Devo trovare il modo per non far vedere questo post a Francesca. Non so, potrei insinuare che da questa pagina in particolare per motivi inspiegabili partono virus che infettano solo computer situati in Nuova Zelanda. Voi che dite? Lo trovate credibile?
No, perché dovete sapere che un paio di settimane fa mi è arrivato a casa un certo pacchetto, con un bellissimo bigliettino di auguri per Natale da parte dello Stefano che ben conoscete, in combutta nientepopodimeno con Francesco Maroni della Latteria Branzi (ricordate? Ve ne ho parlato nella rubrica del cacio brado, qui e qui), che si trova appunto a Branzi, vicino Bergamo, e mooolto vicino a casa della nostra Francesca, e a tutte le cose buone che si trovano lì da loro, e che in Nuova Zelanda, come dire, non si trovano facilmente.
Beh una delle cose che ancora non ci hanno tolto dell’Italia è la possibilità di mangiare mooolto bene, se lo si vuole veramente, e la buona cucina a cui siamo abituati non si trova facilmente dappertutto. Voglio dire, adoro provare cose diverse quando non sono in Italia, e non sono assolutamente una di quelle che quando sono in viaggio cercano quei tristissimi ristoranti italiani, ma non se resisterei mesi o anni senza poter mettere le mani, anzi i denti, sulle cose buone che trovo qui.
Nel pacchetto che vi dicevo c’era un piccolo meraviglioso tesoro. Una fettona di un formaggio-esperimento fatto con un’antica ricetta top secret (e del quale esistono solo 40 forme… che onore!), un pezzo gigantesco del loro (di Branzi) burro crudo da zangola di centrifuga, un pacchetto di un affascinante farina di Mais rostrato rosso di Rovetta, proveniente da semi autoctoni bergamaschi molto rari e antichi (conservati addirittura nella banca di semi antichi in Norvegia, lo Svalbard Global Seed Vault – guardate che meraviglia queste foto sul National Geographic – che si trova sottoterra), e dulcis in fundo una bottiglia di Fiurit – anche detto ricotta liquida – del quale non avevo mai sentito parlare in vita mia, ma che mi ha fatto desiderare di andare a vivere molto, ma molto vicino a Branzi (ehm, Franci, non è che hai un paio di posti in più da te, neh? Il lettino per la pulcina lo porto io :-)).
Vi lascio immaginare la mia gioia. Neanche se avessi ricevuto un diamante. Il problema è che il Fiurit aveva una vita di quattro o cinque giorni, e così ho dovuto decidere velocemente cosa fare con tutto quell’incredibile ben di dio. La notte stessa mi è sovvenuto di una ricettina che avevo visto un paio d’anni fa qui da One girl in the kitchen; si trattava di un cornbread preparato con mais e latticello, e ho pensato che il fiurit avrebbe sostituito egregiamente il latte fermentato che sapete.
Nel sonno mi veniva un po’ da ridere sotto i baffi pensando a quanto sarebbe stato blasfemo usare prodotti così tradizionalmente nostri per realizzare una ricetta totalmente estera, e l’idea mi è piaciuta ancora di più, anzi quasi quasi mi alzavo alle tre di notte per mettermi al lavoro.
Sara, sul suo blog, in diretta da San Francisco, racconta che il cornbread è una tipica ricetta da Ringraziamento, anche se si trova tutto l’anno, e che è tipicamente associata agli stati del Sud, dove però viene preparata senza zucchero e senza lievito, per cui viene fuori una specie di pagnotta sbriciolosa, che si mangia con il latte o il latticello.
Questa che vedete invece è la versione Yankee, veramente semplicissima da preparare, con farina di grano (sarei curiosa di sapere come verrebbe con farina di riso o di grano saraceno, per chi ha problemi con il glutine… Andreaaaaa? Che dici tu?).
Il risultato è una torta inaspettatamente morbida e granulosa al tempo stesso, poco dolce e apprezzata addirittura dallo zac, che notoriamente preferisce roba salata (credo che Loretta sia ancora scioccata dalla sua colazione di capodanno, a base di lenticchie avanzate). Pare che in Nordamerica lo mangino a colazione, ancora caldo e spalmato con un po’ di burro. Noi lo abbiamo accompagnato con un bel bicchiere di fiurit, che ci stava come il cacio (Branzi) sui maccheroni. Per me è il dolce perfetto in regime postfestivo, una specie di decompressione verso la dieta supersalutare che seguiremo andando verso la primavera. O no? :-)
Ingredienti:
140 grammi di farina di mais a grana grossa
125 grammi di farina semintegrale 1
100 grammi di burro di centrifuga
80 grammi d zucchero grezzo
2 uova felici (non fredde di frigo)
235 grammi di fiurit (o latticello)
mezzo cucchiaino di bicarbonato
1 pizzico di sale
Preriscaldate il forno a 180°C. Prendete una padella di ghisa o di ferro pesante, di circa 20 centimetri di diametro, e lasciatela scaldare bene nel forno.
