Ormai qui in casa zac entrano solo pentole di acciaio, alluminio, ferro, ghisa, qualcosa in pirex (ma non mi piace tanto perché se ho ben capito non si può riciclare), ceramica o porcellana e poi vabbeh, le meravigliose stratosferiche pentole di argilla che ben conoscete (presto ve ne farò vedere una bellissima appena annessa).
teflon nocivo
Uno dei miei difetti però (e zac non perde occasione per ricordarmelo, sgrunt) è che tendo a pensare che quando sono a conoscenza di qualcosa lo siano anche tutte le persone che conosco e frequento, e mi sembra sempre strano vedere che tanti cadono dalle nuvole quando dico che non uso questo e quello e così via. Eccovi quindi in breve (si fa per dire, ehehee) tutti i motivi per cui da queste parti il Teflon non entra!
Sono molte le ragioni per i quali non le uso, prima tra tutte che per me il rivestimento – lo chiamasse come vuole chi lo produce – alla fine è plastica (vabbeh, un polimero sintetico, se vogliamo essere precisi); vale a dire un materiale che già in generale cerco di usare meno possibile (quasi per niente), figuriamoci per cucinare. Per la precisione, “Teflon” è un marchio commerciale che comprende svariati “polimeri fluorurati” come il PFOA (acido perfluoroctanico), o il PTFE (politetrafluoroetilene).
Oltre a rivestire le padelle viene usato per un’infinità di oggetti di uso comune, alimentare e non, come i sacchetti di popcorn che vanno nel microonde, i vari imballi del fast food, le trafile per la pasta convenzionale, i tergicristalli dei veicoli e molto altro.
Su Wikipedia, che come fonte non è infallibile, ma secondo me va sempre bene per una prima panoramica sui vari argomenti, c’è scritto che il PTFE inizia a deteriorarsi quando la temperatura delle pentole raggiunge i 260°C e si decompone al di sopra di 350°C, e che i sottoprodotti della degradazione possono essere letali per gli uccelli, e possono causare sintomi simil-influenzali negli esseri umani. Il PFOA invece è stato collegato a malattie della tiroide (come potete leggere anche qui, insieme a varie altre notizie sull’argomento), colite ulcerosa e altri problemi, riportati anche in un recente studio dell’EPA.

Tutto questo senza nemmeno prendere in considerazione l’inquinamento delle acque e dell’ambiente in generale causato dalla loro produzione, le malattie degli operai che devono averci a che fare durante la sua lavorazione e l’evidenza che le pentole rivestite in Teflon rilasciano sostanze nocive quando raggiungono temperature molto alte (checché ne dicano vari siti anche italiani).
O il fatto che secondo Stefano Montanari, del laboratorio Nanodiagnostics di Modena, ha dimostrato che anche non volendo prendere in considerazione i problemi che possono essere causati dai polimeri sintetici, il materiale antiaderente rilascia nel cibo nanoparticelle di minerali come alluminio, silicio, titanio e altri (ne parlava anche qualche mese fa sul suo blog).

Potete leggere la notizia su questo articolo del Salvagente dell’anno scorso, nel quale Montanari spiega i risultati di una ricerca fatta su una ventina di tegami di diversi fabbricanti per conto di un distributore nazionale di pentole antiaderenti che sperava di essere rassicurato sulla loro innocuità: “Il teflon, e quindi il Pfoa, si stacca dal fondo se sollecitato oppure se le padelle vengono lavate con spugnette abrasive. Invece – aggiunge Montanari – queste nanoparticelle di minerali dalle composizioni più varie (in un caso i numerosissimi detriti erano costituiti da silicio-alluminio-titanio e silicio-alluminio-titanio-calcio) si staccano a prescindere dalle sollecitazioni e finiscono nelle pietanze che stiamo cucinando.”
padelle antiaderenti tossiche
E precisa: “Come è universalmente valido, la particella viene sequestrata dall’organismo in qualunque organo o tessuto. Qui, da corpo estraneo, innesca una reazione infiammatoria cronica che si trasforma in un cancro. A farlo ci può impiegare un po’ di mesi o anche diversi decenni, ma lo fa. Le polveri passano anche da madre a feto inducendo aborti, malformazioni fetali o cancri nel bambino che nasce già ammalato.
Altre patologie che le polveri inducono indipendentemente dalla composizione sono, tra le tante, ictus, infarto, tromboembolia polmonare e perfino malattie insospettabili come il diabete di tipo 1. Le quantità che s’ingeriscono con i cibi cotti nei recipienti antiaderenti sono relativamente basse, ma vanno ad aumentare la nostra razione quotidiana di porcherie e, dunque, vanno evitate. A casa mia quelle pentole e quelle padelle ora sono bandite”.

Se volete notizie più precise andate a farvi un giro anche su questo post molto interessante di Elisabetta Crisponi di Lifeme. Leggerete roba come: “Sia il PFOS che il PFOA sono in grado di bioaccumularsi negli organismi viventi, e la loro concentrazione viene trasferita all’interno della catena alimentare. Oltre l’allarme destato dalle proprietà di persistenza dei PFC, questa loro capacità di bioaccumulo suscita preoccupazione in quanto, questi composti sono sospettati di esplicare tossicità su piante ed animali.”
E ancora: “L’esposizione al PFOS potrebbe incrementare la permeabilità cellulare nei confronti di altri composti tossici, che possono essere contemporaneamente presenti nell’organismo, come ad esempio le diossine, potenziandone l’azione. Inoltre, l’interruzione della comunicazione cellulare,fondamentale per la crescita della cellula, può voler dire crescita cellulare anormale, quindi in parole povere sviluppo di tumori, specie in caso di esposizione cronica. Questo fenomeno è stato dimostrato sia per il PFOA che per il PFOS, e sembra essere in relazione con la lunghezza della catena carboniosa delle molecole.”
Ormai molte case produttrici hanno sostituito il PFOA con altri rivestimenti, dei quali ancora non è dimostrata la tossicità (o la permanenza nel nostro organismo… negli USA i bambini nascono con PFOA nel cordone ombelicale!). Voi vi fidate? Io sinceramente no. Oltre al fatto che questo tipo di padelle è nato principalmente per usare meno grassi, i quali sono stati ampiamente rivalutati dai nutrizionisti (e pure dalla mia amica Arianna, per dire :-D).
Ma poi, perché?? Quando una padella di ferro (ricordate l’articolo che scrissi qualche tempo fa a questo proposito?) o di ghisa portata a 170°C è perfettamente antiaderente? Basta imparare ad usarla, e in più dura tutta la vita, a differenza delle pentole antiaderenti che dopo una decina di utilizzi sono già graffiate (e quindi bisognerebbe comunque gettarle). Ecco, se proprio non credete che possano nuocere alla vostra salute (o siete nella sempre più sparuta percentuale di quelli che “tanto di qualcosa devo morire”) almeno sappiate che il pentolame in teflon è un rifiuto non riciclabile, quindi è un disastro anche dal punto di vista ambientale, visto anche che gli utensili rivestiti con questi polimeri di solito durano intatti solo qualche mese.
E non ditemi che non ne avete mai usata una con il rivestimento tutto grattato via, come quella nella foto di apertura, che proviene dalla dotazione di una casalinga di settant’anni vittima della cultura del “tutto subito e facile e quando si rompe butto e via”.
Le alternative ci sono, usiamole profusamente. Non si tratta di tornare al passato, ma di usare le conoscenze già acquisite per fare ulteriori passi in avanti, invece di buttare tutto alle ortiche, buono e cattivo. Cominciamo l’anno intelligentemente, armati di tanta consapevolezza. :-)