“È la dose che fa il veleno”, parole sacrosante di Paracelso. Una verità che riguarda non solo i veleni veri e propri, ma tutte le sostanze che ingeriamo a vario titolo: i farmaci, i contaminanti e perfino i nutrienti apportati dagli alimenti, cioè i grassi, i carboidrati, le proteine e l’estesa gamma di vitamine e minerali.
Soffermiamoci sui nutrienti che ingeriamo in maggiore quantità. Le proteine sono indispensabili per la crescita e per tante altre funzioni ma, se si eccede, si rischia di acidificare in maniera deleteria il sangue e di intossicare l’organismo per l’incapacità del rene di smaltire le scorie azotate.
Stesso discorso per i carboidrati: nella giusta quantità ci danno l’energia di cui abbisogniamo per lavorare e pensare, ma se ne ingeriamo in eccesso, l’insulina nel sangue va fuori controllo e allora si rischia di brutto in termini di insulino-resistenza e sindrome metabolica, con tutti gli acciacchi che ne conseguono, obesità e diabete in primis.
Non fanno eccezione i grassi. Ne abbiamo bisogno ma anche per loro vige la regola di evitare l’abuso. Per quelli saturi, i dietologi hanno di recente fissato una razione giornaliera pari al 7% delle calorie totali (per una persona che consuma 2000 kcal al giorno significa non andare oltre i 16 grammi). Stando ai risultati di alcuni lavori scientifici, se si va oltre questa soglia, il colesterolo va fuori controllo e si rischia così di andare incontro a malattie cardiovascolari.
In realtà quest’affermazione pecca di eccessivo schematismo, in quanto alcuni (acidi) grassi saturi, come quelli a catena corta (l’acido butirrico, ad esempio) sono benefici per il nostro organismo, altri invece non hanno niente a che vedere con la salita del colesterolo, altri ancora, come l’acido palmitico, possono aumentare il colesterolo soltanto se sono localizzati nella molecola di grasso in un determinato punto della struttura.
Inoltre l’effetto ipercolesterolemizzante dei grassi saturi si verificherebbe soltanto se sono bassi i livelli di acido linoleico (un acido grasso polinsaturo della serie degli omega-6).
Dunque, se giudicati secondo l’aforisma di Paracelso di cui sopra, grassi, proteine e carboidrati pari son. Ma allora – viene da chiedersi – perché i consumatori non stanno alla larga da bevande e merendine che, se una mamma non è accorta, possono apportare ad un bambino una montagna di zucchero, e sono tentati da diete iperproteiche folli come quella Dukan, mentre sono terrorizzati dall’olio di palma per il suo alto contenuto in grassi saturi?
È un vero intrigo in cui l’assassinato (metaforicamente parlando) è il consumatore e l’assassino è… ma andiamo con ordine.
Atto I
Entra in scena la lobby della soia. Anno di (dis)grazia 1976.
L’America, grazie alle ricerche del Dr Keys, scopre la bontà della dieta mediterranea, e di riflesso l’assurdità della sua dieta fatta di tanta carne e tanto grasso (oltre che di tantissimo zucchero). In questo scenario fa la sua apparizione la potente lobby americana della soia. Costei sta vivendo con molta preoccupazione l’impennata delle importazioni di olio di palma nel suo paese, perché teme la perdita del suo primato commerciale per la vendita dell’olio di soia (e la conseguente riduzione dei profitti). Infatti dal 1964 al 1975 le importazioni americane di olio di palma sono aumentate di circa 3 volte, e ciò grazie al fatto che quest’olio, oltre che costare poco per l’elevata offerta dovuta all’elevata produttività delle palme e alla sua provenienza da paesi poveri come le Filippine, ha delle virtù tecnologiche che l’olio di soia e gli altri oli di semi non hanno. Infatti, proprio per il suo elevato contenuto in acidi grassi saturi, l’olio di palma (e quello di cocco) sono solidi a temperatura ambiente e irrancidiscono molto lentamente, due qualità molto appetite dall’industria alimentare.
