Questa avrei dovuto raccontarvela lo scorso ottobre, quando, prima di passare a trovare Antonella alle Spinose, la suddetta santa donna mi trascinò a una conferenza di Alex Podolinsky, del quale, se conoscete un po’ l’agricoltura biodinamica, non potete non aver mai sentito parlare.
Io l’ho spesso sentito descrivere come una persona molto dolce ma anche burbera all’occorrenza, ma non era solo questo il motivo per cui non stavo nella pelle dal conoscerlo ed ascoltarlo; appena Antonella mi ha detto che c’era questa possibilità sono entrata subito nel mood “e quando mi ricàpita”, considerata anche la sua età (questo luglio compirà novant’anni). Vale veramente la pena di sapere chi è questo signore illuminato, pragmatico, tenace, terribilmente combattivo e forte, duro e puro come piace a noi. Alex Podolinsky ha vissuto la sua vita intensamente; trovate alcune notizie su di lui a questo indirizzo. La sua famiglia, di origini russo-ucraine, si spostò in Germania dopo la rivoluzione, durante la quale ne rimasero uccisi molti membri. Alex ha trascorso poi quasi tutta la sua vita in Australia (dove attualmente – grazie a lui – sono coltivati in biodinamico più di 3 milioni di ettari di terreno).
Inizialmente avrei voluto riportarvi tutto in un solo post, ma poi mi sono resa conto che le cose da raccontare erano davvero troppe, e i concetti non semplicissimi, così ho deciso di fare due puntate! Iniziamo dal *dove*, ché anche quello merita :-)
Il luogo dove si è svolta la conferenza: La Fattoria Biodinamica
Quando Podolinsky viene in Italia non ama frequentare sedi importanti o prestigiose; preferisce sempre, quando può, una fattoria biodinamica dove ci siano agricoltori veri, non teorici o giornalisti. Il suo scopo è veicolare le informazioni importanti a chi lavora la terra, a chi coltiva (e alleva) il cibo. Anche questa visita si è svolta in una fattoria, precisamente qui, in quel di Viterbo, in un posto che non potrebbe avere un nome più chiaro, visto che si chiama proprio “La fattoria biodinamica”. La proprietaria di questa fattoria (guardate che meraviglia) è stata anche in Australia a studiare da lui.
Purtroppo non ho potuto approfondire, perché ero impegnata a seguire la conferenza, ma dovrò assolutamente tornarci, se non altro per acquistare qualcosa al loro punto vendita diretto, o partecipare a uno dei loro corsi gratuiti di coltivazione.
Premessa: la formazione di Podolinsky e il preparato 500
Da bambino Alex visse in Italia per un certo periodo, e precisamente a Vicovaro, dove ricorda che “i contadini riuscivano a smuovere la terra attorno agli alberi con un bastoncino, per quanto era morbida”. La conferenza, ma forse sarebbe più appropriato parlare di lezione, perché eravamo una ventina di fortunati ad ascoltarlo, era basata in toto sull’importanza che riveste il suolo. Alex parlava in inglese e non era facilissimo seguirlo, ma per fortuna c’era al suo fianco Antonella che traduceva simultaneamente con una certa difficoltà perché lui era concentratissimo su ciò che spiegava, e sul cercare di illustrare più chiaramente possibile una serie di diapositive che proiettava.
Alex Podolinsky collabora con lo scienziato Ehrenfried Pfeiffer, uno dei primissimi, più giovani e più stretti collaboratori di Rudolf Steiner, che lo prese in casa a vivere con lui durante gli ultimi sette anni della sua vita. Fu con lui che Steiner approntò l’ormai famosa tecnica del preparato 500 (è chiamato così perché è una coltura che contiene 500 milioni di microrganismi per ogni centimetro cubo), la più importante tecnica biodinamica per arricchire la terra (ne parlai qualche anno fa qui).
