Questa settimana tralascerei a singhiozzo la mia consueta morigeratezza, ché ci stiamo avvicinando a Pasqua e devo per forza preparare qualcosa di buono (e di dolce!), soprattutto perché tanto qua se non provvedo arriverà sicuramente tra capo e collo la pastiera presa al bar qui sotto (che la fanno taaaaanto buona) e altre cose che non mangerei nemmeno sotto tortura.

Oggi in particolare sarebbe la festa del papà, e i dolci tradizionali dovrebbero fioccare; ma per me la vera festa del papà è spostata di qualche giorno, perché il mio, di papà, che adesso non è più qui, nacque un lontano 22 marzo.

Vabbeh che al momento qui in casa di padre ce ne sarebbe un altro, ma quel tipaccio non è amante dei dolci (ma si può!?). Egli è molto più felice se gli allungo un piatto con sopra un’ingente porzione di lasagna, magari posizionato su uno dei deliziosi bigliettini decorati dalla pulcina, che segue, devo dire con profitto, le inclinazioni artistiche della famiglia :-)

E insomma è andata così, che l’altro giorno ho visto questa cosa tradizionale e allo stesso tempo lussuriosa (come solo le ricette siciliane possono esserlo) su un blog che per me ormai è diventato irrinunciabile, e che ho conosciuto grazie a Stefano di Quale formaggio (Agostina è una delle quattro blogger con le quali condivido l’onore di creare le Cacio ricette realizzate con formaggi di piccoli produttori meritevoli, di cui vi racconto cadenzatamente sulla rubrica Cacio brado).

Il blog suddetto, che si chiama Pane burro e marmellata, è pieno di foto molto notevoli, e di ricette *assolutamente* strepitose (no, no, non ci andate, ripensandoci non è niente di che… molto meglio il pasto nudo… ehi… dove siete tutti? c’è qualcuuuuunoooooo? sigh…) e questa in particolare ha attirato la mia attenzione perché si tratta della cassata siciliana, fatta da una siciliana, che non è un particolare trascurabile, e in più è la versione antica, l’antenata, se vogliamo, della cassata che tutti conosciamo.

Una versione meno ricca, più semplice, meno stucchevole, e secondo me anche un pochino più consapevole (per quanto possa essere consapevole una torta che contiene quasi mezzo chilo di zucchero) di uno dei dolci più famosi del mondo.

Ho cambiato poche cose, e quel poco mi ha fatto tremare fino a quando non l’ho tirata fuori dal forno: intanto ho usato lo strutto che sapete al posto del burro e diminuito lo zucchero.

Ho leggermente aumentato la farina di mandorle e omesso il lievito nella pasta frolla; ho calato un pochino la dose dello zucchero anche nel ripieno. Per il resto ho seguito religiosamente la spiegazione di Agostina.

Vi dico solo che in questo preciso momento la cassata si sta raffreddando, già capovolta su un piatto degno di lei, nella mia cucina, prematuramente orfana di una fetta. E che davanti al monitor c’è una donna molto, molto, molto felice :-)

Prima di lasciarvi a questa meraviglia, e a proposito di fruttuose collaborazioni tra blogger, vi accenno velocemente a un progetto troppo carino nel quale sono stata coinvolta da Teresa (che molti di voi conosceranno come “gennarino” :-)) e che vede la complicità della mitica Tinuccia, e delle mie nuove graditissime conoscenze Dada, Caris, Pasqualina, Sara e Assunta.

Il gruppo, che è stato battezzato “Compagni di blogger – Associazione di libere idee” sperimenta sugli impasti lievitati e sulle ricette tipiche tradizionali, e nonostante io sia estremamente restìa a intraprendere nuove iniziative (potrei anche morire), stavolta non ce l’ho proprio fatta a tirarmi indietro, tanto più che l’argomento di cui tratteremo, a staffetta, da lunedì prossimo, è la pastiera, in tutte le sue sfumature (e non so se mi spiego).

Ve ne ho già parlato qualche anno fa di questo dolce che ovviamente ho nel sangue, ma stavolta, e precisamente mercoledì 28, ve ne offrirò una versione diversa, alla luce delle conoscenze (intese sia come sapere che come preziosissimi produttori meritevoli) che ho accumulato in questi anni.
Ecco fatto. Smettiamo di chiacchierare (o quasi) e cominciamo con le cassate! :-)

Ingredienti:
per la pasta frolla:
400 grammi di farina semintegrale (io ho usato la Verna-Frassineto Floriddia)
170 grammi di zucchero grezzo chiaro
50 grammi di farina di mandorle
170 grammi di strutto felice
2 uova intere e due tuorli
un limone già sapete come
una presa di sale marino integrale

per il ripieno:
400 grammi di ricotta di mucca a suo agio
180 grammi di zucchero grezzo chiaro
70 grammi di mandorle
100 grammi di cioccolata fondente al 70%
una decina di scorze d’arancia candite fatte in casa

