Non so se avete presente il feng shui. Io non ci ho mai capito niente; mi sembra sempre che quelli che lo spiegano non riescano a mettersi d’accordo tra loro e non si parlino, e uno dica l’opposto di ciò che dice l’altro, e insomma ma come si fa a capire cosa fare e cosa no? Claudiaaaaa!!!
vignarola
Mo’ l’altro giorno ho scoperto il Vastu, lo yoga della casa, e ho capìto che ho sbagliato tutto nell’arredamento della camera da letto. E sì che avevo avuto sempre dei dubbi sullo specchio accanto al letto, ma solo perché dalla parte opposta c’è una porta finestra a est, vale a dire che la luce dell’alba (che è molto ma molto più intensa di quanto avrei mai pensato prima di avere una casa che ha tutte le esposizioni) si riflette esattamente sul letto, quindi è come avere due finestre con il sole a est e a ovest. Pure un po’ onirico, se vogliamo. Se non fosse che è assolutamente impossibile riuscire a dormire in quelle condizioni, mascherine nere e cuscini in testa compresi.
Comunque qua le implicazioni sono ben altre, e multiple. Intanto pare che gli specchi siano dei potenti amplificatori di energia, e quindi ovviamente posizionati in una camera da letto disturbino il sonno; poi l’altezza non dovrebbe mai essere lunga più del doppio della base (o viceversa), e meglio rettangolari o quadrati che tondi, perché questi ultimi sono troppo energetici (tipo specchio di Biancaneve, che però se non sbaglio era ovale, boh.
Ma il problema serio, quello super preoccupante, è che non bisognerebbe mai e poi mai appendere uno specchio sulla parete esterna di un bagno, “pena ritrovarti la stanza in cui c’è lo specchio piena dell’energia *sporca* del bagno.” E io là lo tengo!!!!! AAAARGHHHH!! Proprio sulla parete esterna del bagno, *e* in camera da letto accanto al letto. Ed è ENORME!! Uffa. E mò!?
Già ho mobilitato lo zac che ‘sto specchio ha da essere spostato, ma non so perché il ragazzo mi è reticente in proposito. Mo’ perché lo specchio in questione era la porta di un armadio e pesa tipo due quintali uno si deve mettere a sindacare sulle difficoltà del trasloco? Non sarà *molto* più importante fare in modo che le energie rimangano dove devono stare e non girino per la casa mentre noi dormiamo inconsapevoli? Uff. ‘Sti maschi >:-(
fave e piselli sgranati
Vabbeh queste erano le cose importanti, adesso vi ammollo una ricetta che mancava all’appello qui sul blog alla voce “cucina tradizionale”, perché in quanto napoletana devo ammettere di non averla mai fatta né vista fare a casa mia. E nemmeno mai assaggiata, se devo essere sincera. Perché questo è un piatto tipico di chi ha un orto o un pusher ortifero (come per noi Le Spinose o Casale Vecchio), oppure un meraviglioso mercatino bio della scuola come quello che vi ho raccontato il mese scorso, che si è ripetuto ieri e che se tutto va secondo le mie speranze si ripeterà il 21 giugno (chi viene ad accaparrarsi frutta e verdura bio e un sacco di altre cose buone e belle?).
Come tutte le ricette antiche ne esistono tante versioni, ma il comune denominatore è l’uso contemporaneo degli ortaggi che in un certo senso definiscono la nostra primavera, vale a dire i carciofi, i piselli, le fave e le cipolline novelle, tanto amati quanto caduchi. Fino a due anni fa noi, che mangiamo solo consapevole, spesso i piselli non li vedevamo nemmeno passare, tanto duravano poco sui banchi della vendita diretta. Cominciavamo a pensare che fossero una cosa un po’ come le albicocche, una specie di leggenda bella e improbabile. E invece quest’anno pioggia di piselli e fave :-)))
vignarola ingredienti
Per quanto riguarda il nome di questa ricetta, pare che le ipotesi siano varie; c’è chi afferma che vignaroli fosse l’appellativo dei venditori di verdure negli antichi mercati romani; altri invece fanno risalire il nome al fatto che questo piatto veniva preparato con le verdure coltivate tra i filari delle vigne.
Dove per “vigne” si intende molto di più della coltivazione della vite, come potete arguire dalle parole di Arcangelo Dandini: “La vignarola della mia infanzia era un piatto che si preparava con quello che si poteva portare facilmente nella giornata di lavoro nei campi, e con quello che si raccoglieva sul posto e sulla via.
La vigna, in senso lato, era la campagna, il terreno fuori dal paese in cui si coltivavano le verdure, si allevavano i maiali e le galline, dove c’era un piccolo rustico con il camino e una cucina di fortuna. La mia vignarola non era un vero e proprio pasto, piuttosto uno spezzafame, una merenda ricca. Si portava da casa il pane e il guanciale, mentre l’acqua era quella del pozzo.
La sostanza del piatto era data dal battuto di base che era fatto con il guanciale o con il grasso e magro di prosciutto, mentre alle fave, ai piselli, alla lattuga, ai carciofi, si aggiungevano anche le cicorie e le altre erbe spontanee che si raccoglievano lungo la strada. Così si adagiavano le fette di pane nella scodella, e si coprivano con il guanciale e le verdure stufate, terminando con un goccio d’olio e del pecorino fresco a scaglie”.

