Paradossalmente nel momento in cui sto cucinando, preparando, conservando di più, non riesco a trovare un secondo per trasmettervi le nuove conoscenze — a brevissimo la rubrica sulla fermentazione for dummies! — e raccontarvi… gli accaduti (“l’accaduto” sarebbe oltremodo riduttivo).
Così, intanto che riordino fotografie, obiettivi, intenti e ricette, vi appioppo un nuovo imperdibile post nella sezione della decrescita, nel quale sono usa raccontarvi come stare (molto bene) in cucina con l’impatto ambientale più basso possibile.
E dunque, dopo lo sproloquio sulle padelle di ferro, e sulla conseguente evitabilità del Teflon e della plastica, e la panoramica sul canovaccio magico e relativi consigli per farselo in casa, sento l’impellente necessità, a due passi dal Natale e un passo dopo il mercato contadino più grande e particolare che abbia organizzato nella mia vita, di parlarvi di come tenere fresco e arzillo il migliore amico che abbiamo in cucina, il tagliere (di legno, ovviamente!).
Vero è che di taglieri ne esistono di ogni tipo, dimensioni e materiali, tutti a mio parere largamente superati dal caldo e profumato materiale che amo di più in assoluto. Molti anni fa, quando mi è capitato di lavorare nelle cucine dei ristoranti, ho appreso con mio sommo disagio che nelle situazioni lavorative non poteva essere utilizzato altro tagliere che non fosse di plastica; una roba semidura dal colore lattiginoso, piena di graffi e tagli sospetti, che oltretutto bisognava sterilizzare con detergenti che non guarderei nemmeno da lontano.
Roba tutta uguale e oltremodo inquinante (vi ho già parlato della mia battaglia anti-plastica?); niente a che vedere con l’unicità e l’accoglienza del legno, che in un mondo perfetto dovrebbe essere tutto di un pezzo (e non fatto di pezzi incollati tra loro come i miei, ikea-made) e in un mondo ancora più perfetto, di legno d’olivo, molto duro, resistente, autoctono, e bellissimo a vedersi.
E difficilissimo da gestire, potrebbero pensare tanti, visto che il legno è un materiale comunque poroso, assorbente, vivo. Soprattutto chi ancora non ha provato la meravigliosa sensazione di relax che senti quando ti rendi conto che la tua pasta madre non è altro che una coltura batterica, che i batteri sono ovunque e quasi sempre sono nostri amici, e che siamo fatti più di batteri che di noi stessi.
Ovvio che i taglieri di legno vanno puliti, ma un tutorial su come farlo non l’avevo ancora incontrato fino a qualche giorno fa, quando sono inciampata in questo, che mi accingo a tradurvi con le dovute modifiche consapevoli, e che spero risolva una volta per tutte l’amletico dubbio legno o non legno.
Iniziamo col dire che il tagliere di legno ha bisogno di cure amorevoli, ma non quotidiane; non serve pulirlo a fondo ogni giorno, servono una decina di minuti una volta a settimana (mi sembra accettabile, no?!), e basta avere a disposizione acqua, un panno (l’articolo dice di microfibra, io dico *cotone*), olio (l’articolo dice minerale, io ovviamente dico a gran voce *vegetale*) e poco altro.
Ho sempre oliato i miei taglieri con olio d’oliva, e non ho mai avuto alcun problema di odori molesti. È vero, l’olio d’oliva è costoso rispetto a quello minerale (che comunque *in saldo* costa quasi 6 dollari al litro!), ma capita di avere delle rimanenze degli anni precedenti, o che ne cada un po’, insomma si può utilizzare olio di recupero (facendo attenzione che non sia rancido); non ne serve molto.
L’olio che usate per proteggere e idratare il tagliere va a contatto con il cibo che ci tagliate sopra, quindi quello minerale che è a base di petrolio (come anche la famosa marca di olio per bambini!) lo vedo poco adatto.
L’articolo parla anche di una crema, nello specifico fatta di cera d’api e olio (minerale, che ve lo dico a fare :-D). Per me si può sostituire egregiamente con qualsiasi crema naturale che abbia come ingredienti cera d’api e olio (vegetale), e basta, o al limite un po’ di olio essenziale di qualcosa (di cedro — che è anche antitarlo — sarebbe fantastico, ma anche di arancia, per dire). Io per adesso sto usando una cera d’api in barattolo che ho trovato da un produttore di miele, ma farla in casa credo sia semplicissimo.
Di seguito vi trascrivo dall’inglese tutto il procedimento step-by-step, con le variazioni del caso, e vedrete che i vostri taglieri saranno sempre perfettamente puliti, lisci e idratati come il culetto di un bambino!
