Pare che il mio articolo-inchiesta sui pesticidi pubblicato nell’ultimo numero di Valore Alimentare abbia suscitato un certo interesse, a giudicare dalle richieste di interviste da parte della radio e della televisione.
Uno dei giornalisti che mi hanno intervistato mi ha candidamente confessato che prima di leggere l’articolo era convinto che la versione ufficiale delle Autorità, così rassicurante (le leggi sono rigorose, i controlli sono accurati, i prodotti che risultano fuori-legge ai controlli sono pochissimi, l’U.E. sta vietando molti pesticidi tossici, ecc.) fosse da prendere sul serio. E invece no, perché quella versione dice soltanto una mezza verità.
È vero che i controlli per i residui dei *singoli* pesticidi sono accurati, ma non tengono conto che in un alimento possono essere presenti i residui di *molteplici* pesticidi.
Se ciascuno di essi è sotto i limiti di legge l’alimento viene dichiarato sicuro dalle Autorità, ma può non esserlo perché, nel loro insieme, i residui dei diversi pesticidi presenti nello stesso alimento possono esplicare un’azione nociva per un effetto sinergico (l’uno esalta l’azione dell’altro) o sommatorio (la somma degli effetti dei singoli è nociva).
Non si tiene conto inoltre di altri fattori, come l’accumulo col tempo di questi residui nell’organismo umano e la tollerabilità da parte di fasce di popolazioni “metabolicamente deboli”, come bambini, donne in gravidanza, anziani, pazienti con problemi renali o epatici.
Normalmente si tende a credere che i residui dei pesticidi si trovino solo nei prodotti vegetali e non in quelli animali. Non è così, perché se gli animali consumano mangime vegetale che contiene pesticidi questi si vanno a depositare nel grasso, o si accumulano nelle uova, o ancora vengono riversati nel latte. E questo non vale solo per i pesticidi, ma anche per i tanti farmaci che vengono somministrati agli animali a causa delle frequenti malattie alle quali vanno incontro per le stressanti condizioni di allevamento.
E non è finita, perchè farmaci sono somministrati agli animali anche per farli crescere e produrre oltre i limiti fisiologici. Questa logica perversa ha portato a concepire il mangime medicato, cioè arricchito di farmaci, a scopo preventivo, che ormai è di uso comune tra gli allevatori industriali.
Evidentemente le storie allucinanti vissute nei decenni passati non hanno insegnato nulla: bambine in fase di svezzamento che sviluppavano mammelle, come se fossero tredicenni, per aver mangiato omogenizzati di carne da animali trattati con estrogeni; persone dal cuore sano che avevano problemi di cuore perchè mangiavano carne dopata con clenbuterolo per produrre carne magra. Senza contare poi che, per l’alimentazione unilaterale e a base di concentrati proteici e scarsa in foraggio fresco e fieno, gli animali tendono a dare prodotti sempre più ricchi di grassi saturi e poveri di grassi benefici come gli omega-3. Questo è il motivo per cui circolano nei supermercati confezioni di latte “arricchito di omega” mediante l’aggiunta di olio di pesce.
Sapevate che *quasi la metà* degli antibiotici prodotti dalle industrie farmaceutiche viene usata negli allevamenti zootecnici?!
Ho pensato di mostrarvi una tabella dove potete osservare la percentuale di campioni risultati non conformi alla normativa UE per contenuto di pesticidi e/o diossina in Italia e in qualche altro paese comunitario, per diversi prodotti animali.
I dati che vi riporto (scusate la noia dei numeri) sono desunti da un documento ufficiale, il “Technical Report of EFSA”, (supporting pubblications 2011:158) relativo alla presenza di farmaci e pesticidi nei prodotti animali. Una vera miniera di informazioni per chi ha tempo e voglia di approfondire queste questioni, ma che richiede anche una certa competenza per potersi districare tra le cifre e le percentuali che sono riportate.
Lascio a voi valutare e commentare questi dati. Da parte mia mi limito a dire che dovrebbe far riflettere che negli alimenti si trovino ancora residui di DDT nonostante questo insetticida sia stato vietato da decenni.
Desta poi meraviglia il fatto che nella “virtuosa” Germania 2 campioni di carne bovina sui 5 esaminati siano risultati non conformi. Per la carne di maiale poi, in Spagna, 1 campione su 11 è risultato non conforme per il contenuto in diossina.
Ma lasciamo da parte i pesticidi; il report dell’EFSA fornisce anche dati relativi al contenuto di residui di farmaci veterinari (ormoni, antibiotici, cortisonici, antielmintici, antiparassitari, ecc.).
In questo caso il primato per i prodotti non conformi spetta ad alcuni paesi dell’Est; eccovi alcuni casi.
Estonia (per la carne bovina, 2 campioni su 7 per il contenuto in testosterone e 5 su 206 per il contenuto in cortisonici); Lituania e Latvia (per la carne di maiale, rispettivamente 1 campione su 17 e 2 campioni su 29 per antibiotici); Polonia (per il pollame, 1 campione su 23 per gli antibiotici; 7 campioni su 158 per un colorante, la malachite; Slovenia (per il latte, 1 campione su 25 per antibiotici). Anche i prodotti animali che vengono dall’Irlanda e da Cipro non brillano per sicurezza.
Insomma, pare proprio che il proverbio che dice “moglie e buoi dei paesi tuoi”, almeno per i buoi che ci danno carne o latte, non faccia una grinza.
Il mio parere? Secondo me un ottimo modo per difendersi è fare attenzione quando si acquistano tutti i prodotti animali, e in particolar modo la carne, alla filiera, che deve essere non corta, ma cortissima. Oggi invece si compra carne di maiale, e tutto l’anno, a meno di 5 euro al chilo, senza avere la minima idea sulla sua provenienza, su come siano stati alimentati gli animali, su quali siano state le condizioni di allevamento.
La carne va mangiata con molta moderazione (calza proprio a pennello l’adagio “poca ma buona”), e quella che si mangia deve essere assolutamente pregiata; è possibile trovarla, ma costa sicuramente di più rispetto a quanto siamo abituati a spendere. Se non si può o non si vuole spendere di più è molto meglio diventare vegetariani, anche se nolenti.
Personalmente non mangio carne ma, con moderazione, uova, latte e formaggi sì.
Ho la fortuna di conoscere i produttori, sono biologici (seri) e biodinamici, e fornitori di prodotti animali appassionati ed onesti come quel signore di cui izn ha fatto tempo fa un ritratto. Vi confesso che ogni boccone è una delizia per il palato.
Come Izn insegna, bisogna sempre usare il dono della parola e chiedere, chiedere, chiedere: vincere l’imbarazzo e interrogare il negoziante circa la provenienza dei suoi prodotti. Darsi da fare, guardarsi intorno, e cercare di comprare il più sano possibile.