Immaginateveli ora questi potenti uomini di affari che discutono con i loro avvocati e consulenti, pagati fior di milioni di dollari, per trovare il modo di limitare le importazioni di olio di palma. Alla fine la decisione è presa: chiedere alla House Committee on Agriculture (la commissione di uno dei due rami del parlamento americano che tratta le questioni agricole dal punto di vista legislativo) di approvare una legge che renda obbligatoria la scritta “health warning” sulle etichette delle confezioni contenenti olio di palma, allo scopo di avvertire i consumatori dell’elevato contenuto di grassi saturi di quest’olio.
Il disegno di legge non passa, con la motivazione che quella scritta avrebbe potuto creare un pandemonio a livello internazionale, potendo configurarsi come un tentativo di creare una barriera commerciale discriminatoria (a favore dell’olio di soia) e quindi dare adito a contestazioni (e ritorsioni).
Atto II
Entra in scena il magnate ossessionato dall’olio di palma.
A questo punto – non sappiamo se sua sponte o spinto da qualcuno interessato a bloccare le importazioni di olio di palma – entra in scena un magnate americano, Philip Sokolof, che è reduce da un grave infarto. Fonda un’associazione che chiama messianicamente “Heart Savers” e la dota di un milione di dollari. Il primo atto è quello di spedire 11000 lettere agli industriali del settore alimentare per dire loro che, se non vogliono essere responsabili della morte di un incalcolabile numero di future vittime per attacchi di cuore, devono rimuovere l’olio di palma dai loro prodotti (per il suo elevato contenuto in grassi saturi).
Da tener presente che all’epoca di questa crociata l’americano medio ingurgita con gli alimenti oltre quindici grammi di grassi saturi al giorno, di cui gran parte – quasi 8 grammi – provenienti dall’olio di soia, e solo un grammo scarso dall’olio di palma. Quindi, a rigor di logica, si sarebbe dovuto criminalizzare più l’abuso del primo che il consumo, modestissimo, del secondo.
Poiché l’industria alimentare si mostra piuttosto freddina di fronte alla sua sollecitazione (come ho detto prima l’olio di palma ha pregi tecnologici che l’olio di soia e di altri semi non hanno), Mr Sokolof, forte dei suoi milioni di dollari, invade le pagine dei principali quotidiani con proclami contro l’olio di palma e accuse dirette agli industriali alimentari di “avvelenare l’America” con i grassi saturi degli oli tropicali (di palma e di cocco). Nei manifesti pubblicati nei giornali appare anche la lista dei prodotti alimentari in commercio contenenti grassi saturi e le relative quantità.
Atto III
Entra in scena un’associazione di sapientoni.
A dar man forte a Mr Sokolof nella sua crociata anti-olio-di-palma ci pensa il “Centre for Science in the Public Interest”, una sorta di Associazione per la difesa dei consumatori, fondata nel 1971 da un microbiologo e da alcuni uomini di legge. Punta decisamente l’indice contro gli oli tropicali, sempre per il loro alto contenuto in grassi saturi, e invita l’industria alimentare a sostituire l’olio di palma con l’olio di soia e oli di altri semi dopo averli resi solidi a temperatura ambiente mediante il processo di idrogenazione.
Fu così che un colosso come Burger King’s si convince a sostituire l’olio di palma con gli oli di semi idrogenati. Il suo “Chicken tenders” in olio vegetale idrogenato, appunto, viene magnificato dal già citato Centre for Science in the Public Interest come “un regalo per le arterie degli americani”. Pian piano tutte le altre catene di fast food e l’industria alimentare seguirono l’esempio di Burger King’s. Come sapete, l’America ha sempre dettato legge anche in fatto di tecnologia alimentare e così è accaduto che pian piano i grassi idrogenati si sono diffusi in ogni dove, anche da noi, sotto forma soprattutto di margarina, propagandata come amica del cuore. Mentre invece…
Epilogo
Arriva la scomunica da parte della scienza per i grassi idrogenati.