Ingredienti:
i taglieri di legno di casa
sapone per i piatti ecologico, neutro
olio vegetale a scelta
crema o cera d’api per legno
ritagli di cotone
Per prima cosa lavate con acqua e, se serve, un po’ di sapone neutro per i piatti, il vostro tagliere (giù le mani dalla lavastoviglie!!!). L’errore che quasi tutti fanno è lavare solo una delle due facce; dovete bagnarlo bene da tutti e due i lati altrimenti si incurverà. L’acqua fa gonfiare il legno, e se il rigonfiamento non è uniforme il tagliere si deforma.
Dopo il bagnetto, asciugatelo bene e lasciatelo seccare in verticale su uno dei lati per una notte, in modo che tutti e due i lati prendano aria. Il giorno dopo versatevi sulle mani un po’ d’olio e massaggiate il tagliere su tutti i lati, angoli, spigoli e quant’altro. Non esagerate, basta un velo sottilissimo su tutta la tavola. Lasciate assorbire l’olio tre o quattro ore, sempre in verticale, appoggiato su uno dei lati.
Dopo tutto ciò potete finalmente passare alla crema, ripetendo lo stesso procedimento che avete fatto con l’olio, possibilmente con un panno di cotone invece che con le mani. Questo passaggio serve per saturare bene i pori del legno in modo che trattenga l’olio.
Lasciate di nuovo riposare per alcune ore o una notte come sopra, verticale, lato, facce libere. Trascorso questo tempo, potete finalmente dedicarvi a metti-la-cera-togli-la-cera, per una durata direttamente proporzionale alla quantità di pianeti in vergine che avete nel vostro quadro astrale, fino a quando non otterrete un tagliere meravigliosamente idratato e splendente nella sua legnosità: da adesso in poi eventuali liquidi scivoleranno via senza impregnarlo o macchiarlo.
Teoricamente, soprattutto se si tratta di un tagliere fatto con un unico pezzo di legno — e quindi non quelli che si trovano in giro solitamente, fatti con pezzi piccoli incollati tra loro — con questo trattamento settimanale il tagliere potrebbe durare tutta la vita o comunque decenni (adoro le cose da cucina durevoli). Se per caso dovessero crearsi dei tagli più profondi, potete passare un po’ di carta vetrata sottile su tutta la superficie del tagliere. Ci vorrà un po’ ma avrete un tagliere praticamente nuovo.
Se invece dovessero staccarsi dei pezzi (nel caso di taglieri incollati) o dovessero crearsi delle vere e proprie fratture, conviene sostituire il tagliere, altrimenti il cibo si infilerà nelle fessure, cosa non molto sana. Potete sempre metterlo nel caminetto o usarlo in qualche altro modo, e anche se doveste gettarlo, avendolo sempre idratato con materiali naturali sarà perfettamente biodegradabile.
Pensi che questo trattamento possa andare bene anche per la spianatoia per impastare?
@Sara: Ma certo!
Personalmente, per i taglieri o comunque per tutto i legno che viene usato a contatto con il cibo, preferisco usare l’olio di semi di lino; in generale quasi tutti gli oli vegetali che usiamo per cucinare si adattano ad “ungere” il legno e quindi in linea di massima va bene l’olio di oliva o di semi; alcuni però sono più indicati perché, per le loro caratteristiche chimiche, sono più “siccativi” di altri.
Sono chiamati “siccativi” quegli oli che hanno una capacità naturale di essiccare formando una pellicola. I processi di essiccamento e indurimento consistono in una reazione chimica chiamata polimerizzazione e sono favoriti dalla presenza di luce e aria: in sostanza diventano più densi con un tempo di essiccazione minore.
Quando le loro capacità di essiccamento vengono aumentate mediante per esempio il calore vengono chiamati oli cotti. L’olio di lino cotto infatti è uno dei più usati.
La maggior parte dei prodotti etichettati “Olio cotto” sono in realtà costituiti da una combinazione di olio di lino, solventi derivati dal petrolio ed essiccanti metallici. L’uso di essiccanti metallici rende questo tipo di olio inadatto per usi alimentari (ci sono oli di lino trattati per l’uso alimentare ma secondo me per il costo che hanno non vale la pena acquistarli).
Io ho ovviato al problema usando per esempio olio di lino biologico alimentare: lo passo con un panno sul legno in diverse mani e poi, se l’oggetto è abbastanza piccolo da stare nel forno di casa, lo lascio cuocere per una mezz’ora a circa 50/60 gradi. La finitura finale, all’uscita dal forno, è molto brillante e lucida, simile ad una plastica. Anche se non viene asciugato in forno, secondo me, per il tipo di finitura che lascia è comunque l’olio più adatto allo scopo.
L’olio d’oliva, una volta passato, secca invece molto più lentamente e il trattamento termico non ha senso perchè il tempo di essiccazione comunque non cambia.