Noooooooooooooo, fermi, non leggete subito! Aspettate di avere un momento di pausa e un lago di tè e mettetevi comodi, ché la storia non è breve, e ho intenzione di raccontarvela tutta con dovizia di particolari :-)
Antefatto: un paio di mesi fa Giorgio Marigliano, responsabile delle relazioni esterne del pastificio Garofalo di Gragnano, mi scrive per invitarmi a un incontro di due giorni che si sarebbe svolto a Castellammare di Stabia, insieme ad un folto gruppo di altri 80 foodblogger (più o meno), scelti nella rosa dei 2000 foodblog italiani.
Lo spiegamento economico e organizzativo è impressionante (per me): ogni blogger (con relativo accompagnatore) ha in regalo un soggiorno che comprende la notte di sabato e la colazione e il pranzo della domenica successiva in un rinomato hotel a quattro stelle della costiera sorrentina (purtroppo non il mio genere di albergo), oltre a un congruo numero di gadget, e a una visita guidata all’interno del pastificio Garofalo.
Un sostenuto servizio di navette private trasporta in albergo chi si sposta in treno o in aereo, e – per chi lo desidera – a cena in alcuni ristoranti dei dintorni scelti in una rosa di quattro o cinque eccellenze – se non ricordo male – cena che però (comprensibilmente) è a carico dei blogger.
Inizialmente ringrazio diffusamente ma rifiuto con fermezza, come faccio sempre in queste occasioni, spiegando che mi occupo sì di alimentazione, ma legata alla salute, e che non vedo il collegamento con la loro azienda (per quanto tra i pastifici industriali la Garofalo è senz’altro tra i migliori). Spiego anche che non potrei mangiare nulla in albergo perché ho un regime alimentare particolare.
Dopo varie email e telefonate, nelle quali Giorgio mi spiega che durante l’incontro si parlerà di qualcosa che sicuramente potrebbe interessarmi, ma della quale non mi può dire nulla, perché non verrà svelata che il giorno dell’incontro, e che provvederà personalmente ad un pranzo rigorosamente biologico per me e i miei (argomento risolutivo), mi incuriosisco e mi lascio convincere a partecipare (visto oltretutto che mi resta il tempo per andare a votare per il referendum il lunedì successivo).
Così nella tarda mattinata dell’11 arriviamo in albergo con bimba al seguito; panorama meraviglioso, organizzazione perfetta, albergo, diciamo, senza sorprese :-)
All’arrivo ci vengono consegnati due pacchi, uno contiene vari tipi di pasta biologica per bambini (vedi sotto), l’altro un cellulare stratosferico della Nokia, magliette e grembiuli da cucina con il logo (carino) dell’operazione, un vasetto di peperoncino e uno di cicerchia marchiato Garofalo.
Purtroppo il tempo è inclemente (piove e ripiove), e “per farsi perdonare” lo staff della Garofalo offre un rinfresco, al quale però non possiamo partecipare perché il cibo è convenzionale; la cosa che mi getta nello sconforto è che quando chiedo ad una cameriera molto carina se per caso c’è qualcosa di biologico si allontana dicendomi che va a chiedere e torna mormorando cose tipo “ehm… intendeva verdura? La verdura è biologica?”. mentre rotolo sotto il tavolo provo a chiedere come ultima ratio del prosciutto di Parma, ma arriva una cosa salatissima e (per me) immangiabile. La pulcina mangia un po’ di pizza e un pomodoro e si riempie di bollicine.
Mi consolo solamente perché mi imbatto in Elena di Comida de mama, che volevo conoscere da un secolo, e che è una donna stupenda (ne ero certa!), e in Silvia che è un tesoro, e con la quale chiacchieriamo a lungo a tavola.
Alle 15.00 ci trasferiamo tutti in sala conferenze, perché come da programma Emidio Mansi, responsabile commerciale del pastifico Garofalo, illustra cosa vuol dire per Garofalo fare “qualità” nel mondo della pasta.
Emidio è un uomo giovane, molto alla mano, piacevole e divertente, e assolutamente “easy”: si presenta in maglietta, pantaloncini e infradito, e la sua conversazione è volutamente sopra le righe.
Vengono anche cotti sul posto, e poi fatti assaggiare ai blogger, tre tipi diversi di spaghetti, per mostrare la differenza di consistenza tra la pasta Garofalo e due concorrenti, uno industriale e uno “artigianale”.
Ovviamente quando Emidio mostra una pallina di glutine superelastica per spiegare che la loro pasta ne ha tantissimo e della migliore qualità io svengo; no, non svengo ma comincio a borbottare tipo Brontolo, e appena c’è la possibilità di farlo chiedo chiarimenti al relatore, che mi spiega che loro si riferiscono per tutta la parte attinente alla salute ad un importante pediatra napoletano che si chiama Luigi Greco, e che quest’ultimo afferma (ma non ho visto i documenti e ovviamente mi riservo di riparlarne ampiamente, magari dopo averne discusso con il professor Giannattasio) che il glutine proveniente dal grano duro non ha alcuna relazione con le intolleranze di cui vi ho parlato tante volte, e alla mia domanda da dove provenga il grano che la Garofalo utilizza Emidio mi risponde che questo è appunto il segreto che rende la loro pasta tanto speciale e che non può essere rivelato. Non commento perché potete immaginare il mio pensiero in proposito. O no? :-)
Nel pomeriggio andiamo a visitare il famoso pastificio di cui sopra.
Sono – come ogni volta in queste occasioni – sconvolta dalle dimensioni, non esattamente a misura d’uomo. Dal pastificio i pacchi partono praticamente verso ogni angolo del mondo, c’è pasta di tutti i livelli qualitativi possibili (e anche questo non lo capisco proprio).
Devo dire però che i ragazzi che lavorano nel pastificio sono giovani, allegri e di una gentilezza incredibile (grazie Domenico!) e sembrano contenti e soddisfatti del loro lavoro. Scherzano con la pulcina e le offrono manciate di pasta umida e secca, che ovviamente la mandano in visibilio (non ha mollato gli spaghetti fino al ritorno in albergo). :-)
In serata acchiappo al volo mio fratello con compagna e bimbo nuovo nuovo, che per starci vicini hanno prenotato una camera (costosissimaaaa!) nello stesso albergo, e dopo una traversata spossante (in linea d’aria ci vorrebbero venti minuti, ma grazie al celeberrimo traffico della costiera ci mettiamo tipo un’ora e un quarto) li porto a Sorrento nell’unico posto bio (gestito da due persone stupende) nel raggio di cento chilometri, dove mangiamo benissimo; ma questa è un’altra storia e ve la racconterò appena ci riesco.
Il giorno dopo provo a fare colazione in albergo ma mi è impossibile; per dirvene due, il succo di arancia è ricostituito e l’unico infuso bio è la camomilla. Per fortuna mi sono portata il pane da casa – almeno quello – eh eh). :-((((
Finalmente scendiamo tutti in sala conferenza per la rivelazione del segreto, e nonostante io non sia molto ben disposta dopo la colazione camomillosa devo ammettere che il progetto è piuttosto interessante: in sostanza siamo stati convocati perché la Garofalo sta fondando quello che chiamano un “social food network”, vale a dire ogni blogger è chiamato a segnalare i piccoli produttori eccellenti con i quali viene a contatto sul territorio italiano, in modo che chiunque si muova in Italia abbia un punto di riferimento al quale rivolgersi in caso di bisogno. Mettiamo il caso ad esempio che mi trovi in una città della Sardegna e voglia sapere se nei dintorni esistono piccoli produttori interessanti (nel mio caso bio, certificati o non) posso guardare sul sito e trovare quelli segnalati (e magari scegliere tra quelli dei blogger di cui mi fido di più).