Al mio macellaio a volte chiedo il filetto, e spesso non ne ha. Una volta a una signora che se ne lamentava ha risposto seccamente: “Se vuole i prodotti confezionati sottovuoto provenienti dall’Est, c’è giusto un supermercato a mezzo chilometro da qui”. Avrei applaudito :)
Sono molto impressionata dall’articolo e dai dati riportati.
Lo sono, sopratutto come madre, oltre che come consumatrice.
Ho già fatto diverse scelte “consapevoli” su filiera corta e controllata. Tramite il nostro GAS ordiniamo la carne da uno specifico allevamento in montagna vicino, controllabile, bio e serio.
Ma come tutelarmi per TUTTO IL RESTO? Il latte del distributore qui vicino non è bio, e il formaggio? Le uova? Posso fidarmi a prendere tutto ciò al supermercato? Anche se bio? Sarà controllato? Da chi? Quante volte? con che tipo di normativa? ecc. ecc.
Inaugureremo il nostro orticello tra pochi mesi e, a questo punto, mi viene voglia di adottare anche una gallinella per le uova. Peccato che la mucca, in giardino, non ci stia!!!
@Arianna: mitico il tuo macellaio! Pensa se scattava l’applauso collettivo, ehehe :-D
@Eli: Eli, una capretta!!! Che dici? Quant’è grande il giardino? :-)
@Arianna : cara Arianna, sarebbe molto bello se con l’uso delle parole si potessero dissipare i dubbi ed avere risposte oneste. Forse tu vivi in zone dove ancora esistono i pascoli ma qui al Sud, dove sono io, è impossibile, per me, fidarmi di un macellaio che magari scrive “carni paesane” (carpendo lal buona fede di chi ci crede!) e che sicuramente avrà gli stessi fornitori della grande distribuzione !
@Pitkawa: Hai assolutamente ragione! Vivo al nord, ma il problema e identico: la maggior parte dei macellai, che pensano di essere gioiellieri tra l’altro, visti i prezzi, anche qui acquistano dalla grande distribuzione. Allora perché non comprare al supermercato, che e comunque molto più controllato? E ha orari che permettono anche a chi lavora di accedervi?
Già, perché allora vorrei fare un commento “da consumatrice” che vorrebbe mangiare biologico ma avendo altre cose per la testa non sempre ci riesce.
Il mondo del biologico, in Italia, tranne poche e felici eccezioni, è una casta: che pensa che se non ti sacrifichi per la causa non sei degna di loro.Partiamo dagli orari dei negozi: improponibili. Dai prezzi: idem. Ed e’ vero che forse se ne può mangiare meno, ma non sempre. Qui intorno ci sono piccoli produttori, ma bisogna stare alle loro bizze: a volte ci sono, a volte no, a seconda delle loro necessita’ (mai delle tue).
Naturalmente, condivido il commento del prof., ma anche farsi venire un esaurimento nervoso causa stanchezza, ricevere la chiamata della banca che si è in rosso causa prezzo eccessivo cibi biologici (Izn capisco che tu li trovi facilmente a buon prezzo, io no), avere la tavola vuota causa carenza di tali materie prime a me fa male alla salute. O no? (E scusate la provocazione).
@Graziella: Io compro biologico tutte le volte che posso e mi trovo benissimo al Naturasì. Gli orari sono quelli soliti di un normale supermercato e i prezzi sebbene superiori alla media non sono assolutamente elevati, per essere bio. Inoltre spesso ci sono offerte convenienti. Vende anche carne anche se non l’ho mai comprata perchè sono vegetariana. In ogni caso i prodotti bio ormai si trovano facilmente anche nei supermercati comuni, forse non la carne ma quasi tutto il resto lo trovo senza grossi problemi (non solo frutta e verdura ma anche pasta, riso, cereali, uova, formaggi, yogurt ecc)
@Giulia: scusa ma sono un po’ puntigliosa…(l’ascendente + 3 pianeti in vergine sono il mio “alibi” ;-) ) Bisogna sapersi barcamenare nel campo del biologico “a buon mercato” . Io che sono (patologicamente!) pignola non mi fido di legumi in scatola Ecor provenienza Cina, Turchia, ecc. chi controlla la filiera ? e il km zero ? e che dire dell’olio di palma (addirittura !!!) di origine biologica presente tra gli ingredienti dei prodotti da forno (pseudo) bio ?? per avere una garanzia di ingredienti certificati, secondo me, la soluzione ideale è fare quanto più possibile da sè (vedi Eli) o affidarsi a ditte che nel biologico si cono da decenni (baule volante, fior di loto, ecc) e che purtroppo, costano di più.
@Sono di nuovo d’ accordissimo con Giulia. Al Naturasi non e tutto buono e tantomeno sano. Vogliamo parlare dei vini dichiarati biologici ma che contengono solfiti? o, appunto, dell’ olio di palma, onnipresente? Quanto agli orari, be’, almeno a Pavia , dove trovo il Naturasi più vicino, sono aperti dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30. Se entri, trafelata, alle 19.20 ti guardano malissimo. E tra l’ altro per me è piuttosto lontano: e allora, perché non si può comprare direttamente dalle fabbriche?
Per esempio, adoro l’acqua Plose, che nel suddetto supermercato costa veramente uno sproposito, e comunque non sempre per me è facile raggiungerlo. Chiamo direttamente la casa madre spiegando che essendo il punto vendita lontano volevo ordinarla direttamente da loro. No. Non si puo’. Ho dovuto rinunciare a berla. In Alto Adige, quest’estate, la trovavo nei normali supermercati ad un prezzo assolutamente onesto.
P.s. Scusa Izn ma quando mi “partono” degli errori di scrittura nel post come faccio a modificarlo?
Sapete cosa vi dico? molliamo tutto e diventiamo agricoltori e allevatori! potremo veramente controllare quello che mangiamo…. anche io cerco di comprare bio quando posso, quando riesco e quando trovo! il mio sogno è veramente la campagna. Brava Izn per l’articolo, continua così sei tutti noi!
@Arianna, Ptikawa, Graziella Carnevali: Avete ragione tutte. Ci sono macellai onesti ed esperti e macellai disonesti e/o improvvisati.
Poco tempo fa ho avuto un incontro con un’associazione di macellai fiorentini. Dopo il mio intervento sulla qualità del cibo, due di loro, dichiarandomi la loro ferma volontà di non dare carne di cattiva qualità ai loro clienti, mi hanno chiesto di rimanere in contatto con me per eventuali quesiti da pormi in merito al rapporto alimentazione del bestiame e qualità della carne, oltre che sapere dove si può trovare dell’ottima carne.