La ricerca prova che il processo di idrogenazione degli oli vegetali porta alla formazione degli acidi grassi trans e che questi sono deleteri per il cuore molto di più dei grassi saturi perché anche in piccole quantità aumentano il colesterolo cattivo e diminuiscono quello buono. il Dr Robert Eckel, già presidente dell’American Heart Association afferma che “la nostra Associazione non considera accettabile sostituire i grassi saturi con grassi trans”. Che è un po’ come dire (alla romana) “Aridatece l’olio di palma!”. Dovremmo quindi parlare dei movimenti ecologisti che accusano i produttori di olio di palma di distruggere la foresta per piantare coltivazioni di palma e quindi di attentare alla biodiversità e aumentare le emissioni responsabili del riscaldamento del pianeta. E chi ci ritroviamo in questa diatriba? Ancora il Center for Science in the Public Interest con un report intitolato: “Crueil Oil: How palm oil harms health, rainforest and wildlife”. Ci risiamo. Questo Center sta rischiando un’altra brutta figura? La risposta alla prossima puntata, ovviamente se izn non mi sospende questa serie per “scarsa audience”.
Una riflessione finale
Una lobby, un magnate ossessionato dall’olio di palma, un Center che presuntuosamente si vanta di avvalersi della scienza per fare gli interessi dei consumatori e, ovviamente, i media.
Sono gli ingredienti che in maniera paranoica trasformano una mezza verità scientifica (i grassi saturi, se consumati in eccesso, fanno male) in una menzogna colossale (l’olio di palma attenta alla nostra salute) dalle gravi conseguenze per tutti noi (l’ingestione di trans). State attenti, cari lettori e care lettrici, quando navigate in rete, perché di casi del genere ce ne sono e come.
Post scriptum
Con questi miei interventi non intendo fare pubblicità a favore dell’olio di palma e degli oli vegetali non idrogenati. Io consiglio di seguire sempre una dieta fatta prevalentemente di prodotti freschi, e di alta qualità, e di evitare per quanto possibile gli alimenti industriali (è in questi che si può trovare l’olio di palma). Mi premeva solo evidenziare come si può ad arte spostare l’attenzione del consumatore dalla trave alla pagliuzza. La trave è rappresentata dall’eccessivo consumo di prodotti industriali di cattiva qualità che fanno male non tanto per l’eventuale presenza dell’olio di palma quanto per il loro contenuto di zuccheri, additivi e trans che si formano in caso di idrogenazione degli oli vegetali (proibita nel bio); la pagliuzza è data dalla criminalizzazione, senza se e senza ma, dell’olio di palma per il suo alto contenuto di grassi saturi.
Illuminante è dir poco.
Grazie, davvero.
finalmente si chiarisce una questione importante. sono completamente d’accordo, è solo che l’essere umano sembra avere sempre bisogno di trovare uno o più capri espiatori, invece di capire concetti semplici di base che però lo responsabilizzano non poco
Non in maniera così esaustiva, ma sull’affaire “olio di palma” la sapevo anche io così. Infatti ho continuato a consumare (moderantamente) Nutella ;).
Sebbene sia pacifico che la qualità degli alimenti sia fondamentale per una sana alimentazione, secondo me si parla ancora molto poco (o forse non in maniera adeguata) di quella che è la vera piaga alimentare della nostra sciagurata società del benessere (?): le dosi. Si mangia male, è vero, ma si mangia anche troppo. Proprio come dire che il veleno lo fa anche la dose.
izn, non ce la sospendere questa serie, che è interessantissima! Non sapevo ci sarebbe stata anche una parte tre, l’aspetto…
grazie grazie grazie !!!