Inoltre ognuno di noi ha la possibilità di trasformare gratuitamente il proprio blog in un’applicazione mobile con la quale accedere ai contenuti direttamente dagli smartphone Nokia.
Zac dice che far parte del gruppo potrebbe essere cosa buona e giusta, e se lo dice lui che per me è il verbo (coff… scusate, un colpo di tosse improvviso) per me va bene :-)
Mentre esco dalla sala vedo Sigrid con la bimba nuova e vado a conoscerla di persona; è una donna carina e dolce come la descrivono tutti, e in quel momento mi sembra anche… stanchissima, poverina!!! Ha tutta la mia solidarietà delle mie notti insonni di mamma, che solo adesso, dopo cioè tre anni e mezzo abbondanti, stanno diventando non dico perfette, ma finalmente possibili.
Sono speranzosa per il pranzo bio che mi era stato promesso, ma ricado nella disperazione quando i camerieri mi dicono che non c’è alcun pranzo bio, e quando chiedo del direttore dell’albergo mi arriva un signore molto compito che mi dice che erano previsti solo alcuni pranzi per celiaci, ma che gli è stato detto che i biologici si sarebbero arrangiati con quello che c’era. Ah, ecco.
Alla fine escono dalla cucina, grazie alla gentilezza dello chef, tre piatti di pasta e fagioli che si mormora siano biologici, ma che dai risultati a posteriori hanno dimostrato che avevano decisamente dei problemi con se stessi.
Vabbeh. Grazie al cielo sono stati invitati e si trovano nella sala da pranzo (all’aperto) ben tre piccoli produttori campani per me interessantissimi, due di formaggi e uno di salumi, con i quali ho preso contatti e che spero presto di riuscire ad andare a trovare.
Finalmente qualcosa di veramente attinente al progetto, anche se mi sarebbe piaciuto vedere qualche azienda in più, ma tant’è… scatto un po’ di foto e soprattutto assaggio ripetutamente i formaggi (ottimi) e i due tipi di salame (che anche la pulcina apprezza moltissimo).
Last but not least, ho l’occasione di conoscere la mitica Anna di Anna the nice, che è veramente una donna splendida sotto tutti i punti di vista, e che incontro nuovamente a Roma dopo qualche giorno. Non vi parlerò della sua marmellata di ciliegie che lastrica la strada dell’indulgenza, e tantomeno del totalmente inedito per me ciàngiuff perché avrei dovuto fotografarli e raccontarveli, ma è successo che si sono dissolti come neve al sole in tipo mezza giornata :-)
Chiudo qui e spero di essere riuscita a rimanere oggettiva quanto basta, ma lo sapete… i cinque pianeti in vergine… ;-)
Aggiornamenti:
24 giugno 2011:
Mi ero persa i pieghevoli dei produttori di cui avete visto le foto più sopra, e solo ieri li ho ritrovati in fondo ad una borsa :-)
Sono molto contenta di darvi intanto nomi e cognomi, poi quando e se riuscirò a fare un salto da loro ne parlerò più diffusamente; intanto se vi trovate dalle loro parti potete passarci voi. Ma poi fatemi sapere!
Dunque, le prime quattro foto (e l’ultima, quella grande), con il fior di ricotta, la ricotta affumicata al ginepro etc., sono del caseificio Optimum Sancti Petri, già segnalato da Luciano Pignataro e dal Gambero Rosso; si trova a San Pietro Infine, al confine tra Lazio, Campania e Molise, produce formaggi di pecora e di capra, e vi posso dire per averli assaggiati che meritano un viaggetto di ricognizione :-)
Nelle prime due foto sotto potete vedere l’azienda Salsiccia Rossa di Castelpoto; loro sono un presidio slow food, si trovano alle pendici del monte Taburno, a Castelpoto, vicino Benevento; io ho assaggiato la salsiccia piccante e Emma ha spolverato quasi tutto il piattino di quella dolce, e anche lì un salto ce lo farei di corsa. Niente nitrati ovviamente, solo carne, sale, peperoni dolci e piccanti (in dialetto papauli), un infuso di aglio in acqua e finocchietto selvatico.
Le ultime due foto sono di un’altra azienda, pure loro presidio slow food; si chiamano le Campestre e sul post avevano portato il loro Conciato Romano, un formaggio fatto con latte crudo di capra e coagulato con caglio di capretto o agnello; viene poi conciato in anfore di creta con olio d’oliva, timo selvatico e peperoncino, e stagionato dai sei mesi ai due anni. Ve lo lascio immaginare…
Si trovano in provincia di Caserta, precisamente a Castel di Sasso, e come se non bastasse sono anche un agriturismo. E ho detto tutto :-)
Quelli che c’erano:
Abbiamo Entusiasmo, Passione, Amore: perchè siamo Gente del Fud
Anche CookingStefy è Gente del Fud!
Anche io sono Gente del Fud :)
Anch’io ero li! … Gente del Fud.
Gente del Fud
Gente del Fud
Gente del Fud
Gente del Fud
Gente del Fud a Castellammare, la più grande riunione italiana…
Gente del Fud e freselle…
Gente del FUD: entusiasmo passione e amore incondizionato per il food
Gente del Fud: il progetto, i blogger e la Garofalo
Gente del Fud: la mia avventura
Gente del Fud… molto più di un semplice incontro
Gente del Fud – Reportage
Gente del Fud: un modello di blogsourcing?
Gente del Fud, un progetto che mi piace
Gente del Fud, valorizziamo l’Italia!
Gente del Fud: voci, volti, un bel progetto e…
Il week-end del Fud
io, la Garofalo e la gente del fud
La Felicità è Reale Solo se Condivisa
La passeggiata vicana 2011
La pasta è passione
Noi… foodblogger, ma soprattutto Gente del Fud
Noi Gente del Fud
Noi… Gente del Fud
Nuove idee bollono in pentola…
Quelli che… Gente del Fud!
Tortiera di alici
Una fredda torta per una calda accoglienza… Gente del Fud!
Una pasta per la GdF
Verdecardamomo è… gente del fud!!!!
Unconventional weekend!
Un incontro tra str(enne) e non solo
Tu non hai idea di quanto possa considerare importante la vostra presenza. L’esperienza in hotel di cui siamo stati (in) colpevoli protagonisti e’ l’esempio di come ci debba essere spazio per punti di vista diversi. Non e’ necessario essere tutti d’accordo, non e’ necessario che uno convinca l’altro, ma avere la possibilita’ di conoscere e’ necessario. Il vostro contributo a Gente del Fud e’ fondamentale proprio perche’ parte da convinzioni specifiche, cosi’, come ho ripetuto piu’ volte, e’ fondamentale quello dei celiaci, anche se le loro scelte sono obbligate piu’ che volute. Far conoscere i produttori che rispettano le condizioni che voi ritenete necessarie e’ utile non solo per chi la pensa come voi e magari ha difficolta’ a trovarli, ma anche per permettere una visione piu’ ampia tutti. Le ricerche sono disponibili tutte nella sezione gente del fud del sito, tranne quella sulla digeribilita’ della pasta che ti mando via mail.
