice che tu abbia avuto esperienze positive con la sanità italiana, ti assicuro che le mie sono state da film dell’orrore, ogni singola volta. Non credo assolutamente in una medicina che si concentra sul sintomo o sul singolo organo, ma in un sano sincretismo che unisca ciò che di buono c’è in ogni metodo per curare.
Ovviamente ammiro molto la chirurgia, e sono convinta che siamo ancora a livelli preistorici rispetto a quelli che raggiungeremo presto, ma, perdonami, se dovessi per qualche motivo finire sotto i ferri eviterei l’Italia, troppi errori, troppe assurdità, troppa prosopopea, non voglio neanche ricordare i millemila episodi dei quali siamo spettatori continuamente, desolatamente.
Ma facciamo finta che esistano isole felici, realtà nelle quali si può essere curati con successo e soddisfazione: anche in questo caso piangersi addosso perché ci stanno togliendo il diritto di usufruirne a cosa servirebbe? Forse faremmo prima a cercare di non ammalarci vivendo in modo sano e felice, o rimboccarci le maniche e cominciare a creare noi la politica e i politici che vogliamo, invece di eleggere dei pupazzi da circo.
Non so se tu ti sia resa conto di avermi annoverato tra persone che stanno per diventare claustrofobiche e ignoranti, ma ti assicuro che non sono le serate con la vicina e la decrescita a renderti tale, e posso dire di esserne un fiero esempio.
Quali sono quelle che definisci le spese primarie di sopravvivenza? Per me il cibo sano ne è la parte primaria.
Quando parli di non avere alternative, mi dispiace, ma non ci credo. L’alternativa c’è sempre. Se fosse vero quello che dici ti assicuro che io non sarei qui.
E le mamme greche non dovevano azionare nessuna gelatiera, il gelato si fa benissimo con un frigorifero con il freezer, pure un po’ scassato. Il cetriolo invece se lo sarebbero potuto permettere, perché me lo posso permettere persino io che in questo momento non ho carta di credito, ho svariati debiti e ho tipo tre euro fino a lunedì (spero). Perché il cetriolo lo vado a chiedere al contadino che conosco e che abita a dieci minuti da casa mia. In campagna funziona così, ci si aiuta tra stracciati (espressione napoletana).
Io continuo a esaltare la decrescita, sì, e, sì, la accompagno alla consapevolezza, alla dignità, alla cultura e al godimento della vita. Non vedo dove sia il contrasto.
@Camilla: chiedo scusa, di solito non mi intrometto più di tanto, ma non riesco proprio a capire il tuo punto di vista.
A parte evidenziare la criticità del momento e lanciare l’allarme riguardo la ormai più che probabile perdita dello stile di vita che abbiamo avuto fino ad ora, cosa stai cercando di dire?
Purtroppo la crisi è reale (anche se non equamente distribuita) e quale che sia la causa, appare chiaro che l’onda dello tsunami arriverà, prima o poi, sulla porta di casa. Quindi?
Oggi ho parlato a lungo con i miei vicini di un’infanzia contadina povera, senza diritti, fatta di dodicenni mandati dalla famiglia a pascere le pecore lontani da casa, con un chilo di pane al giorno come unico sostentamento, tutto per aiutare la sopravvivenza della famiglia.
E non parliamo di medioevo, ma di 60 anni fa, in puglia.
Le cose sono cambiate molto e molto velocemente.
Ma nessuno ci ha mai dato garanzie che la strada fosse a senso unico.
Se, nostro malgrado, si tornasse indietro, a cosa servirebbe gridare che non è giusto?
A tutti noi piace premere un interruttore e accendere la luce, ma teniamo una candela in un cassetto pronta, nel caso in cui mancasse la luce.
Il mio concetto di decrescita, è anche imparare a premere l’interruttore senza dare per scontato che la luce si accenderà per forza, solo perché finora è stato così.
Capisco la frustrazione, ma temo che il titanic abbia la rotta segnata e l’unica possibilità rimasta sia, per la prima come per la terza classe, di aggrapparsi a qualcosa che galleggia.
