Niente, i post che mi piacciono di più sono sicuramente quelli sull’autoproduzione (“l’autoproduzione è la vera rivoluzione!”). Voglio dire, una soddisfazione assurda avere in dispensa o in frigo vasetti di cose fatte in casa con le proprie mani, e oltretutto avere il polso di quanto costa esattamente quel qualcosa, di quanto tempo richiede, che tipo di materie prime bisogna utilizzare e quali sono gli ingredienti che non è il caso siano lì dentro!
tahini raw
Oltretutto ogni singola volta mi stupisco di quanto sia facile realizzare le cose che sin da piccola sono stata abituata a vedere belle e pronte nel supermercato o al limite dal salumiere (perché noi si andava da Don Mario, poi c’era il portiere di sotto, Don Vincenzo, il portiere di sopra, Don Franco, e un sacco di altri Don). Ad esempio questo tahini. Che mi serviva per fare una ricetta, ma quando ho aperto la porta del frigo mi sono resa conto che il vasetto era tragicamente vicino al vuoto assoluto. Però avevo un vaso molto grande di semi di sesamo, e da lì a fiondarmi sulla rete a cercare un procedimento attendibile per farlo in casa è stato un attimo.
Praticamente in tutte le versioni questi supersemini (pare siano una fonte strepitosa di calcio, Elena ne parlò qualche tempo fa qui) prima vengono tostati, in forno o in padella, e poi frullati con o senza qualche tipo di olio. Solo in un caso ho trovato una ricetta raw, nella quale i semi venivano prima ammollati in acqua e poi asciugati in forno a 40 gradi — pare che in questo modo gli enzimi che contengono siano più facili da digerire, forse per via dei fitati?? Mi devo informare su questa cosa). Comunque era una cosa troppo troppo curiosa per non provarla, non ce l’ho fatta proprio a resistere, le ho fatte tutte e due.

In realtà prima di parlare del procedimento ci sarebbe da considerare tutta una questione complicata tahini bianco/tahini integrale; il primo è impossibile da fare in casa a meno che non riusciate a trovare i semi di sesamo decorticati, che però se ho ben capito sono piuttosto costosi (vedo qui da Tibiona che 500 grammi di semi di sesamo interi *bio* costano 3 euro e mezzo circa, mentre su questo sito decorticati e *non bio* costano tipo 4 euro e mezzo per 100 grammi!!).

Il tahini che trovate in commercio è quasi sempre quello bianco, e ha un sapore un po’ meno amaro e tostato. Mi sono chiesta dal punto di vista della salute quale sia il modo migliore per consumarli, e ho trovato questa pagina molto interessante, sulla quale ho letto che i semi andrebbero macinati al momento e consumati subito perché i loro acidi grassi si denaturano velocemente a contatto con l’aria quando viene rimossa la cuticola. Ne deduco che comprarli decorticati non è una buona idea :-/
Sulla stessa pagina c’è scritto però che sarebbe meglio non tostarli (né scaldarli) affatto, perché gli acidi grassi si denaturano anche con il calore (e chi come me ha fatto la scemenza di conservare la bottiglietta di olio di sesamo fuori dal frigo lo sa molto bene). C’è anche però una tabella che non ho ben capito, dalla quale sembra che i valori nutritivi non cambino molto dal seme come mamma lo ha fatto al tahini già pronto. Voi ci capite qualcosa? Ne parliamos? :-)
Ho trovato anche un articolo (in inglese) troppo divertente su questo sito molto carino che si chiama “culinate” e che si definisce come una community di persone (loro dicono di “mangiatori” :-D) che si chiede “da dove viene il cibo che mangiamo, come è prodotto e cosa significa la frase “siamo ciò che mangiamo” nel ventunesimo secolo” (molto interessante!).
raw tahini
L’autore del post (dal titolo: “Hull-on sesame seeds taste better”) si chiede come definire in inglese i semi di sesamo decorticati, rispetto a quelli integrali (sono problemi, eh!). Di solito vengono sempre definiti “hulled”, ma non si capisce cosa esattamente voglia dire il termine, per cui lui li definisce “hull-on” e “hull-off”. C’è anche una foto nella quale si capisce bene la differenza tra i decorticati e non, che poi è facile perché quelli decorticati sono bianchi traslucidi (tipo – loro scrivono – quelli dei panini di Mac Donald’s), mentre gli altri sono beige. Spiega anche che i giapponesi usano il sesamo hull-on, e, cosa che interessa a noi al momento, conferma che il tahini è fatto con semi “hull-off”. In particolare spiega che i semi di sesamo di solito vengono decorticati immergendoli nella liscivia (!!), oppure con un processo ad acqua, che però non decortica tutti i semi perfettamente.
La differenza sta decisamente nel sapore, che nel caso dei semi decorticati è molto più delicato, mentre nel tahini fatto con i semi interi il gusto è deciso e amarognolo. Ovviamente la tostatura (che va fatta con molta attenzione, perché i semi sono piccolini e bruciano facilmente) migliora molto il sapore; infatti ammetto che tra le due versioni anch’io preferisco quella tostata. Poi ci possono essere vari gradi di tostatura, io andrei più verso il meno, ma sono gusti.