In Europa l’agricoltura biodinamica, che ha anche un risvolto filosofico, venne diffusa e studiata dagli aristocratici del tempo, che erano per lo più proprietari terrieri e si dedicavano anche alla conoscenza dell’antroposofia. Col passare degli anni questa pratica in Europa prese un approccio più spirituale e filosofico che pratico. Sùbito dopo la morte di Steiner nel 1925, Pfeiffer si spostò prima in Olanda e poi negli Stati Uniti e continuò lì le sue ricerche più orientate a un pragmatismo scientifico rispetto al pensiero europeo. La sua consulenza è stata fondamentale per lo sviluppo dell’agricoltura biodinamica negli USA.
Anche Podolinsky è un biodinamico “pratico”; essendo di famiglia russo-ucraina ad un certo punto della sua vita fu costretto a trasferirsi in Australia, dove inizialmente dovette lavorare per il governo. In seguito riuscì a mettere in piedi una coltivazione biodinamica in una fattoria che fino ad allora era stata coltivata in modo convenzionale. Una delle difficoltà di questa impresa era applicare le conoscenze biodinamiche alle coltivazioni sterminate dell’Australia, visto che in Europa per una serie di motivi tra cui la conformazione del territorio e altri motivi socioeconomici, la biodinamica era stata applicata solo su appezzamenti di estensione ridotta.
Inoltre la terra australiana era spesso povera di nutrienti e molto compattata; Podolinsky fece molte importanti scoperte e piano piano apportò una serie di innovazioni decisive per l’agricoltura locale, innovazioni che poi hanno contagiato anche quella mondiale, grazie anche al fatto che lui viaggia da sempre in tutto il mondo allo scopo di insegnare le tecniche che ha diffuso in Australia.
Dagli anni ’90 Alex Podolinsky è venuto in Europa molte volte per diffondere le conoscenze biodinamiche anche da noi. Purtroppo una volta acquisita la tecnica, molti agricoltori, lasciati a se stessi, la applicavano (e alcuni ancora la applicano) in modo inefficace, ad esempio usavano un preparato 500 completamente secco.
Adesso non so se voi abbiate mai visto il 500; io fino al giorno della conferenza ne avevo solo sentito parlare, spesso anche dal nostro prof. Alla fine del suo discorso Alex ne fece girare un po’; immaginate tra le mie mani una palla di terra morbidissima, umida e profumata di bosco, della grandezza di un’arancia. Una cosa indescrivibile, un concentrato di vita, humus allo stato puro. Capisco bene come far seccare una meraviglia del genere voglia dire non aver capito nulla del messaggio biodinamico. Il 500 “giusto” deve tassativamente avere un’aspetto colloidale, cioè appiccicoso, come, diciamo, il formaggio; è proprio la sua natura colloidale che fa sì che possa assorbire il 70 per cento del suo volume in acqua.
Me ne sono fatta dare una briciola da Antonella per farvelo vedere (e per usarlo sull’orto del terrazzo, sì sì, poi vi racconterò tutto a tempo debito!); dalla foto non potete sentire il profumo e l’energia vitale che emana, ma sono pazza (voglio dire, più pazza del solito) se dico che è stupendo??? <3
Non sono in grado di trasmettervi in parole semplici tutto ciò che ha spiegato quest’uomo mitico; nelle prossime righe cercherò di raccontarvi alla meno peggio i punti salienti del suo discorso, sperando che possano essere utili a qualcuno o magari incuriosire chi della biodinamica ha sentito parlare solo superficialmente. Posso dirvi però che mi ha molto colpito (come potete evincere dal titolo di questo post) la sua umiltà: durante il suo discorso si è descritto come il bambino che nella fiaba di Andersen che tutti conosciamo sgrana gli occhi e grida con innocenza “Ma il re non ha nulla indosso!”, a significare che lui non ritiene di aver scoperto nulla di nuovo, ma solo di aver indicato al mondo qualcosa che è (o dovrebbe essere!) davanti agli occhi di ognuno di noi.
