Ho notato che buona parte dei post che ho pubblicato qui sul pasto nudo li ho scritti in treno, rientrando a casa dopo un viaggio di lavoro. Anche stavolta la tensione per l’impegno assolto che si va dissolvendo, il ritorno a casa, l’atmosfera rilassata del vagone quasi vuoto (il bigliettaio mi ha spiegato che sotto Natale le persone non viaggiano perché devono fare i regali di Natale) e quindi epurata dal continuo scampanellio dei telefonini (a quando carrozze nelle quali è proibito usare indiscriminatamente questo strumento di comunicazione tanto utile quanto abusato?).
E non ultima, la voglia di comunicare con voi che mi porto appresso da tanto tempo, mi spingono compulsivamente ad aprire il computer per farvi partecipi in tempo reale dei pensieri che mi stanno frullando in questo momento nel cervello, che da buon vesuviano è sempre in eruzione.
Sto rientrando da Venezia. Ho partecipato ad una giornata sul tema “Arte, Formazione, Ambiente” che l’Accademia di Belle Arti di questa incantevole città ha dedicato ai suoi studenti nell’ambito di un programma che intende definire il contributo che l’Arte contemporanea può dare con il suo linguaggio alla comunicazione sulle tematiche legate alla sostenibilità ambientale e al consumo alimentare consapevole.
Relatori sono stati docenti universitari e dell’Accademia, tecnici che operano nell’ambito della gestione dei beni culturali e dell’Ambiente, artisti in erba o affermati. A me è stato affidato il compito di parlare di “Ritmi e cicli della Natura, agricoltura e alimentazione consapevole”.
Parlare a tanti giovani interessati allo sposalizio a tre tra arte, cibo e comunicazione, è stata un’esperienza meravigliosa, anche se di momenti felici con i giovani ne vivo quasi tutti i giorni. Ma non è di questo che voglio parlarvi (semmai lo farò un’altra volta se vi interessa) ma di quello che mi è capitato stamattina. Ora ve lo racconto.
Stamani di buon’ora, Venezia bellissima inondata di sole dopo la giornata di ieri, freddolosa e piovigginosa, stavo viaggiando in traghetto dall’albergo alla stazione ripensando al calore dell’incontro avuto, alle immagini delle facce pulite e luminose dei giovani artisti, alla bontà del cibo stagionale che il direttore dell’Accademia (che ancora ringrazio per l’opportunità che mi ha dato invitandomi), aveva scelto per il pranzo e per lo spuntino del pomeriggio. Quasi sovrappensiero, ho aperto uno dei quotidiani più diffusi, che compro sempre il mercoledì per la rubrica di scienze, e “tacchete” qualcosa che ho letto mi ha fatto arrabbiare: il solito articolo (proprio nella rubrica che vi dicevo) che vorrebbe dare consigli su come alimentarsi bene, ma che dice e non dice, si capisce e non si capisce.
Il titolo del pezzo era “Mai saltare la colazione” e fin qui nulla da obiettare: la colazione, come ho avuto modo di dirvi più volte su questo blog, deve essere da imperatore.
Purtroppo però, scorrendo l’articolo, leggo che “La corretta prima colazione deve comprendere alimenti appartenenti a quattro gruppi: prodotti da forno, frutta, bevanda e una crema spalmabile”. Mi sono chiesto subito cosa il giornalista intendesse per *bevanda* e *crema da spalmare*: dopo poche righe il chiarimento, o presunto tale.
Tra i prodotti da forno viene sì raccomandato il nobile pane, ma anche la “crostata e i plumcake”, che in fatto di zuccheri che fanno alzare la glicemia non scherzano. Poi il giornalista, in un passo successivo, afferma che le merendine sono da evitare, ignorando che i plumcake prodotti industrialmente rientrano proprio nella suddetta categoria.
Nessun chiarimento sul tipo di bevanda e di crema spalmabile. Penso al povero lettore-consumatore, che è lì a chiedersi: merendine sì o merendine no? Se la “crema da spalmare” sia la nutella (che tra l’altro è stata inventata ed è prodotta proprio dalle parti dove si stampa il giornale) o qualcos’altro, e se la bevanda sia la solita “aranciata” o una di quelle famigerate “bevande a base di succo di frutta” che l’industria alimentare produce con tanta acqua e tanto zucchero, e con una quantità di succo così striminzita che per misurarla basterebbe il misurino per l’olio d’oliva che si usava durante e subito dopo la guerra.
Di seguito un’altra perla dell’articolo.
“Va bene anche (al posto del latte) lo yogurt bianco, vaccino o di soia”.
