Tempo addietro discutevo di latte con un caro amico vegano. Lui sosteneva a spada tratta che è un alimento criminale per la nostra salute. Poiché io sostenevo il contrario, egli mi invitò a leggere il libro “The China Study” scritto da un insigne scienziato americano, dove a suo avviso avrei potuto trovare la documentazione scientifica a sostegno della sua tesi.
latte e china study
Anche se con ritardo, ho letto questo libro, diventato nel frattempo un best seller specialmente tra i vegani. Ho pensato di comunicarvi alcune mie considerazioni che riguardano il capitolo 3 e i vari capitoli dall’8 in poi, nei quali il latte viene appunto criminalizzato a tutto spiano.

Prima parte: la caseina (la proteina più abbondante del latte) è davvero cancerogena?

Nel capitolo 3 l’autore descrive e interpreta i suoi esperimenti sui ratti, riguardanti gli effetti della caseina presente nella dieta (come fonte alimentare di proteine), sull’attività cancerogena dell’aflatossina. Commento alcuni passaggi.
pagina 65, rigo 18. “Fino a quel momento avevamo utilizzato la caseina, che costituisce l’87% del latte vaccino“. In effetti la caseina costituisce soltanto il 2,7% del latte, mentre un altro 0,6% è rappresentato dalle proteine del siero. Si tratta probabilmente di un inconveniente occorso in fase di stampa del libro cui spero si sia rimediato se ci sono state edizioni successive a quella in mio possesso.”.
pagina 67, rigo 26. “È fuori di dubbio che le proteine del latte vaccino siano un promotore straordinariamente potente del cancro nei ratti a cui è stata somministrata l’aflatossina”. Ritengo che piuttosto che parlare genericamente di “proteine del latte”, si sarebbe dovuto specificare che si trattava della caseina (che è appunto la proteina studiata). Questo perché la caseina è soltanto una, anche se la più abbondante, delle numerose proteine presenti nel latte.
Inoltre la frase, così come è messa, può creare equivoci nei lettori che non hanno una preparazione specifica. Potrebbe far credere che la caseina sia *di per sé* cancerogena, mentre la conclusione a cui arriva l’autore con le sue ricerche è un’altra: la caseina – ad alte dosi – non è cancerogena ma favorisce l’azione cancerogena di un’altra sostanza, che nel caso degli esperimenti descritti, è l’aflatossina, notoriamente cancerogena per il fegato. Preciso che l’aflatossina è prodotta da alcune muffe quando alimenti vegetali, come i cereali e la frutta secca oleaginosa, non sono conservati come si dovrebbe.
pagina 63, quartultimo rigo. L’autore qui afferma che la caseina favorisce l’azione cancerogena dell’aflatossina soltanto quando la quantità presente nella dieta supera il 10% (delle calorie totali), cioè è più alta di quella necessaria per soddisfare le esigenze nutrizionali dei ratti. Dunque fino al 10% la caseina è del tutto innocua per i ratti, anche in presenza dell’aflatossina.
pagina 71, rigo 16. “ratti ed esseri umani hanno un fabbisogno quasi identico di proteine”. Sta a significare che anche per noi il 10% delle proteine è la quota proteica necessaria per soddisfare le nostre esigenze nutrizionali.
Probabilmente vi starete chiedendo cosa significhi questo 10% e quale sia la quantità di proteine (o di caseina) che corrisponda a tale percentuale. Presto detto: è la quantità di proteine (o di caseina) che fornisce il 10% delle calorie totali della dieta. Pertanto, se si considera una dieta normale da 2000 kcal, il 10% di proteine (o caseina) è pari a 200 kcal, che diviso per 4 (perché a ogni 4 kcal corrisponde 1 grammo di proteine) fa 50 grammi di proteine (o di caseina).
Arrivati a questo punto, un interrogativo: se, a quanto pare, i ratti vivono bene se sono nutriti con una dieta in cui la caseina è *l’unica* fonte proteica, potremmo anche noi vivere con un dieta in cui le esigenze in proteine siano soddisfatte unicamente da 50 grammi di caseina al giorno? La risposta è no, non solo perché sarebbe assurdo consumare tutti i giorni soltanto latte e latticini (sono le uniche fonti di caseina) ma anche perché la caseina ha bassi livelli di triptofano e treonina per cui a lungo andare andremmo in carenza per questi due amminoacidi essenziali.
Ancora meno probabile, quindi, che si assumano quantità maggiori di latte e/o latticini per arrivare alle quantità (oltre i 50 grammi) che stando alle ricerche di Campbell, favorirebbero lo sviluppo del cancro indotto dall’aflatossina.
Ma, ammesso e non concesso che potessimo vivere di sola caseina come fonte proteica, sapete quanto latte e latticini dovremmo consumare al giorno per assumere i 50 grammi di cui abbiamo bisogno? Una tazza (200 ml) di latte (5,4 grammi di caseina) e ben 150 grammi di un formaggio stagionato come il parmigiano (sono altri 45 grammi), corrispondenti all’incirca a 4 porzioni. È un’eventualità da follia bulimica! Ed è, ovviamente, ancora meno probabile che si assumano quantità addirittura maggiori di latte e/o latticini per arrivare alle quantità (oltre 50 grammi) di caseina che, stando alle ricerche di Campbell, favorirebbero lo sviluppo del cancro indotto dall’aflatossina.

