Primo giorno di lavoro serio, ché la scuola è cominciata in tutta la sua silenziosità (in casa) e risvegli all’alba, e io ho di nuovo diritto alla concentrazione, che mi era stata asportata da fine giugno :-) Ci sono tante novità di cui debbo parlarvi, tra cui una molto eccitante che riguarda la vostra spesa, ma per oggi mi limito a due chiacchiere sul ràfano, prima che inizi il freddo quello vero (sotto i 23 gradi, ehm).
Gli è che sul balcone ho tutta questa serie di vasi (di coccio, ovviamente! E quindi pesantissimi! Chi potrebbe resistere al fascino del coccio?), tutti uguali e tutti straripanti di piante aromatiche e non, comunque mangerecce, perché i miei cinque pianeti in vergine non mi permettono di coltivare piante solo belle, devono avere un’utilità, ehhhh!!
Tra queste da due o tre anni c’è anche un ospite particolare; ne avevo una piccola radice che aveva tirato fuori un germoglio, così mi sbrigai a interrarla e da allora nacque lui, il mio amato ràfano in vaso, sempre assetato e pieno di foglie (che da giovani e tenere sono ottime per ravvivare l’insalata). Lo vedete in questa foto sotto, proprio lì, dietro il prezzemolo.
Amo molto il sapore di questa radice, cugina del wasabi, e invece per tante persone è inavvicinabile, perché è veramente particolare. Esplosiva, direi! È stranissima perché pizzica nel naso invece che sulla lingua, e toglie letteralmente il respiro. Ha anche un sacco di proprietà utili alla nostra salute, vi linko una bella pagina dove se ne parla, ma ne trovate vari altri se surfate un po’.
La conobbi decinaia di anni fa, durante una delle mie vite precedenti, in quel di Ortisei; la presentavano sempre in forma di crema accanto a una fettina di speck alta due dita e un paio di cetriolini sottaceto, sull’immancabile tagliere di legno (se siete stati in Alto Adige avrete notato come tutto abbia un meraviglioso profumo di legno. *Mi manca* quel profumo! E voglio vivere in una casa di legno!!! O anche di canapa). I tedeschi usano anche unirlo tal quale alle mele grattugiate, come guarnizione a carni di maiale e salsicce (Claudia, rimembri ancor?).
Il problema è che non avevo veramente idea di come tirar fuori la radice. Avevo provato più volte nel periodo in cui le foglie cominciano a seccare, a tirare un po’ per farne venire fuori qualcuna, ma niente. Così qualche settimana fa, in giorno di radici (grazie Barbara!!) ho tagliato tutte le foglie, rovesciato il vaso, tirato tutto fuori e rubato tutte le radici che ho trovato (anche se si dice sia più saporito dopo qualche giorno di gelo).
Chissà perché me ne aspettavo una grande e cicciona (come l’ultima di questa interessantissima pagina). Invece erano tante piccole e abbastanza contorte, tipo queste (forse perché l’ho tenuto in vaso, anche se grande, o anche perché, come ho letto qui, andrebbero raccolte entro il secondo anno? Forse avrei dovuto leggere questo articolo (che tra l’altro spiega che dopo un paio d’anni, appunto, le radici dovrebbero essere “grosse e succulente”) *prima* di tirarlo fuori, visto che spiega per bene tutto il procedimento da seguire: “Una volta tolta la pianta dal terreno, con l’aiuto di una vanga, taglieremo le lunghe foglie e divideremo la parte sotterranea della pianta (le grosse radici rizomatose) in più parti, facendo attenzione che ciascuna porzione sia provvista di alcuni *occhi* da dove spunteranno le nuove gemme”.
Dopo ho rimesso tutto a posto, e ho ripiantato nella terra due moncherini piccolissimi senza foglie, con un pezzetto di radice attaccata. Ci credete che ha già tre o quattro foglie e sembra pure bello deciso a occupare il territorio?! Che pianta coraggiosa e forte! :-)
Ma veniamo a noi. Dopo aver strofinato per bene le radici, che ovviamente erano piene di terra, con una spazzolina per le verdure (tipo questa), le ho “sbucciate” con un coltellino e le ho fatte a pezzetti piccoli e poi passate al mixer (anche se ho letto che si possono semplicemente grattugiare). Poi ho aperto il coperchio per annusare, sono quasi svenuta (voi non fatelo! siate intelligenti, a differenza di me!), e ho aggiunto aceto, zucchero e sale. Con questa base, da utilizzare subito — pena veloce perdita progressiva del sapore e della piccantezza — si può preparare un’ottima salsa di rafano aggiungendo pangrattato (nella versione piemontese, e tuorli di uova sode e panna semi-montata nella versione trentina (qui le trovate tutt’e due).