Sempre aperto a qualunque domanda :-)
mi hai piegata! no perchè in giro ho letto solo testi osannanti e, come sempre, ci voleva qualcuno che fosse un minimo più realistico :)
anche a me il progetto piace moltissimo e so che le due giornate sono state positive al 90%, ma sono felice di sentire anche la tua versione.
grazie!
b
@emidio mansi: Beh, quello che magari ho dimenticato di dire è che trovare nel sud un’organizzazione e una lungimiranza come la vostra, anche se orientata ad un aspetto che io non comprenderò mai, che è quello del marketing, è stata una sorpresa molto piacevole. E lo dico da napoletana :-)
Appena avrò un secondo vado a guardare le ricerche (e aspetto quelle sulla digeribilità), così mi metto a studiare, che è la cosa che mi si confà di più.
@babs: eh eh… e per fortuna che li avevo avvertiti dall’inizio che ero una rompina… :-)
sono in piedi sul divano e tu non sei neanche valentino rossi. e rido. il mio scritto giace sotto il peso dello sparso che sta mettendo mano e piedi al blog. e a parte alcune considerazioni diverse che sono dettate dal mio non essere integralista come te …ti bacio. vi bacio. e abbraccio la piccola. se ti fischiano le orecchie sappilo che è colpa mia.
Sul concetto del marketing faccio lo sborone e ti metto il link ad un convegno che credo avresti apprezzato molto in cui ero uno dei relatori. Non so se conosci Manitese ma non sono certamente propensi alle Markette (nel senso antico)…
Siamo tutti convinti di quanto sia necessario puntare ad una sana decrescita, siamo tutti convinti che occorre riequilibrare i consumi, MA la mia idea e’ che si puo’ fare muovendosi all’interno del sistema, semplicemente evitando di parlarsi e indignarsi in un circolo chiuso, ma provando a comunicare a tutti, con il loro linguaggio, che esiste una realta’ che i mezzi di comunicazione di massa stanno oscurando.
Internet e’ un fantastico strumento di informazione, ma anche di disinformazione, il compito di ognuno di noi non e’ chiudersi nelle proprie convinzioni guardando chi e’ fuori come un alieno ottuso, ma puntare alla corretta conoscenza, senza pregiudizi. So che sto andando ancora una volta fuori dalle righe, ma non e’ che stiamo parlando di pizza e fichi…
Premetto da subito, io non c’ero (ed è giusto che sia così, il mio è un blog giovane, giovane!) però, e forse anche proprio per quello, in questi giorni ho curiosato qua e là tra i resoconti di questo evento. La curiosità era tanta visto il tamtam che si è creato in rete al proposito.
Chissà come mai non sono per niente stupita che il tuo contributo sia come sempre tra i più lucidi, e che tu sia riuscita ad affrontare un paio di questioni ‘spinose’ che vanno aldilà della splendida location o dell’occasione di incontro tra tanti blogger conosciuti solo virtualmente!
Detto questo, per quanto anch’io abbia delle riserve istintive su quella che è ovviamente un’operazione di marketing, questa storia della Garofalo è ricca di potenzialità. Mi piacciono le parole di Emidio Mansi e, volendo credere all’onestà intellettuale dell’approccio proposto, mi viene voglia di conoscere questi signori!
@emidio mansi: la prossima volta allora aspetto l’invito a Mani Tese, così magari trovo il modo di rompere le scatole anche lì :-)
Scherzi a parte, hai focalizzato su un punto dolente, e cioè la necessità di far passare l’informazione seria sul cibo anche a gente che non sia già addentrata in questo campo, o di cultura medio-alta, come purtroppo sono i lettori del pasto nudo.
Per me è difficile raggiungere quel tipo di persone, probabilmente proprio perché il blog è un po’ troppo “avanzato” in un certo senso. Ecco perché zac mi ha redarguita, dicendo che il vostro progetto al contrario di noi è in grado di raggiungere proprio le persone alle quali non riusciamo ad arrivare con il pasto nudo, e che ovviamente sono quelle che probabilmente hanno più bisogno di sapere, di poter raggiungere un certo tipo di informazioni.
@alex: Sì, sono d’accordo. Tra l’altro credo che loro accettino altri blogger nel progetto, dopo aver esaminato il relativo blog, quindi se ti andasse di partecipare al progetto forse potresti provare a inviare una mail direttamente a loro.
Grazie Inz. Grazie soprattutto per la tua correttezza e trasparenza. In termini giornalistici sei stata la nostra inviata speciale al fronte. Si, perchè nel cammino verso la consapevolezza alimentare c’è bisogno di conoscere anche la catena a monte del cibo imbustato o scatolato, bio o non bio.
Brava per la cronaca chiara e oggetttiva.
Solo un dubbio mi resta: ma il grano? lo svelarono l’arcano?
@Francesca: nooooooooo non svelarono!! Ecco perché ero scocciata, con queste storie di copyright sul grano. Poi quando non mi dicono le cose mi insospettisco e penso che prendono i grani da nonsodove!!
Mi interessava molto leggere il tuo punto di vista e vedere il tutto con i tuoi occhi: la prospettiva dei tuoi post è illuminante …..
Se può interessarti qui c’è il mio resoconto :D
E’ stato un piacere conoscerti :D
non lo so izn, io ho rifiutato e vedendo i post in giro non me ne sono pentita per vari motivi che non sto a spiegare ma che chi mi conosce intuisce, comunque trovo grave che non sia obbligatorio in etichetta indicare la provenienza della materia prima, figuriamoci poi se uno a domanda (LA domanda) non risponde…
Stavo riflettendo sulle tue osservazioni: sai che non sapevo della tua domanda riguardo alla provenienza del grano?
Sabato pomeriggio non sono riuscita ad essere presente all’incontro ….
La cosa che mi lascia più perplessa è che il cuoco di un albergo a quattro stelle non abbia conoscenza di cosa sia il cibo biologico, anche se non lo usa!
E poi sì, una volta che si era avuta l’assicurazione di poter avere un certo tipo di alimentazione, non è proprio professionale ricevere la risposta che ti hanno dato, che sia stata una scorciatoia del direttore o una mancanza dell’organizzazione.
Con tutto ciò il tuo è il resoconto più accurato insieme a quello del blogsourcing. E brava ad aver citato tutti i post alla fine. Solo, ora non farci mancare le precisazioni sul glutine da grano tenero e da grano duro, che mi pare siano la cosa più essenziale :-).
Ti leggo e ti seguo da qualche anno, proprio perchè reputo il tuo non un blog di sole “ricette” ma qualcosa di più “formativo”. E premetto anche che sono contraria alle logiche di marketing che mettono al centro solo il mero guadagno e non la salute, non la felicità, non il rispetto dell’altro. Ma posso dire che sono rimasta un po’ come dire stupita/infastidita dal tuo “non mangiare”. Non so…ma dico la verità più che altro per un discorso di sapersi adattare, o più che altro per chi il cibo non ce l’ha (e non parlo solo dei paesi lontani…). Credo anche che se quello che ti è stato offerto è per te un po’ “velenoso”, sarebbe stato folle avvelenarsi :).
