E con questa chiudo la carrellata delle ricette sarde fino all’anno prossimo, prometto (a meno che non mi senta in mood sardo durante l’inverno, ché adesso ho imparato a cucinare la pecora, eh) :-)
Ebbene sì, siamo tornati alla base, con grande disappunto della pulcina (e pure nostro), e adesso sono alle prese con l’organizzazione del bellissimo evento del 10 agosto a Bari, con gli aggiornamenti chilometrici con tutti i contatti di lavoro e con le convenzioni per i soci (per adesso ne abbiamo due già approvate, ma in progress ce ne sono almeno altre dieci!).
In realtà questi dolcetti, che a seconda della zona in Sardegna si chiamano anche origliettes o mantegadas (ma sono sicura che esistono almeno altri cinquanta nomi che le identificano), sarebbero un presidio carnevalesco, e quindi come in ogni regione italiana che si rispetti sono fritti; ma vi sfido ad andare in vacanza in quell’isola incredibile e a non trovarvele dappertutto, nelle pasticcerie, nei panifici, negli agriturismi e via dicendo.
Poi c’è il fatto non trascurabile che esiste anche un carnevale estivo (tipo a Sassari ad esempio), lo sapevate? Quindi nel caso avete anche una giustificazione per la coscienza. Ormai questa scivolata estiva nel cibo invernale è un classico qui sul pasto nudo.
Se pensate che tre anni fa in questo periodo vi ho proposto la coda alla vaccinara e due anni fa invece il pan di spezie, eheheh! Molto consapevole :-D Vabbeh, voi fatele a ottobre, io intanto ve le annoto qui così a carnevale sarete già esperti :-P
Poche chiacchiere oggi, che ho un sacco da fare! Giusto un cenno sulla farina che ho utilizzato: la ricetta l’ho presa un po’ qui un po’ là, ma da qualche parte avevo trovato l’utilizzo di metà semola di grano duro, metà “farina sarda”. Lì per lì non sono riuscita a capire quale diavolo di farina fosse questa farina sarda; io credevo che in Sardegna originariamente venissero coltivati solo grani duri, così ho usato metà semola e metà farro dicocco.
Poi la nostra mitica Sabine casualmente mi ha inviato questo link interessantissimo, nel quale ho letto che il grano sardo era (come pensavo) soprattutto il Senatore Cappelli, quindi forse avrei potuto farle solo con grano duro? C’è qualche sardo doc che mi illumina? :-)
Per quanto riguarda le uova invece inizialmente avevo trovato solo ricette che le prevedevano, ma avevo un sospetto “senzauovo” così alla fine ho trovato questa versione de-uovata e ho deciso di seguirla. Ma se preferite un tuorlo mettetecelo. L’albume no, perché secondo me le renderebbe meno friabili. Comunque la friabilità il giorno dopo la pèrdono, ma vi assicuro che le mangerete lo stesso. Facciamo una scommessa 3:-)
Ingredienti:
250 grammi di semolato di grano duro
250 grammi di farina di farro dicocco (bianca o semintegrale)
mezzo cucchiaino di sale marino integrale
130 grammi di strutto felice
acqua quanto basta (190 grammi circa)
la buccia di 2 limoni assolati
70 grammi di zucchero grezzo chiaro
200 grammi di miele non dolcissimo, possibilmente allo stato liquido
Mescolate le due farine con il sale, lo zucchero e la buccia grattata di uno dei due limoni e aggiungete in cima lo strutto. Sabbiatelo con la punta delle dita come si fa per la pasta frolla, poi aggiungete un po’ d’acqua alla volta fino a ottenere un composto maneggiabile (non esagerate altrimenti sviluppa glutine e diventa duro).
Lasciate riposare una mezz’oretta, poi impastatelo ancora un pochino fino a quando è bello liscio, e lasciatelo riposare ancora almeno un’ora, ben coperto oppure avvolto nella pellicola senza pvc. Prendete una noce di impasto (circa 20 grammi) e cominciate ad arrotolarlo sul piano fino a ottenere un cordoncino dello spessore di una matita (guardate le foto).
Riunite le due estremità, tenetele ferme con la mano sinistra e con la mano destra arrotolate l’impasto sul piano, dev’essere piuttosto serrato, qui potete vedere un video dove si capisce molto chiaramente come fare.
Sollevate la treccina che avete ottenuto e piegatela a metà, tenendola appesa dalle due estremità. Se l’avete arrotolata abbastanza dovrebbe avvolgersi su se stessa, voi accompagnate l’avvolgimento e chiudete bene le due estremità (altrimenti si apriranno quando le friggerete).
Una volta fritti tutti gli acciuleddi scaldate il miele insieme alla buccia dell’altro limone (potete grattarla oppure semplicemente metterla a pezzi, senza l’albedo) in un pentolino (non superate i 40 gradi altrimenti perderà tutte le sue proprietà nutritive) e intingeteci gli acciuleddi, scolandoli man mano e adagiandoli sul piatto di portata (o in una ciotola rettangolare nella quale li conserverete).
Vi giuro che è moooolto più facile di quello che sembra! E, seconda promessa, la prossima ricetta sarà una cosa freschissimissimissima!! Buon divertimento se decidete di cimentarvi :-)
bellissimo questo passo passo!…..
ma non sapevo esistesse lo strutto felice!? ^_^
in alternativa l’olio va bene?…
@francesca: sì sì francesca, ho dimenticato di scriverlo, secondo me con l’olio si possono fare tranquillamente. Per lo strutto felice ne ho parlato qui :-)
Izn il link non funziona
@maria grazia: grazie per avermelo fatto notare!! L’ho aggiustato, avevo fatto un casino, adesso dovrebbe funzionare :-P
Me le preparava mia nonna, sarda, una vita fa…
Che emozione vedere le mani che lavorano quelle forme!
Io le rubavo prima che potesse coprirle di miele,che a quel tempo non sopportavo e lei faceva finta di niente :)
le origliette sono fatte con lo stesso impasto,ma hanno una forma completamente diversa