Ma ci sono anche, come in tutte le professioni, macellai, e soprattutto produttori, disonesti, e i frequenti interventi dei NAS e della magistratura ne sono una prova. Comunque, ribadisco un aspetto: la carne di qualità costa e non vi dovete aspettare molto da una carne di maiale che costa 5 euro al chilo ed è disponibile tutto l’anno. Né si può pretendere di avere il filetto di qualità sempre e in quantità abbondante. Voglio anche sottolineare che a mio avviso si mangia molta più carne di quanto si dovrebbe.
@Eli: Ottima l’iniziativa del suo Gas di comprare carne di montagna. Per il latte del distributore ho anch’io qualche riserva soprattutto per la qualità di quello che mangiano le mucche che lo producono. Come GAS potreste chiedere di andare a visitare l’azienda, vedere come sono mantenute e alimentate le mucche. Ma per giudicare un’azienda e quindi la qualità del latte sarebbe necessario un minimo di formazione dei responsabili dei GAS che provvedono all’acquisto. Ciò vale anche per l’acquisto degli altri prodotti.
Il bio è sottoposto al controllo che per legge interessa tutte le aziende agrarie, bio e non bio, e a quello degli organismi di certificazione del bio. Il biodinamico è sottoposto, oltre a questi due controlli, anche a quello della Demeter che certifica per il biodinamico. Poi può sempre succedere che ci siano delinquenti, nel non bio come nel bio,che sfuggono alle maglie dei controlli e della giustizia. Ottimo l’orto in casa. Penso che chiunque ne abbia la possibilità, lo debba fare. Se c’è un aspetto positivo in questa terribile crisi economica e sociale, è quello che stiamo acquisendo la consapevolezza che se possiamo fare qualcosa che ci serve con le nostre mani, perché delegare gli altri?
@Pitkawa: Il suo sfogo è legittimo. Purtroppo sta accadendo una cosa terribile legata alla difficile situazione economica e lavorativa: si sta producendo un cibo di pessima qualità a basso prezzo per chi ha scarse risorse finanziarie, ed uno, bio e biodinamico, ma anche non bio, di qualità ma ad alto prezzo per chi se lo può permettere.
Oggi tutti hanno altre cose per la testa, ma l’alimentazione, insieme all’educazione dei figli, è una delle priorità che deve frullare in testa. I legumi in scatola non li compri. Noi in casa compriamo legumi secchi prodotti in Italia da un onesto agricoltore (non sono biologici ma coltivati a dovere) in quantità, li cuociamo in una pentola a pressione (rapido, rapido), li dividiamo in porzioni e li conserviamo in congelatore. Non è l’ideale ma è molto meglio dei legumi in scatola a scadenza di anni. Perché compra prodotti da forno industriale anche se biologici e non prova a perdere mezz’ora di tempo alla settimana per fare in casa ottimi biscotti? Non mi dica che non trova mezz’ora per impastare farina, zucchero e un po’ di olio di oliva o burro e cuocere al forno.
@Graziella Carnevali: Alcuni negozi di Naturasì sono aperti tutto il giorno. Comunque il problema della formazione del personale sul piano delle relazioni con i clienti e delle conoscenze sugli alimenti esiste (ma se un impiegato è stato maleducato perché non dirlo al direttore?).
Noto però con piacere nei negozi di Naturasì dove vado a comprare qui a Roma che la situazione sta migliorando molto e che i loro impiegati frequentano sempre più numerosi i corsi sulla Qualità degli alimenti che sono organizzati proprio da Ecor-Naturasì e di cui sono responsabile.
Il problema che avverto in alcuni negozi è quello della freschezza delle verdure che spero risolvano quanto prima. Che ci siano vini biologici con solfiti, è la legge a permetterlo, ma lei può scegliere qualcuno dei pochi che non hanno solfiti. Per l’olio di palma onnipresente, io credo che lei può evitarlo se, come dicevo prima, i prodotti da forno se li fa in casa con il suo forno e allora, invece dell’olio di palma, può usare burro o olio di oliva. A prescindere da questo aspetto, credo che l’olio di palma, come il latte e il burro, sia criminalizzato ingiustamente almeno per l’aspetto nutrizionale. Spero di potervene parlare quanto prima.
Anch’io penso che il prezzo di certe acque minerali nei negozi bio è troppo alto. Comunque, sono dell’avviso che la Plose, come tutte le acque minimamente mineralizzate o oligominerale, è per i malati di reni e non per le persone sane. Sono dell’avviso che al negozio bio non si debba andare con la stessa logica con cui si va al mercato, ma con l’intento di acquistare i prodotti davvero necessari e di qualità. Penso che sia arrivato il tempo che io vi parli di quest’aspetto e dirvi come riconoscere un prodotto bio di qualità.
@Francy: Saggia riflessione. Ci siamo allontanati troppo dalla campagna che è il luogo dove si produce ciò di cui abbiamo bisogno per mantenerci in vita (e auspicabilmente in buona salute). Abbiamo delegato gli altri a produrre e questi altri sono sempre più lontani da noi e a noi ignoti. La crisi finanziaria potrebbe essere un’occasione per rivedere questo mercato globale.
Ho scritto troppo, ma questo mio post ha sollevato le questioni che mi stanno a cuore di più. Per alcune forse non ho dato risposta perché non so darla, per altre mi riprometto di darle con maggiore dettaglio in futuro. Parafrasando il Manzoni, se si è in buona fede, su una questione dove si esprimono pareri diversi e anche contrari, tutti possono avere una parte di ragione e una parte di torto. Riflettere e dialogare, non diventare prigionieri degli altri e dei loro interessi, non delegare, e fare da sé quello che si può, è la strada per avviare un cambiamento, ormai indispensabile, anche nel nostro modo di comprare e consumare.
@ prof. Giannattasio: sono piacevolmente caduta in questo blog ed in questa discussione, proprio perchè faccio anch’io come lei ! non mangerei mai quel cibo. Ho la fortuna di essere cresciuta in una famiglia di origini contadine che ha sempre dato valore al cibo e per es. la nutella l’ho assaggiata per la prima volta dopo i 20 anni (ne ho 42). Faccio i “dolci” a casa anche utilizzando l’olio d’oliva e non c’è niente di meglio per il mio umore, del mettere le mani in pasta e sentire il profumo e i sapori di qualcosa fatto da me.
Come disse il prof Berrino in un’intervista, “cerco” di non comprare alimenti che la mia bisnonna non riconoscerebbe …ma che fatica ! Grazie per il lavoro che fa :E’ bellissimo il dialogo tra persone accomunate dallo stesso modo di sentire e sapere di essere in BUONAcompagnia aiuta a percorrere la “strada del cambiamento indispensabile” , che interessi più grandi di noi cercano di ostacolare con tutti i mezzi a LORO disposizione.