Lamentarsi di non poter fare l’ultimo ballo, o anche solo di non poter più ascoltare la musica dal ponte più basso, serve solo a farci perdere tempo prezioso.
Io, per quanto mi riguarda, ascolto con sempre maggiore interesse le storie di chi ha già vissuto tempi simili, e immagino che diventeranno informazioni molto più utili dei racconti delle vacanze dei miei amici che ancora ne fanno.
Ché le vacanze sono un’invenzione relativamente moderna, e prima la gente viaggiava per fame, per fuggire da qualcosa, o nella speranza di una vita migliore.
@ Claudia. Non riesco a capire perchè ti arrabbi. Conosco ora la tua storia, non sapevo neppure che non lavorassi, non mi rivolgevo a te. Ma se vuoi, lo faccio. Pensa se tutte le cose che fai ( e che facciamo, quotidianamente, in Italia, io ho fatto tre traslochi in un anno e mezzo, passando da due case in subaffitoo, con tre gatti e un cane piccolo, cambiando tre città, tre indiurizzi, sola perchè appena separata e sempre lavorando) dovessi svolgerle “oltre” il tuo lavoro, e ci sono donne che lo fanno (una mia amica, nella tua situazione, con marito che ogni due anni cambia stato e un bimbo piccolo, come si “accasa” cerca una scuola in cui insegnare. Continua a dire che altrimenti non ce la farebbe). Tu hai fatto la tua scelta, goditela. Lo farei anch’io, al tuo posto. E con molto piacere. Perchè viaggiare, cambiare casa, esplorare, aiutare una bimba ad affrontare culture diverse, conoscere posti e persone nuovi, al di là della fatica e delle difficoltà quotidiane, che tutti abbiamo, penso sia molto arricchente. Nostalgia? Lasciatela alle spalle, hai un uomo che ami al fianco, una bella bimba, e una sfida quotidiana davanti. Che bello! E perchè non pensare che sì, sei stata più fortunata di altri? Mica siamo nati per soffrire (almeno spero). Che si, sei stata più brava e coraggiosa, a scegliere per amore, di tante che invece l’amore se lo fanno scappare per paura di affrontare situazioni rischiose ( e ne conosco tante!). Il mio concetto di donna “che si fa mantenere” è altro, ma non mi sembra questo il luogo giusto per parlarne.
@ Zac Mi dispiace, ma io capisco Camilla. E non credo che le due posizioni, però, siano in antitesi. Non si tratta di lamentarsi, ma di lottare, per avere entrambe le situazioni di vita: l’assistenza sanitaria pubblica ( qui da noi, in Lombardia, se escludi ahimè l’ASSl di Pavia, funziona benissimo, anche a livello di prevenzione, ma la stanno smantellando a poco a poco) e un modo di vivere sano. Perchè dobbiamo tornare indietro? I nostri nonni, i nostri genitori hanno lottato per farci avere una vita migliore, perchè dobbiamo rinunciare? Quest’anno non mi posso permettere le vacanze (per quanto le mie non costassero tanto) e, se devo essere onesta, sono furibonda: lavoro come un mulo 340 giorni l’anno, ho voglia di riposarmi e divertirmi. “Staccare” dalla quotidianità mi serve per recuperare le energie necessarie ad affrontare un anno di lavoro. Un tempo la società era diversa, aveva ritmi più lenti, la natura era diversa: mia mamma per rinfrescarsi si buttava nel Ticino, ora non si può più, non è balneabile, minimo ti pigli la salmonella. La sera ti godevi la frescura della campagna senza problemi, ora dopo le 20 ci blindiamo in casa per non essere divorati da zanzare che non danno tregua, moltiplicatesi in modo abnorme per svariate ragioni. Cambiare ambiente, per chi vive qui, seppur in campagna, serve alla salute. Non si può fare? Ok. Ma io non mi rassegno, mi dispiace.