Detto questo credo che il cibo sano sia un sacrosanto diritto di tutti, ma credo che Mansi non si sbagli troppo quando dice che chiudersi nelle proprie convinzioni non aiuti. Vale per il cibo ma per molto motlo altro. Aprezzo moltissimo il lavoro che fai, perchè divulgare a questi livelli è un lavoro.
e poi, anche dopo aver letto l’ultimo commento, vorrei aggiungere una cosa, a me capita di “far finta di niente” cioè posso andare a cena da amici o con amici e mangiare cose che mi fanno schifo, industriali o animali o quello che è, senza fare una piega, la macrobiotica considera le eccezioni una cosa non negativa, fa l’esempio del pendolo, tu ti puoi allontanare dal punto di equilibrio anche parecchio ma poi la cosa importante è che ritorni per equilibrare, per cui a natale ho mangiato pasta barilla insapore, pizzette fatte con la sfoglia buitoni, panettone industriale insignificante additivi compresi, con questo non voglio dire che tu abbia sbagliato a fare la rompina, voglio solo dire che mangiare cose “non mie” mi può stare bene se c’è uno scopo sociale, cioè incontrare persone che mi va di incontrare e che non posso e non voglio obbligare ad una pignoleria che non è nelle loro corde ma nelle mie, vorrei l’apertura da entrambe le parti e non posso che essere aperta pure io ti pare? un discorso diverso è se come blogger vengo invitata a un evento con lo scopo di pubblicizzare un prodotto, se il mio blog è impostato in un certo modo posso pubblicizzare solo cose che mi appartengono, se no perdo credibilità, se avessi partecipato alla cosa della margarina avrei fatto ridere i polli, per cui magari io se fossi in te non parteciperei al progetto non essendo una pasta biologica, è una pasta che tu a casa tua non avresti mai mangiato, giusto? cioè se loro non ti avessero invitato tu i prodotti garofalo non saresti mai andata al supermercato a comprarli… stai facendo un grande lavoro con questo blog e secondo me non hai bisogno di legarti a cose che non ti appartengono, i blog e le industrie ultimamente mi sembrano i due B nazionali, entrambi convinti di usare l’altro
@MIlen@: Grazie Milena l’ho aggiunto alla lista :-) Sono stata felicissima di conoscerti, e di dare un volto alle tue ricette meravigliose. Così ora posso immaginarti mentre le prepari.
@stelladisale: Ah guarda… se tu fossi venuta non avresti fatto altro che arrabbiarti. La camera da letto dell’albergo era l’apoteosi del sintetico: piumino sintetico con ripieno sintetico, cuscini sintetici, poggiatesta in similpelle, aria condizionata automatica-sempre-accesa… l’ecologia è passata di là ed è scappata terrorizzata!!
Mio fratello è stato costretto a pagare un lettino in più perché ha un bimbo piccolo e per legge pare che non potesse dormire con loro… però guarda caso la pulcina ha dormito con noi e non c’era nessun letto aggiunto. mmhh…
Per quanto riguarda il fatto che ho deciso di andare, Giorgio Marigliano mi disse al telefono che avevano anche una linea di pasta bio per bambini (quella che vedi nella foto) e che l’argomento di cui dovevano parlare poteva sicuramente interessare anche me (come infatti poi è stato, visto che si tratta di segnalare piccoli produttori), ecco perché ho partecipato.
Mi è sembrato giusto proprio perché non voglio chiudermi in un confine troppo stretto, relegato a poche persone “avanzate” che già sanno tutto sul bio. Mi piacerebbe raggiungere anche gli altri.
@camilla: no no, ho già inviato al professor Giannattasio i documenti che ho avuto da Emidio Mansi, e ne aspetto altri, poi vi racconterò tutto, prometto :-)
@paola: Lo so, capisco perfettamente il tuo punto di vista. Il problema per me è del tutto pratico. Quando scegli *solo* cibo “consapevole” appena mangi qualcosa che non va stai subito male. E passare il tempo in ambasce chiusa in bagno quando non sei a casa non è piacevole.
Io ho la fortuna/sfortuna di essere estremamente sensibile ai vari additivi e altre schifezze che ci sono nel cibo, quindi se posso evito (saltare un paio di pasti non ha mai ammazzato nessuno, quello che mi ha fatto incavolare di più è stata la promessa disattesa).
Inoltre devo dirti che non mangiare cibo pieno di additivi, ormoni, pesticidi e tutto il resto appresso, lo ritengo anche un gesto politico.
Dio non voglia che chi il cibo non ce l’ha si veda arrivare i nostri scarti imbevuti di chimica, che, per carità, quando uno ha fame li mangia lo stesso, salvo poi morire di malattie assurde dopo invece che di fame prima.
Certo, capisco meglio adesso e condivido il gesto politico. Tu scegli anche la via del cibo come protesta e in generale apprezzo molto chi fornisce un’alternativa (anche nel cibo) visto che siamo pieni di chi distrugge senza costruire.
Resto comunque un po in disaccordo con chi “muore di fame” o “muore di schifezze contenute nel cibo”. E’ un po’ estremo.
Chiedo scusa la lungaggine ma ho molte cose che vorrei dire:
1) Non esiste al mondo un grano duro geneticamente modificato, la Monsanto ci ha provato a farlo ma e’ stata bloccata come potete riscontrare facilmente sul web nei numerosi articoli.
Come in tanti prodotti dell’agricoltura, i contadini con gli innesti hanno provato a migliorare resa e qualita’ e questo e’ accaduto anche nel grano. La pasta e’ fatta di una sola materia prima, il grano appunto, da sempre i mastri pastai hanno fatto la differenza sul risultato finale partendo dalla ricerca e dalla miscela del grano, per mantenere massima e costante la qualita’, questo significa che non e’ malafede non voler raccontare i segreti dei mastri pastai Garofalo. Non e’ necessario sempre partire da un pregiudizio. Potrei fare l’esempio del Kamut, grandiosa operazione di marketing canadese che fino a prova contraria, e non esiste una prova SCIENTIFICA contraria, non e’ piu’ digeribile ma solo una semola di qualita’ inferiore…
2) Nel caso del biologico, la pasta ha, sul risultato finale una certa tutela, nel senso che essendo fatta con la parte interna del seme ed essendo il grano duro una pianta molto resistente, c’e’ una rara possibilita’ che il pesticida resti nel prodotto finale, tranne nel caso della pasta integrale che utilizza tutto il seme.
In questo senso la nostra scelta e’ stata di non usare semole bio sulla pasta base perche’ la qualita’ media del grano bio e’ inferiore e per noi la qualita’ e’ una priorita’.
Diversamente nella pasta per bambini (che ha minori quantita’) abbiamo ritenuto dovesse essere un must, vi assicuro che fare la semola bio di alta qualita’ e’ rara e costa tanto. Lo stesso abbiamo fatto per la pasta integrale per i motivi scritti sopra. La scelta sul bio nella pasta e’ quindi assolutamente giusta per questo tipo di tutela e perche’ l’agricoltura biologica (quasi) sempre e’ maggiormente sostenibile, ma questo non vuole dire che, gustativamente, sia piu’ buona.
3) Lo scopo del marketing e’ il profitto. Chiariamocelo una volta per tutte, il resto sono frottole. Per questo personalmente quando sento “marketing etico” o “marketing sociale” rabbrividisco. Pero’ si puo’ proseguire il profitto in maniera sostenibile esprimendo in maniera chiara i propri valori e le proprie scelte, io lo chiamo “marketing garbato”, investire in cultura tutto il nostro budget pubblicitario permettendo la produzione di contenuti invece di interrompere una emozione per dire “compra Garofalo perche’ e’ buona” e’ un esempio; regalare una ricerca estremamente onerosa a tutta la filiera per spiegare come su puo’ ridurre l’impatto ambientale come nel caso del progetto Numero Zero (lo trovate sul sito) e’ un esempio. Potevamo venderlo facendo gli etico fighetti ma abbiamo declinato…
Lo stesso per fare un ultimo esempio vale per quello che facciamo sullo svezzamento. Se una persona si pone una serie di problemi relativi all’ambiente o all’alimentazione dei suoi figli, non mi sembra molto sensato che non lo faccia anche quando lavora, a prescindere che deve far funzionare una azienda.