Egr. Prof., lei ha perfettamente ragione. Su tutto. Io pero’ vorrei esprimere il punto di vista di chi, ogni giorno, sta in “trincea” e deve, in 18 ore (le altre servono per dormire, presumibilmente, far coincidere tutto. Ovvero lavoro, un po’ di ordine in casa, litigi con banche, poste, bollette inique ecc., tempo per figli o cani/ gatti – se li si vuole far stare all’ aria aperta, come e’ auspicabile, bisogna trovare almeno due ore al giorno, e questo riguarda bambini e cani).
Se a questo ci aggiungiamo gli slalom per la spesa biologica, chi li fa i biscotti in casa? Certo, la mia bisnonna faceva quella vita, ma aveva rinunciato a tutto. Io non voglio incarnare la “donna sacrificio” ahime’ tornata tanto di moda E allora? Ecco il mio appello: d ‘accordo, noi cerchiamo di diventare consapevoli, ma il mondo del biologico ci deve aiutare, deve semplificarci il piu’ possibile la vita. Non tutti vivono a Roma, purtroppo il Naturasì di Pavia e’ quello che e’, i piccoli negozietti hanno costi assolutamente spropositati, il biologico del supermercato che ha orari più giusti per chi lavora non sempre e’ il massimo, la frutta di solito non sa di nulla.
E allora, sa cosa le dico: io i biscotti li compro industriali, pero’ mi avanzo il tempo per camminare nei boschi due ore al giorno, e, dopo, sono più serena. Credo che la nostra lotta (la sua anche) debba essere poter mangiare biologico senza trasformarsi in “casalinghe disperate”.
Con grande rispetto ed ammirazione per cio’ che fa, Graziella Carnevali.
@Graziella: Sono d’accordo con lei, il biologico deve diventare una soluzione ai problemi e non un problema, ed io, per quanto posso, mi sto adoperando in questo senso presso chi ha in mano la distribuzione.
Per quanto riguarda il ritmo e i problemi della sua vita, purtroppo essi riguardano ormai gran parte di noi italiani e diventano sempre più angoscianti. Ma per fare degli ottimi biscotti che durano una settimana, bisogna trovare soltanto 45 minuti. Ieri in casa, abbiamo fatto delle ciambelline al vino, tutti ingredienti biologici e/o Demeter: farina, olio di oliva, zucchero, vino, cannella e lievito per dolci: tempo per impasto e cottura al forno 45 minuti; costo materia prima circa 3 euro; numero di ciambelline circa 40; quantità circa 500 grammi di ciambelle.
Trovi il tempo e faccia dei biscotti: impastare è un gesto antichissimo che ci ricollega alla nostra storia ed è una sorta di benedizione per il luogo in cui si impasta, la casa che si riempie di profumo di forno, la soddisfazione di aver fatto per sé e per la famiglia, con le proprie mani, qualcosa di gustoso e saporito invece di essere andati indolentemente e passivamente a comprarli altrove; l’attesa dell’uscita dal forno per gustarne uno di prima mano. Ci provi. La serenità propria e della famiglia passa anche per questo e niente “donna sacrificio”.
Avete mai pensato che quando si mangia un biscotto industriale, altri milioni di persone hanno in bocca lo stesso sapore che avvertite voi (e semmai la stessa bocca secca!), mentre i biscotti che voi fate in casa hanno un gusto unico, irripetibile, di cui solo voi siete i beneficiari? In un’epoca di massificazione, anche gustare un biscotto fatto in casa e non uno del Mulino bianco o di altra ditta, è libertà e gesto, anche se piccolo, di ribellione.
Utilissimo questo post anche se come sempre lascia con il desiderio di saperne di più. Ad esempio: come mai il numero di campioni controllati varia così tanto da paese a paese? Prendiamo la carne bovina: sembrerebbe che la Germania, con il 40% dei campioni risultati positivi, stia messa piuttosto male, mentre lo 0,57 della Polonia dovrebbe rassicurarci. A guardare meglio, però, si scopre che i campioni controllati in Germania sono solo 5 (quelli positivi 2), mentre in Polonia 175. Quali criteri causano queste variazioni?
“Sono dell’avviso che al negozio bio si debba andare (…) con l’intento di acquistare i prodotti davvero necessari e di qualità.”: sono d’accordo e spero che ce ne parli quanto prima. Personalmente io ho praticamente eliminato il supermercato industriale trovandomene molto meglio, e con quello ho eliminato una serie di prodotti che non ho mai realmente consumato in modo sistematico (gli alimenti confezionati sono tra questi, con l’eccezione delle cose di base). Trovo che negli ultimi cinque anni i prodotti offerti dai supermercati, ad eccezione di alcune marche di lunga tradizione e ormai difficile reperimento (parlo sempre di prodotti come pasta o conserve, non certo nutella o dolcetti che non ho mai usato, se ne ho voglia, li prendo freschi in pasticceria) siano troppo scaduti come qualità, oltre a essersi sempre più riempiti di additivi, grassi e zuccheri, la varietà offerta su ogni prodotto non ha fatto che ridursi, sempre verso il basso come qualità. Quindi un pessimo affare… Questo post del resto spiega chiaramente che il cibo da supermercato può essere benissimo a posto con leggi, ma non con la salute, perché il cumulo di tanti pesticidi o farmaci, ciascuno impeccabilmente nei limiti di legge, la pone a rischio lo stesso: ragionamento da non sottovalutare e da non dimenticare quando ci crediamo sicuri entrando in un supermercato.
Il supermercato bio da parte sua non mi esalta perché mi ripropone la solita frutta fuori stagione importata dal nord Africa invece di quella locale e scusate, me ne fido poco, oltre che sembrarmi una follia: perché devo mangiare le fragole a gennaio? E il loro yogurt, tranne pochissime marche da cercare col lanternino, è fatto pure quello con il latte in polvere o le proteine del latte. Ho la fortuna di avere un mercato di piccoli produttori dietro casa e acquisto lì il più possibile, bio o no. E sono davvero piccoli produttori, che portano le cose di stagione in grande varietà e un po’ di carne, qualche prodotto lavorato da loro come succo di mela senza zucchero o crauti… il prezzo è più alto del cibo industriale ma non gli scandalosi 4-6 euro al kg dei cavoli di certi negozi bio di Roma che hanno sì e no una cassetta di fresco e poi scaffali di merendine. Ma anche un mercato tradizionale, come quelli dove andavo prima, ha spesso di meglio di un super. Non ci fosse, cercherei un G.A.S. Se non avessi questa soluzione, ne troverei delle altre. Insomma, ho deciso di farlo? Mi barcameno: piuttosto che un cibo industriale insipido anche se a portata di mano e solo apparentemente pieno di varietà, cambio alimento e prendo quel che c’è al momento, comunque largamente sufficiente a un’alimentazione equilibrata. Da quel che vedo, è proprio il modello supermercato che non funziona: le grandi quantità che devono sempre mantenere lo stesso standard e lo stesso sapore per ogni prodotto, fornendo tutto il globo o anche solo tutto un paese, sono sostenibili solo modificando e alterando profondamente il cibo, bio o non bio. Credo che la consapevolezza significhi fare uno sforzo per ridimensionare i nostri capricci di consumatori che devono disporre di tutto e subito h. 24.00, il che non obbliga a rimettersi a fare il pane a mano per forza anche se ottimo, o passare la domenica facendo la posta a tutti i mercatini fuori porta. L’economia di sussistenza no.
