Burro cotto o non burro cotto, questo è il dilemma. In alcune preparazioni il burro ci andrebbe per forza, come ad esempio la pasta sfoglia o la pasta frolla, appunto. Ma il pasto nudo c’è proprio per trovare soluzioni a questo tipo di problemi, quindi vediamo che ci possiamo inventare :-)
pasta frolla all'olio
Se ho capito qualcosa mettere il burro serve a creare delle tasche impermeabili nell’impasto, che contengono acqua, ed è proprio l’acqua che evapora che crea quei piccoli buchini pieni di aria che rendono l’impasto croccante e friabile. La sostituzione con il burro chiarificato, posto che fosse più sano da utilizzare in cottura, non regge in questo tipo di preparazioni, perché quest’ultimo non contiene acqua, anzi è preparato proprio facendo evaporare tutta l’acqua che contiene.

Guardando la cosa dal punto di vista della salute, invece che da quello prettamente culinario, il tutto si fa ancora più interessante (e proibitivo!). Sul manuale di bioterapia c’è scritto che quando il burro supera il punto di fumo (cioè quando vedete che sale un filo di fumo dal burro, cosa che accade oltre i 130°C) si formano i famigerati acidi grassi saturi, definiti dalla Arcari Morini “pericolosissimi”.
Non so se questo valga anche per il burro chiarificato, che come sapete viene preparato proprio facendo bollire il burro a fiamma bassissima – quasi inesistente – per lungo tempo. Quello che è certo è che non supera mai il punto di fumo a quella temperatura. Però cosa accada una volta che viene poi riutilizzato per cucinare, questo ancora non l’ho capito (ma lo capirò, ah, se lo capirò).

Quello che è certo è che il burro vero (da centrifuga, non da affioramento, che viene spesso rifuso, e siamo da capo a dodici) da crudo ha un carico prezioso di vitamina D (che non si trova facilmente in altri alimenti), di vitamina E e di grassi insaturi (quindi non tossici), ed è un alimento sano e importante (sul librone c’è scritto che addirittura contribuisce a riparare le arterie danneggiate); e che la stessa cosa non si può dire del burro cotto.
Da crudo somiglia piuttosto all’olio extra vergine di oliva (anch’esso ricco di grassi insaturi e di vitamina E – ma con molta meno vitamina D).
pasta frolla all'olio
Ed eccoci al nostro salvavita. L’olio extravergine d’oliva ha innumerevoli qualità, ma l’informazione fondamentale che ci interessa in questo caso è che anche se per assurdo viene tenuto a 200°C per tre ore (!!) “non modifica, se non in minima parte, la propria composizione in acidi grassi” (la sua temperatura critica è sui 210-220°C). Matteo Giannattasio mi ha precisato che nei dolci il burro, per la presenza di acqua – e se la temperatura del forno è moderata – non raggiunge temperature così alte da formare grassi trans. Più i dolci sono umidi, più hanno uno spessore alto, meno la cottura si protrae, e minore è il rischio che si formino. Temo quindi che per quanto riguarda la pasta frolla (che contiene pochissima – o niente – acqua, e ha uno spessore molto sottile) il problema sussista, e come :-(
Un motivo di più per provare questa fatta con l’olio!
Potete immaginare che quando ho visto questa meraviglia qui da Giulia mi sono sentita *molto* sollevata.
Non solo per l’aspetto magnifico dei biscotti, ma anche per la provenienza della ricetta (lo chef Luca Montersino (andate a dare uno sguardo qui e saprete tutto quello che c’è da sapere – vi dico solo che il suo motto è “leggi l’etichetta e sai cosa mangi”) e per la modalità di preparazione.
In sintesi Montersino sostiene che per avere un risultato più simile al burro utilizzando l’olio bisogna “idrogenarlo”, e il modo più semplice per ottenere questo risultato è preparare una specie di maionese con tuorlo d’uovo, acqua e olio. E così abbiamo ritrovato le famose tasche d’acqua :-)
biscotti all'olio facili
Prima di lasciarvi con la ricetta, un’informazione fondamentale, che Giulia ha trascritto proprio dal discorso che ha fatto Montersino: finalmente, dopo lungo penare, abbiamo la rivelazione della corrispondenza burro/olio, vale a dire se si vuole sostituire il burro in una ricetta quanto olio bisogna mettere (suono di trombe solenni): ogni 100 grammi di burro ci vanno 83 grammi di olio – a causa della percentuale di acqua che c’è nel burro rispetto all’olio. Evvai! Adoro le risposte *precise* :-)
La ricetta è identica a quella di Giulia, solo che ho sostituito la farina 00 (che come sapete non uso più per motivi che vi elencherò molto presto) con la semintegrale 1 Floriddia. La scelta dell’olio è fondamentale: dovete usarne uno molto molto leggero, in modo che il suo sapore non sovrasti tutto.