Quando si parla di decrescita vedo sempre le stesse reazioni, come se la decrescita fosse sinonimo di ruralismo e ritorno alla zappa (a parte il fatto che ormai abbiamo imparato che non c’è più bisogno di arare l’orto :))
Forse è ora di cambiargli il nome con “sviluppo diversamente attuabile”.
Capisco entrambe i punti di vista che in realtà non sono così distanti.
Non disdegno la sanità pubblica assolutamente, perchè il principio di curare tutti indifferentemente dal reddito è sacrosanto nonostante abbia esperienza di errori umani costati la pelle a persone a me molto care.
Sul fatto che la politica ci stia mettendo a pecora, e questa non è decrescita, è incompetenza e presa per i fondelli.
Il cittadino può decidere di essere spettatore passivo o può decidere di far qualcosa.
Forse non è vero che non c’è possibilità di scelta, in fondo una scelta c’è sempre ma questo non significa che sia facile, anzi.
Mi è venuta in mente una chiaccherata con un rifugiato politico (donna!) dell’ Eritrea che dopo aver disertato (faceva servizio militare in guerra!!) ha attraversato per una settimana il deserto prima di imbarcarsi e scappare da una realtà che ha deciso di non accettare e come lei, tanti hanno sfidato la morte. Poteva decidere di restare a “servire il suo paese”, aveva pure la macchina, non era una “poveraccia”.
Questo non significa che dobbiamo partire tutti, però sono dell’idea che ognuno ci può mettere il suo per cambiare le cose, smettendola di essere spettatore passivo.
E non è obbligatorio andare a vivere in campagna, a volte basta anche solo reimpostare la scala di valori. Questo è per me è decrescita felice.
In fondo penso che non importi come lo chiamiamo: decrescita, crescita consapevole, cambio dei valori e delle priorità… sicuro è che siamo sulla stessa barca (zac spero proprio che non sia il Titanic): chiamata terra.
Non conviene discutere sulle definizioni… perdiamo tempo ed energia. Provate per esempio a guardare in faccia la gente in strada, nei supermercati, ad uno sportello; è difficilissimo che vi rispondano ad “occhi aperti”; ho notato che lo fanno gli ambulanti in strada, gli stranieri che ci chiedono i soldi. Da parte mia sono partita anni fa da questo piccolo esercizio e molto si è messo in moto. E poi ci sono infiniti modi di cambiare consapevolmente (e brava izn – qui sei campionessa) e credo che la creatività non ci manchi. Vedo tante iniziative meritevoli, gruppi che agiscono concretamente..in molti si svegliano dal letargo e lasciano la spazzatura dei mass-media.
@claudia: senz’altro sai che esiste anche in italia l’educazione parentale; questa dà i presupposti legali per educare i figli come meglio si pensa.
Da tempo esistono poi le cosidette scuole democratiche che in italia si chiamano invece scuole di educazione libertaria (hanno scelto questo nome forse più neutro… democratico è un termine troppo inflazionato).
Trovo giusto che ci siano modelli che cercano nuove strade. L’attuale sistema è completamente da riformare. Vedo tantissimi bambini che somatizzano pesantemente lo stress scolastico.
Il dramma è che finiscono la scuola e non vogliono più aprire un libro o studiare per conto proprio… e diventano il “consumatore perfetto” – sic.