Ci vorrebbe sicuramente una rete di distribuzione migliore dei piccoli produttori bio, più capillare e più costante, specie per le grandi città, ricostruendo sotto altra forma un circuito che in un tempo non troppo lontano esisteva. Che so, mercati tutte le settimane e non una volta al mese da pescare col lanternino… farina venduta in quantità umane e non a 30 (ma dove li metto in una casa normale?) o anche 5 kg per volta ecc.
Prof, aspettiamo altri suoi post sempre con piacere…
Quoto tutto quello che ha scritto Camilla e faccio pure una standing ovation :-)
Ma davvero anche nel bio molti yogurt sono fatti con il latte in polvere? Questo non lo sapevo neanch’io :-(
Io metterei l’accento, non solo sui controlli non conformi, ma anche sul numero assoluto dei controlli! Come spiego dettagliatamente in questo articolo.
Il problema reale è che su tonnellate di cibi e materie prime, i controlli rappresentano una quantità talmente infinitesimale che noi non possiamo in minimo modo sentirci tutelati dalle autorità di controllo!!
D’accordissimo con Camilla, anche su molti prodotti bio ci sarebbe tanto da scrivere e fare confronti, se avessi il tempo. Ma non perchè non mi fidi del bio, anzi! Però molto spesso tra gli ingredienti si celano cmq materie prime di non eccelsa qualità. Vedi l’olio di palma!
@Tutti: Bene, essendo io eretica e sempre piu’ eretica, poiché per essere allineata avrei dovuto evitare come la peste tutti i supermercati, oggi il mio spiritello mi ha fatto entrare in un mega iper Coop: ero di strada, e non ho resistito. Sentendomi come quando da bambina mia madre mi diceva di non andare al largo in mare: io ci andavo. Beh, ho fatto bene.
Nel tanto vituperato Iper Mega Coop ho trovato prodotti dell’Alce Nero (lo so, lo so, prof, prima o poi li faccio), burro biologico tedesco, latte biologico Coop, carne biologica (che pero’ non ho preso), pesce (quello non può essere bio, visto lo stato dei nostri mari, ma comunque e’ “pescato nell’Atlantico”, cioccolato fondente alle nocciole bio e solidale, zucchero, sale e altro che non ricordo, tutto bio e a prezzi accettabili.
Manca frutta e verdura, ma ho un contadino vicino che mi vende mele e verze. Tempo della spesa: mezz’ora, non di più. E io al supermercato mi diverto (per favore, non vi si drizzino i capelli!). Perché e’ un “Osservatorio sociale” che mi incuriosice (anche guardare nei carrelli degli altri e immaginare le loro abitudini alimentari). La coop sta producendo anche una sua linea bio, nei biscotti, pasta ecc.
Vi saprò dire se il cibo che ho preso e’ buono o no. Ecco, se lo fosse, penso avrebbe reso un buon servizio al consumatore “consapevole”. A me non piace girare per mercatini, che ci sono, appunto, una volta al mese, e non sono così organizzata da fare la spesa solo cosi’. E allora, che male c’e’ se un grosso supermercato fa un buon servizio?
@Camilla: Buonsenso e saggezza in quello che dice.
Riguardo alle questioni poste, i campioni presi in considerazione dall’EFSA sono etichettati come “targeted” vale a dire selezionati, nell’ambito di una massa di campioni di prodotti animali scelti per i controlli di conformità alla normativa vigente per i residui di sostanze come farmaci veterinari e pesticidi, e utilizzati per misurare determinate categorie di tali sostanze.
Mi spiego con un esempio. Nel caso della Germania, la massa di campione esaminata per la carne bovina è stata di 15.000 corrispondente allo 0,4% del totale dei bovini prodotti nel paese; di questa massa ne sono stati selezionati 5 per l’analisi delle sostanze organoclorurate, come diossina e pesticidi organocloruri, ma più di 2000, per esempio, per l’antibiotico cloramfenicolo e più di 1000 per il cadmio. Il numero è scelto in base alla probabilità di un uso illegale della sostanza in esame.
In Italia è proibito usare latte in polvere per gli yogurt, ma in Germania no, per cui presumo che nei supermercati si possano trovare yougurt tedeschi con latte in polvere, ma non quelli italiani.
E per chiudere una mia riflessione sugli omogeneizzati di manzo che si vendono in farmacia come nei supermercati. Quasi tutti, sia non bio che bio, sono fatti con il 40% di carne, il che significa che nel vasetto classico di 80 grammi ci sono 32 grammi di manzo. Tradotto in soldoni, si paga poco più di 1 euro (tale è il prezzo di vendita del vasetto) per 32 grammi di manzo, cioè quella carne viene a costare 32 euro al kilo.
Se però io preparo in casa l’omogeneizzato comprando dell’ottimo manzo, come quello che vende a Roma Liberati a 20 euro al chilo, la carne del mio omogeneizzato mi costa soltanto 0,64 euro. Che risparmio! Senza contare poi che alla creatura dò carne fresca e non quella nel vasetto, che per di più è sterilizzata per conservarla a lungo sugli scaffali e per di più è salata, anche se poco. E vogliamo mettere il gusto. Tanti bambini, come ben sapete, rifiutano all’inizio, gli omogeneizzati di carne industriali e la ragione non è tanto quella che assaporano un cibo per la prima volta, quanto quella che riconoscono immediatamente che il sapore non è naturale.
Riflettete gente.
Chiamo all’appello IZN perchè ci dia la ricetta degli omogenizzati di manzo che lei avrà preparato per svezzare la sua pulcina.
buon giorno caro Professore, grazie per questo post che fa ancora riflettere tutti noi sui valori degli alimenti.
Bellissimo ed utilissimo il suo calcolo sugli omogeneizzati.
