Siamo al cambio di stagione. Qui in Doicilandia… ehm… Germania, è il periodo dei digiuni. Veramente. È tutto un pullulare di articoli su riviste di ogni genere, di servizi speciali in tv, di chiacchiere tra colleghi. La cosa che mi stupisce sopra tutte le altre è che i più attivi nel Fasten (digiuno, appunto), sono i medici ed i loro familiari. Molti hotel organizzano settimane-di-digiuno-e-camminate-tra-i-boschi, perché è molto più facile e bello digiunare in compagnia.
cibo e stagionalità
Ora, io il digiuno primaverile da cambio di stagione non l’ho mai fatto. Ogni tanto, quando assumo rimedi omeopatici, il mio corpo rifiuta per un giorno qualsiasi cibo, ma poi ritrovo l’equilibrio e riprendo come prima. Quindi, non scriverò un post sul digiuno. Che, peraltro, qui consigliano solo alle persone sane, non incinte, adulte e aiutate da un medico (o da un nutrizionista: ho scoperto di avere in fondo alla strada di casa l’ambulatorio di una nutrizionista specializzata in digiuni: ma guarda te che storie…). Però mi attira, questa cosa. Voglio dire: si digiuna da sempre.
Uno dei tanti articoli sul digiuno mi ha particolarmente colpita per la sua completezza. È quello della rivista Biosonderheft, e adesso provo non solo a riassumerlo, ma pure a tradurlo (speriamo bene!). Per chi masticasse il tedesco, gli articoli si trovano qui e qui.
Ippocrate, nel 460 a. C., consigliava il digiuno per guarire o per mantenersi in salute. Anche nell’antica Roma e in Arabia veniva praticato il digiuno come prevenzione e cura di molti disturbi. Durante il Rinascimento, Paracelso recuperò i precetti di Ippocrate, e la pratica del digiuno continuò a perfezionarsi per tutto il 18° ed il 19° secolo, fino alla fioritura della prima metà del secolo scorso. Soprattutto nelle aree tedesche si misero a punto diversi metodi: dal digiuno totale a quello con sola frutta, noci, semi, brodi vegetali o cereali.
Per chi fosse proprio curioso di sapere nomi e cognomi, tra i più famosi troviamo il medico austriaco Franz Xaver Mayr (1875-1965) e il tedesco Otto Buchinger (1878-1966), che hanno disseminato di cliniche specializzate l’intera Germania e non solo (c’è una clinica Buchinger a Marbella, guardate qui).
A me affascina molto, come sempre, il fatto che una consuetudine, un rituale, un gesto, sia trasversalmente presente in tutte le principali culture del pianeta. Non sempre si tratta di digiuno vero e proprio; spesso è solo una rinuncia a determinati cibi o bevande. Pare che Mosè abbia digiunato prima di ricevere i Dieci Comandamenti. Nel Nuovo Testamento digiunano Giovanni Battista e lo stesso Gesù. Per non parlare delle decine di mistici sparsi nei deserti a cibarsi di radici.

E poi il digiuno cattolico per eccellenza, quello prescritto durante la Quaresima. In questo caso, l’astensione dal consumo di animali terrestri e il consumo di vegetali e animali acquatici serve a portare il corpo e la mente in uno stato lunare, animico, amplificando al massimo la capacità ricettiva. Questo, come riprenderà poi Hildegard von Bingen (stranissimo personaggio molto famoso nei paesi di lingua tedesca: benedettina, mistica, scrittrice, pittrice, poetessa, filosofa, musicista e altre mille cose), al fine di trovarsi nello stato fisico e mentale più adatto per essere impregnato dallo Spirito al momento della resurrezione (del fuoco solare).

Nell’Islam il digiuno è un dovere di ogni musulmano, nel mese del Ramadam (di giorno, almeno). Anche se l’assenza di carne di maiale e alcoolici nella dieta quotidiana li vede già avvantaggiati in partenza. Allo stesso modo ho sempre pensato che gli ebrei, proprio per le molte limitazioni della loro cultura alimentare, fossero di per sé meno bisognosi di pratiche depurative (si digiuna comunque, nel giorno del Yom Kippur). I buddisti non hanno un obbligo preciso, ma il digiuno o la rinuncia a determinati alimenti è parte integrante per il raggiungimento dell’illuminazione. Nell’Induismo si ha il punto più alto dell’importanza del digiuno a livello religioso, praticato solitamente in combinazione con pratiche Yoga. Il Mahatma Gandhi diede al digiuno un significato politico che mai prima di allora aveva avuto.