A me ovviamente piace particolarmente quest’ultima versione, perché testimonia di un tempo nel quale sversare pesticidi tra un filare e l’altro era impensabile (questa foto orribile non risale a più di tre mesi fa, per dire).

Il piatto è semplicissimo da preparare, veramente for dummies; potete usarlo come contorno, come condimento per la pasta, farcitura per una torta salata (tipo in questa, al posto delle zucchine), o come piatto principale insieme a una bella fetta di pane fatto in casa, come noi. In queste foto la vedete fatta con la pancetta, ma andrebbe proprio fatta con il prosciutto crudo.

Se lo avessi avuto sottomano avrei usato sicuramente quello, ma il convento passava la pancetta, e quando la vita mi dà la pancetta, io la azzardo una vignarola, anche se la devo rivisitare un attimo. Inutile dire che potete tranquillamente prepararlo in versione vegana (questa di Labna mi sembra splendida) :-)
vignarola ricetta
Come ricetta ho seguìto questa del ristorante Paris a Trastevere; ho omesso il burro infarinato finale, perché non volevo mischiare due animali diversi, come da direttive bionutrizionali, ma semel in anno licet etc etc, quindi ma se ce lo volete mettere fate pure! :-) Come vedete nelle foto del post che linkato sopra, il risultato dovrebbe essere molto più “umido”; io sono geneticamente incapace di fare piatti brodosi (come zac ben sa), ma la prossima volta giuro che ci provo, perché dall’aspetto la vignarola di questa bravissima chef è super appetitosa. Voi cercate, dna permettendo, di mantenere il tutto più lento se volete un risultato tradizionale :-)
Ho letto che alcuni cuociono tutte le verdure a parte e poi le mettono insieme; non sono d’accordo con questa versione, perché mi piace di più l’idea del piatto corale dove tutte le verdure chiacchierano tra loro; però se volete semplificare provate (ma sporcherete una marea di padelle!) :-D

Ingredienti:
500 grammi di piselli sgranati
500 grammi di fave sgranate (se sono tenere potete lasciare le buccette)
500 grammi di carciofi
250 grammi di cipollotti
100 grammi di gambuccio (o di scarti di prosciutto crudo, o di pancetta)
mezzo bicchiere di vino bianco
olio extravergine d’oliva
sale marino integrale
un pezzetto di pecorino (facoltativo)
qualche foglia di menta romana

Per prima cosa lavate la lattuga e tagliatela a striscioline, sgranate i piselli e le fave, tagliate i cipollotti a fette non troppo sottili (scartate la parte verde ma non gettatela) e pulite i carciofi e tagliateli mettendoli a bagno nella solita ciotola di acqua fredda acidulata con un pochino di limone.
Con i baccelli, la parte verde dei cipollotti e i gambi e le foglie scartate dei carciofi preparate a parte un brodo di verdure (io avevo da parte un po’ di passata di baccelli avanzato da qui e ho aggiunto anche quella al brodo), facendoli partire in acqua fredda a fuoco basso. Quando il brodo è pronto, togliete tutti gli scarti, salatelo leggermente e rimettetelo sul fornello a fuoco basso basso per tenerlo caldo.
Coprite il forno di una padella larga con un velo d’olio, aggiungete la pancetta o il gambuccio e lasciate soffriggere per un minuto; poi aggiungete i cipollotti a fettine e lasciateli cuocere a fuoco medio-basso fino a quando prenderanno un colore dorato. Unite i carciofi. Alzate un pochino la fiamma e fateli cuocere fino a quando non si sarà asciugata l’acqua che rilasceranno, e si coloreranno un po’, poi sfumate con il vino (cioè versate in padella il vino alzando bene la fiamma e aspettate che evapori); a questo punto aggiungete un mestolo di brodo e fate cuocere 5 minuti. Aggiungete le fave e i piselli, mescolate, versate un altro mestolo di brodo e fate cuocere ancora 10 minuti.
Trascorso questo tempo, aggiungete infine la lattuga e qualche fogliolina di menta romana (io non ce l’ho messa perché non la amo), mescolate, aggiustate di sale e pepe, cuocete ancora qualche minuto e poi servite il tutto tiepido, aggiungendo un’ultima spolverata di pepe appena macinato, un filo d’olio Dandiniano, e qualche scaglia di un ottimo pecorino.