La legislazione italiana, in materia di sicurezza alimentare, grazie anche all’impulso della comunità europea, è molto severa.
Ciononostante ci sono molte aziende che, pur di aumentare le vendite, promuovono il proprio prodotto – magari di scarsa qualità – “ingannando” in qualche modo il consumatore e spingendolo a fare acquisti che, se avesse avuto a disposizione tutte le informazioni necessarie, non avrebbe fatto.

Come ci si può difendere? Esiste uno strumento, che si affianca a quelli tradizionali della repressione penale (per i reati di frode alimentare) che negli ultimi anni è diventato sempre più importante. Il codice del consumo consente infatti a qualsiasi cittadino di segnalare ad un organo indipendente (l’Autorità garante della concorrenza, nota anche come Antitrust) casi di pubblicità ingannevole e di altre pratiche commerciali scorrette; l’Authority, avvalendosi della consulenza di esperti (Istituto superiore di sanità, Agenzia per la sicurezza alimentare, Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione etc) e in contraddittorio con le parti, decide se il comportamento dell’azienda è corretto o meno e adotta sanzioni pecuniarie, vieta la prosecuzione della pubblicità, impone la modifica delle confezioni o la pubblicazione sugli stessi mezzi di comunicazione di una rettifica.
Vi faccio qualche esempio concreto.
Chi non ricorda quella pubblicità di tanti anni fa dei polli Amadori, in cui l’anziano imprenditore, su uno sfondo agreste, magnificava i prodotti della sua azienda?
“Conosco i miei polli. I miei polli li conosco bene, perché allevarli è il mio lavoro da tutta la vita. E da quarant’anni li allevo a terra dando loro gli stessi cereali che una volta si cercavano da soli in campagna. Ve li garantisco io e ci metto la mia firma. Francesco Amadori”.
L’Antitrust ha vietato la prosecuzione di questi spot (e il Tar ha respinto il ricorso della società) perché faceva credere che i polli commercializzati dall’operatore fossero allevati, almeno in parte, all’aperto, laddove l’allevamento si svolgeva in capannoni di capacità limitata, così come fanno tanti altri operatori concorrenti. E l’alimentazione contemplava anche farine di origine animale ed antibiotici, come del resto ammesso dalla stessa azienda.
Molte sono le pubblicità che tendono ad enfatizzare gli effetti positivi per la salute di alcuni prodotti. Ad esempio, per promuovere gli yogurt della linea “Milabenessere attivo” della Milkon Alto Adige, si utilizzavano espressioni come
“brucia grassi”, “assorbimento di zuccheri e grassi”, azione di “controllo del peso”, “risveglio/regolazione del metabolismo”, “rallentamento dei processi di invecchiamento cellulare”.
L’azienda ha subìto una multa di 100.000 euro, perché non è lecito l’utilizzo di affermazioni che spingono il cittadino ad acquistare prodotti alimentari, nella convinzione di trarre benefici per l’organismo, non supportati da rigorosi studi scientifici; e sono state modificate le confezioni di vendita. Anche in questo caso il Tar ha respinto il ricorso della società.
Qualche volta le modalità di promozione di un prodotto sono più subdole.
Per esempio alcune aziende reclamizzavano i propri prodotti destinati ai bambini (il latte Magicannuccia della Littlebit; le uova Ovito del gruppo Novelli), mettendo in bella evidenza la scritta “Approvato dalla Federazione italiana medici pediatri o similari”, che sembrava attribuire ai prodotti in questione caratteristiche e proprietà superiori ad altri esistenti sul mercato; in realtà la Federazione non aveva effettuato specifiche analisi comparative ma si era di fatto impegnata in un’attività di sponsorizzazione.
Sono state sanzionate sia le due società (120.000 euro per Novelli; 65.000 euro per la Littlebit) sia la FIMP (340.000 euro). Quest’ultima ha portato la questione fino al Consiglio di Stato, che le ha dato torto.
Come vedete i casi di pratiche commerciali scorrette nel campo alimentare sono tanti, e vale la pena di approfondirli; lo faremo dal prossimo post, a partire dalla pubblicità di una nota marca di riso.
Dando più pubblicità alle pronunce dell’Antitrust e dei giudici amministrativi si può aumentare la consapevolezza su cosa si compra e sugli eventuali rischi per la salute derivanti dall’uso di certi prodotti.
Sarebbe interessante se voi lettori del pasto nudo ci segnalaste altri casi di pubblicità ingannevole e di pratiche commerciali non trasparenti in materia di sicurezza alimentare.
Potremmo così contribuire all’aumento dei procedimenti e delle sanzioni da parte dell’Antitrust e scoraggiare comportamenti analoghi da parte di altri operatori del settore.
È importante sottolineare che non è necessario aver subìto un danno per effettuare la segnalazione all’Antitrust: infatti il codice del consumo punisce il comportamento che è *potenzialmente* idoneo ad ingannare il cittadino e ad attirare la sua attenzione nei confronti di un prodotto (anche se poi in concreto non lo acquista): da questo punto di vista, si tratta di una forma di tutela del consumatore più avanzata.
Scrivete direttamente qui nei commenti dandoci tutte le informazioni necessarie (ad esempio: nome del prodotto, le informazioni non corrette contenute nella pubblicità o sulle confezioni, data del giornale oppure titolo della trasmissione televisiva in cui è stato lanciato un messaggio pubblicitario etc).
Utilizzeremo queste segnalazioni per fare una denuncia dettagliata all’Antitrust, avvalendoci della collaborazione dei nostri esperti, e seguiremo l’iter di fronte all’Authority.
Sono convinto che questo strumento, previsto dal codice del consumo, pur con tutti i suoi limiti, possa comunque essere molto utile per contrastare le tante pratiche scorrette che ci sono nel campo alimentare.
Aspetto i vostri commenti :-)

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