In questi mesi ho seguìto le evoluzioni dell’orto sperimentale capitandoci ogni tanto, rubando immagini al volo, chiacchierando e ridendo con tutti su tutto, facendo telefonate chilometriche a Cleofe e ovviamente prelevando campioni degli ortaggi coltivati (per il puro amore della scienza: dovevo provarli per essere sicura che fossero buoni).
Vi faccio una panoramica a volo radente di quello che sono riuscita a cogliere (letteralmente), nella speranza che le poche nozioni che ho racimolato possano essere utili a qualcuno, o sedare qualche dubbio amletico.
Intanto vi dico che il campo, rispetto a quando s’è iniziato, è irriconoscibile; la superficie coltivata è più che raddoppiata. È tutta recintata da una rete interrata per mezzo metro, perché in alcune occasioni abbiamo avuto visite dagli istrici, che hanno assaggiato mais, cocomeri e meloni (e chiamali scemi). Abbiamo nondimeno provveduto a depositare per i nostri pungenti amici la sovrapproduzione oltre la rete, perché la terra appartiene anche a loro.
C’è un nuovo laghetto artificiale, con tanto di romantico ponticello fatto con un montacarichi, risalente agli anni ’60, dissotterrato da un fosso accanto al fienile, poi pavimentato con assi recuperate da vecchi ostacoli per cavalli gettati dal maneggio confinante.
Non c’è stato neanche bisogno di ricoprire il fondo del lago con un telo o roba del genere, perché la terra era molto compatta in quel punto, e l’acqua ci si è fermata bene (le libellule stavano già colonizzando). Ho avuto anche l’onore di aprire personalmente il rubinetto per riempire d’acqua il futuro lago.
La ragione della creazione di un nuovo specchio d’acqua sta nel fatto che a una determinata superficie coltivata dovrebbe sempre corrispondere una certa superficie d’acqua (il minimo sarebbe il 10% d’acqua rispetto alla terra, ma più ce n’è meglio è), perché la ricchezza della terra è data dalla presenza della più eterogenea biodiversità, che a sua volta è appunto legata all’acqua: il campo adesso è felicemente popolato da rospi, bisce e una tale varietà di insetti che farebbero la felicità di Gil Grissom; Giancarlo mi ha raccontato che appena il lago sarà pronto ospiterà molti pesci, tra cui anche qualche carpa giapponese (ghiotte di uova di zanzara!).
Per il resto, si sono ovviamente tirate le fila di ciò che era stato fatto durante questo inverno (e primavera): abbiamo raccolto tonnellate di cetrioli, quintali di zucchine, foreste di piante aromatiche, fragole come se piovesse, e poi melanzane, peperoni, meloni, mais, carote, cipolle, porri, insalate, bietole e barbabietole (bleah), ravanelli, fagiolini, piselli e un sacco di altri succosi vegetali.
I cardi, azzerati dalla siccità dopo la fioritura, hanno già formato le nuove foglie autunnali, i cui costoni sono commestibili. Abbiamo avuto anche qualche delusione: ad esempio l’esperimento delle patate nelle vasche (ne avevo parlato qui) non ha avuto una buona riuscita; siccome le vasche non erano perfettamente in piano e il buco per far uscire l’acqua era solo da una parte, molte patate sono marcite a causa dell’acqua che ha ristagnato. Abbiamo considerato irrisolvibile il problema, quindi le prossime patate le lasceremo crescere direttamente nella terra.
I pomodori antichi di Sacrofano all’inizio crescevano stentatamente perché troppo vicini tra loro: per farli crescere senza l’aiuto di tutori ci sarebbero voluti almeno tre metri di distanza tra le piante invece dei 50 centimetri che avevamo lasciati noi; così le abbiamo “incannate” — cioè verticalizzate — e dopo qualche difficoltà di adattamento hanno finalmente formato le fibre che sostengono i fusti eretti (cheratina, lignina, suberina, cellulosa etc) e hanno cominciato a produrre abbondantemente.
Per giudicare la salute delle piante è importante sapere che i frutti più deboli (per una pianta sana ne troverete almeno il dieci per cento) vengono riassorbiti dalla natura prima di giungere a maturazione; ciò avviene per mano (o meglio per bocca) di milioni di esseri viventi presenti se c’è una buona biodiversità. Nel caso delle solanacee ad esempio (pomodori, melanzane, peperoni, patate), i frutti deboli tornano ad arricchire la terra grazie alle “cimici” (soprattutto Carpocoris mediterraneus).
Se volete evitare che vi rifilino dei pomodori di seconda scelta, controllate che non vi siano nella buccia i piccoli fori neri aureolati di giallo praticati dalle cimici. La sorpresa che trovereste all’interno sarebbe un vacuo più o meno putrescente, a seconda se qualche lumaca ha deciso di approfittare dell’apertura.