@Graziella: peccato che questo mezzo, cosí potente e fantastico, renda spesso la comunicazione problematica, mancando totalmente la possibilitá di sentire il tono di voce o tutti quei piccoli ma importanti gesti che passano sotto il nome di “comunicazione non verbale”. Se mi vedessi, spaparanzata sul divano, avvolta in una coperta calda (qui é inverno, e le case non hanno il riscaldamento, soldi o non soldi non importa) e sorseggiante una fantastica tisana alla rosa, ibisco e liquirizia, potresti avere la conferma che sono tutto tranne arrabbiata. Rilassata e pure con internet, da un paio di giorni, visto che qui c´é e non c´é (e quando c´é i byte li paghi, uno per uno, mica come in Italia….;-)). Proprio per questo ho deciso di risponderti, ieri. Non preoccuparti, che la vita me la godo ogni microsecondo. Quello che volevo semplicemente dire é che non trovo inerente ai discorsi che facciamo ficcar sempre dentro sta storia delle donne che hanno il marito che le mantiene. Punto. Nulla di personale, infatti, anche perché io non mi sento affatto mantenuta da mio marito. Lui porterá anche a casa i soldi, ma il lavoro di cura (e non solo, visto che qualche lavoretto me lo son giá trovata anche qui) e non solo che faccio io vale mooolto di piú di quello che porta a casa lui. Credimi, che son brava….;-))
Piuttosto che sottolineare quello che alcune hanno la fortuna di avere, metterei semmai in luce che ci son donne, come te, che fan tutto da sole, senza aiuti economici di mariti o affini.E che questo rende la loro lotta nel quotidiano ancora piú difficile e coraggiosa, semmai.
Ma son scelte anche queste, e quando si fa una scelta, ho imparato, é inutile lamentarsene. La tua amica, per esempio, ha *scelto* di rimanere in Italia, pur se questo ha avuto come conseguenza accettare il precariato sia suo che di suo marito. Peró, evidentemente, qualcuno che le tiene il piccolo lo trova. Noi, invece, abbiamo scelto di avere *almeno* uno dei due col lavoro dei suoi sogni, e pure sicuro. In Italia, forse, puoi premurarti di trovarti il lavoro prima di traslocare e cambiare cittá, qui no. Fortunata la tua amica che riesce a trovare una scuola in ogni cittá in cui si trasferisce: io ho amiche precarie da vent´anni che non sanno in agosto se insegneranno in settembre (e dove)!!! E altre, come me, che non possono accettare lavori perché non sanno dove lasciare i loro figli, visto i costi proibitivi dei nidi (o la completa assenza di nonni e affini o strutture che aiutino i genitori, nel mio caso).
Tranquilla, non mi lamento se non ho internet, se i postini qui scioperano da 5 mesi e non ricevo nessun pacchetto o lettera dai miei e sto aspettando ancora l´uovo di pasqua della piccola o se non posso uscire la sera dopo le 18 o mai a piedi anche di giorno. O se fai un incidente e non puoi pagare l´ospedale (altro che tiket, qui ti lascian fuori e chi si é visto si é visto, vivo o morto che sia!).
Perché? Perché ho *scelto*! Come molti italiani hanno scelto di restare. Come la donna somala ha scelto di andarsene camminando per giorni nel deserto. Indipendentemente dal fatto che io sia bianca o nera, cattolica o ebrea, sposata o single, che io mi faccia mantenere da mio marito o meno.
Forse non parlavi di me, ma io rientro nella “categoria”, quindi automaticamente mi son sentita chiamata in causa. E non sono l´unica, ti diró, che l´ha letta come l´ho letta io. Solo che io ti ho scritto quello che mi ha smosso la tua frase, le mie amiche no. Ecco, solo questo. Molto serenamente, proprio perché non ha niente a che vedere con gli argomenti di cui si sta discutendo, credo. Sorriso.
@Sabine: grazie dei link! Sí, ne sono a conoscenza, ma ne so poco (peró seguo spesso un blog di una famiglia altoatesina che educa in casa i propri figli, e trovo un sacco di spunti!). Io e mio marito abbiamo deciso che nostra figlia, se possibile, frequenti le scuole pubbliche. Perché vediamo la scuola come una “societá in miniatura”, e non solo un posto dove i bambini imparano a leggere e a scrivere. Altrimenti, con una madre laureata in lettere ed un padre in fisica, avremmo giá lo spettro quasi completo delle materie della scuola dell´obbligo eh eh.
