È passata un bel po’ di acqua sotto i ponti in questi mesi, ma non mi sono dimenticata della seconda parte di questo racconto che mi sta tanto a cuore, perché spiega quanto sia importante, quando si ha a che fare con la terra, focalizzare su di essa e non sulle piante: se la terra non è in salute non è assolutamente possibile avere un raccolto sano.
L’intervento di Alex Podolinsky è stato così pieno di concetti che non è facile renderlo per iscritto. Ho avuto la netta sensazione che lui — forse anche a causa dell’età — sentisse l’urgenza di comunicare quanto più possibile le sue conoscenze, perché non vada perduta nemmeno una goccia di ciò che ha imparato. E perché c’è tanto da fare per invertire le sorti del suolo mondiale, impoverito dall’agricoltura convenzionale, basata su arature profonde, concimi sintetici, pesticidi e insetticidi.
Uno dei punti del suo discorso che più mi ha colpito è stato quando ha parlato dell’abitudine dell’agricoltura convenzionale (ma anche di quella biologica, in modo differente) di intestardirsi a fertilizzare la terra, ottenendo l’effetto opposto. Un po’ come quando a forza di somministrare medicinali al minimo sintomo si indebolisce, si inattiva o si manda in confusione il proprio sistema immunitario. Vi riporto in questo post quello che sono riuscita a estrapolare dai (tanti!) appunti, spero sia sufficientemente chiaro.
Magnesio, potassio e azoto.
Fondamentalmente le piante hanno bisogno, oltre alla luce e al calore del sole, soprattutto di tre elementi di base per vivere: magnesio, potassio e azoto. Questi non sono contenuti nell’acqua (che, come abbiamo detto tante volte nella rubrica ad essa dedicata, origina pura) ma si trovano nei minerali, che provengono dalle rocce. I microbi, che in una fase iniziale si sviluppano dalle radici dei primi licheni e poi da quelle del muschio più profondo, rendono solubili e disponibili i minerali, che arrivano al suolo trasportati appunto dall’acqua che filtra nel terreno (quando questo è in buona salute, e quindi in uno stato colloidale). Ecco perché il terreno sabbioso è devastante per la vita vegetale: l’acqua e i preziosi minerali non vengono trattenuti dalla sabbia: tutto scivola via.
Fu il chimico Justus Von Liebig (sì, quello dell’estratto di carne e delle figurine litografate) nel diciannovesimo secolo ad avere l’idea di sintetizzare questi (e altri) elementi in laboratorio e a sperimentarli sulle coltivazioni creando dei fertilizzanti chimici (i famosi “nitrati” di cui spesso si sente parlare). Quello che fece fu fondamentalmente trovare il modo per solubilizzare questi tre minerali direttamente nell’acqua. Pare che se ne pentisse amaramente prima della sua dipartita, come potete leggere qui.
Il problema del ragionamento che fece Von Liebig, secondo Podolinsky, è che per le piante non va bene assumere acqua e nutrimento allo stesso tempo. Devono “bere” e “mangiare” separatamente. Normalmente nell’acqua i minerali non sono solubili, quindi le piante non li assorbono quando “bevono”; i minerali li prendono dall’humus, dove sono trattenuti e resi biodisponibili dalla vita microbica del suolo.
Nell’agricoltura convenzionale dunque le cellule delle piante cercano di trattenere al loro interno più acqua possibile per ripristinare il loro equilibrio osmotico messo a repentaglio dall’eccesso di sali. Ecco perché le piante concimate sinteticamente sono così grosse e gonfie.
Crescono quindi molto di più, ma, spiega Podolinsky, nel modo sbagliato (con le sue parole: “Big is good? No non è good!” :-D). Le foglie, ad esempio, nelle vigne si affastellano una sull’altra, cosa che provoca la formazione di funghi e altri problemi; si gonfiano e assumono una colorazione bluastra (questa cosa si nota molto soprattutto nel mais o nel frumento).
Questo concetto mi ha ricordato la raccomandazione della bioterapia nutrizionale di non mangiare il minestrone di sera perché gonfia e imbibisce, ricordate? Il perché lo raccontava Elena Galeazzi qualche anno fa in un suo articolo molto bello, intitolato la puntiformità dello stimolo.
Anche nelle coltivazioni biologiche le piante vengono concimate con un metodo analogo al convenzionale; nel bio si utilizza molto il letame delle vacche e di altri animali, che contiene molti nitrati. Alex durante l’incontro ha fatto anche una digressione sulla gestione dei pascoli, e su quanto questa sia un grosso problema a livello mondiale; spesso ad esempio ha dovuto spiegare ad aziende che producono latticini che i pascoli devono ruotare molto, addirittura giornalmente, perché il letame “depositato” dalle mucche contiene troppi minerali.
In biodinamica invece si lascia che la pianta decida da sé cosa prendere dal terreno, limitandosi a spruzzare il famoso “500” di cui vi ho parlato nella prima puntata di questo post, che serve a stimolare la formazione del preziosissimo humus. Di solito se ne usano 90 grammi per ettaro, a fronte dei 4-500 chili di concimi sintetici per ettaro che vengono usati nell’agricoltura convenzionale (!).