Il frumento ha germinato, ma il gruppo che avrebbe dovuto curarlo si è formato troppo tardi e l’ha lasciato andare, perché ci sarebbe voluta troppa manutenzione a quel punto. Comunque quest’anno è stato già riseminato in vaso (proprio questo mese) e verrà trapiantato nella terra ai primi di novembre.
Siccome il terriccio che setacciavamo era strapieno di semi di piante infestanti, abbiamo provato a usare la vaporella per sterilizzarlo (i semi a 100 gradi muoiono). L’alternativa sarebbe stata dargli fuoco (cioè tostare il terriccio), ma la vaporella ha funzionato bene.
Durante l’estate l’acqua è stata somministrata solo due volte alla settimana (invece che due volte al giorno come si fa generalmente) malgrado l’emergenza siccità (da giugno a settembre non ci sono state che poche ore di pioggia e temperature frequentemente sopra i 40°C).
Rispetto alla coltivazione industriale, gli ortaggi sono più consistenti, saporiti e nutrienti, perché essendo poco annaffiati e *mai* concimati (nemmeno con letame o compost) contengono meno acqua e più sostanza.
Insomma, dalle opinioni che ho raccolto qua e là il bilancio è stato più che positivo; in particolar modo molti mi hanno detto che la cosa che hanno amato di più è stata avere un posto dove riunirsi con altre persone che la pensavano come loro, staccando dalla vita cittadina, stando a contatto con la terra, imparando come funziona la vita vegetale, anche senza necessariamente dover applicare poi nella pratica quello che hanno appreso.
Lo scopo che volevo raggiungere era proprio questo, che la gente acquisisse “consapevolezza”; e anche se non avesse modo e tempo di andare ancora a coltivare la terra almeno sapesse scegliere la verdura sul banco del mercato, riconoscendo a occhio cosa va e cosa no, senza dover pendere dalle labbra di chi non si conosce, e che magari ha più a cuore i propri interessi che quelli degli acquirenti. In attesa che l’onestà, la lealtà e l’altruismo tornino in auge (e sono molto fiduciosa su questo!).
bellissimo articolo!..come sempre….
condivido tutto quello che hai detto e aggiungo che, oltre al risultato che si voleva ottenere, cioè capire quello che si acquista, a me regala una pace e una serenità bucolica .
li sto bene e mi manca quando non ci vado …appaga insomma il mio desiderio di campagna senza stravolgere completamente la mia vita…
senza poi parlare degli effetti benefici e la soddisfazione di mangiare cose veramente bio!!
Vi ho pensati spesso, dopo quella giornata all’orto di dicembre! Mi chiedevo “come sarà andata l’esperienza?” “cosa avranno piantato?” Adesso è bellissimo vedere i risultati, anche se da lontano e solo in foto!
interessante, mi piacerebbe venirvi a trovare perchè ho un pezzetto di orto…. vorrei “copiare”. Davvero questa estate con il caldo che c’è stato avete annaffiato 2 volte la settimana? Le piante hanno resistito?
Quanto vorrei avere un piccolo pezzo di terreno per coltivare frutta e verdura…per ora mi accontento di spedizioni regolari dal mio contadino di fiducia e di trasformare il terrazzo in una piccola selva di piante aromatiche…una domanda è da tanto tempo che sto cercando di trovare demi di aglio orsino…hai qualche consiglio?
Un bacione
fra
Fra, si è bello un pezzetto di terra da coltivare…..
ma è più faticoso.
è farlo insieme agli altri che è bello! il tempo vola, e la stanchezza non si sente.
si dice : l’orto vuole l’omo morto! ..ecco…questo a me non è successo… anche perchè, altri hanno lavorato molto ma molto più di me ! eh eh eh
questa idea di orto collettivo mi pare abbia avuto un bel successo!
Che sogno poter appartenere al vostro gruppo e condividere con voi le vostre attività e quanto esse producono! credo però che molto spazio ci separi…
Belloooooooooo!!!!!!!
Domani mi trasferisco ;-)
Bellissimo post, l’importanza di saper apprezzare e riconoscere i frutti della terra naturali da quelli coltivati industrialmente credo sia di estrema importanza, soprattutto oggi e nelle grandi città. Le sostanze, il gusto e la poesia di cibo che non ha subito manipolazione è tutta un’altra cosa!!! Ti ringrazio quindi per aver ribadito questi concetti, li condivido appieno e sto provando a stilare dei piccoli memorandum pratici sulla stagionalità dei frutti della terra e del mare che “spunteranno” a giorni sul mio blog proprio perchè a mangiare e a nutrirsi bene credo lo si inizi a fare con la conoscenza di cosa comprare e in che periodo dell’anno comprare. Grazie ancora, scusami se mi sono dilungata ma post come questi sono un invito splendido a riscoprire il piacere delle cose semplici e naturali, e io ci tengo molto…Brava!!! a presto Lys
@Fra: cavolo, in che zona sei? Sto cercando anch’io un contadino *davvero* buono, da cui acquistare frutta e verdura, ma ancora niente di soddisfacente. Magari si può fare…
Buon Lunedì e buona settimana a tutti,
Sara.