Sono sicura che Izn non sospenderà la serie, anche perchè è davvero interessante
Sull’olio di palma come “nemico del cuore” e istigatori della campagna sapevo, non sapevo che anche dietro la campagna pro-foresta pluviale ci fosse la stessa associazione
Sapevo però che tutto l’improvviso interesse per l’ambiente da parte di certi Paesi “puzzava” come grasso non idrogenato andato a male (per restare in tema)
Riguardo al fatto che quel che viene dagli USA venga preso per oro colato: non mi pare che l’americano medio sia esempio lampante di buona salute, obesità, malattie cardiache etc sono diffusissime ma forse dovrebbero (gli americani) interrogarsi sull’insieme della loro dieta, non solo su un alimento, e sull’abuso di sale (avete mai letto gli ingredienti delle loro salse per insalata?)
Sarebbe interessante esaminare la campagna contro latte e latticini che imperversa al momento, responsabile, pare, di obesità ed embolie, i modi son sempre gli stessi (terroristici) ma i mandanti? E i motivi? Forse farci consumare solo formaggi “light” che alla fine fanno più male di quelli normali?
Potreste fare un post anche su questo? Almeno sarebbe ben documentato
Grazie
E’ inquietante e allo stesso tempo interessantissimo scoprire tutte queste cose… sarebbe davvero illuminante conoscere tutti gli altarini di questo tipo che stanno dietro al mercato alimentare!
p.s. se izn sospende la serie le faccio mangiare per un mese cibo spazzatura! Ah ah ah!
@Laura D: Lei mi ha letto nel pensiero. Due sono le inchieste che vorrei fare per voi se la direttrice generale del pasto nudo me lo permetterà: uno sulla criminalizzazione del latte (ora circola anche un filmetto soviet piuttosto naif) e un altro sulla canonizzazione della soia. Ce ne sono di cose da raccontare, ma finiamo prima l’inchiesta sull’olio di palma.
@Sara: Non vorrei che quanto vado dicendo venisse interpretato come un’istigazione a consumare prodotti come nutella e cornetti algida. Sapete già come la penso.
@bravo Professore, mi piace il suo umorismo napoletano (ho riso di gusto nel leggere questo “triste” post)…. evviva Paracelso: questa frase dovrebbe essere scritta come sottotitolo su ogni libro di medicina :-)
C’è a mi avviso un sottile ed’ intelligentissimo aspetto mediatico da considerare. Al consumatore si sbatte in faccia a rotazione notizie contrastanti… fa bene/fa male/fa bene/fa male… che emotivamente lo induce a sentire un “vago stress emozionale” continuo: mi ama/non mi ama/mi ama…
Risultato garantito per chi non è consapevole del giochino:… stress, confusione, insicurezza, ricerche in rete, discussioni, abbattimenti, frustrazione, visite mediche continue… a volte rassegnazione… *tutte condizioni* che impediscono al caro “parasimpatico” di godersi la vita e digerire un bel piatto in compagnia.
Che fare!?… ridere, seguire ilpastonudo… e via con pane burro e marmellata e gli altri grassi nativi :-)
D’accordo al 100% con Sabine!! A me, poi, tutta questa overdose di soia fa un’impressione… (interessante la storia della lobby della soia, raccontata da Pollan in uno dei suoi libri) sempre piu’ bambini vengono trovati intolleranti alla soia, per esempio. E, quando iniziano a *dover* leggere le etichette, sempre piu’ mamme si rendono conto di quanta ce ne sia, anche nei cibi meno sospetti. Che, poi, sono convinta che, se uno ha nel dna migliaia di anni senza soia, e di colpo ne mangia *ovunque*, minimo che possa capitare e’ che il corpo rifiuti l’eccesso (un po’ come col cattivo grano). Farina di soia nel pane comune, perche’ costa meno e lo rende piu’ appetibile (per 5 ore o giu’ di li’, perche’ la sera sembra gia’ cartone), lecitina di soia ovunque, olio di soia…certo, mi piacerebbe trovare dei crakers o delle fette biscottate con ingredienti normali, quella volta che mi vien voglia. E invece no. Olio di soia, oli vegetali idrogenati, sciroppo di glucosio fruttosio…
Insomma, da mamma e cuciniera non posso mai andare in ferie un giorno che e’ uno, che i prodotti gia’ pronti sono un coacervo di schifezze! Poi, si sa come e’, una volta che si affina il senso del gusto e si riscoprono i sapori veri e “separati”, non si puo’ piu’ tornare indietro. Io non ho ancora trovato nulla che batta un olio di oliva di quelli buoni (o, per la parte meno mediterranea della famiglia, un buon burro di malga). E tutti gli altri grassi/oli idrogenati, solidi o no, possono anche sparire domani! (secondo me Sonia non ha mai pensato nemmeno per un nanosecondo di interrompere la rubrica del “suo” mitico prof!) :-)
Cancellare? Casomai ampliare… Grazie ad entrambi!