4) il progetto gente del fud non e’ un progetto pubblicitario Garofalo, Sonia sa benissimo che puo’ inserire tutti i prodotti che consuma, a partire dalla pasta, l’importante e’ partire da valutazioni oggettive e non pregiudiziali. Qui non mi dilungo sul perche’ vorrei fortemente la presenza del Pasto Nudo, ma il fatto che decida di non partecipare, non segnalando i prodotti ed i produttori che ritiene valorosi e validi, non mi fara’ perdere simpatia nei confronti di chi lo scrive. Questo Sonia sono certo lo sappia benissimo.
Da napoletano la cosa che mi fa incazzare di piu’ e’ quando mi dicono “i napoletani sono simpaticissimi”… i pregiudizi sono sbagliati a prescindere da quello che si dice, e’ importante preservare i propri valori ed i propri giudizi, ma non farlo partendo da un preconcetto nel misurare le scelte diverse, piccolo e’ bello e soprattutto buono non e’ una verita’ assoluta…
@Paola: forse sì… ma più indago sul cibo, più scopro cose agghiaccianti, e ti assicuro che magari le malattie serie non dipendono al 100% dal cibo, ma al 50% o anche al 70% secondo me sì.
@emidio mansi: provo a risponderti punto per punto, poi magari altri avranno voglia di entrare nel discorso.
Punto uno: sì, so bene che non esiste grano geneticamente modificato, ma esiste grano che nel tempo è stato nanizzato a forza di radiazioni (ovviamente non parliamo di radiazioni nucleari) e incrociato e straincrociato fino ad arrivare a varietà che sono facili da coltivare, molto produttive e strapiene di glutine (ne ho parlato molto tempo fa qui e qualche settimana fa qui).
Per i segreti dei pastai ho il massimo rispetto, ma non dire da dove viene il grano con cui producete la pasta può essere un boomerang: molti potrebbero pensare che “è meglio che non si sappia”.
Per quanto riguarda la qualità inferiore della semola parliamo di qualità nel senso di “semola che dà una pasta più elastica” o di “semola che non fa male”? Perché qui sul pasto nudo la priorità è la salute, possibilmente di pari passo con il gusto.
Punto due: La pasta biologica esiste in tutte le versioni (bianca, integrale, semintegrale etc), ma non essendo il grano biologico irrorato con i pesticidi non c’è alcuna differenza: si può mangiare tranquillamente anche quella integrale, il rivestimento del seme non è “velenoso”.
Il problema sorge invece con la pasta che proviene da grani coltivati con il metodo convenzionale: quella integrale non è sana (secondo il mio metro, ovviamente) perché appunto la crusca è piena di residui. Per non parlare ovviamente dei famigerati bastoncini di crusca, ma questo è un altro discorso.
Mi rendo conto che la semola bio di alta qualità è costosa, ma quanto inciderebbe questo sul prezzo finale? Magari la gente potrebbe essere disposta a pagare di più invece di dover poi spendere in farmacia.
Punto tre: sono d’accordo: di questi tempi molto meglio, anche a livello di prestigio, investire in una ricerca, magari approfondita, o in cultura, come fate producendo cortometraggi di un certo tipo, che la pubblictà tradizionali che ormai sono arrivate ad un livello di stupidità insopportabile.
Punto 4: ne sono molto felice, ma ho tutta l’intenzione di partecipare al progetto segnalando i piccoli produttori che penso lo meritino; mi sembra un servizio utilissimo sia per la gente sia per i produttori che altrimenti potrebbero non avere altre possibilità di farsi conoscere. Mi piace soprattutto perché dà la possibilità ai produttori di arrivare direttamente ai consumatori, senza intermediazioni costose e… politiche.
Per il fatto dei napoletani “che sono simpaticissimi” con me sfondi una porta aperta.
E magari camminiamo anche per strada con un mandolino sotto il braccio e dicendo “ué, ué, ué”. Uff… :-P
@ izn: perfetto su tutti i punti! :-) faccio solo due osservazioni ulteriori a sostegno e non a negazione:
1) conosco la storia del creso, ma non esiste una prova scientifica che la pasta fatta con grano duro possa avere effetti negativi. Non esiste una lobby di pastai o di molini, le grandi multinazionali agricole non toccano il duro perche’ e’ un mercato troppo piccolo per loro, quindi, da consumatore (un po’) consapevole immagino che dagli anni ’70 ad oggi qualcuno si sarebbe posto il problema se un problema esistesse.
Vero e’ che siamo alla fase primordiale della nutrigenomica, su cui stiamo lavorando in fase di ricerca, ovviamente sull’aspetto della celiachia, e credo ci sia tanto da capire, in un senso o nell’altro.
2) sul bio sono daccordo al 100%. Per la pasta base non e’ una questione di costo ma di reperibilita’ e costanza di qualita’. Non riteniamo (dal nostro punto di vista) che il valore aggiunto del bio rispetto alla perdita di qualita’ valga la pena, e’ giustissimo che questo ti porti a non scegliere Garofalo per come ragioni. Ri-Preciso che la pasta Integrale e quella per bambini (la Giostra) sono biologiche.
Sempre a disposizione per i chiarimenti che posso dare, nei miei limiti di non tecnico ma rude Markettaro senza scrupoli :-)
tu con la scusa dei 5 pianeti in vergine vedi un pò cosa ci combini.
Grande discussione avviata da te che si vede sei esperta e attentissima.
Grande Emidio che continua a stupirmi con la sua onnipresenza e il suo entusiasmo (ma come fai a fare tutte queste cose?),
In un progetto come questo propostoci dalla Garofalo, anche per me molto interessante, credo che il tuo contributo sarà davvero prezioso.
Quindi ben vengano le sottolineature, i chiarimenti, gli aggiornamenti….
Finalmente un posto dove di analizzano DAVVERO i progetti e tutti i suoi ingredienti.
Un abbraccio a tutti voi.
(ma tanto a te ti ho abbracciato ieri sera…. ehehehhe)
Alla prossima marmellata.
Anna
ho lasciato decantare questo post per non rispondere troppo bruscamente a caldo, però a me una roba così fa semplicemente rabbrividire:
“il grano che la Garofalo utilizza … è appunto il segreto che rende la loro pasta tanto speciale”
no, non ci siamo,io non mi fido manco morta, questo marketing anni ’80 tutto fiducia negli sconfinati mezzi dell’industria per me ha fatto il suo tempo. io voglio sapere cosa mangio, se non me lo dite non vi compro tanti saluti.
Ciao,
devo dire che anche io condivido le perplessità di Paola.
Se vai all’estero, magari in India o in Africa o in Medio Oriente, cosa fai?
Se tua figlia viene invitata a una festa di compleanno dove si serve coca cola, non ce la mandi? Se ti invitano ad un matrimonio dove non è previsto un menù bio, non ci vai? Questo trincerarsi nelle proprie posizioni è coraggioso, ma è anche controproducente, così rischi veramente di tirarti la zappa sui piedi. Anche dal punto di vista sociale. Nessuno ti impone di mangiare per forza anche cibi non “consapevoli”, ma avere così PAURA dei cibi “normali”… Fino a un certo punto è vero che gli additivi fanno male e anche io prediligo i cibi biologici, ma non arrivo a privarmi del cibo pur di evitare le “schifezze”. Questa tua scelta suscita reazioni forti anche perché, voglio dire, mettiti nei panni di chi ti offre qualcosa e se lo vede rifiutare così, non per vegetarianesimo o motivi religiosi ma perché “il proprio cibo è pericoloso e fa male”! Insomma, io sarei più flexitariana in tutto, no? Il potere della mente è grandissimo, ci credo che se ti convinci che del pane mulino bianco è “veleno assoluto” poi ti senti male se ti capita di mangiarlo!
