Di questi tempi, nella mia consueta corsetta in un parco pubblico vicino casa, raccolgo da terra i frutti di avocado che maturi cascano dagli alberi. Poi a casa li usiamo di solito per condire l’insalata, facendone una pappina con olio extravergine d’oliva. Risultato mica male sia per il gusto che per l’apporto delle tante sostanze salutari (vitamine e antiossidanti) che l’avocado contiene.
Ieri, mentre facevo la mia mitica colazione in solitudine (mi correggo, in compagnia delle mie due gattine che mangiavano avidamente degli straccetti bio), mi sono detto: “e se oggi provassi a spalmare la fetta di pane (canonicamente semintegrale e da pasta madre) con la polpa di avocado, invece che con il solito, celestiale burro a km 1000?”
Detto, fatto. La fetta di pane così preparata, anche senza la marmellata, mi è piaciuta molto. Certo, il burro spalmato sul pane (o incorporato in una torta) è il massimo della goduria, ma ho pensato a tutti coloro che per scelte vegane sostituiscono il burro con della margarina: provare per credere, cugini (per la mia astinenza dalla carne) vegani.
A differenza della margarina, che fosse anche la migliore del mondo, non sa di niente, l’avocado ha un gusto tutto suo abbastanza piacevole. E poi ha qualità nutrizionali così elevate che alcuni ricercatori mettono il suo olio allo stesso livello di quello extravergine di oliva. Ecco in sintesi la scheda tecnica (per 15 grammi di polpa): calorie 24, grassi totali 2,2 grammi di cui saturi 0,3 grammi, monoinsaturi 1,47 grammi, polinsaturi 270 mg (di cui omega-6 253 mg e omega-3 17 mg), e colesterolo ovviamente niente. Che volete di più per tenere lontani grassi saturi, colesterolo, acidi grassi trans e troppo omega-6.
Poi, sempre facendo colazione, ho pensato alla famosa lardiata napoletana che faceva mia madre, di cui può essere considerata una versione ridotta il battuto di lardo e aglio per la pasta e fagioli, che si soffriggeva prima di buttarci dentro i fagioli cotti.
Quante volte la metà di siffatto battuto non arrivava alla pentola per i fagioli perché noi ragazzi ci ficcavamo il dito dentro per poi leccarcelo avidamente. Altri tempi, altre abitudini e… altra qualità del lardo. Oggi chi volete che prepari ancora la lardiata, il battuto di lardo e aglio, afflitti come siamo dal terrore dei grassi animali, del colesterolo e dei pesticidi che gli animali ingeriscono con il mangime, e che poi in un buona parte si vanno ad accumulare proprio nel grasso sottocutaneo da cui si ricava il lardo.
In casa mia si consuma, ovviamente con parsimonia, lardo di maiale felice. Ma il battuto di lardo e aglio è scomparso dalle abitudini culinarie della casa, perché mia moglie, extracomunitaria spagnola al tempo in cui l’ho sposata, non ha mai saputo o voluto sapere che cosa fosse, convinta come era (e lo è ancora) che il “sofrito” (che non ha niente a che vedere con il “soffritto” napoletano, fosse molto meglio. È proprio vero il proverbiale “moglie e buoi dei paesi tuoi”, che nel mio caso vale soprattutto per le tradizioni culinarie!). A salvare la pace culinaria della famiglia è arrivata la mia decisione di smettere di mangiare alimenti ricavati da animali uccisi, anche se hanno avuto una vita felice. Così mi sono dovuto arrangiare con il “sofrito” spagnolo che non è mica male ma è un’altra cosa.
E allora, sapete ieri cosa ho fatto, approfittando della solitudine ispiratrice e dovendo prepararmi il pranzo con le mie due mani, mani in verità più avvezze a scrivere che ad armeggiare con i tegami? Mi sono preparato una pasta e fagioli inventandomi una sorta di battuto vegetariano fatto proprio di avocado e aglio. Mi è piaciuta molto anche se non era saporita come quella che faceva mia madre con il lardo-lardo, ma si sa, la cucina della mamma è sempre la migliore, anche quando si diventa vecchiacci criticoni. Mi sento di raccomandarla ai vegani e a tutti coloro che per motivi diversi non consumano lardo.
Ora dovrei sciorinarvi la solita tiritera dell’avocado che è un alimento salutare, che previene chissà quanti disturbi. Ma sono contrario a fare questo, per non alimentare la tendenza che hanno molti a credere che esistono alimenti che sono elixir di lunga vita: sono invece la rotazione e la combinazione giusta degli alimenti, ovviamente di qualità, a nutrirci e farci star bene. Non posso però esimermi dal dire che è in assoluto la frutta fresca più ricca di vitamina E (quella della fecondità), e una delle più ricche in ferro che si assorbe facilmente grazie all’altrettanto alto tenore di vitamina C.
Comunque la letteratura è piena di elogi per questo frutto esotico, che è ricco di grassi buoni come l’oliva, e che in più si può mangiare tal quale, mentre l’oliva deve essere prima lavorata per levarle l’amaro dovuto all’oleuropeina. Una recente pubblicazione di ricercatori americani, degna di considerazione, ne tesse le lodi affermando che, nonostante il tenore in grasso, l’avocado aiuta a prevenire il rischio d’insorgenza della sindrome metabolica, che poi vuol dire colesterolo e zucchero entro i limiti e niente antiestetica pancetta.