il nostro desiderio é quello che nostra figlia impari a vivere nella societá. Impari a relazionarsi e rapportarsi con gli altri senza la nostra presenza costante. Impari che i bambini sono diversi, che hanno genitori con idee diverse e modi di vita diversi. Che ci son quelli che stanno davanti alla tv tutto il giorno e quelli senza, come lei. Che ci son quelli che mangian “schifezze” e quelli col papá chef (a cui io posso carpire i segreti! ;-)). E darle modo cosí di confrontare le scelte che noi facciamo nella nostra famiglia, magari spiegandogliele. Avrá maestre fantastiche, o cosí cosí, o tremende che la segneranno a vita (come quelle di matematica della Lucangeli, santasubito ;-)). Volevamo metterla nella Waldorf, in Germania. Ma, a parte il costo troppo elevato per il nostro reddito (anche questo va sottolineato), abbiamo preferito una scuola pubblica, proprio per la concreta possibilitá di confrontarsi col diverso (nella waldorf tutti i genitori la pensavano allo stesso modo: come noi! ;-)). Rispetto per tutte le altre scelte, comunque. E grazie.
@Sabine: lo so che non conviene discutere sulle definizioni, però a me sembra che il termine decrescita molti faticano a mandarlo giù percependolo come qualcosa di negativo, nonostante il “felice” che segue subito dopo. Una sorta di ossimoro incomprensibile.
Per questo ho detto, forse meglio chiamarlo in altro modo, così almeno il senso del messaggio arriva diretto e non ci si perde in equivoci.
@Claudia: Credo vi sia una incomprensione di fondo, e questa sarà l’ultima volta che parlo di questo, visto che, come dici, non è inerente “ficcar sempre dentro sta storia delle donne che si fanno mantenere dai mariti”. Se l’ho scritto, è perché lo trovavo inerente. Quando decrescita significa spendere molto tempo per le incombenze quotidiane significa toglierlo o al lavoro o al divertimento. Accomunavo le donne che non obblighi lavorativi ai pensionati, pensi che disprezzi i pensionati? O che disprezzi mia nonna, che faceva i tortellini in casa, paste sfoglia come non ne ho mai più mangiate e mi regalava momenti meravigliosi da lei quando i miei lavoravano e la baby sitter non mi poteva tenere? No. Ma io non voglio fare quella vita lì e se la decrescita significa andare in quella direzione non mi sta bene.
La differenza, quando lavori, e allora aggiungiamo sotto a un capo così non ci sono fraintendimenti, e che il tuo tempo e “ostaggio” (e lo dico in termini positivi, preferisco dipendere da lui che dai fornelli, ma ognuno e fatto a modo suo) suo. Pernotto, nove ore. Poi devi comunque pensare avtutto il resto, e nelle ore poche ore libere preferisco non fare il pane ma comprarlo. Così come voglio continuare a poter andare in ospedale gratuitamente. Per questo riflettevo in questo modo, e, ti dirò, mi ritengo fortunata avere questa mentalità perché mi piace molto vivere così, difficoltà a parte.
Se però, come tu dici, urto la vostra sensibilità, poiché è l’ultima cosa che voglio, vi leggerò senza più intervenire.
@Sabine: Sono d’accordo, e anch’io non voglio pensare che siamo sul Titanic, ma solo su una nave in un mare mooolto agitato.
Condivido ogni parola di quello che ha scritto Zac (soprattutto il tempo sprecato a lamentarsi che non si puó piú ballare). Secondo me non siamo sul Titanic. A me sembra una cosa del tipo: l´umnitá ha sempre vissuto in un certo modo, piú o meno, fino al secondo dopoguerra. Poi, qualcuno ha urlato: “ok, amici, tutti sulla giostra!”. Di quelle che girano coi seggiolini appesi alle catene, che da piccola da noi si chiamava calcinculo. Eh, andare in giostra era bello. Era emozionante. E pure divertente. Ma adesso il giro di giostra é finito, e bisogna ridiscendere coi piedi per terra. Io credo che nessuno, qui dentro, predichi per la sanitá privatizzata, per esempio. Ma quando vedo che la maggior parte della gente esce dal medico con la prescrizione per 5 farmaci, solo per curare un po´ di febbre e il raffreddore del bambino, ecco, mi vien da pensare che siamo un paese che butta via i soldi. Non dico che si debba tornare a morire di pellagra, chiaro. Ma pensare sí. Noi abbiamo UN rimedio omeopatico a testa. Punto (ed ho anche fortuna che il mio e quello di mia figlia sono uguali ;-)). E che nessuno mi venga a dire che son fortunata perché non mi ammalo, che vengo su a piedi a fargli l´elenco di quello che ho avuto. Certo, il cambiamento dello stile di vita e la scelta di spendere piú soldi in cibo sano, invece che in farmaci, riduce il rischio. Anche a costo di licenziarsi e emigrare.