La cosa folle è che viviamo in un paese che ha una disponibilità di materie prime eccellenti e una tradizione culinaria invidiabile da tutto il mondo e ci stiamo cominciando a nutrire come degli spostati.
Non sono una talebana, penso che se un bambino mangia un ovetto kinder (è la prima schifezza infantile che mi è venuta in mente) una volta ogni tanto non succeda nulla: non è quello che ci avvelena. Sono i piatti pronti o semi pronti che sono sempre più sulle tavole degli italiani, a farmi paura. Ho discusso con mia sorella di recente, perchè lei compra i famosi “4 salti in padella” con la scusa che sono una famiglia numerosa: quando le ho detto che per fare un piatto di pasta al pomodoro per 5 persone ci vuole un quarto d’ora (ed è più buona), ha replicato che i suoi figli la pasta al pomodoro non la mangiano. Il problema di questi cibi qua è che sono buoni, appetibili. la gente si frega così.
Ed è un peccato, perché anche la persona meno capace in cucina sarebbe in grado di mettere insieme un piatto buono e sano in poco tempo.
Sta mattina mi sono ritagliata il tempo giusto per gustarmi con calma il suo nuovo post, Prof…. perché proprio non volevo perdermelo!
Molto interessante, come sempre.
La cosa che mi piace molto del suo atteggiamento nell’affrontare questi argomenti, è che ci aiuta a ragionare con la nostra testa, quella che a scuola i miei prof chiamavano “aumentare la capacità critica”.
Non credo proprio che Sonia le chiuderà la rubrica, anche perchè credo che ci sarebbe una rivoluzione da parte dei suoi lettori ;-)
Grazie e buon lavoro,
Sara I° lab
P.S.: è stato un onore e un piacere conoscerla alla Zelata e ascoltarla! Spero di avere altre occasioni!
@ Prof.! Fantastici questi post sull’olio di palama, grazie. La mia insaziabile curiosità gliene è veramente grata. Ho sempre pensato che dietro le mode alimentari, le diete, i messaggi terroristici (questo fa male, malissimo, da evitare) ci fossero precisi interessi economici, e leggere tutte le sue informazioni mi arricchisce moltissimo. Ovviamente sono d’accordo con Sabine (grazie grazie) e vai con pane burro marmellata e olio nostrano! Che ce ne facciamo noi in Italia di tutto il resto? (ovviamente se si può mangiare di tutto, mi sembra che l’olio di palma serva a sostituire l’uovo nei dolci o qualche altro ingrediente se uno è allergico).
@ Laura. Penso che uno dei mali della nostra società siano i bambini che decidono cosa mangiare e cosa no. A me era vietato tutto ciò che non fosse sano e non venisse approvato da mia madre, e non ricordo di averne mai fatto un dramma, anzi. Ero talmente abituata a certi gusti che quando una mia compagna di scuola mi ha fatto assaggiare una “Fiesta” (allora si usava) mi ha fatto così senso che non sono riuscita a finirla. E’ ora che i genitori si riapproprino del loro “potere” educativo anche in cucina. O no? La stessa cosa ho fatto con mia figlia, non le era permesso dicutere ciò che (beh non io ma mio marito) metteva in tavola, o non mangiava. Ho ragione, Sabine?