Non ho mai visto un bambino che avesse apprezzato l’omogeneizzato da solo (ogni vero alimento deve essere buono consumato da solo); in realtà i bambini lo mangiano unicamente perché viene sommerso dal parmigiano che al di là del suo valore alimentare funge da “copri-cattivo-gusto” (sic)… quindi in ultimo funge da saliera! Con questo sistema di svezzamento – considerato scientifico (??) – i bambini diventano consumatori acritici, con un palato imprintato sul cibo spazzatura. Trovo sia ormai una situazione drammatica.
Ma per fortuna c’è il pastonudo :-))
Eccomi eccomi, sì sì ho qualcosa da dire anch’io sugli omogeneizzati (anche se Sabine ha già detto praticamente tutto sull’argomento, nel commento qui sopra e nel suo post di qualche tempo fa – anzi stavo pensando che per il mio compleanno chiederò una radio Sabine da ascoltare ogni giorno, dà dipendenza!) :-)
Premetto che la pulcina ogni singola volta che abbiamo provato a rifilarle roba frullata (a parte la frutta fresca) ce la risputava fuori guardandoci con una faccia “spero che stiate scherzando”, e premetto che l’ho allattata quasi due anni quindi lo svezzamento non è stato intensissimo, e ha seguito le sue voglie, i suoi tempi e le sue curiosità; ad ogni modo all’inizio-inizio, quando avevamo paura che si strozzasse, per intenderci, perché non era abituata a deglutire cose solide, quella poca carne che le davamo gliela frullavo io, cotta al vapore e con l’aggiunta di un po’ d’olio d’oliva e magari una verdura (e non potevo credere a quanto costasse poco mantenere un bimbo).
Fine della premessa.
Dopo tipo tre volte la piccola ci rubava dai piatti quello che mangiavamo noi (con le dovute attenzioni ovviamente), tutto tagliato però a pezzettini piccolissimi, e no soffocava per niente, anzi quelle poche volte che le andava storto qualcosa faceva due colpi di tosse e ricominciava, magari dopo un piantarello.
Per gli omogeneizzati abbiamo comprato a volte quelli bio della hipp, ma solo quando magari eravamo fuori casa e impossibilitati a comprare altro. Quando non ci portavamo dietro un pezzo di pane secco, che la cipollina succhiava con enorme soddisfazione :-)
Ho due figli ormai adulti ai quali non ho mai dato omogeneizzati. ho sempre preparato io il brodo vegetale rigorosamente senza sale e con l’aggiunta di carne bollita e tritata fine, fine, parmigiano e pastina piccola. Anzi, qualche volta speravo che ne avanzassero un po’ perche quella pappa piaceva molto anche a me! Ma dopo l’anno di età hanno incominciato a mangiare praticamente quello che mangiavamo noi, certo stando attenta che non fosse piccante, troppo saporito, ecc.
Interessantissimo il post e tutti i commenti a venire. Non posso non commentare dopo che si è posto l’accento sugli omogeneizzati: ho due figli, entrambi svezzati così come descritto da izn e Rosella. Vogliamo parlare del “formaggino”? Ho sempre usato stracchino, ricotta, mozzarella, sempre con lo stesso principio del frullato. Certo, mi è capitato di comprare degli omogeneizzati, così, non si sa mai un’emergenza(?!), ma dopo averlo assaggiati io stessa (tra l’altro quello al pesce è terribile), ho pensato:”nooo…ma perchè devo dare questa roba ai miei figli??!”
E comunque è da un po’ di tempo che sto sempre preparando biscotti o merende personalmente, in attesa che il professore possa dedicare un post all’olio di palma…
Un grazie a tutti.
Grazie, mi commuovo, si vede che è l’influsso del blog a farmi partorire tutto ciò :- ) …
e grazie a Giannattasio per aver risposto alle mie domande, prof, questi dettagli ci interessano enormemente, più si è consapevoli, più si capisce che la consapevolezza viene dalla migliore informazione. La parte sugli omogeneizzati poi è perfetta.
@izn Per quanto riguarda gli yogurt con proteine del latte o latte scremato io li visti in quelli bio di produzione francese oltre che tedesca. Speriamo che l’Italia resista, ma per quanto? Quindi anche per lo yogurt, armarsi di lente d’ingrandimento. Io l’ho scoperto davvero per caso, all’inizio pensavo che almeno fossero addizionati solo quelli a 0% o comunque scremati, invece ahimé succede pure in quelli interi. Una follia, secondo me. Posso segnalare qualche marca, in caso.
@ Sabine: Per il cibo “da solo” non dimenticherò mai l’idea su come servire una coca-cola al naturale: la domanda spontanea è stata: “E se lo facessimo con lo champagne?” (nulla a che vedere con la coca-cola, comunque).
@Prof. Questo mio e’ un post di ringraziamento, quindi, cara Izn, se lo ritieni troppo personale, taglia pure. Ieri sera, causa tempesta di neve (meravigliosa, anche per chi soffre il freddo come me, qui sembrava di stare in montagna, tutti a piedi a scivolare e cadere nella neve), avevo un po’ di tempo che mi avanzava, lusso rarissimo, e ho fatto i biscotti. Naturalmente, causa inesperienza e carenza di alcuni ingredienti basilari, che ho dovuto recuperare dai vicini, i suoi quarantacinque minuti sono diventati due ore, e il risultato non e’ stato eccelso ( per usare un eufemismo), pero’ l’ azione in se’ piuttosto gratificante. Tra l’ altro, ho recuperato la ricetta dei biscotti di Nonna Papera, che da bambina facevo con grande soddisfazione (seguita da mia madre, pero’ , piuttosto perplessa da queste mie strane inclinazioni: sfornavo biscotti e crema inglese per un esercito, dopo aver letto il Manuale di Nonna Papera, ma nient’ altro che la famiglia potesse utilmente utilizzare). Sono affiorati ricordi, riflessioni, oltre al profumo in casa. Lei mi ha fatto pensare al piacere di fare certe cose, e non al dovere, concetto ormai nella nostra vita davvero troppo presente. Grazie, da un’ eretica.
A proposito di chi mi parla di tempo e di ritmi serrati, io faccio sempre notare quanto tempo si perde a far la fila alla cassa e a cercar parcheggio nelle varie ipercoop, pam dai prezzi contenuti. Spesso ho calcolato tre ore per fare la spesa più costo benzina.
Per l’autoproduzione ci vuole tempo, ma l’ abbattimento dei costi che ne deriva è notevole così come è notevole il conseguente innalzamento della qualità.
Meno lavoro e più autoproduzione sarebbe l’ideale.
E poi la tecnologia ci aiuta, non credo che tutte a casa ci mettiamo a sbattere a mano gli albumi per preparare le torte !