Spero che per yogurt “bianco” il giornalista intendesse quello naturale che per legge non può essere addizionato di zucchero o altri ingredienti. Bianco però può essere anche uno yogurt addizionato di zucchero e allora non va bene come consiglio.
Per il giornalista “yogurt vaccino o di soia” pari son. Beh, uno yogurt naturale fatto con latte vaccino di qualità bio o Demeter, è molto più di uno “yogurt” di soia (che peraltro per legge non può essere denominato yogurt).
Infine questo yogurt, “vaccino o di soia” che sia, andrebbe, sempre secondo il giornalista, “zuccherato al momento con orzo, cacao o marmellata”. A parte il fatto che si zucchera con lo zucchero e non con questi prodotti, quando uno yogurt è di buona qualità, andrebbe gustato com’è. Se no che yogurt è. Mannaggia questo zucchero che si vorrebbe mettere dappertutto per mascherare la cattiva qualità della materia prima!
E pensare che nell’articolo si cita anche un’affermazione, che condivido, di una nota nutrizionista che apprezzo molto. Probabilmente avrà dato al giornalista anche altre corrette informazioni che però sono state male interpretate.
Ripeto una cosa che vado dicendo da tempo. L’informazione riguardante l’alimentazione o la fanno giornalisti preparati in fatto di alimentazione o è meglio lasciarla fare ad esperti veri che fanno anche, e bene, divulgazione. Ne va della salute dei consumatori.
Lancio una proposta: perché i giornalisti che vogliono trattare per mestiere il tema dell’alimentazione non frequentano dei corsi specifici pensati espressamente per loro? Io, ed altre persone preparate di buona volontà che la pensano come me, saremmo molto contenti se ci chiedessero di organizzarli.
Sono dalle parti di Bologna, tra un paio d’ore sarò a Roma. Davanti a me si è seduto un signore, che mi confessa di aver ascoltato quanto stavo sommessamente dicendo al telefonino (in effetti ho appena finito di parlare con la nostra ipervesuviana Sonia per dirle appunto che ho partorito questo post), e che lui si interessa di alimentazione e di bioetica. Mamma mia, che occasione per parlare dei temi che mi stanno, che vi stanno, a cuore (anche dare informazioni sull’alimentazione è un atto etico). Vi racconterò in un prossimo post che cosa ci diremo.
Vi lascio dunque, ma sono contento di aver ripreso i contatti con voi pastonudisti. E questo grazie ad un articolo sgangherato sull’alimentazione che ho letto stamattina sul traghetto che mi portava alla stazione Santa Lucia di Venezia, e al vagone di un treno sorprendentemente vuoto e senza squilli di telefoni. Che giorno fortunato.
allucinante. condivido appieno il suo disappunto prof, e mi chiedo (perché a mal pensare spesso ci si azzecca) se per caso nello stesso giornale non ci fosse la pubblicità di qualche “crema spalmabile”: sa, a sponsorizzare un articolo fatto ad arte si fa presto. ammessa invece la buona fede dell’articolista, il discorso sulla preparazione in materia torna a bomba.
grazie Prof., continua ad informarci che ci interessa moltissimo!!
Quante volte succede di leggere un articolo che riguarda sia il cibo che la salute e poi, due pagine prima o dopo campeggia la pubblicità degli stessi prodotti o farmaci citati nello stesso articolo! Ma per chi ci prendono?
Buona l’idea dei corsi per i giornalisti che vogliono scrivere di alimentazione…il problema è quali corsi e chi li organizza! Ci si potrebbe ritrovare davanti dei perfetti incompetenti, o peggio ancora rappresentanti di un qualche interesse particolare, e allora sarebbe pure peggio. Non sono tutti dei Matteo Giannattasio. La speranza è che la gente in generale accenda un po’ di più il cervello…
Ogni volta che leggo un articolo di questa rubrica penso a quanto mangio (e ho sempre mangiato) malissimo, eppure ero convinto di aver intrapreso una buona strada!
Ho una domanda sullo yogurt di soia, che cos’ha di preciso che non va? E un’altra domanda, visto che ci sono, in quale libro/sito/rivista (oltre a questo blog) posso informarmi per bene su tutte queste belle (quanto inquietanti) cose?
Grazie per la disponibilità e per le informazioni!
@claudia. Ci sto pensando da tempo; avevo pensato ad un master ma poi si escluderebbero dei giornalisti non laureati. Avevo contattato una giornalista del corriere della sera che va per la maggiore ma manco mi ha degnato di una risposta. Non so ma potreste darmi voi delle indicazioni.