Ciao.
@emidio mansi: Ho già sottoposto tutto al professor Giannattasio, e spero che lui presto ci chiarirà tutta la situazione grano duro. E sono assolutamente d’accordo con te, c’è tanto da capire, e io sono pronta a qualsiasi nuovo sviluppo e studio, purché intelligente e serio.
Per il bio, sono sicura che esista il modo di fare una pasta meravigliosa anche dal punto di vista gustativo oltre che della salute, utilizzando un grano coltivato senza l’aiuto di prodotti di sintesi. E quando lo trovo te lo porto a Vico personalmente :-)
@anna: È vero, Emidio e la sua organizzazione sono pazzeschi, la cosa che mi ha stupita è che quando ho chiamato Giorgio sul cellulare che ci avevano fornito per avvertire che stavamo arrivando in albergo, lui mi ha risposto chiamandomi con il mio nome. Vecchi trucchi markettari, ma sempre impressionanti :-)
@barbara m.: nel mio ottimismo spero che quelli della Garofalo, che non sono scemi per niente, prendano nota del cambiamento che sta avvenendo nei consumatori, e decidano di diventare trasparenti come noi finalmente *pretendiamo*.
@Laura: se vado all’estero, dipende dove vado ovviamente. In ogni singolo posto – con le differenze del caso – c’è sicuramente modo di trovare cibo ottimo e di dribblare quello scadente. Nei posti più poveri spesso si mangia dal mio punto di vista cento volte meglio che in quelli industrializzati, perché magari gli allevamenti intensivi non sono ancora arrivati (e nei miei sogni non arriveranno mai).
Se mia figlia viene invitata ad una festa, visto che adesso ha tre anni ci vado anch’io, e non le faccio bere la coca cola, no. In genere comunico alla proprietaria di casa che noi mangiamo biologico, e che se non c’è nulla di bio posso portare qualcosa io da mettere sul tavolo, e la mia piccola mangia tra quelle cose. Quando crescerà deciderà lei cosa mangiare ovviamente, per adesso fa quello che dicono la mamma e il papà.
Al matrimonio non è che ci vado per mangiare, spero che chi mi invita sia contenta della mia presenza e non sia interessata a quanto e cosa mangio. Ma in genere chi mi vuole bene mi fa trovare un menù biologico per me e per i miei.
Ma che c’è di strano? Se io fossi vegetariana o vegana farei lo stesso, no? O per non offendere i padroni di casa dovrei mangiare carne e pesce, o magari masticarli e poi sputarli di nascosto nelle piante? :-D
Io non ho *paura* dei cibi normali (e sul termine “normali” potrei aprire un dibattito infinito), semplicemente so quello che c’è dentro e scelgo consapevolmente di non mangiarli, per un milione di motivi importanti.
Non ho mai detto che il pane del mulino bianco è veleno assoluto, ma posso affermare in tutta serenità che non mi interessa mangiarlo, perché so con cosa è fatto, e perché detesto e stradetesto tutte le bugie sdolcinate e stucchevoli che ci costruiscono attorno per farcelo comprare. E *io* non ci sto.
Izn (che non conosco e con cui non sempre sono d’accordo) non ha certo bisogno che io spieghi il suo atteggiamento a tavola, però una cosa davanti a certe obiezioni andrebbe assolutamente precisata. In questo caso particolare, c’era stata l’assicurazione esplicita (lo racconta lei) che sarebbe stato fornito cibo biologico a lei e alla sua famiglia. Evidentemente la sua partecipazione era stata giudicata così importante da chi, non da lei richiesto, l’aveva invitata (insistendo ripetutamente per farla accettare dopo i suoi primi rifiuti), da poter prevedere anche questo tassello organizzativo. Il fatto che invece il cibo fosse “quello dei celiaci con cui si arrangiano anche quelli che hanno chiesto il biologico” (come lei racconta), non è professionale e non è affatto educato, altro che essere intolleranti perché si rifiuta il cibo offerto. Dato che le condizioni erano state precisate chiaramente prima e non al momento di sedersi a tavola, andavano mantenute. Per serietà.
Capisco la sua situazione perché c’è un alimento che io non posso mangiare e mi è accaduto troppe volte al ristorante di chiedere se un certo piatto lo prevedesse, perché in quel caso avrei scelto un’altra cosa, di essere rassicurata che l’ingrediente in questione non era presente e poi accorgermi che non era vero. A quel punto facevo presente la cosa, ricevendo in genere le seguenti risposte: 2) che su una cosa del genere non si può essere così esigenti, 3) che ce n’è poco e quindi non fa male. Mi è pure capitato di non poter mangiare nulla se non i dolci o la pasta in bianco perché quel particolare ingrediente era praticamente in tutto il menu. Ma non è questo l’importante: il punto è che un cliente è stato chiaro, ha fatto un accordo con te, tu sei tenuto a rispettarlo, specie poi se c’hai 4 stelle (ma non solo).
@izn: e se fosse proprio la parola consumatore da buttare una volta per tutte nel cestino?
mi spiego (ci provo).
a me questa parola mette istintivamente l’idea di pollo da spennare. di figlio della pubblicità che tutto si beve e tutto porta a casa, basta che sia, pur di placare la propria bulimia di oggetti.
e se non fosse arrivato il momento di fare un passo avanti o forse meglio indietro? di passare da consumatori a clienti, utenti, utilizzatori, cittadini o semplicemente persone.
Lungi da me voler dire a qualcuno cosa deve mangiare o cosa deve fare… ma rifiutarsi a prescindere di mangiare anche solo un atomo di un cibo non bio anche quando è coinvolta l’ospitalità (non mi riferisco certo a gente del fud) non ti sembra proprio un’imposizione nei confronti delle abitudini altrui? Pensa come ti sentiresti tu, organizzando una festa in casa per tua figlia, se un’altra mamma ti dicesse che né tu e né la pulcina mangerete il cibo da lei preparato con cura! Essere così poco flessibili significa escludersi, ed escludere anche i propri cari, da intere cerchie di persone che fanno scelte alimentari diverse dalle proprie…
Invitare a cena un vegetariano, un vegano o una persona con un’intolleranza è semplice per tutti, basta escludere dal menù determinati tipi di alimenti. Ma ti rendi conto che per invitare a casa una persona che segue il tuo regime è necessario accettare che l’ospite si porti il suo cibo, o dover fare la spesa con un congruo anticipo (gruppo d’acquisto) o in alternativa con un congruo impiego di tempo (giro dai produttori di zona) o di denaro (supermercato bio)?
Sul mio uso del termine cibi “normali”, è chiaro che mi riferivo ai prodotti più acquistati, che sono quelli della grande distribuzione, ed è altrettanto chiaro che per me non sono “normali”: discutere di quell’aggettivo è un po’ come parlare del sesso degli angeli, mi sa ;)
Per quanto riguarda il cibo nel resto del mondo, io lavoro per una onlus e viaggio moltissimo, soprattutto in Africa, credo di poter parlare della situazione con una certa dimestichezza. Ti assicuro solo che se avessi rifiutato di mangiare ogni cibo non certificato biologico, sarei morta di fame, altro che saltare due pasti, te lo assicuro! Il viaggio è anche cibo per la mente, e non concedere MAI uno strappo alle regole né a se stessi né alla propria famiglia in un regime come il tuo rende molto più difficile spostarsi anche solo di poche centinaia di km… Il messaggio del tuo blog è veramente fantastico, ma non capisco questa rigidità assoluta e totale.