Fondete il burro (o se preferite il burro chiarificato) in un pentolino a fuoco molto basso, solo fino a che si scioglie (io lo tolgo dalla fiamma quando ancora c’è un pezzettino di burro semisolido, tanto finisce di sfarsi col calore residuo) e mescolatelo allo zucchero in una ciotola grande di vetro. Aggiungete le uova leggermente sbattute, mescolate bene, poi aggiungete il Fiurit (o il latticello) a temperatura ambiente.
Infine unite le farine mescolate insieme con il sale e il bicarbonato e amalgamate tutto per bene; tirate fuori con attenzione la padella calda, metteteci un cucchiaino di burro (sarebbe molto meglio usare quello chiarificato visto che la padella è bollente), spargendolo bene girando la padella su se stessa o con un pennello adatto, e versateci subito l’impasto, cercando di livellarlo muovendo la padella orizzontalmente.
Lasciate cuocere per 30-40 minuti, sfornate e servite il vostro cornbread tiepido insieme a quello che più vi ispira (se non amate i latticini anche un bicchierone di latte di mandorle, io lo a-do-ro) :-)
La festa del ringraziamento è sicuramente la cosa che più mi piace della cultura americana. Questo riunirsi una volta all’anno per ringraziare di ciò che si è avuto, per condividere ciò che si ha, mi ha sempre profondamente intenerito. Che poi tutto ciò si celebri con una cena, mi piace ancora di più. Da sempre a novembre m’illanguidisco e comincio a desiderare zucche, tacchini farciti, purè di patate e, naturalmente il corn bread. Io lo faccio buono e lo faccio spesso, ma – Sonia mia – questo tuo mi sembra davvero spettacolare! Brava.
Fantastica questa torta, Sonia! anche io – come Zac – non sono troppo attratto dal dolce, e dai dolci. Almeno sin quando… non ne ho uno invitante sotto il naso! Se poi non è troppo dolce, aaaiutooo… la mia bilancia inizia a tremare come un fruscello al vento… ;)
Anyway, per chi avesse bisogno di un motivo in più per avvicinarsi a cotante meraviglie, aprite l’agenda, andate al terzo fine settimana di settembre 2013 e scrivete su “Fiera di San Matteo a Branzi”. Andateci e non ve ne pentirete. Per chi vuole pregustare un programma intenso anche dal punto di vista del sapere (convegni tutt’altro che noiosi, laboratori e stage, mostre, proiezioni) basta andare a leggere qui la cronaca della scorsa edizione.
Per intenderci sui convegni, ecco un assaggio delle tematiche affrontate (erano presenti fior i ricercatori attivi sulle tematiche rurali di montagna): “Meno mangimi industriali, più erba e fieno. Il ritorno all’alimentazione naturale, che per secoli ha caratterizzato la zootecnia, salverà l’agricoltura di montagna”. Il che la dice lunga sul valore di Francesco, dei suoi collaboratori e dei loro prodotti!
Ma ma ma! Ma io sono della provincia di BG, dove le trovo tutte queste bontà, in particolare la farina e il Fiurit? Sai mica aiutarmi, Sonia? :)
Come ben sai, Sonia, la ricetta per me è off-limits, però sarei curiosa di avvicinarmi alla farina (stante la mia vicinanza a Bg): dove potrei comprarla?
Grazie mille e buona befana (contenta di ricevere gli auguri indietro :-D)
Sara I°lab.
Arianna e Sara: signorine!! Vi tiro le orecchie! Non avete visto il link alla latteria Branzi?! Vi rimando a settembre in linkologiaaaaaa!! :-D
Sonia, forse devi proprio rimandarmi a Settembre… Sono andata sul loro sito, ma non c’è traccia della farina… o no?
Ehmmm mi associo a Sara… Inoltre, è un difetto momentaneo del sito, o non hanno ancora attivato l’e-commerce? Perché arrivare a Branzi è un po’ lunghina da dove sto io… Al massimo, scriverò una mail :)
Questa ricetta mi superispira!
…per gli ingredienti ho contattato la latteria Branzi che spero mi risponda presto, così mi metto all’opera.