Se si parte, docenti di buona volontà preparati e che sanno non solo di alimentazione (nel senso che intendiamo noi) ma anche di comunicazione e che sanno aprire la mente criticamente e che non sono asserviti ce li ho già in mente grazie al lavoro fatto per 10 anni per Valore Alimentare.
Sarebbe meraviglioso agire in questo senso non solo sui giornalisti, sui medici di base (abbiamo già iniziato in toscana e a breve nel lazio), e sugli insegnanti, potremmo davvero sperare in un consumo di cibo consapevole. Poi bisognerebbe anche pensare alla povera gente che è sempre più povera e schiava della pubblicità televisiva. A loro andrebbero dati gli strumenti conoscitivi per potere mangiare bene e spendere di meno di quanto spendono oggi per comprare porcherie. Speriamo bene.
@roberta: Lo “yogurt” di soia è un artifizio tecnologico che non ha il valore nutrizionale di uno yogurt naturale fatto con del latte di qualità. Direi, per fare un paragone, che lo yogurt naturale sta allo “yogurt” di soia come il miele (meraviglioso alimento frutto dell’operosità delle api e della bontà dei fiori che mettono a disposizione il loro nettare) sta allo sciroppo di glucosio (prodotto industriale).
Poi a prescindere, penso che oggi si consumi troppa soia. Lo sapete che chi prende il farmaco Eutirox per problemi di tiroide non può consumare la soia (è scritto nel bugiardino)?
Egr. prof., lei ha perfettamente ragione. Però vorrei spiegarvi un pò come oggi si lavora nei giornali, visto che “bazzico” nel settore.
Grazie alle scriteriate leggi sul mercato del lavoro, e ai favori che i politici (quasi tutti) hanno concesso agli editori, le redazioni, soprattutto quelle dei giornali locali e dei settimanali, sono ridotte all’osso. Per lo più sono colleghi bravissimi nella cronaca, che poi però devono scrivere un pò di tutto, e in fretta. perchè nell’era di Internet non si può andare lenti.
Lavoravo in un famoso settimanale, anni addietro, e per un dossier avevo tempo anche una settimana. Dovevo sentire almeno due esperti “obiettivi”, di due pareri diversi possibilmente, ed avere una minima preparazione scientifica (il resto si imparava sul campo, con ottimi e seri caporedattori che avevano voglia e tempo di spiegare). Ora quei tempi ce li sognamo. In poche ore deve essere tutto pronto, e chi ha qualche minuto libero scrive l’articolo.
Colpa del giornalista? Assolutamente no. E’ come se chiedessi a lei di scrivere di musica e balletto (oddio, magari lei è competente anche di quello…). E’ colpa del sistema, e nostra. Perchè poi i giornali non sono degli enti no-profit, e devono vendere. Se la maggior parte della gente è ignorante, e vuole articoli superficiali, quello le si dà, altrimenti il giornale rimane in edicola.
La stampa è lo specchio di una società, nient’altro. Se specchiandoci ci viene rabbia, non prendiamocela con lei. Arrabbiamoci con chi educa la gente (gli insegnanti), arrabbiamoci con la riforma del lavoro, che permette agli editori di fare grandi utili spendendo poco e, forse, con qualche direttore che ci marcia più degli altri.
La figura del giornalista scientifico in Italia esiste solo perchè qualche collega, serio e preparato (e ce ne sono, ve lo garantisco) ha deciso di spendere tempo e soldi (suoi) nella formazione. Ha potuto, e l’ha fatto. Per lo più, lavorano per agenzie di stampa e grandi giornali, proprio grazie alla loro preparazione, dove quanto meno possono prendere uno stipendio decente. Tutto il resto è allo sbaraglio. Come la nostra società.
Scusate, ma vorrei togliermi un altro sassolino contro questa società malata, di cui noi tutti siamo però gli artefici. Lei, prof., dice che bisognerebbe spiegare alla povera gente come mangiare meglio spendendo meno. Vero, ma come glielo spiega?
I giornali più letti ormai sono su internet, e internet, oltre che costare, non arriva dappertutto. Almeno quella veloce. Qui ho dovuto ingaggiare una battaglia durata quasi tre anni per trovare un modo veloce di connettermi senza spendere un capitale e la Telecom, che nel nostro paese doveva garantire il servizio, non ha cavi che arrivano dappertutto. Per averli, bisogna pagarli (500 euro).
Un’altra osservazione, che riguarda il silenzio nel treno. In quelli ad alta velocità, e in prima, esiste la “carrozza del silenzio” non si può telefonare nè parlare. In prima soltanto, e su treni già di loro carissimi.