Io faccio come Pascal, il filosofo che diceva che aver fede religiosa non costa nulla e può dare qualche vantaggio in termini di salvezza dell’anima. Perciò credo a quello che i ricercatori americani hanno detto sull’avocado, quindi vi consiglio di aggiungerlo all’insalata, tagliandolo a pezzetti, spalmarlo sul pane a mo’ di burro al posto della margarina industriale, e di usarlo come novella forma di battuto di aglio se il lardo non vi va. Ma volendo si può anche arrivare a preparare il messicano Gaucamole.
Sappiate che, una volta pelato, l’avocado si scurisce rapidamente per i polifenoli che contiene. Comprate quelli che sono ancora duri e, se sono proprio acerbi, basta metterli in un sacchetto chiuso insieme a una banana o una mela mature. E se non avete mele o banane a portata di mano, fate pressione per qualche minuto sulla buccia. Per la sofferenza il frutto maturerà in fretta, perché produrrà etilene.
Per chiudere, rimane una questione riguardante la conservazione. I frutti di avocado, che dalle nostre parti più calde maturano di questi tempi vanno infatti a male rapidamente. Esiste un modo per conservarli? Io provo a congelarli, poi vi dirò. Ma se non dovesse funzionare, si può sempre ricorrrere di tanto in tanto a qualche avocado straniero in vendita nei supermercati. Se bio, ovviamente è meglio :-)
Avocadi che cascano dagli alberi in un parco cittadino? Che meraviglia, è così difficile trovarne di buoni!
Io intanto sto preparando i fagioli freschi con il battuto di avocardo (avocado simil-lardo) nella mia nuova pentola di argilla. Un profumo pazzesco!! :-)
Non sapevo che l’avocado crescesse anche in Italia. E io che vivo qui nel sud del mondo, dove l’avocado e’ un po’ come il prezzemolo e te lo ritrovi dappertutto, non lo mangio. Non mi piace la consistenza, o lo sento “grasso e pesante” e forse la mia cistifellea un po’ capricciosa non lo ama… non so, ma mi guardano tutti strano, quando dico che non mi piace.
Secondo me l’avocado e’ come il coriandolo, il burro e le rape rosse: non ci sono vie di mezzo, o lo ami o lo odi :-)
PS: quando ho letto della colazione da solo, mi e’ venuto in mente un vecchio detto per mantenersi in salute: fai colazione da solo, a pranzo invita il tuo migliore amico e regala la cena al tuo nemico peggiore ;-)
Che bel post, io adoro letteralmente l’avocado. Ne mangio davvero tanto, in genere condito con olio, sale e limone. Ma non avevo mai osato cuocerlo…una rivelazione! A questo punto prendo coraggio per proporre a izn di valutare una convenzione con Sicilia avocado, che sembra essere un progetto davvero interessante. Ovviamente vanno intervistati per bene, però…
Anche io non avevo idea che crescesse anche qui da noi!
bellissimo e interessantissimo post, grazie!! non vedo l’ora di provare l’avocado (che non sia per la meravigliosa guacamole), io non sono solita farne uso ma mi sembra davvero geniale il paragone col burro, vista l’untuosità del frutto…e nemmeno sapevo dell’esistenza dell’olio!
( cmq sottoscrivo in pieno la volontà di non idealizzare o demonizzare nessun alimento )
Urge la ricetta!!
Scusa, ma dov’è questo posto mitologico in cui i frutti di avocado si trovano per terra e si raccolgono gratis in abbondanza, perché tanto la gente non se ne interessa e li butta via?
Io uso l’avocado proprio al posto del burro in varie ricette dolci (muffin al cioccolato gnam!!!) e così usato il sapore viene coperto, ma rimane la scioglievolezza che lo fa somigliare al burro, però questo frutto, da solo, non sono mai riuscita a mangiarlo, fatta eccezione per il guacamole, ha una consistenza troppo burrosa appunto, mi sembra quasi di addentare un panetto!
Caro Prof, dallo stile di questo bellissimo post si evince che è entrato nel “tempio” dei saggi (tradotto=curando con buon senso se stesso cura gli altri).
Istruttivo, gradevole, leggero, auto-ironico… senza mai alzare il dito del sapiente.
‘na meraviglia. Grazie :-)
@Cara Sabine, lo sviluppo e la maturazione di frutti come l’avocado sono la metafora della qualità dei nostri pensieri e comportamenti nel corso della nostra vita. In gioventù possono essere acerbi e aspri (io da giovane ricercatore ero un fan delle piante geneticamente modificate che si affacciavano all’orizzonte), poi con la maturità sono di norma destinati a diventare via via sempre più dolci, accattivanti e colorati di buon senso e buon-umore. Quanto Lei dice, mi conforta, perché mi fanno pensare che sono maturo abbastanza ma non troppo. Perché, quando troppo maturi, frutti come l’avocado non sono più buoni da mangiare (a questo stadio i botanici definiscono i frutti “senescenti” che tradotto in una lingua per gli umani significa “vecchi decrepiti”)!
p.s.: Sabato prossimo, come un bravo scolaretto, andrò da izn per imparare a gestire un blog già battezzato Matteo Giannattasio “ilvaloredelcibo, ilcibodivalore”. Spero di essere un bravo alunno come è stata lei tempo addietro secondo quanto riferisce la maestra.
Gentile Prof, tantissimi anni fà mi colpi questa frase di Alberto Casiraghy: “Prima della fine sarò pieno di inizi.”
Fu l’inizio di un’ amore (unilaterale) a distanza: per me Casiraghy è un mito assoluto. Le sue metafore ri-svegliano il “senso della vita”.
Infatti, fare lo scolaretto potrebbe/dovrebbe essere esercizio continuo… l’università della vita tiene lezioni ovunque :-)
Saluti alla mitica izn, ehm,… che forse legge :-)