Due tipi di radici
Parallelamente all’importanza del terreno Podolinski ha sottolineato molto quanto sia determinante lo stato delle radici delle piante, la loro differenziazione e specializzazione.
Nei primi tempi della sua permanenza in Australia Alex provò a mettere il preparato 500 in un barattolo di vetro aperto, che poi seppellì in un terreno. Quando dopo alcune settimane lo tirò fuori il 500 non c’era più, e il barattolo era strapieno di radici piccole e bianche, talmente compresse dal vaso che quando provò a tirarle fuori quasi esplosero (lui ha detto che fecero “plop”!) :-)
Questo esperimento gli fece capire una cosa basilare (non ancora riconosciuta completamente dalla scienza), e cioè che le piante hanno *due tipi di radici*: quelle scure, più grosse, che servono alla pianta per ancorarsi al terreno e per “bere”, e quelle bianche, simili a sottili capillari sanguigni, che le servono invece per “mangiare”, cioè per assorbire gli elementi nutritivi trattenuti nell’humus. Questo secondo tipo di radici, non lignificate, è importantissimo perché interagisce con la vita microbica del terreno e fa sì che le piante si nutrano.
La prova di tutto questo, in barba alle chiacchiere scientiste che cercano di ridicolizzare le tecniche biodinamiche, è che le piante coltivate in regime convenzionale hanno pochissime radici bianche; queste ultime si atrofizzano perché nel terreno non trovano humus e sono costrette a sorbire il nutrimento attraverso l’acqua (e da qui deriva anche la coltivazione idroponica, che ho sempre trovata orrenda).
Alex Podolinsky me lo spiegava anche a settembre, quando ho avuto l’insperata fortuna di andarlo a trovare durante il suo soggiorno alle Spinose e Antonella gli ha chiesto gentilmente di mostrarmi come dinamizzare l’acqua prima di spruzzare il preparato 500 sul terreno (avevo intenzione di usarlo sul mio quasi orto sul terrazzo, ma questa è una storia che vi racconterò in seguito).
Durante il suo discorso sono state proiettate una grande quantità di diapositive che mostravano le analisi di terreni in vari stati, analizzati con il metodo della “cristallizzazione sensibile”, tramite dei dischi di carta filtro sui quali viene fatta, appunto, cristallizzare, della terra disciolta.
L’aspetto cristallizzato della terra in buone condizioni è quello di un fiore, lo vedete nell’immagine in alto a sinistra; quello della terra “morta” senza nutrienti, è il cerchio a destra che sembra un albero tagliato, con un puntino bianco al centro.
Nellea diapositive qui sopra si può vedere l’aspetto della cristallizzazione della terra della fattoria che ha curato Alex Podolinsky; inizialmente il materiale organico contenuto nella terra era solo lo 0.9%; dopo 6 anni di biodinamica è arrivata ad avere l’11,4% di materiale organico, e il 2,4% a un metro di profondità (sempre con la forma a fiore), un risultato, pare, mai riscontrato prima nel mondo.
Alex ha raccontato anche un aneddoto, dicendoci che a suo tempo chiesero a una casa farmaceutica di analizzare con il metodo della cristallizzazione sensibile la vitamina C naturale e quella sintetica: la C naturale aveva la forma a fiore, l’altra quella… morta! Ma và?!
“Il vecchio sistema agricolo è morto”; “i vecchi agricoltori sapevano come trasmettere la fertilità nel terreno senza aggiungere sostanze di sintesi”; “a differenza dell’agricoltura biodinamica, nell’agricoltura biologica viene apportata molta sostanza organica al terreno, totalmente inutile senza la presenza di humus, che viene infatti completamente dispersa”; “50 anni fa le università americane provarono a replicare il preparato 500 mettendo 500 tipo di batteri ma non funzionó”.
Questo e altro spiega Alex Podolinsky nelle sue interviste e nelle sue visite alle aziende biodinamiche del mondo. Lui sostiene che molti medici e scienziati gli sono stati grati perché ha detto queste verità che nessuno di loro poteva dire; lui sì, poteva, perché lui nella vita si è trovato a impersonare il bimbo, quello dell’imperatore nudo di Hans Christian Andersen. La voce dell’innocenza, quella che non si può controbattere, quella capace di aprire gli occhi a chi non ha il coraggio o la forza di farlo.
articolo interessantissimo Sonia, anche per me meglio di un romanzo. Ma è possibile trovare e usare questo preparato nel piccolo orto casalingo?
una volta trovavo e compravo l’humus di lombrico……. nessuno ne produce e vende più….. almeno ai non addetti ai lavori!
@Antonella: Tesoro, il 500 io ancora non sono riuscita a trovarlo da acquistare (ma se non sbaglio si può acquistare qui); per quanto riguarda l’humus di lombrico ho trovato questi e questi! Spero ti siano utili :-)
grazie Sonia! buona giornata