Due esempi diversi per dire che il problema davvero non sono i master per i giornalisti (che per altro per seguirli dovrebbero prendere ferie, ammesso che gliele concedano), ma una società in cui la cultura sta diventando sempre più appannaggio solo per ricchi. Ringrazio il cielo di lavorarci dentro (nella cultura), perchè almeno, anche se il mio conto in banca è in rosso, posso continuare a studiare ed aggiornarmi.
Sono scesa in piazza, negli anni 70, per molto meno. E ora che facciamo?
bellissimo post, purtroppo tra giornalisti bisogna distinguere. c’e’ chi si informa, intervista esperti, verifica che le informazioni che pubblichera’ siano attendibili, e c’e’ chi si limita a scopiazzare qua e la’ e condire con un po’ di prosopopea, giusto per arrivare a fare un po’ di sensazione nelle colonne che gli son state affidate…qualcuno addirittura traduce male da articoli visti su qualche giornale straniero…a queste persone, temo, non interessa la buona alimentazione, come non interessa la buona formazione. il signore dell’articolo mi sembra rientrare proprio fra quelli. Per rendersi conto delle sciocchezze che scrive gli sarebbe bastato rileggersi. con un po’ di buon senso.
Pur facendo una colazione che reputo sana, non mangio mai “prodotti da forno, frutta, bevanda e una crema spalmabile”. O, meglio, se tra i prodotti da forno si può comprendere il pane e le fette biscottate e se nella “crema spalmabile” sono ricomprese le marmellate, allora ci sono anche io. Chissà perchè mi fa pensare ad un articolo.. sponsorizzato!
P.S. E’ arrivato il libro. STOP FAVOLOSO STOP L’ho riempito di post it denominati DA FARE STOP
Quando pubblichi il secondo? ;-)
Buon fine settimana
@Graziella Carnevali: Non sapevo che in prima classe ci fossero le carrozze del silenzio, eppure viaggio in treno da una vita. Questa volta non le dico di provare a guardare il bicchiere mezzo pieno perchè in fatto di informazione alimentare (e non solo) attraverso i media il bicchiere è proprio vuoto.
L’altro ieri sulla 7 intervistavano De Benedetti e lui si vantava che il suo gruppo editoriale, l’Espresso, era in attivo perchè raccoglieva più pubblicità degli altri. Allora se devono andare avanti a pubblicità, i giornali (e tutti gli altri media compresa la televisione (salvando qualche programma) non hanno nessun interesse a informare come si deve, se no niente pubblicità dal cartello dei grossi produttori alimentari.
Questo è lo stato delle cose insieme alle tante altre da lei denunciate. Io finora sono stato sempre a disposizione dei giornalisti, considerando i motivi che Lei ha addotto (mandati allo sbaraglio dai direttori, devono interessarsi di tutto, quindi di niente… ma ora mi sono messo in sciopero e, se rilascio un’intervista, chiedo come condizione di non scrivere che mi hanno intervistato.
Prima mi azzardavo a dire a qualcuno di loro di leggersi qualche articolo o capitolo di qualche libro o di andare su siti attendibili per informarsi meglio. Non c’è verso.
Così stanno le cose e a pagarne le conseguenze sono i soliti noti, la gente povera economicamente e/o culturalmente. Così non si va da nessuna parte, no anzi si continuerà ad andare ai discount a riempire il carrello con prodotti alimentari a 0,99 euro, tra cui bevande colorate e creme spalmabili, proprio come se fossero biro o gomme per cancellare made in China.
Che succederà visto che come ha detto pochi giorni fa lo stesso Monti dobbiamo aspettarci sempre meno dal servizio sanitario? Forse non ci sarebbe bisogno del servizio sanitario se si attivassero tutti i canali di prevenzione tra cui una educazione alimentare. Penso all’introduzione nelle scuole di una sorta di economia domestica come si insegnava una volta. La reintrodurrei insieme ad un corso di buona educazione.
Quando nella prossima vita farò il politico per scontare la pena di aver troppo peccato in questa, mi riscatterò introducendo nelle scuole questi due corsi.
Ben detto prof. Comunque lei ha un’arma in mano quando si fa intervistare (e lo faccia c’è bisogno di leggere esperti ad alto livello come lei ): pretendere di rileggere la parte che le compete prima che venga pubblicata.
