Ma quanto mi piace l’estate? Lo so, sono temperature boccheggianti, qui in casa ci sono tipo 30 gradi alle nove di sera, ma io amo, amo e stra-amo quest’atmosfera cicalosa, lenta e silente, caldo e caldissimo compresi. In un’altra vita dovevo essere un cactus. Mi si taccia averne anche altre caratteristiche -_-
panzanella tuscan way
Qui in campagna poi è uno spettacolo. Tutti cenano all’esterno delle case, chi in giardino, chi sulla terrazza, chi sul balcone, prendono il fresco e illuminano le tavole spargendo candele qua e là, ed è bellissimo osservarli senza farmi notare (sìììììììì!!! Sono una stalkeeeeer!!) e respirare quell’aria di serenità che hanno, condividerla con loro segretamente; in questi momenti mi sembra che la crisi non esista, o meglio che non possa toccarci. Sono quei minuti magici in cui riesci a calarti completamente nel presente, che è il tempo durante il quale le preoccupazioni, che appartengono al futuro, non esistono.
L’altro giorno zac cercava con molta difficoltà (è proprio il mio eroe) di farmi entrare in testa il concetto di quarta dimensione, e dopo aver fatto otto barra nove esempi finalmente ne ha trovato uno che il mio neurone è riuscito ad afferrare (e ancora non gli è sfuggito!). Mi ha detto di immaginare di vedere tutto il percorso di un treno dall’alto: il punto di partenza era il passato, il centro il presente e l’ultima parte il futuro. Ecco, la quarta dimensione è quella dalla quale vedi il tempo in tutta la sua estensione. Non so come, all’improvviso sono stata permeata dalla comprensione che preoccuparsi è una perdita di tempo. Meglio dedicarsi, che so, all’orto sul balcone. Non so se mi sono capìta.

Vabbeh, la faccio basta con l’elegìa dell’estate, anche perché se no qualcuno di voi mi fulmina, che su facebook leggo status di gente che si sente soffocare poverina! Ma io che ci posso fare, mi sento rinascere!! Per fare ammenda vi racconto di un piatto del quale è assurdo che non vi abbia mai parlato. Ma mai tanto assurdo quanto il fatto che, ehm, non l’avevo mai preparato. Non così, almeno. È uno dei piatti più freschi e gustosi che esistano al mondo, ed è preparato con ingredienti alla portata di chiunque, proprio vero che la cucina povera è la più buona di tutte.

Qui a Roma se ho capito bene la panzanella è fatta solo con pane, acqua, olio e sale, e per un romano, come potete leggere qui su Dissapore, è una sorpresa che ne esistano altre versioni! Zac mi ha sempre detto che la panzanella della sua infanzia era fatta con pane raffermo bagnato con l’acqua dei pomodori, un po’ d’olio e sale e basta.
Invece la panzanella toscana, quella vera (ovviamente essendo una ricetta tradizionale ce ne sono cento versioni), prevede pane casareccio raffermo bagnato in acqua (o secondo me ancora meglio nell’acqua dei pomodori), pomodori maturi a pezzi, tanto basilico, cipolla rossa, sale, aceto e una generosa percentuale di olio extravergine serio (e felice!). Pare che originariamente, quando i pomodori ancora non erano arrivati in Italia, si usassero i cetrioli. Io per non sbagliare ce li ho messi lo stesso, ché non si sa mai.
Naturalmente non potevo fare la panzanella senza dare prima uno sguardo da Giulia, eh. Lei essendo toscana doc da bambina la panzanella la mangiava a colazione (non scherzo!); lei i cetrioli non ce li mette e la cipolla (di Certaldo) la mette prima in acqua fredda, tagliata a fettine molto sottili, per toglierle il pizzicore. E guardate invece come vede questo piatto la blogosfera non italiana! Divertente no? Con i crostini di pane tostati e l’aceto balsamico. O addirittura con la ricotta, con i capperi e i peperoni. Nei miei giri strani ne ho trovata anche un’altra, mooolto particolare, che vi devo assolutamente far vedere. Presto su questi schermi 3:-)
Poi l’ho fatta un po’ a modo mio, ma sono sicura che comunque la prepariate sarà strepitosa. È un piatto fresco, meraviglioso e assolutamente geniale. E poi mica lo volete buttare il pane secco fatto in casa noooo? :-)

Ingredienti:
quattro fette di pane fatto in casa, raffermo
una cipolla (preferibilmente di Tropea)
quattro o cinque pomodori belli maturi
due gambi di sedano
un cetriolo
sale marino integrale
pepe nero in grani
un mazzetto di basilico
olio extravergine d’oliva
aceto di mele quanto basta

Per prima cosa tagliate i pomodori a dadini facendo sgocciolare la loro acqua in una ciotola grande. Mettete il pane a bagno in questo sughetto (se è troppo poca allungatela con un pochino d’acqua) insieme a un po’ di aceto e la cipolle tagliata a fette mooolto sottili (sì lo so queste erano grosse, prendetevela con lo zacco ché le ha tagliate lui, comunque erano buonissime lo stesso).
Lasciate ammorbidire un pochino il pane, intanto affettate il cetriolo (ve lo ricordate, vero, che dovete tagliare le cupolette – prima di sbucciarlo! – e strofinarle sulla parte tagliata per togliere l’amaro?), sfilate i gambi del sedano, tagliate anche questi a fettine, aggiungete i pomodori e il basilico spezzettato con le mani.
Strizzate il composto di pane aceto e cipolla e (termine di zac) sfrangetecelo dentro; aggiungete un generoso giro d’olio e il sale. Lasciate riposare almeno una mezz’oretta in frigo e servite vittoriosamente con una spolverata di pepe appena macinato.