Il discorso di Camilla è giusto, ma mi riferivo ovviamente ad una sfera più generica di questa.
Spero di non essere stata troppo provocatoria, ciao!
L.
@camilla: Sì. Scelgo da sempre pensioni con tipo tre stanze, ed il motivo è questo. Quel tipo di alberghi proprio non fa per me. Troppo impersonali, troppo commerciali, troppo mastodonti preistorici.
@barbara m.: sono d’accordo su tutta la linea. Consumatore come definizione fa veramente schifo.
@Laura: no, è che non sono molto brava a spiegare. Non intendevo dire che se vado in Africa chiedo cibo biologico, ma solo che in Africa il cibo è mediamente migliore (dal mio punto di vista) e che trovo sicuramente qualcosa che posso mangiare, a differenza che qui in Italia.
Tipo in un villaggio di pescatori a nord della Tunisia, tale Raf-raf, dove ho mangiato costolette d’agnello che mi servivano buttate direttamente sul tavolo. Neanche il piatto avevano. E lo trovavo molto sano. E non mi faceva male per niente.
Si tratta solo di prospettive. Angolazioni.
Trovo peró che chi ti invitasse a mangiare sarebbe poco educato a servirti cibo che sa che non mangeresti. Io non lo farei mai. Quando invito qualcuno da me la prima cosa che chiedo è cosa mangia e cosa no. Ed è un piacere per me andare a cercare la ricetta o l’ortaggio o quello che è, che so che mette d’accordo tutti e a disagio nessuno.
Il cibo biologico comunque ormai si trova dovunque, e non costa di più. E lo sforzo che tento di fare con il pasto nudo è proprio nel fornire una rete di posti dove cercarlo a costi umani.
No, non sei troppo provocatoria. È giusto così :-)
Ciao izn…Data l’abbondanza di Laura…x capirci…io sn quella che ti ha scritto la mail per le zucchine al timo!Mio marito è originario del paese affianco a castel di sasso…ad agosto quando scendiamo andrò sicuramente ad assaggiare il cagliato romano!
Poveri foodblogger, invitati capziosamente a scroccare we in grandi alberghi 4 stelle di – naturalmente – pessimo gusto, costretti a (non) mangiare cibo-spazzatura, in ogni caso offerto, indotti a recensire con disgusto cotanto orrore! Fondiamo un comitato per salvarli!! La FAO dovrebbe occuparsene, ohibò…
Bellissime le foto del pastificio. Mi piace molto la pasta Garofalo ed è stato bello fare un tuffo in questo mondo ;)
@laura: laura dimmi che ti ho risposto alla mail! Altrimenti, ti prego, rimandamela!!!!
@Loulou: colgo una sottile ironia… ma hai ragione, la prossima volta mi presento scodinzolando, basta che mi danno qualcosa aggratis.
@nero di seppia: Grazie cara! e ben approdata sul pasto nudo :-) Voglio i tuoi involtini alla palermitana!!! :-P
No, il tutto – bollicine in faccia che scoppiano improvvise e via catastrofizzando – mi pare solo un tantino surreale. Ripeto, ironia no, ma affettuosamente suggerisco agli apocalittici di starsene a casa. Noi integrati, prima di perderci definitivamente, aspiriamo forse ad essere catechizzati, e chissà, forse un giorno salvati. : )
@Loulou: le bollicine ti sembrano surreali perché non sono capitate a te o a chi ti è vicino (per fortuna!) :-)
Noi apocalittici :-) ad ogni modo vediamo quel tipo di manifestazioni come un modo del nostro organismo di parlarci; in quel momento il corpo della piccola diceva che quel cibo non andava bene, non c’è nulla di strano o di allarmante, solo che è necessario imparare ad ascoltare, e lo fa in genere unicamente chi ci è costretto.
Per quel che mi riguarda ti auguro mille milioni di volte di mantenere la buona salute che hai, e anzi un po’ ti invidio pure – purtroppo la stragrande maggioranza dei lettori del pasto nudo è gente (come me) che ha avuto grandi o piccoli problemi di salute, ed è per questo che cercano qui un certo tipo di risposte.
Se poi un giorno lontanissimo avessi bisogno di salvezza, il pasto nudo sarà comunque qui a disposizione (spero non come relitto navigante) :-)
Beh, io sono in Sudafrica, al momento. Anch’ io, come Izn, in Italia ero quasi costretta a mangiare biologico. Qui no. Premetto che sono a Johannesburg, che e’ come dire New York, e non in un paesino di pescatori sulla costa. Comunque il mio corpo se ne e’ accorto subito. Certo, se si vuole ci si abitua a tutto. Io, pero’ , ho preferito usare il mio tempo per cercare. E cercare. E cercare di capire che stagione e’ , qui, ora, e cosa cresce. E chi produce cosa. Ed ho trovato tutto, a prezzi uguali a quelli del supermercato, o quasi. Compro meno “cibi” inutili (merendine, yogurt colorati, cioccolatesolozucchero, biscotti, bibite) e con quei soldi mi compero un pane fatto con la pasta madre e la farina macinata a pietra senza nessun pesticida dentro (il prossimo passo sara’ farmelo, che costa ancora meno). Per me e per la mia famiglia essere “integrati” non significa mangiare uno dei 17.000 (diciassettemila) nuovi prodotti che l’ industria alimentare ci mette ogni giorno negli scaffali piu’ un vista del supermercato. Ma cercare di capire quale benzina metto nel mio corpo, e soprattutto in quello di mia figlia di cinque anni. Trovo semplicemente che sia il mio dovere di genitore prendermi la responsabilita’ della sua vita. Comunque, sono perfettamente d’ accordo con Laura, sul fatto della rigidita’. Certo, se io fossi rigidasaremmo morti di fame! ;-))
Il problema arriva quando l’ eccezione diventa la regola. A me non interessa catechizzare nessuno. Trovo solo strano che qualcuno mi derida per il mio modo di vivere, visto che io non lo faccio con il suo. perche’ questo accanimento contro chi vuole solo mangiare in modo diverso? Cosa hanno da perdere, gli altri? Ognuno deve essere libero di fare quello che vuole (anche se mi scoccia che si usino meta’ dei soldi delle MIE tasse per pagare calmanti per curare i bambini iperattivi, foraggiati per anni con merendine a base di zucchero bianco). Comunque, come dicevano i saggi: “meglio ottimi pensieri e pessimo cibo che pessimi pensieri ed ottimo cibo”. Se poi abbiamo tutti e due, come Izn, allora e’ il massimo.
E per le bollicine, Izn, fai come la maggior parte delle mamme: chiami il pediatra e sei a posto, che in fondo una cremina al cortisone per far andar via le bolle dalla pelle della bimba non si nega a nessuno, e costa sicuramente meno del cibo biologico. Tanto, da quello che sento, in Italia lo Stato e’ ricchissimo, e puo’ permettersi di curare tutti i sintomi, invece che fare educazione alimentare nelle scuole ed insegnare a guardare cosa c’ e’ nel piatto in cui si mangia! Un abbraccio a tutti, integrati o meno che siano!
A me sembra che si stiano un po confondendo gli argomenti. Un conto sono le scelte alimentari (rigide o meno rigide) che dovrebbero essere un diritto di tutti (ma spesso non possono esserlo) e che come tali vanno rispettate. Un conto è parlare di rispetto del cibo qualsiasi esso sia perchè chi il il cibo non ce l’ha. Perchè è vero che si può rinunciare alle merendine in cambio di un pane bio, ma se con i soldi del pane bio mangiano 2 bambini e con quello normale 10 allora la mia coscenza si fa delle domande. Si interroga.