Il cornbread l’ho assaggiato in un ristorante di cucina tipica del Sud a NY qualche anno fa, veniva servito caldo, al posto del pane, con un bel ricciolo di burro e accanto a un pollo che ancora mi sogno di notte…così giusto per dare un’idea ai non amanti del dolce… :P
eh ma però Sonia… sniff sniff, non mi puoi pubblicare a tradimento una ricetta della mia *valle-adottiva*, uffi, mentre io me ne sto quaggiù lontana, lontana, lontaaaanaaaaa… sigh sigh… uffi, che voglia di cose buone e di bei posti mi fai venire! :)))
@ Izn. scusa, sono fuori tema, ma non ce la faccio a non commentare la risposta di mau: finalmente qualcuno che ha mangiato bene in America! Tutti dicono che là mangiano malissimo, ma io sono stata diverse volte per lavoro a Washington e New York e ho sempre trovato ottima cucina (loro, naturalmente, non certo italiana, che là costa una follia!), e in moltissimi casi anche sana. Bisogna saper scegliere. Certo, non si mangia pasta o olio d’oliva, ma tutto il resto, da leccarsi i baffi!E nei supermercati gli ingredienti sono citati in modo molto più chiaro dei nostri. Invece qui da noi è tutto un dire che gli americani mangiano malissimo: chi non sceglie o non è consapevole mangia male, esattamente come in Italia.
Io, invece, pensa te, tutto il contrario: sia in Germania che in Sudafrica i prodotti italiani non mi sono mai mancati, e ne ho conosciuti moltissimi di nuovi! A parte tutte le verdure amare, tipo radicchio, tarassaco etc, che quaggiu’ non le usano e devo dire che mi mancano molto. Ma tutto il resto, beh, non c’ e’ paragone! E’ lo stesso ma all’ennesima potenza!
PS: anche mio marito elogia tantissimo la cucina americana (anche lui anni a Washington, e ricorda sempre con l’ acquolina in bocca cornbread, granchi e aragoste ;-))
@ Claudia. Ecco io invece devo dire che la Germania (Austria a parte) è l’unico paese in cui ho sempre mangiato malissimo (ma sono stata solo a Berlino, e tanti anni fa, era appena caduto il muro, anzi lo stavano ancora picconando). Però non cerco mai di mangiare cose italiane all’estero (standoci un tempo limitato, non come te che ci vivi, naturalmente). Ma in Sudafrica chissà quale meravigliosa frutta, altro che la nostra!
@Graziella Carnevali: Non sono d’accordo sul fatto che in Germania si mangi male. Certo, gli ingredienti della loro cucina sono limitati, ma esistono dei piatti assolutamente gustosi , anche se diversamente cucinati rispetto ai nostri.
@ Rosella. Certo hai ragione, diciamo che la loro cucina non incontra i miei gusti, ma il mio, oltre che personale, è un giudizio assolutamente parziale, visto che non ci sono stata molto. Ed ero sempre ospite. Diciamo che stinco di maiale e patate me li ricordo ancora, tanti me ne hanno propinati…
Ciao a tutti!Vorrei darvi un consiglio su come mangiarla in maniera golosa: un’amica americana mi ha spiegato che ai pasti la usano da accompagnamento come il pane mentre la mattina lo apre e dentro ci mette burro e miele!
Ieri ho preparato questa ricetta e stamattina il connubio con il miele e il burro mi ha conquistata e …sono disperatamente alla terza fetta!
Ieri avevo una splendida faraona e degli (ultimissimi) splendidi peperoni, ma non avevo pane. Mi è venuta in mente questa delizia, che già altre volte avevo preparato come accompagnamento al posto del pane, non dolce. Però mi mancavano (ehm…) la farina semintegrale di grano tenero, il latticello e il burro. Ho fatto di necessità virtù e ho fatto le seguenti sostituzioni: al posto di 125 di farina semintigrale di grano tenero ho usato 50 g di farina di grano saraceno + 40 g di farina di grano antico integrale solina + 30 g di farina di riso; al posto del burro ho usato 80 g di olio evo e 20 g di acqua emulsionati (in realtà avrei potuto usare il burro chiarificato, ma ha un sapore così biscottoso che ho pensato che sarebbe stato più appropriato nella versione dolce); al posto del latticello ho usato stessa quantità di latte a cui ho aggiunto un cucchiaio di limone e l’ho lasciato agire per un paio d’ore prima di utilizzarlo; di zucchero ne ho usati 15 g al posto di 80. Il risultato è stato strepitoso.