@graziella: sono d’accordo, infatti Ale mangia quello che dico io (mia mamma con me ha fatto lo stesso): il mio era un discorso più generico, del tipo che non é la Fiesta comprata di nascosto alla macchinetta della scuola o il kinder dato dalla nonna una volta all’anno a instaurare una cattiva abitudine alimentare, ma quello che si porta a tavola ogni giorno. E poi é l’esempio che conta, no?
Non so se faccio bene ma qui a Berlino trovo molto facilmente l’olio di cocco che, come giustamente sottolinea il prof, è solido a temperatura ambiente, figuriamoci in frigo. Il KOKOFETT in realtà non sa assolutamente di cocco (diciamo che non sa praticamente di niente) e lo uso al posto del burro se devo fare una frolla per una crostata senza latticini…..
Certo, il burro p unaltra cosa, ma credo sia meglio della margarina che mi RIFIUTO di usare, no??
Grazie dell’articolo illuminante. Sono un medico nutrizionista e trovo sempre gli scritti del Prof. Giannattasio molto chiarificatori. Grazie ancora…
@Laura (scusa Izn divago sempre…). Sono assolutamente d’accordo con te, ti rispondevo in merito al commento di tua sorella sui quattro salti in padella…
@Laura: se i figli di tua sorella non mangiano la pasta al pomodoro è perché non sono stati educati a farlo. I bambini devono sviluppare il gusto per le cose autentiche sin da piccolissimi, dopodiché un’eccezione e una “schifezza” ogni tanto non uccide nessuno. Ma probabilmente non gli piacerà nemmeno tanto perché avranno imparato a riconoscere il sapore delle cose autentiche e genuine.
@Simo: se l’olio di cocco che compri è insapore vuol dire che è stato raffinato. L’olio di cocco extravergine ha un sapore molto gradevole e spiccato di cocco.
@loretta: aimé no, sono stati educati benissimo a mangiare cose sane da piccolissimi grazie alla nonna. Ma passato il testimone alla mamma ecco che si sono instaurate tantissime cattive abitudini. Spesso con la scusa di “ho da fare” si instaurano tanti meccanismi sbagliati. Io cucino da tanto e per me é meno faticoso fare un piatto di pasta genuino con quello che ho in frigo piuttosto che mangiare una cosa che sa solo di plastica e grasso e sale.
mi sembrava troppo bello…. (e troppo economico…)
Gentile Professore, per cucinare uso sempre olio evo oppure, se il piatto lo richiede, dell’ottimo burro bio dell’A.A.. Ma qualche volta, per alcune ricette, vedi krapfen o crostoli, uso dell’olio bio di semi che sopporta le alte temperature. Ho provato a usare l’olio di oliva, ma, secondo me, la frittura diventa troppo “pesante” e cambia anche il sapore di questo tipo di fritto. Cosa mi può dire a tal proposito? Sbaglio? Grazie dei suoi consigli
bellisimo questo articolo. Dobbiamo fare molta attenzione a quello che leggiamo su internet: adesso c’è, in tanti siti molto accattivanti che sembrano ambientalisti, una propaganda pazzesca ai prodotti a base di soia, tanto che ho il forte dubbio che siano sponsorizzati da qualche produttore. Attendo l’articolo sul latte, perchè tutta questa criminalizzazione penso abbia le stesse origini. Certo che il latte delle mucche nutrite col loro mais e la lora soia da fastidio!! Fra le popolazioni più longeve del pianeta però alcune sono di pastori…. Comunque le coltivazioni di soia e mais provocano ugualmente la distruzione delle foreste, come quelle di palma, e in più gravissimi danni all’ambiente anche in Europa e USA.
@Simo e Loretta: Come dice Loretta, l’olio di cocco non sa di niente perchè è raffinato; quello grezzo, le rare volte che l’ho consumato, io l’ho trovato saporito (degustibus!). Comunque, sì, a mio avviso meglio l’olio di cocco che la margarina, soprattutto se fatta con grassi idrogenati.