In sintesi

• la caseina di per sé non è cancerogena per i ratti, ma in quantità che vanno oltre quella necessaria per soddisfare le esigenze nutrizionali, stimola l’attività cancerogena dell’aflatossina;
• nell’uomo la caseina non può avere lo stesso effetto nocivo osservato nei ratti, perché è impensabile che si possano assumere 50 (o più!) grammi di caseina al giorno.
Pertanto, l’equazione in voga, basata sulle ricerche del prof. Campbell sui ratti alimentati con caseina: “il latte contiene caseina = la caseina è cancerogena = bere il latte provoca il cancro”, non ha un fondamento scientifico incontestabile.
Sia chiaro che queste mie considerazioni riguardano il latte, e non gli alimenti animali nel loro complesso, il cui consumo eccessivo — dato questo accertato inequivocabilmente da numerose ricerche — può aumentare il rischio di insorgenza del cancro e di altre patologie degenerative.

Seconda parte: il latte è davvero un elemento criminale?

Stando alle ricerche epidemiologiche (di altri studiosi) riportate nel libro di Campbell nel capitolo ottavo e seguente risulterebbe che il consumo di latte e latticini aumenti il rischio di insorgenza di alcune forme di cancro, come quello della prostata, del diabete e di altre malattie degenerative.
C’è da dire a questo proposito che, se c’è una schiera di studiosi che criminalizza il latte, ce n’è un’altra che invece lo santifica.

Io mi limito a trarre spunto da questa diatriba per sottolineare che tutte le ricerche epidemiologiche finora condotte per accertare se il latte sia nocivo oppure no hanno preso in considerazione la quantità di latte consumato, e se fosse intero o scremato, senza però mai tener conto della *qualità* del latte. Trovo che questo sia un errore di metodo perché, oggi, a causa delle pratiche perverse che attua la moderna zootecnia industriale, gran parte del latte che si consuma è di qualità così scadente che può effettivamente risultare nocivo per l’uomo.
Si pensi a quante sostanze pericolose può contenere un latte di cattiva qualità: residui di pesticidi, antibiotici, additivi, contaminanti ambientali come la diossina che possiede attività estrogenico-simile, sostanze ad attività ormonale (fitoestrogeni e enterolattoni della soia e dei pannelli di lino). Sono tutte sostanze potenzialmente nocive che provengono dal mangime dato agli animali. Singolarmente esse sono di norma presenti nel latte al di sotto della soglia di sicurezza fissata per legge, ma l’effetto del cocktail (derivante dalla loro combinazione) sulla nostra salute non è dato di saperlo.

E non ho finito. Diverse pratiche zootecniche, rivolte ad aumentare la produzione di latte oltre i limiti imposti dalla fisiologia dell’animale, possono determinare un aumento dei livelli di sostanze proprie del latte (estrogeni e insulin-like-growth factor) che, oltre una determinata soglia, possono essere nocive. Negli Stati Uniti (paese in cui è stata condotta la maggior parte degli studi epidemiologici sul latte) le mucche sono addirittura trattate con l’ormone della crescita bovina (per di più transgenico).
Come può una vacca alimentata e trattata così male dare del latte sano? Per questo, come sapete, io bevo e consiglio di bere, ovviamente a chi lo tollera, quel latte lì a km 1000. Aggiungo che c’è anche qualche latte made in italy che è di buona qualità.
D’altro canto, se fosse il latte in quanto tale a far male, come ci spiegheremmo il fatto che esso era insieme al miele l’alimento della terra promessa da Dio alla gente di Israele? Di zuppa di latte si sono giovate generazioni di bambini e vecchi, che non avevano altro di che nutrirsi.
La stessa gloriosa scuola medica salernitana così magnificava le virtù del latte: “Il latte di vacca ristora molto il corpo, espelle il calore, che nuoce ai caldi umori, accresce la carne, sana le ferite dell’utero”. Ma poi, forse per mettere in allerta gli intolleranti al lattosio (che sono sempre esistiti) proseguiva “dà umidità al corpo dell’uomo, il latte, che è di natura fredda, e tutti i cibi dolci, rendono le viscere torbide”.
Non ho la verità in tasca, ma di una cosa sono sicuro. Oggi si tende un po’ troppo a criminalizzare tout court questo o quell’altro alimento consumati da millenni, quando invece andrebbe criminalizzato l’andazzo per cui si produce sempre di più — e a costi sempre più bassi — senza badare minimamente alla qualità.