La terra viene prima di ogni cosa
Siamo ormai da sempre abituati a vedere il risultato, e non come questo si origina. Nel nostro caso il dito sono le piante, la luna il terreno. Notiamo la perfezione estetica e la grandezza di una melanzana, di una zucchina, di un pomodoro, senza capire che quello di cui bisogna avere cura è il suolo che le origina, non il singolo ortaggio.
Alex Podolinsky ha descritto la situazione del suolo in Australia, e quella mondiale in generale. La premessa non è stata incoraggiante: a causa degli errori enormi che sono stati fatti nel tentativo tutto umano di migliorare la quantità e l’aspetto del cibo coltivato, la terra ha perso quasi dappertutto la sua caratteristica “colloidale”, non ha più humus, è compatta e secca, di fatto morta, e di conseguenza ha dei grandissimi problemi a “trasportare” l’acqua e soprattutto a respirare.
In condizioni normali la terra sarebbe in grado di veicolare l’acqua piovana ad un fiume che si trova a 200 chilometri di distanza; allo stato in cui è adesso invece non riesce più a farlo, e i nostri corsi d’acqua si stanno progressivamente inaridendo.
Podolinsky ha spiegato poi che in Australia è stato fatto uno studio proprio sullo stato dei terreni esaminando quelli bagnati dal Murray (più di 2500 chilometri di fiume). È stato visto che quando lungo le sponde c’erano terreni biodinamici l’acqua alimentava il fiume così tanto che l’apporto sarebbe bastato per irrigare un’altra fattoria biodinamica per tutta la stagione. Al contrario, dove il terreno era coltivato in modo convenzionale, tendeva ad allagarsi: il suolo non assorbiva l’acqua, come un pavimento di cemento. In un terreno ridotto così oltre all’acqua non passa nemmeno l’aria, che è fondamentale per la vita batterica del sottosuolo.
La questione aria è assolutamente basilare. Alex ha fatto l’esempio dell’essere umano, che può stare (ipoteticamente! io no eh!) un mese senza cibo, qualche giorno senza acqua, ma solo pochi minuti senza aria. Anche per la terra è la stessa cosa. Se avete vissuto in campagna avrete notato che quando piove tanto i lombrichi escono in superficie per respirare. In un terreno compatto, dove l’aria non arriva, non può vivere nulla. Diventa un mero supporto, inerte, dove niente può crescere senza l’aiuto di fertilizzanti artificiali.
L’agricoltura convenzionale, basata sui preparati sintetici che Von Liebig introdusse nel 1850, ha finito quindi per trasformare il terreno in una sorta supporto sabbioso: quando il suolo è in queste condizioni terribili si può rompere solo con trattori molto potenti. Questi attrezzi però sono fatti in modo che mentre rompono il terreno lo compattano ancora di più (questa poi ve la spiego, magari con qualche foto).
Podolinsky nel tempo è riuscito a trovare un modo per arieggiare il suolo senza rivoltarlo: ci ha mostrato una diapositiva con il disegno di un ripper (ripuntatore, o dissodatore) progettato da lui stesso sessant’anni fa (adesso un attrezzo molto simile è commercializzato in Italia da una ditta che si chiama Angeloni). Questo tipo di attrezzo non compatta il terreno perché lo solleva senza rivoltarlo, e si limita a “pettinarlo” affondando i denti di 50 centimetri, consentendo all’ossigeno di penetrare nel sottosuolo.
Bene; mi fermo qui per adesso, spero non abbiate le idee confuse, se serve comunque sono qui nei commenti a chiarire qualsiasi cosa sulla quale non sono stata abbastanza chiara. Nella seconda parte del post Podolinsky ci spiegherà una cosa che pochi sanno riguardo le radici delle piante, e molto altro. Stay tuned!! :-)
Che meraviglia quest’uomo…!
super interessante! Grazie Sonia :)
non vedo l’ora di legger il resto, il nostro terreno è così argilloso e compatto che è una fatica anche solo scavare una piccola buca per mettere a dimora una nuova pianta… necessita senz’altro di un intervento in questa direzione… ariosa!