Ingredienti:
330 grammi di farina 1 Floriddia
200 grammi di farina di riso
200 grammi di zucchero grezzo
1 limone molto grande o due piccoli
un pizzico di polvere di vaniglia
una presa abbondante di sale integrale
250 grammi di olio extra vergine di oliva
50 grammi di acqua
80 grammi di tuorli di uova felici

Per prima cosa preparate la “maionese”.
Potete usare il frullatore a immersione oppure il robot da cucina, come vi sentite più tranquille. Versate nel boccale (o nel bicchiere del frullatore) prima i tuorli e l’acqua e cominciate a frullare; quando vedrete che iniziano a montare iniziate a versare l’olio a filo, piano piano, fino a quando il composto non diventa chiaro e sodo. A questo punto chiudete tutto con la pellicola senza pvc e mettete in frigo.
Setacciate insieme le due farine in una ciotola di vetro grande, poi aggiungete nel mezzo lo zucchero, la scorza grattata del limone, la polvere di vaniglia e il sale. Allargate un po’ il tutto e versateci la maionese bella fredda. Impastate molto velocemente il tutto prima con una forchetta e poi con le dita; dovreste ottenere il solito composto sbricioloso (come quello della pasta frolla normale – potete provare a farlo anche con una passata velocissima nel mixer) che poi compatterete fino a formare un disco schiacciato.
Avvolgete il disco nella pellicola e lasciatelo riposare in frigo per una mezz’oretta.
Trascorso questo tempo, per prima cosa accendete il forno a 175°C.
Spolverate poi il piano (meglio se di marmo) con un pochino di farina e stendete con molta pazienza il disco con il matterello fino ad arrivare ad uno spessore di circa 5 millimetri. L’impasto tenderà a sbriciolarsi, ma non vi scoraggiate. Se la cosa vi risultasse troppo complicata (si attacca molto al matterello) fate come me e stendeteci sopra un bel foglio di pellicola senza pvc. Poi non fate come me, che ho preso la riga e ho tirato dei segni con il coltello sopra la pellicola per avere i biscotti tutti uguali (vittima della mia maniacalità ossessiva) e piuttosto ritagliateli alla meno peggio con un coltello o con la rotella tagliapasta.
Sollevateli delicatamente con una spatola e adagiateli tutti belli in fila sulla teglia per biscotti (nel mio caso la leccarda) ricoperta di carta forno.
Se non ce la fate a infornarli tutti quelli che restano da infornare conservateli intanto in frigo; il trucco è di non far scaldare la pasta.
Lasciateli cuocere per 12-15 minuti, o fino a che non saranno deliziosamente dorati.
Quando li tirate fuori aspettate qualche minuto prima di metterli a raffreddare sulla gratella, perché saranno molto morbidi e rischiate di romperli.
Io ci ho fatto due teglie di veri e propri shortbread, e con la pasta che mi è rimasta ho cotto ieri una crostatina con marmellata di arancia e cioccolata fondente (non ho foto perché si è come volatilizzata in 8 secondi). E per stasera ne ho un’altra pallina da trasformare in un piccolo crumble dopocena; anzi, se avete suggerimenti per crumblare fatemi sapere eh, :-9