Se invece non volete utilizzarlo subito, potete seguire il consiglio dell’articolo che ho linkato poc’anzi, tagliarlo subito a fette di un centimetro ed essiccarlo al sole (ritirandolo alla sera per evitare l’umidità notturna — ricordate i seccamienti? In questo caso andrà conservato “al riparo dalla luce, in sacchetti di carta o in vasi di vetro con il coperchio forato”, oppure conservarlo temporaneamente nella sabbia, come potete leggere qui (in inglese).
Mi fermo qui se no vado avanti per venti pagine :-D. Ottenuta la salsa di cui sopra, potrete poi abbinarla alle patate, sia croccanti che (in una versione diversa) lesse, alla carne e al pesce, e a tutto quello che vi sembra ci stia bene. Io tra tutte le ricette ho seguìto questa, sostituendo l’aceto di vino con quello di mele, ma tenete conto che dopo un paio di giorni già non è più un gran che, quindi usàtelo sùbito, ne vale veramente la pena (no Loretta, non sto parlando con te! :-D), e se ne riuscite a reperire un bel po’ sbizzarritevi con le altre ricette, tipo questa o quelle che trovate in questo forum. E poi raccontatemi!
Ingredienti:
200 grammi di radice di ràfano
qualche cucchiaio di aceto di mele
1 cucchiaio di zucchero grezzo chiaro
1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva
una presa di sale marino integrale
Lavate bene, sbucciate e tagliate a fettine le radici; passatele al mixer (o grattugiatele) *senza annusare*; mettete Il puree che ne otterrete in una ciotola, aggiungete lo zucchero e il sale e un po’ di aceto fino a quando non sarà amalgamato e piuttosto omogeneo. Ho letto da qualche parte che più aspettate ad aggiungere l’aceto, più dovrebbe rimanere piccante, quindi regolatevi con i vostri gusti.
Rifrullate il tutto, chiudete in un vasetto ermetico, e buoni esperimenti! :-)
No, il rafano non fa proprio per me… peccato perché il procedimento era affascinante…
Io lo adoro. Ma lo adoro. Ma no, anzi, lo adoro. :-)
Non amo invece la panna, anzi, proprio non la sopporto. Pero’ un pochina nella salsa di rafano guarda, la accetto pure! Quando sono tornata su a giugno, sono stata in uno dei tanti meravigliosi rifugi dell’Alto Adige (che ok, ad andarci ora, dopo due anni di Sudafrica, mi sono sembrati subito tipo dei bar di citta’, visto che comunque di naturale non c’e’ piu’ praticamente nulla ;-) ). Comunque sia, la loro salsa di rafano fatta con la (loro) panna era una roba da svenire. Io la mangio proprio cosi’, sul pane. Anche se la morte sua e’: pane tostato, un filo di burro crudo spalmato sopra, della trota leggermente affumicata e, come degna conclusione, la salsa di rafano (sospiro, il fisico mi ha conquistata anche cosi’, aaanni fa, a Tuebingen :-) ).
Per le radici: se non le vuoi conservare e le usi subito, non e’ poi *cosi’* importante toglierle nei giorni in cui la luna e’ nei segni delle radici (mentre, se le vuoi conservare durante l’inverno, tipo le carote o le patate, allora si’).
Piuttosto, per avere radici belle dritte grandi e forti, sarebbe meglio fare attenzione a compiere tutte le altre fasi (semina, piantagione, trapianto, annaffiatura, cure varie) in un segno di radici (o comunque non quando ci sono quelli che io chiamo “giorni da divano” (nodi lunari etc). Altrimenti ti vengono quelle che i tedeschi chiamano “l’incubo delle casalinghe” (nel senso che sono tipo delle piovre e impazzisci per pulirle bene).
A proposito, vogliamo parlare dei clamorosi effetti del rafano grattugiato per guarire la sinusite? (a parte le bruciature se uno e’ cosi’ impedito da applicare il rafano *direttamente* sulla pelle eh eh)
Grazie per la voglia incredibile di rafano che mi hai messo, eh ;-)
Ma cosa trovo qui sta sera… il rafano :-)))) – me lo preparo ogni autunno (grattugiato fine sotto olio d’oliva). Buonissimo e sanissimo; pienamente d’accordo con @Claudia :-)
I raffreddori non hanno scampo se mangiato regolarmente.
Pane+Burro+Rafano = un paradiso intrigante per il palato… e una fetta tira l’altra