@Marjanne. Capisco il tuo punto di vista, ma non tutte siamo uguali. Io non sono abile in cucina, per cui autoprodurmi il cibo significherebbe usare moltissimo tempo. Mi riesce abbastanza bene invece fare la spesa, retaggio di un matrimonio in cui mio marito cucinava ed io rifornivo la dispensa. Quindi esco ed entro dal supermercato molto velocemente, e, soprattutto, evito come la peste i giorni e le ore piu’ affollati. Faccio veri e propri studi su questo. Penso che partire dal presupposto che ognuno di noi ha caratteristiche ed organizzazioni di vita molto differenti, che le porta a scelte differenti, se pur, faticosamente, consapevoli, e capirle anziché giudicarle, sia il primo passo per costruire qualcosa. Siete d’ accordo?
Non era mia intenzione giudicare nessuno Graziella, la qualità costa e se la manodopera la mette qualcun’altro costa anche di più!
Ognuno è libero di dedicare il proprio tempo per ciò che meglio crede e decide quali sono le proprie priorità. Io non ho animali perchè “non ho tempo per accudirli” per esempio.
Ps. Hai mai pensato di farti arrivare la spesa bio direttamente a casa? Ci sono dei produttori ben organizzati che lo fanno, e ci sono un po’ in tutta italia che io sappia.
Potrebbe essere un ottimo compromesso, secondo me ;)
Grazie Marjanne, ci sto pensando. Ho fatto tre traslochi in un anno, e ora che mi sono ( quasi) sistemata cerco di riorganizzare la mia vita a poco a poco. Fra un paio di mesi, comunque, spero che il mio orto e mini frutteto ricomincino a produrre qualcosina, cosi’ sarò piu’ “libera”. (si fa per dire, visto il lavoro, mio, che cio’ comporta, ma trovo terapeutico anche svegliarmi alle sei del mattino per innaffiare e ” mettere le mani nella terra “, forse a voi succede quando cucinate).
@prof: caro prof, mi da la ricetta delle sue ciambelline al vino? Vorrei provare a farle! Grazie!
Da qualche giorno sono letteralmente ossessionato e indignato per la pubblicità televisiva dei bocconcini di pollo del “bonario” Amadori. Saranno una porcheria, ho pensato, ma poi sono andato al supermercato e ho visti gli ingredienti. Dire porcheria è un eufemismo.
Una quindicina gli ingredienti, carne di pollo (filetti 39%, pangrattato con lievito e varie spezie, carne di pollo separato meccanicamente, olio vegetale, farina di frumento e mais, glutine di frumento, sale iodato, sale, amido di frumento, albume di uovo in polvere, due agenti lievitanti).
A parte il fatto che si tratta un precotto, che è alto il numero degli ingredienti, che la maggior parte ha scarso valore nutrizionale ed è di scadente qualità (olio vegetale di ignota origine, glutine, amido, albume d’uovo in polvere), c’è anche una questione di prezzo da non sottovalutare. La confezione di bocconcini da 1 chilo costa circa 8 euro e in questa confezione ci sono 390+90 (480) grammi di carne di pollo, quindi questa carne viene a costare oltre i 16 euro al chilo. Ma non sarebbe meglio comprare della carne fresca di pollo (di qualità) e impanarsela in caso con uova fresche e pangrattato?
Riguardo poi alla “carne di pollo separata meccanicamente”, si tratta della carne che rimane attaccata alle ossa dopo la rimozione manuale della carne e recuperata con macchinari. Carne di scarto dunque. Amadori suole dire nella pubblicità “parola di Amadori”. Ma quale parola!
@Graziella Carnevali: Evviva!
@Tyna: Non avrei mai pensato che qualcuno un giorno mi avrebbe chiesto una ricetta per i dolci. Mia moglie s’è messa a ridere quando gliel’ho detto, perché i dolci li fa lei mentre io sono perennemente immerso nel caos di libri e di carte, ma gli spaghetti aglio e olio li faccio meglio di lei. Ora è fuori Italia e tra qualche giorno le invierà la ricetta.
@a tutti i pasto nudisti: Se volete che vi esamini qualche altro prodotto industriale a base di carne non avete che da chiedere.
Grazie prof. per questo post bello e utilissimo, come sempre. E anche per i commenti, altrettanto interessanti. Le sue ciambelline mi hanno fatto venire una tale voglia che l’altra sera, quando fuori faceva un freddo pazzesco e soffiava un vento fortissimo (come ora del resto), ho aperto la dispensa e le ho fatte con quello che ho trovato, così, “a occhio”… Risultato? Buonine, considerando che non ho seguito alcuna ricetta, e simpatiche. Ma come ha detto lei, l’effetto terapeutico è stato incredibile! La casa si è riempita di un calore e un profumo meravigliosi e io mi sono sentita felice e fiera di avere messo “le mani in pasta” per creare qualcosa di mio. Ogni volta che ne mangio una mi sento di buon umore. Se poi le rifarò con la ricetta originale saranno deliziose!
In questi giorni in cui le condizioni climatiche sono così estreme penso spesso a quanto siamo dipendenti dal mondo esterno per i bisogni primari, nutrirci, scaldarci…
Mentre preparavo i miei biscotti, e ogni volta che cucino qualcosa di nuovo, mi sento un po’ più libera, più indipendente. È una bella sensazione e ho voglia di esserlo sempre di più, soprattutto quando passo di qua. :-)
Grazie a tutti/e,
Simona G.
Grazie prof., e che schifezza quel pollo impanato! Per dirlo io che sono un’ eretica, ma di cucina lombarda, e in casa mia le cotolette sono sempre state sacre!! Mia nonna, e poi mia mamma e mia zia ( caspita, pero’ nessun uomo della famiglia, e questo la duce tutta… ) le hanno sempre fatte con uovo, pangrattato e parmigiano, non rinuncerei a quel sapore per nulla al mondo. E così le faccio anch’io, il parmigiano da’ un sapore che e’ una bontà! A volte, quando la carne era un po’ dura, nell’ impasto si aggiungeva anche un goccio di latte. A noi bambini venivano servite con pure’ condito con burro un po’ fritto ( nonostante questa alimentazione ero magrissima) , forse questo connubio era un po’ eccessivo, che ne dice la bioterapia, Izn? Se volete proprio inorridire, le nostre merende erano a base di pane burro e zucchero o sale, a seconda dei gusti. Mi ero cosi’ abituata che quando andavamo al mare e tutti i bambini impazzivano per i canditi venduti in spiaggia, io me ne facevo un baffo! Scusate, tutto cio’ non c’ entra niente, ma il pasto nudo fa riflettere e ricordare…
Quanto all’ indipendenza energetica, io ci sto provando con i pannelli fotovoltaici e la stufa a pellet, riscaldamento a pavimento. E’ il primo inverno che non ho freddo, nonostante le temperature di questi giorni. I caloriferi mi hanno sempre fatto venire mal di testa. Buona domenica a tutte.