Due cose mi sono rimaste in mente. La prima è una frase di George Bernhard Shaw: “Anche uno stupido può digiunare, ma solo un saggio può interrompere il digiuno in modo corretto”. La seconda è una sorta di “precetto” di un certo professor Lothar Wendt (che… ehm… ammetto di non aver mai sentito nominare, fino alla lettura di questo articolo): un digiuno dalle proteine animali, e cioè una alimentazione vegana, ma solo per, attenzione attenzione: un pasto al giorno, un giorno alla settimana, un mese all’anno. Ecco, questo per me è già più fattibile. Almeno il pasto al giorno ed il giorno alla settimana.
In realtà più che il digiuno mi piace l’idea che, per depurare il nostro organismo sul cambio di stagione, per ripulirci delle tossine accumulate durante l’inverno e prepararci alla fioritura primaverile, si possa rinunciare per qualche tempo a delle cose che, sempre secondo molti medici di qui, provocherebbero una eccessiva presenza di acidi all’interno del nostro corpo. Con conseguente stanchezza, dolori muscolari vari, mal di schiena, reumatismi, intolleranze alimentari e altri cento disturbi tra i più disparati. Ma non entro nei dettagli, che lo lascio fare ai medici, appunto. Gli alimenti che sarebbe consigliato sospendere per qualche settimana dalla dieta sono, anche qui, le proteine animali (compresi i formaggi e le uova), la farina di frumento, il caffè, lo zucchero, cioccolata e dolci vari, gli alcoolici.
Una volta, da piccola, ricordo che durante la Quaresima sentivo sempre dire che il venerdì si doveva fare digiuno ed astinenza. E non capivo, chiaramente, cosa volesse dire (anche perché i bambini sono sempre comunque esentati). Forse per questo l’argomento mi interessa particolarmente. Però ricordo come una sorta di vuoto alimentare, che credo dipendesse dal fatto che anche a noi piccoli non venissero poi elargiti troppi dolci, tra le scorpacciate di Carnevale e l’esplosione di uova e campanelle e conigli cioccolatosi di Pasqua.
In effetti non volevo scrivere di digiuno. Veramente. Anche se il blog di Izn sarebbe stato il posto perfetto, per questo. In realtà volevo condividere con voi un consiglio della medicina cinese. Ebbene, questa sostiene nientepopodimenoche, cambiando il modo di alimentarci e facendo arrivare al cervello sostanze diverse dal solito, lui (il cervello) ci ringrazia regalandoci in cambio intuizioni e “nuove vie”. Cambio vantaggioso, nevvero?
Cioè, in parole povere: introducendo nuovi alimenti nella nostra dieta diamo la possibilità al cervello di trovare soluzioni nuove a problemi vecchi. E con il sistema immunitario più felice. O, girate la frittata un po’ come volete: mangiando sempre le stesse cose diventiamo delle vecchie cariatidi pure un poco brontolone e antipatiche, modello Scrooge di Dickens, per intenderci. Studi in questo senso hanno portato alla conclusione che chi introduce sempre nuovi alimenti nella dieta ha meno allergie, intolleranze alimentari e malattie infettive.
Stavo appunto meditando su questo concetto, quando non ti trovo un articolo di Vittorio Caprioglio (non vi dico su che rivista) che mi racconta la stessa cosa? E cioè che i frati dei conventi prescrivevano, prima del cambio di stagione, un radicale sovvertimento delle abitudini alimentari, per evitare che alcuni cibi diventassero delle vere e proprie droghe (che ne so: per tutto marzo niente colazione cappuccino-brioche, o niente caffè al mattino, o niente aperitivo o birretta o bicchiere di rosso che dir si voglia). In pratica: se mangiamo sempre le stesse cose restiamo sempre uguali. Monotoni. Abitudinari. Energie vecchie. Stantìe.
Non cominciate anche voi a sentire odore di chiuso e ad avere una voglia irrefrenabile di aprire le finestre e le ante degli armadi e arieggiare e regalare al vostro corpo un paio di manciate di sbrilluccicanti ed energetiche novità vitali? Bene. Certo, non basta mangiare una sola volta qualcosa di mai provato: sarebbe opportuno continuare a cibarsi del nuovo entrato almeno per una settimana o due. In tutti i modi possibili.
Io mi sono lasciata guidare dall’istinto, questo mese, e ho scoperto la portulaca invernale. Nessuno tra i miei amici italiani la conosce. Qualcuno di voi l’ha già assaggiata? Beh, io l’ho trovata superlativa, e l’ho subito infilata nel più classico dei tortini, sostituendola alla bietola (ed usando farina di farro, che lo rende dieci volte più buona, se mai fosse possibile!)
Basta entrare dal verduraio o in un negozio di prodotti biologici o biodinamici ed il gioco è fatto. Qualcuno troverà un cereale, o un frutto, ma anche un infuso, una spezia, un’essenza, un profumo. Poi mi fate sapere?