All’inizio di questa primavera ero veramente a terra energeticamente, un po’ per la mancanza della luce del sole, nonostante quest’anno abbia cercato di stare fuori casa più possibile, un po’ perché, e questo è indubbio, fare le scelte giuste al posto di quelle facili richiede tanta tanta forza.
Continuavano a risuonarmi in testa le parole di Ignazio (un attimo mò ve lo dico Ignazio chi) che diceva, dall’alto del suo sarà un metro e ottanta, quanto fosse utile il polline fresco delle sue api per ricostituire l’energia fisica e psichica, e quanto fosse diverso da quello secco (che perde tipo l’80% delle sue proprietà!).
Così, spinta dal bisogno, e sapendo che lui aveva una scorta di polline fresco in freezer, ho superato la pigrizia e ho usato un sabato per andarlo a trovare, approfittando anche del fatto che le apine erano in piena attività, e mi sono portata la macchina fotografica per raccontarvi un po’ come funziona la loro vita.
Sono convinta che solo conoscendo bene da dove proviene e come viene fatto il cibo che portiamo in tavola possiamo essere in grado di sceglierlo; in questo post voglio spiegarvi come si svolge il lavoro delle api a cominciare da dove abitano quando vengono allevate, e perché secondo me questa attività, se fatta nel modo giusto, è sacrosanta, ed è un bellissimo esempio di mutuo aiuto tra noi uomini e la natura nella quale siamo (o dovremmo essere) immersi.
Ovvio che questo discorso come sempre ha senso solo se siamo nell’ambito di un assoluto rispetto per questi insetti laboriosi, come per qualsiasi altro tipo di allevamento, compresa anche l’agricoltura (l’allevamento delle piante!) ma anche la trasformazione dei suddetti prodotti: anche per trasformare ci vuole rispetto, attenzione e amore. E infatti anche le galline di Ignazio passeggiavano felici e grassottelle nel prato antistante le arnie, proprio dietro l’orto appena rimesso a regime.
Ecco, Ignazio Pizzoni per me è una di quelle persone che sanno quant’è importante il rispetto per la natura. La sua azienda si chiama Apicoltura Monte Funicolo e si trova sulle colline di Castelnuovo di Porto, in pieno Parco di Veio, nemmeno tanto lontano da casa nostra; l’avventura è iniziata trent’anni fa come hobby, con tre soli alveari, poi piano piano la passione lo ha portato a frequentare tanti corsi, convegni, raduni, e a comprendere quanto sia importante salvaguardare api e ambiente facendo, come dicevo sopra, le cose giuste al posto di quelle facili, e infine a vincere parecchi concorsi nazionali per il suo splendido miele, che adesso è anche certificato biologico.
Quando sono andata a trovarlo sono rimasta a bocca aperta: i suoi apiari sono sistemati sul fianco della collina, affacciati su un panorama mozzafiato composto dal paese in lontananza che sembra un presepe, e un bosco infinito di castagni, querce, olmi, tantissime acacie, intervallati da prati piene di piante e fiori di tutti i tipi. Una specie di paradiso delle api, anzi se fossi un’ape credo che cercherei di farmi adottare da lui :-D
Per prima cosa Ignazio mi ha fatto indossare la tuta a prova di puntura, spiegandomi come metterla in modo che le api non potessero entrarci dentro (tipo attraverso i guanti etc); ovviamente ho trovato pure il coraggio di protestare perché la sua era molto più bella, tutta gialla e luminosa! Poi tutta ben protetta ho arraffato la macchina fotografica e ho dato il via al mio battesimo dell’apicoltura: era la prima volta in vita mia che andavo a trovare le api che tanto amo e stimo a casa loro, nel bel mezzo del loro lavoro.
Inutile dirvi l’emozione di trovarmi in mezzo a un nugolo di api ronzanti e un pochino infastidite dalla mia macchina fotografica (odiano il colore nero!!), spesso con l’obiettivo posizionato a un paio di centimetri dall’arnia. E quanto fosse complicato cliccare sul tasto della fotocamera con quelle ditone foderate.
Per prima cosa Ignazio mi ha spiegato com’è fatta la struttura di un’arnia. Se guardate le foto ogni cassetta è composta da tre parti; quella più grande, sottostante, è l’arnia vera e propria, dove le api fanno il nido, covano i piccoli e fanno provvista di polline. Ognuno di questo scomparti ha 10 telaietti grandi, messi in verticale. Questa parte dell’arnia di solito viene aperta solo per controllare che la regina si sia insediata e che stia deponendo le uova, dopo rimane chiusa per non disturbare la “città”.
Qui sopra vedete il nido scoperto (mi sono pure sentita in colpa, ché Ignazio lo ha aperto solo per farmelo fotografare), pullulante di api un po’ scocciate per l’invasione della loro privacy. Per evitare che si arrabbino troppo gli apicoltori usano un’attrezzo che terrei volentieri in casa per quanto è bello, con il quale soffiano fumo di trucioli di legno sui telaietti, come vedete qui sotto.