@Laura: Chi è abituato a consumare pietanze preparate in casa trova disgustosi piatti pronti come i 4 salti in padella perchè gli ingredienti sono quelli che sono, e poi il gusto, forte ed unilaterale, può venire dal lievito di birra (ricchissimo di glutammato), dal sale o da qualche additivo. Ma, dico, come si può pensare di dare da mangiare ai propri figli un piatto 4 salti in padella, tipo bucatini all’amatriciana, che contiene oltre 3 grammi di sale (più della metà di quello che si deve assunmere al giorno, zucchero (ma voi mettereste dello zucchero su un piatto di pasta?), antiossidanti e 2 “squisiti” conservanti come il nitrato di potassio e il nitrito di sodio? Ma costa tanto fare un piatto di pasta aglio e olio o con bei filetti di pomodoro e basilico (sono, insieme al pesto genovese i miei piatti di pasta preferiti, ma mi piace anche di tanto in tanto una pasta con burro a crudo, rapidissima, il tempo di cuocere la pasta)?
@Rosella: lei userà probabilmente un olio di girasole alto oleico. Buona scelta.
@Cristiana: Ottimissimissimo commento. Ha in un certo modo anticipato quanto dirò nella terza ed ultima puntata dell’affaire e in un post futuro nel quale parlerò delle magagne che ci sono dietro alla pubblicità della soia: si criminalizza l’olio di palma per il problema della deforestazione, e non la soia che si coltiva deforestando l’america latina.
Lo sapete che il consumo di soia è vietato (non lo dico io ma la medicina ufficiale) in caso di assunzione di certi farmaci che si usano per disturbi della tiroide? Trovo davvero triste, innamorato della dieta mediterranea e delle cucine italiane, che ci siano persone che sono state convinte dalla pubblicità, andando contro il loro istinto alimentare, a tracannare tutte le mattine la tazza di “latte” di soia.
Ormai è ufficiale: il latte di soia non va dato ai bambini prima dell’anno di vita. Ci sarà pure un motivo, anzi ci sono tanti motivi. Ne riparleremo a breve (izn mi ha confermato l’incarico di scrivano del pasto nudo perchè l’audience di questo post pare sia stato buono e i vostri interventi sono stati tutti appassionati e puntuali.
@tutti: Martedì prossimo sarò a San Marino per un incontro con i consumatori (ore 21-23) e mercoledì sarò a Cesena un’intera giornata per parlare di qualità del cibo e salute ai tecnici. Se qualcuno di voi si trova da quelle parti, è il benvenuto. Per informazioni scrivete a qualitas.cibi(chiocciola)libero.it.
Premesso che non sono una fan della soia vorrei capire meglio alcune questioni messe in campo.
Leggo che le coltivazioni di soia causano la deforestazione dell’America Latina ma che si tratta delle coltivazioni destinate agli allevamenti bovini intensivi, non al consumo umano. La lobby della soia allora è una costola della lobby della carne?
Leggo che i bambini non possono mangiare soia se non dopo il primo anno di età ma non che il motivo è per l’alto contenuto in fitoestrogeni, inadatti a quell’età e utili invece, ad esempio, alle donne in menopausa. Del resto anche il sale non viene dato ai bimbi prima di una certa età: anche il sale allora va demonizzato? Non è forse, come sempre, una questione di misura e di fasi della vita?
E che dire della notizia che la soia non può essere consumata contemporaneamente ad alcuni farmaci per la tiroide? Molti alimenti interagiscono con i farmaci senza che per questo siano tacciati di far male a tutti: ad esempio in caso di cure con anticoagulanti il consumo di molte verdure è fortemente sconsigliato, sono per questo da sconsigliare a tutti?
E perché un consumatore di soia “tracanna” il suo “latte” di soia ed invece un consumatore di latte vaccino lo beve semplicemente? Personalmente trovo che il latte di soia sappia di cartone ma a moltissimi piace, non hanno il diritto di gustarlo senza essere derisi per questo, in nome dell’informazione?