Si forse in alcuni posti del mondo si trova il grano senza pesticidi, ma l’acqua da bere è quella delle fogne a cielo aperto. Ed è con queste realtà che stride un po’ tutta questa rigidità, e l’hotel a 4 stelle che nenache andava bene ecc….
Ma è vero anche che la cremina al cortisone per un non nulla è sbagliata e rappresenta un modo di “vivere” da combattere o reinventare, almeno per me.
Non so forse è difficile dire in un post quello che si pensa di certi argomenti senza magari essere ironici o provocatori ma è anche questo lo spirito giusto per vivere secondo me. Farsi delle domande e non rinchiudersi che da confronto si cresce sempre.
Come sempre mi sono lasciata prendere la mano… in realtá il mio commento voleva essere veramente inerente la discussione. Prima di “scendere” sotto l´equatore, nei sei mesi che sono rimasta in Italia, la piccola ha frequentato la scuola materna, a Trento. E, con mia grande sorpresa, ho scoperto che non solo la pasta (come quasi tutto il cibo) era biologica, ma pure prodotta a meno di 100 chilometri di distanza. E dico anche la marca, perché mi ha proprio stupita positivamente, il fatto che un (ex) piccolo pastificio in cima alla val di Fiemme abbia deciso una strategia di questo tipo. E sono sicurissima che la loro scelta li sta ripagando anche in termini economici, oltre che di immagine. Adesso mi mnca solo di andare a vedere da dove viene il loro grano ;-))
@Paola: concordo con te! Una cosa, peró, vorrei dire: il fatto di potersi permettere o meno il cibo biologico é solo una pura questione culturale. Negi ultimi anni ho visto moltissime persone con tanto di SUV, cellulari ultimo modello e enormi tv con schermi piatti dire che non si possono permettere di mangiare biologico. È anche una questione di onestá, secondo me. Io non dico che non posso permettermi gli occhiali da sole nuovi o tre paia di scarpe anziché due. Dico solo che ho una scala di valori e delle prioritá diverse. Io preferisco andare in giro con le toppe sul culo ma mangiare sano. Non dico di essere migliore. Peró, ecco, un poco sono orgogliosa che con una scela di vita consapevole, e cioé pensando alle conseguenze provocate dalle mie scelte, anche e soprattutto a lungo termine, posso evitare lo spreco dei soldi di tutti (anche delle tasse che paga Loulou ;-)) e contribuire a lasciare ai figli di tutti (anhe di quelli che se ne fregano e mi deridono) un paese migliore.
@claudia, concordo con te su tutti i punti ma non l’hai citata la pasta, è la felicetti per caso? perchè (a volte le coincidenze) pure lei si sta pubblicizzando tremite i blog anche se in modo più delicato e proprio lo stesso fine settimana della garofalo ha invitato un gruppo di blogger a visitare l’azienda (in giro si trovano i post, da qualcosadirosso ombradelportico chezbabs), io ci sarei andata volentieri se mi avessero invitato con più preavviso, quella è un tipo di marchetta che farei addirittura io questo voglio dire, perchè mi sembra un’azienda che mi corrisponde: http://www.marketpress.info/StoNotiziario_det.php?art=9016&pag=5&g=20050113 se poi non è quella meglio, vuole dire che non è un caso isolato, comunque in trentino alto adige è innegabile che sono più avanti per quanto riguarda il discorso ecologico in generale…
riguardo al bio che costa tanto son balle (basta comprare coi gas direttamente dal produttore), la gente che si strafoga di prodotti industriali potrebbe mangiare la metà e mangiare bio invece di comprare il cellulare ultimo modello ai bambini, per non parlare del fatto che se noi compriamo prodotti industriali siamo complici di multinazionali che affamano il terzo mondo con le loro politiche invasive e uccidono il primo mondo di obesità e diabete, io comunque sono fiduciosa, la gente è sempre meno ignorante e sempre più consapevole, le vendite del bio sono in continua ascesa nonostante la crisi e questo spiega anche come mai si sta sviluppando un movimento di opinione sempre più violento e incattivito contro il biologico…
@Stelladisale: ops, é vero, ero convinta di aver scritto la marca ma poi mi son persa ;-). Sí, é la Felicetti.
Comunque, non credere che in Trentino siamo poi cosí avanti: credo sia una delle ultime regioni come superficie coltivata bio. Certo, la Provincia pare si stia dando da fare. Per esempio, per introdurre i cibi biologici nelle mense: ammetto che il fatto che mia figlia mangi biologico e soprattutto cucinato in modo sano da una meravigliosa cuoca all´interno della scuola (grazie, mitica cuoca Francesca!!!) mi fa ben sperare. Peró se pensi a quanti soldi ha la nostra Provincia (autonoma), credo che ci sia ancora molto da fare. Puntano ancora sulla lotta integrata, tanto per fare un esempio, confondendola con il biologico (quando sappiamo benissimo che non sono assolutamente la stessa cosa). Per esempio, sai quanta superficie é coltivata a mele (le famose mele del trentino? Ecco, un´intera valle piena di chimica e pesticidi, praticamente. Adesso pare che il “colosso” abbia deciso di convertire al bio il 2% della produzione…a me viene da ridere…)? Comunque mi sa che le cose si stanno muovendo, piano piano. Anche se la vedo dura, parlare di biologico, in un territorio in cui negli ultimi anni non hanno fatto altro che costruire nuove strade e gallerie e autostrade. Per fortuna rimangono ancora alcune oasi (Lagorai, Val dei Mocheni, Val di Gresta). Ma voglio essere ottimista :-))
ragazzi/e stop alt fermi : ) faccio il pane leggo le etichette evito la carne visito farm bio mi curo con l’omeopatia etc. etc. ma solo volevo dire – purtroppo – lavorando e “vivendo” la contaminazione c’è, ci sta, è inevitabile, quindi cercavo – cerco – di alleggerire i toni, non sono una terrorista occulta del movimento misterioso pro-indistriale ahahah ma suvvia un pò d’ironia non guasta, sennò si cade nel proselitismo, nel fanatismo, nell’ottusità (brrr)
@Loulou: quell’estremismo che tu paventi (e gli estremismi sono sempre da paventare) non è altro che l’onda di ritorno del lassismo, del lasciar correre, del non scandalizzarsi più di nulla, infine dell’ignavia che ha caratterizzato tutta l’epoca nella quale fino ad ora sono vissuta.
È naturale che adesso si tenda ad esagerare nel senso opposto, e ancora di più che cose normali come disprezzare un albergo che esiste all’insegna dello spreco energetico, del consumismo più sfrenato, della totale cecità verso le più elementari regole dell’ecologia e dell’anacronistico disinteresse verso una cucina salutare, sembrino follie assurde.
Io per prima adoro l’ironia e a volte addirittura il sarcasmo, ma è stata l’ironia di De Crescenzo che ha fatto credere al mondo che i napoletani sono una macchietta vivente, e ha fatto poi adagiare anche molti di loro su quella convinzione.
Ad ogni modo sono assolutamente d’accordo, l’elasticità è fondamentale e ti ringrazio per averlo ricordato. Però quando si parla di salute non ce la faccio proprio a essere elastica. Forse ho passato troppe ore negli ospedali ad attendere. E a osservare.
@izn: sono arrivato qui per caso, girovagando tra i vari blog. Concordo decisamente sul punto conclusivo del tuo post: l’attenzione per la salute non può essere “elastica”. Troppe sono le occasioni in cui si fa di questa elasticità un pretesto o una necessità che spesso segnano irrimediabilmente.