Per prima cosa preparate il ripieno. La mia ricotta non era troppo bagnata, per cui non ho avuto bisogno di metterla a scolare. Se la vostra gocciola molto lasciatela una notte in frigo, nel suo colino, in modo che sia più asciutta possibile.
Passate la ricotta al setaccio, aggiungete lo zucchero, mescolate bene, chiudete con la pellicola e lasciatela riposare in frigo.
Tritate la cioccolata con il coltello. Avrei potuto usare le gocce di cioccolata, ma costano molto di più e non mi piace quell’effetto perfettino (e non mi dite che sono bipolare!!! Non lo sono affatto!! Nooooo). A proposito, ma voi siete capaci di tritare la cioccolata a pezzi senza creare un briciolame di cioccolata minutissimo? Siccome io no, dopo aver tritato la cioccolata ho selezionato solo i pezzettoni e lasciato da parte le briciole; primo motivo, non volevo che le briciole mescolate alla ricotta si sciogliessero nel forno dando al ripieno un colore marrone uniforme (eh no, eh!), secondo, le briciole sono perfette per fare una cosuccia che vi illustrerò presto, quindi nel caso mettetele da parte belle chiuse in un vasetto :-)
Spellate le mandorle facendole bollire per un minuto esatto: le pellicine verranno via facilissimamente premendo le mandorle tra due dita. Anche qui, avrei potuto dirvi di usare mandorle già spellate, ma costano un sacco di più e visto che ci vogliono sessanta secondi più tipo otto per spellarle… A proposito, io ho usato 50 grammi di mandorle e 20 di armelline, se non sbaglio di Rapunzel, che ho trovato da Naturasì e non ho potuto fare a meno di comprare. In realtà credevo che le armelline fossero le mandorle amare, ma queste non sono amare per niente. C’è qualcuno tra voi che saprebbe chiarirmi le idee in proposito? :-)
Tritate le mandorle con il coltello piuttosto finemente, e fate lo stesso anche con le scorzette di arancia. Aggiungete la cioccolata, le mandorle tritate e le scorzette alla ricotta, mescolate bene e rimettete in frigo.
Passate alla pasta frolla.
Se volete potete sabbiare gli ingredienti secchi e lo strutto con le dita; io per fare prima ho messo tutto nell’impastatrice con la foglia alla velocità minima. Quando ho ottenuto una specie di sabba grossolana ho aggiunto i tuorli e le uova intere leggermente sbattute, in due o tre volte. Appena l’impasto ha preso forma ho spento, ho versato tutto sulla spianatoia, l’ho diviso in due parti, una più grande dell’altra, le ho messe insieme con le mani, dandogli una forma a sfera un po’ schiacciata ai poli, le ho avvolte separatamente nella pellicola senza pvc e le ho messe in frigo a riposare per un paio d’ore (o tutta la notte).
Quando tutto sarà pronto dovrete solo assemblare gli ingredienti. Tanto per iniziare, strutturate (struttate? struttosate? ungete di strutto, và, che è meglio) e infarinate per bene una teglia da forno di 22 centimetri (io, seguendo le istruzioni di Agostina ne ho usata una da 24, ma non so perché mi è venuta un pochino troppo bassa – guardate la foto – la prossima volta cambio).
Mettete un foglio di carta forno sulla spianatoia e cospargetelo con un po’ di farina. Prendete dal frigo la parte più grande della pasta frolla, adagiatela sulla carta forno e cominciate piano piano a stenderla con il matterello, fino a quando non avrà uno spessore di circa mezzo centimetro e sarà più larga della teglia (deve sbordare un po’).
Posizionate la teglia a testa in giù sull’impasto, e molto delicatamente rovesciate l’impasto dentro la teglia, facendo in modo che si adagi bene sul fondo e staccando la carta forno sempre con molta delicatezza. Siccome quando schiacciate la pasta frolla sugli angoli si assottiglia un pochino, se volete potete fare dei cordoncini di impasto, assottigliarli un po’ e posizionarli sul diametro per rinforzarlo.
Lasciate sbordare bene la pasta frolla, dopo dovrete ripiegarla sopra la copertura; io ne ho lasciata troppo poca e la torta ha cercato per tutto il tempo di aprirsi in cottura (ma siccome la guardavo malissimo dallo sportello alla fine si è regolata).
Praticate qualche buco sul fondo con la forchetta e rimettete tutto in frigo. Tirate fuori il secondo impasto e seguite lo stesso procedimento di prima.
A questo punto, cercando di essere molto veloci, tirate fuori dal frigo la teglia rivestita di pasta frolla e metteteci il secondo impasto sulla carta forno. Versate la crema di ricotta nella teglia, livellatela più possibile, tirate poi fuori dal frigo il “coperchio”, posizionatelo sopra il tutto, rifilatelo e poi ripiegate sopra la parte di impasto che sborda, cercando di farla aderire bene, ma senza schiacciare troppo, che sotto c’è la ricotta e rischiate di bucarlo :-) Praticate qualche altro buco con la forchetta o con un coltellino tagliente e infornate immediatamente.
Agostina dice che la cassata dovrebbe cuocere una quarantina di minuti. Io l’ho lasciata quasi quarantacinque, ma la prossima volta aumento il tempo di cinque minuti, perché il fondo secondo me avrebbe dovuto cuocere un pochino di più. O forse si potrebbe provare a cuocere la cassata nel ripiano medio-basso del forno (ho usato quello centrale).
Tirate fuori la torta e lasciatela intiepidire. Quando sarà quasi completamente fredda, sempre moooolto delicatamente appoggiateci un piatto largo sopra e capovolgetela.
Cercate di aspettare che sia totalmente fredda prima di assaggiarla, e servitela spolverando con un po’ di zucchero a velo. Pare sia migliore dopo un giorno, e che conservata in un luogo fresco e asciutto duri anche una settimana. La mia non credo che avrà una vita così lunga, anzi scusate ma devo proprio andare un attimo a… controllarla :-)