Egr. prof., l’argomento che lei sta trattando è così interessante che quando faccio la spesa mi viene in mente e ci rifletto. Mi sono così sorte alcune domande: per quale motivo secondo lei oggi c’è una demonizzazione così spiccata del latte di mucca anche in Italia e ormai quasi tutti i dietologi “alternativi” consigliano latte di soia? E’ solo disinformazione (loro) o c’è qualcosa d’altro? (Lo so, il post è sull’olio di palma, ma lei parla anche di soia…).
Per quanto riguarda l’olio di palma ho voluto fare un esperimento (non la tedio con il racconto) e ho scoperto che non lo digerisco! Nada, neppure i dolci biologici con olio di palma: mi rimangono rigorosamente sullo stomaco. Come può essere? Leggendo gli ingredienti dei dolci biologici confezionati contengono quasi tutti l’olio di palma, alcuni solo quello come grasso. Quelli “normali” molto meno. Quale può essere il motivo? Grazie se vorrà rispondermi.
@Maria. Non so se ci sia un legame tra la lobby della soia e quella della carne, ma questo poco importa ai fini del discorso che stiamo facendo.
Per quanto riguarda gli effetti sulla salute da parte della soia i dati sono controversi, ma ce ne sono parecchi che fanno sospettare che il consumo di soia abbia un effetto negativo sulla tiroide (non solo dei bambini) a prescindere dall’assunzione o meno dell’eutirox, e sull’assorbimento di minerali. Poi c’è la questione dell’allergia alla soia che da noi è in aumento. Quindi la situazione è diversa da quella del sale o di certe associazioni tra tra alimenti e farmaci da evitare.
Anche sull’uso della soia in menopausa per i suoi fitoestrogeni non c’è unanime accordo sui benefici che ne possono derivare.
È scontato che nell’alimentazione, come lei dice, è importante la misura; ma siamo sicuri che un prodotto come il latte di soia venuto da noi lontano (e da poco) sia adatto al nostro organismo? Io sono dell’avviso che come alternativa al latte vaccino si usa “il latte” di soia non per particolari pregi organolettici o salutistici ma solo perchè se ne fa una gran propaganda a scapito di prodotti più nostrani come il latte di mandorla (che io trovo davvero nutriente oltre che saporito) o di altri “latti”, come quelli di avena o di miglio, per i quali non ci sono dati che sconsigliano il consumo, se non il prezzo, che trovo troppo alto rispetto al valore nutrizionale.
Non so se “il latte” di soia piace per il suo gusto oppure perché è addizionato di aromi più o meno naturali come la vanillina. Penso che senza aromi il gusto non sarebbe affatto gradevole. Ho usato il termine “tracannare”, e mi scuso se è suonato stonato alle sue orecchie, per alludere al fatto che se ne consumano quantità crescenti (e in verità personalmente non riesco a trovare, a giustificazione, motivi di carattere organolettico, nutrizionale o salutistico) mentre il latte diventa sempre più un “criminale” agli occhi dei consumatori.
@Graziella Carnevali: la criminalizzazione del latte di cattiva qualità è giustificata dalla presenza dei tanti residui di pesticidi, antibiotici, additivi e quant’altro possa derivare dai mangimi e dalle condizioni di allevamento. C’è anche il dato che molte persone sono intolleranti al lattosio. Ma sul fatto che il latte, se di buona qualità, faccia venire il cancro della prostata, l’acne e il diabete, come fanno sospettare certi studi, io ho i miei dubbi, e per questo sto organizzando un gruppo di studio per provare a chiarire questa questione.
Non credo sia l’olio di palma a darle problemi, piuttosto potrebbero essere proprio i prodotti che lo contengono. Effettivamente, poiché si cerca ora di non idrogenare gli oli vegetali per solidificarli, si sta facendo, sia nel convenzionale che nel bio, dove l’idrogenazione è proibita per regolamento (mentre nel convenzionale è il produttore a decidere se farla o no), un maggior uso di olio di palma perché a temperatura ambiente quest’olio, come quello di cocco, è solido. Se tra gli ingredienti in etichetta legge “oli vegetali” è molto probabile che ci sia l’olio di palma.