Ingredienti:
200 grammi di semi di sesamo hull-on
1 pizzico di sale marino integrale
1 cucchiaio di olio di semi di sesamo

Per la versione tostata, che personalmente preferisco, accendete il forno a 170°C in modalità ventilata.
Spargete i semi di sesamo su una teglia bassa, tipo quelle per i biscotti, cercando di fare uno strato il più possibile sottile e uniforme, e quando il forno ha raggiunto la temperatura posizionatela sulla griglia al centro. Puntate il cronometro su dieci minuti, ma non allontanatevi dal forno, perché ogni poco dovete tirare fuori la teglia e agitarla un pochino per far sì che i semi si tostino uniformemente. Inutile dirvi che questa fase è importante perché il grado di tostatura influirà moltissimo sul sapore del tahini, quindi teneteci un occhio (l’altro potete riposarlo).
Appena i semi avranno raggiunto un grado di tostatura soddisfacente, tirateli fuori e lasciateli raffreddare. Armatevi poi di un frullatore adatto. Io ho usato il minipimer con quel contenitore che si applica esternamente, ma come vedete dalle foto non sono riuscita a fare una crema liscia liscia, se avete qualcosa di meglio buon per voi. Frullate come se non ci fosse un domani, dovete ottenere una crema il più omogenea possibile. Se vedete che i semi si intestardiscono provate ad aggiungere un cucchiaio (o due) di olio di sesamo o di oliva.
Invasettate e conservate in frigo, la durata non ve la so dire con esattezza, ma se avete usato strumenti puliti e magari sterilizzati dovrebbe durare sicuramente più di un mese.
Se invece volete provare a fare il raw-tahini, lasciate i semi immersi in acqua fredda per quattro o cinque ore, poi scolateli molto bene, lasciateli asciugare un po’ all’aria, e dopo avvolgeteli in uno strofinaccio spesso per una notte. In questo modo al mattino dovreste trovarli belli asciutti; accendete il forno a 40°C (o alla temperatura più bassa che potete impostare) in modalità ventilata, spargeteli su una teglia con i bordi bassissimi, in un solo strato (vedi sopra) e lasciateli lì qualche ora fino a quando non saranno perfettamente asciutti. A questo punto frullate come sopra, e aggiungete olio come sopra. In questo caso credo che il tahini si conservi meno tempo; vi saprò dire tra qualche giorno, i miei sono ancora intonsi.
p.s.: Ehm. Mi sono appena resa conto che ho dato per scontato che tutti voi sapeste cos’è il tahini e come si usa, e questa cosa invece non è scontata per niente :-P Trattasi di crema di sesamo (e questo si era capito) che si può utilizzare sia per accompagnare le verdure, sia sul pane tal quale, sia diluita con un po’ di limone e altre cose buone per fare ad esempio il baba gannouj (in estate!!) o l’hummus, che vi mostrerò presto, o altro tra cui biscotti etc. Lo potete usare anche al posto del burro spalmato sul pane sotto uno strato di marmellata :-)