Il fumo le stordisce un pochino, e pure così comunque quando Ignazio ha aperto il nido sono diventate piuttosto aggressive giustamente! Come vedete sotto le api nella cassetta inferiore sono tantissime, perché è lì che si svolge tutta la loro vita lavorativa, al di là del volo nei campi. Ognuna delle piccole cellette esagonali dei telaietti viene riempita dall’ape regina con un uovo.
Le larve che scaturiscono dalle uova vengono nutrite con la pappa reale per i primi 3 giorni di incubazione, e nei restanti con il miele; trascorsi circa undici giorni la celletta viene chiusa (=opercolata) con la cera e al ventunesimo giorno nasce una nuova ape praticamente già adulta e in grado di iniziare la sua attività nella colonia (ma ancora all’inizio della propria carriera – che subisce varie evoluzioni – di cui vi parlerò nel prossimo post).
La cassettina che viene poggiata sopra, più piccola, si chiama “melario”. Ha 9 telaietti più piccoli, dove le api stoccano il miele in più quando tutto il nido è pieno e non c’è più spazio; la vedete scoperta nella foto qui sopra, e un po’ più da vicino in quella qui sotto.
È proprio questo lo scomparto al quale gli apicoltori attingono per prendere il miele, ecco perché non ha senso l’idea che il miele che mangiamo sia rubato alle api o che loro rimangano senza. Anzi vi dirò che negli ultimi giorni Ignazio mi diceva che è un po’ dispiaciuto perché con le piogge e il freddo di questo maggio le api sono rimaste nell’arnia e hanno consumato quasi tutte le scorte (cioè quelle nella cassetta superiore, il surplus che dovrebbe servire per la vendita) quindi per adesso poco miele, e nei prossimi mesi chissà, mica i fiori sono sempre… in fiore!
Nel melario non ci sono piccoli, perché è separato dal nido con un buco troppo piccolo per l’ape regina, che è grande quasi il doppio di un’ape normale, e quindi quest’ultima non può passarci per deporre le uova. Al centro della foto qui sopra potete vedere un fuco (l’ape più grande rivolta verso il basso) e accanto a lui, alla sua sinistra, l’ape regina proprio mentre sta deponendo un uovo dentro una delle cellette (infatti l’addome è piegato verso il basso).
Subito sopra questa cassettina più piccola c’è un tettino in legno che è un po’ il coperchio dell’arnia. Al centro del tetto c’è un dischetto da dove eventualmente si può controllare il melario senza aprirlo, lo vedete bene nella foto qui sopra. La sostanza marroncina che vedete sul bordo del legno e attorno al dischetto di metallo è la propoli grezza che poi viene purificata e sciolta in alcool etilico per formare la tintura di propoli. Sopra il tettino c’è un coperchio in lamiera che serve per proteggere l’arnia dal sole, dall’acqua e dal vento.
Sulla parte anteriore della cassetta grande che funge da nido, come potete vedere nella foto sopra e in quella di apertura, c’è una specie di pista di atterraggio che sporge in avanti. Si chiama predellino ed è da lì che le api con le zampe piene di polline rientrano nel nido (quando non trovano altri ingressi di fortuna come vedete nella foto qui sotto) :-)
Ogni singola arnia ha la sua personale comunità di api, ognuna con la propria regina e le proprie peculiarità; Ignazio mi ha raccontato che se qualche ape si sbaglia ed entra nell’arnia di una famiglia diversa dalla sua le api guardiane la riconoscono dall’odore (le famiglie hanno ferormoni diversi e quindi diversi odori) e la scacciano! Uno dei motivi per cui le arnie sono dipinte con colori diversi è proprio aiutare le api a riconoscere la loro casa, visto che hanno una particolare sensibilità per il colore.
Ho ancora un bel po’ di cose da raccontarvi, ad esempio su come si insedia l’ape regina nell’arnia, cosa succede quando un apicoltore trova uno sciame e come possiamo essergli utili se lo troviamo noi, e ancora molte foto da farvi vedere come questa qui sopra dove si notano le larve nelle cellette ma ho pensato sarebbe stato meglio dividere il post in due parti per non stordirvi troppo e non svenire pure io sulla tastiera!
Prometto che la seconda parte ve la posterò a stretto giro, intanto se avete domande fatele pure qui nei commenti, per tutto quello che potrò risponderò io, per il resto chiederò a Ignazio di intervenire o lo chiamerò io, sperando che l’enorme pazienza che ha dimostrato fino adesso non finisca!! O:-)
Pensa te! Non sapevo che ci fosse un motivo, per le casette tutte con colori diversi. Mi son sempre detta: “Che fighi gli apicoltori, sempre cosi’ tutti creativi e colorati” :-) (poi son fighi lo stesso, eh, intendiamoci ;-) )
Ciao le ho viste grigio chiaro in Croazia , devo dirlo agli apicoltori croati di colorarle !
@Cecilia Vitella: Che strano, devo chiedere a Ignazio se secondo lui c’è un motivo per cui loro le fanno grigie!