Considerazioni finali

Care(i) pastonudiste(i), permettetemi di fare una considerazione di carattere generale. Libri di autori americani esperti nel campo dell’alimentazione, come il “The China study” e il “Miracolo del pH alcalino”, hanno un successo enorme non solo negli Stati Uniti, ma anche da noi. Bisogna però tener presente che questi libri sono scritti tenendo conto delle abitudini alimentari degli americani, che cozzano contro ogni regola di corretta alimentazione.
Che questi libri li legga — e ne tragga profitto — il popolo americano, è anche plausibile. Ma è paradossale che li leggiamo con devozione anche noi per acquisire una cultura alimentare, dopo aver dilapidato il patrimonio di sagge regole alimentari e di stile di vita corretto, che gli stessi americani, invidiandocelo, hanno chiamato “dieta mediterranea”. Se facessimo uno sforzo per riportare in vita questo patrimonio di conoscenze ci renderemmo conto che molto di ciò che sta scritto su questi libri made in USA era già stato pensato e messo in pratica dai nostri avi, nonostante non sapessero, come si suole dire, né leggere né scrivere.
Ve lo ricordate quel film in cui Alberto Sordi rimpiangeva di non essere nato in America, e provava a imitare gli americani, oltre che negli atteggiamenti e nell’abbigliamento, anche nella scelta del cibo? Mentre provava a “gustare” una pietanza che riteneva yankee al 100%, era tentato da un bel piatto di pasta a portata di bocca e, dopo aver resistito per un po’ alla tentazione, lo aggrediva a forchettate proferendo la frase rimasta celebre: “Maccarone, m’hai provocato e io me te magno”. Ebbene oggi siamo diventati un po’ tutti come il nostro Albertone, perché dopo esserci rimpinzati di fast food di tradizione americana, come hamburger, patate fritte e bevande tutte zucchero e coloranti, ci mettiamo a seguire ossessivamente diete per lo più “made in USA” fatte di germogli di soia e frullati, di gallette di riso e latte superscremato. E intanto i nostri geni mediterranei soffrono nell’attesa vana di avere a che fare con un bel piatto di spaghetti al pesto o al pomodoro, un bel pezzo di pane fatto con pasta madre, della frutta e verdura di stagione e un buon bicchiere di vino.

Un’ultimissima annotazione

Si vive benissimo, anzi meglio, riducendo o, come nel mio caso, eliminando la carne. Si può vivere soddisfatti e in buona salute anche eliminando il latte e tutti gli altri prodotti animali. Ma al vegetarianismo o al veganismo non si dovrebbe arrivare spinti dal terrorismo che viene fatto oggigiorno dando informazioni parziali pro-domo-sua, facendo circolare in rete documentari agghiaccianti sulla maniera criminale di allevare gli animali, e facendo diventare vangelo quanto è scritto su certi libri o circola in rete.
Come vi ho detto già in altra occasione, un uomo saggio disse: “è più salutare mangiare prosciutto che sognarselo”. Solo chi non sente come privazione la scelta di non mangiare latte e/o carne e/o uova, può trarre giovamento fisico e mentale dall’aver eliminato dal suo menu questi alimenti. Io mi limito semplicemente a consigliare chi di voi abusa di prodotti animali di provare a fare per qualche settimana un regime in cui tali prodotti siano ridotti al minimo o a zero (sostituendoli ovviamente con alimenti vegetali di pari valore nutrizionale). Vedrete come vi sentirete tanto ma tanto meglio nel corpo, nell’anima e nella mente. Parola di un vegetariano.

Post scriptum

Scusatemi, cari lettori, se l’articolo è troppo lungo; a volte purtroppo mi lascio prendere la mano. Il vostro prof.