P.S. Il commento sull’ indipendenza energetica si ricollega alla frase di Simona sulla dipendenza dal mondo esterno per scaldarci, era solo per dire che non sono impazzita…
La coop ha creato una linea di prodotti per bambini; un giorno, trovandomi al supermercato, ho comprato le crocchette di Pollo e di merluzzo, fidandomi del fatto che erano pensati per i piu’ piccoli. A casa ho letto gli ingredienti e non sono molto diversi da quelli indicati da amadori. Incredibile! Preferisco mille volte preparare delle fettinedi pollo impanate con
delle patatine fritte per la nostra cena settimanale di “schifezze” piuttosto che avvelenarmi!
@prof: ma i wurstel?
Hmm, sì, professore, un post sui wurstel lo leggerei volentieri anch’io… grazie!
Miei cari, quando ho scritto questo post per voi e ho parlato al passato della questione degli estrogeni negli omogenizzati, in cuor mio avevo il timore che prima poi tale questione sarebbe divenuta di nuovo attuale.
Così è stato, leggo stamani sulla Repubblica (a proposito c’è anche un mio articolo sugli additivi alimentari): il magistrato Quariniello sta indagando di nuovo su bambini in svezzamento che presentano anomalie sessuali.
Ho sempre presenti le parole di un collega di un Istituto zooprofilattico (è il centro che fa le analisi di conformità della carne ai regolamenti vigenti di sicurezza).
Mi disse: “Guarda queste analisi che ho fatto su questo campione di carne. Per la legge è in regola ma per me non lo è perchè ho le prove che in questa carne c’è un estrogeno illegale, ma questo estrogeno è stato inventato da poco e quindi e non sta ancora nell’elenco ministeriale degli estrogeni proibiti”.
Capito? La deliquenza sta più avanti della scienza. Ti inventa estrogeni di cui la scienza ufficiale ignora del tutto l’esistenza.
Stiamo allerta per quello che possiamo!
Eh… proprio a proposito di omogeneizzati e ormoni, guardate qui…
Izn, è terribile! Intaccare la salute dei bimbi no, non è ammissibile! Mi viene spontanea pero’ una riflessione: nessuna delle persone che conosco ha dato omogeneizzati ai suoi figli, pur non facendo parte del “gruppo”, cioè non mangiando biologico, equo solidale ecc. Però sono tutte mamme e papà attenti, che si informano e leggono.
Purtroppo in Italia l’analfabetismo di ritorno è a livelli altissimi, siamo il primo paese in Europa in questo senso. Ciò vuol dire che la maggior parte della popolazione non legge e si beve tutto ciò che passa la televisione (ovvero la pubblicità).
E finché sarà così le grandi industrie alimentari continueranno a fare ciò che vogliono, perché noi (mi metto nel gruppo anch’io, e spero non ti dispiaccia) saremo così pochi. L’informazione in rete fa molto, ma bisogna essere capaci, anche qui, di dribblare quella apparentemente obiettiva ma in realtà sponsorizzata, e non tutti ne hanno gli strumenti.
In realtà l’unico “ente” che potrebbe fare qualcosa è la scuola, se lo facesse (i miei insegnanti lo facevano, ci hanno formato all’analisi critica, e ci hanno reso liberi).
Che ne dici? Che ne dite?
@izn: che poi, i genitori ovviamente si preoccupano dei cuccioli. Ma nel caso che tu segnali, quella carne se la mangiano anche gli adulti, non basta dire no all’omogeneizzato.
Ciao Sonia come và tutto bene?vedo che come me continui le battaglie contro la contraffazione dei nutrienti(Cibi) spero di vincerne quante più è possibile per il bene della società.Ho letto molti degli articoli e sono contento ,perché almeno mi consola il fatto di non essere solo in questa guerra contro le industrie che vogliono pur di far soldi rovinarci la salute.Prevenire è Meglio che Curare.Salute e Saluti Nandino il contadino.Il mio blog d’informazione su una corretta e sana alimentazione. http://wwwfiordisalumi.blogspot.com . Ciao Sonia a presto
ciao a tutti
leggo sempre ma commento molto di rado. rispolvero questo vecchio post per segnalare una cosa clamorosa venuta fuori in un commento sul blog Voglia di Terra, questo il link e seguenti. riassumo: esistono croccantini speciali per cani intolleranti a antibiotici, ormoni etc. presenti nei normali croccantini a base di pollo, manzo e altre carni industriali. in pratica questi croccantini speciali sono a base di cacciagione (tipo cervo) o pesce pescato. e c’è pure un inquietante lista di problemi che sarebbero causati a questi cani da ormoni & co. presenti nelle carni industriali tipo dermatite, otite, congiuntivite, perdita di pelo, etc.
ecco ho trovato clamoroso che se ne parli così esplicitamente, bada bene però solo per gli animali.. per gli umani ufficialmente invece va tutto bene…
@Barbara M. Un intervento su un blog non è vangelo, ma anch’io penso che gran parte dei prodotti alimentari per animali siano di pessima qualità. Del resto, se sono scadenti i prodotti alimentari destinati a noi, figuriamoci quelli per i nostri poveri compagni di vita. Da parecchio penso che dovrei approfondire il tema cercando nella letteratura scientifica (ci sarà temo molto poco) e indagando per altre vie. Se riuscirò a saperne di più vi informerò.
buongiorno dottore e grazie per la risposta. mi scusi ma temo di non essere stata chiara. quello che stavo citando più che un intervento su un blog è un copia incolla da un’etichetta di un prodotto (croccantini per cani di una nota marca). più che di introdurre il tema dell’alimentazione animale volevo sottolineare il fatto che si parli così esplicitamente di effetti dannosi da carne proveniente da allevamenti industriali, addirittura sull’etichetta di un prodotto. se questi effetti ci sono per i nostri amici a 4 zampe, è verosimile che si verifichino anche per noi, nelle stesse o in altre forme. però di questi temi riguardo gli esseri umani di solito c’è un silenzio assordante..
Salve sono Nandino della Fiordisalumi è da molto che non faccio commenti e che non scrivo vi prometto che appena posso (Cioè miei porci permettendo) vi spiegherò alcune cosette su questi argomenti così delicati.Premetto che i croccantini per cani e gatti non contengono nessun tipo di carne ma soltanto degli oli ricavati dalla lavorazione degli scarti animali spruzzate sulle farine . se ci riuscirò vi posterò un video dove vi faccio vedere come si preparano i cosi detti croccantini.