Quello che manca, secondo me, e credo Izn sará d´accordo, é il concetto di SOCIETÁ, o comunitá, o gruppo di persone che si aiutano reciprocamente (chiamatelo come volete). Negli ultimi anni mi sa che sembra normale avere delle pretese assurde, che mai nella storia dell´umanitá si son sognati di avere. Pensiamo solo alla casa, che é un argomento che tocca tutti: in Europa tutta, fino a 60 anni fa, le famiglie abitavano quasi sempre coi nonni, zii e anche coi fratelli o le sorelle non sposate. Ma chi poteva permettersi di vivere da soli? Giusto le famiglie con figli, la moglie a casa che si occupava di tutto per risparmiare (cucito, cucina, orto o non orto) ed il marito al lavoro (o viceversa, eh, che non son discorsi di genere, qui).
E sai che meraviglia, per le donne di casa, passare il tempo tra i loro 6 o 7 figli e il nonno magari a letto? Ecco. Io non rimpiango quei tempi, ma una via di mezzo dovrá esserci, mi spiace per chi lo vede come un incubo. Mi sembra sempre piú spesso che la gente, in Italia, sia come un bambino che batte i piedi quando la mamma gli dice che no, non puó mangiare venti caramelle in un giorno.
Cosa si puó salvare, di buono, del passato? Credo che lentamente ci stiamo avvicinando alla soluzione, che – a mio modesto parere – é quella non tanto di una drastica limitazione dei consumi, ma di un lento ma inarrestabile ritorno ad una vita di comunitá. Io, qui, la sto vivendo, anche se in modo lieve, ed é bellissimo. Dá un senso di sicurezza e di protezione come mai avevo provato. Certo, come dice Graziella, c´é chi non ha “mercedi scambio” cosí evidente come un panettiere. Ma tutti abbiamo qualcosa. Siamo andati al bar, due settimane fa, di domenica mattina. E abbiamo íncontrato una famiglia con una bimba amica della nostra. Ci siamo messe d´accordo e l´abbiamo semplicemente portata a casa con noi. Cosí la madreha potuto tirare il fiato, per un pomeriggio. E ieri la mamma ha chiamato e mi ha detto che voleva portare mia figlia al parco con la sua, per ricambiare il favore (certo, devo chiudere un occhio su quello che hanno mangiato e bevuto, ma non é che mia figlia muore per un´eccezione alla regola). O la vicina con l´orto: lei mi dá gli spinaci e io invito a cena uno o due dei suoi 4 bambini, cosí io ho la verdura fresca e lei due bocce in meno da sfamare, almeno per una sera. O la mia amica Sandra, che in cambio di qualche lezione di italiano mi ha dato il suo fornelletto elettrico che tanto era in cantina, che noi altrimenti saremmo dovuti andare a comperarcelo nuovo. Piccole cose, ecco. Ma é solo l´inizio, credo. Io sono fiduciosa e ottimista, come sempre. In ogni momento di passaggio, all´inizio, si sta male, perché il cambiamento fa paura e scombussola. Credo che il ritorno ad una societá, ormai, sia inevitabile.Ma non una societá virtuale, come qui, noi. No. Questo lo vedo come una “prova generale”, semmai. O come uno strumento per velocizzare le comunicazioni. Poi ci si dovrá guardare finalmente negli occhi (come dice Sabine), vincere paura e vergogna e rimboccarsi le maniche. E sará bellissimo.