Può poi decidere di non dare il consenso. Quanto all’Espresso è uno dei pochi giornali che si avvale di giornalisti scientifici ad alto livello. Quanto alla pubblicità in una nazione come la nostra in cui si legge pochissimo e in cui vi è un tasso di analfabetismo di ritorno fra i più alti di tutti i paesi occidentali, i giornali sono costretti ad avvalersene. La stampa avrà le sue colpe ma, lo ripeto, è solo lo specchio della nostra società.
Bene, vedo che oltre alla forma adesso intacchiamo anche la sostanza… ;-)
Quello che ha scritto Graziella e’ purtroppo vero, e non vale solo per i giornalisti (la qualita’ e’ tremendamente al ribasso ovunque, ma sarebbe un discorso troppo ampio). Anche se, ammetto, un giornalista dovrebbe *almeno* saper scrivere, nel senso di mettere virgole, punti e formare frasi con un minimo di senso compiuto, e quello puo’ farlo anche se deve scrivere un articolo veloce ;-).
Ma non voglio andare fuori tema (scrivevo per un mensile famoso, che guarda a caso l’anno scorso ha chiuso. O, meglio, e’ stato inglobato in un altro che non c’entra nulla, e so come vanno le cose: “Ci serve un articolo per STASERA”. Meno male che ho fantasia… E di redattori che non ne possono piu’ e cambian mestiere, quelli coraggiosi…;-))
Comunque, l’iniziativa di formare i giornalisti e’ senza dubbio lodevole. Anche se, alla fine,secondo me, arriverebbero comunque i giornalisti gia’ interessati. Quelli che non scriverebbero mai un articolo come questo (per via di quello gia’ detto da Graziella e Barbara).Un po’ come dire: “Ok, formiamo i commessi di Naturasi’ sul valore del biologico”. Non e’ solo questione di tempo, ma soprattutto di testa.
Secondo me la cosa principale e’ la formazione nelle scuole. Gia’ dalle materne, come facevo io in Germania, mettendo assieme pedatri, medici seri e cuochi. E, se devo dirla tutta, penso che in alcuni paesi (tra cui l’Italia) la situazione sia cosi’ malmessa che bisognerebbe passare direttamente alle piazze. Oddio, l’ideale sarebbe fare informazione nei supermercati e nei discount da 0,99, ma temo che il direttore non darebbe il permesso ;-) E allora si organizzano dei banchetti in strada, magari nelle piu’ “passeggiate”, in cui si distribuiscono gratuitamente informazioni alimentari e si risponde alle domande della gente “comune”. No, perche’ uno che passa la giornata a guardare la Defilippi (se, come temo, occupa ancora dello spazio televisivo con i suoi esempi viventi di buona educazione) non e’ che poi la sera va a sentire la conferenza sul cibo sano (o una che si fa due ore al giorno per andare a lavorare, e magari pure i turni di notte, e torna a casa e ha un paio di pargoli da accudire…). E, forse, non compra nemmeno i giornali di cui sopra per leggersi l’articolo (siamo arrivati al paradosso che chi legge ne sa piu’ di chi scrive, suppongo).
Credo che in Italia, ormai, l’educazione alimentare per gli adulti, affinche’ raggiunga il bersaglio, la si dovrebbe fare in tre posti: tv (ma quella di basso livello, prima o dopo la Defilippi di cu sopra, per esempio), stadio e centri commerciali la domenica. O fatta dai calciatori, al posto di quella per la Nutella. Ci sara’ qualche anima buona anche nel campo delle meteore prezzemoline televisive, che si presta per della pubblicita’ progresso, o siamo proprio messi cosi’ male? (a proposito, c’e’ ancora la Pubblicita’ Progresso?)
E, ripeto, nelle scuole. Che i bimbi sono dei perfetti rompiballe, spesso, e impongono ai genitori quello che imparano a scuola (“Mamma! Noooo! A scuola ci hanno fatto vedere come vivono i polli nelle gabbiette strette! Compra quelli feliciiii”). Un po’ come quando ci dicono come guidare dopo le lezioni di educazione stradale…
Molto bello questo post vesuviano caro Professore … meno male che aveva ancora l’ acqua della laguna alle spalle… :-)
Una decina di giorni fa mentre sentivo Rai Radio 3 in macchina c’ era un bellissimo commento che riassumeva la situazione attuale: se si dà alla gente (si parlava di Milano e la nuova povertà) una confezione di farina, un uovo e un bicchiere di acqua… il “consumatore” beve l’acqua, frigge l’ uovo e guarda la farina!
Siamo proprio messo male.
Sono d’accordo con gli interventi: si deve partire dalle scuole… mi chiedo solo quale scuola!… quella dove per punire si toglie la ricreazione e i bambini vivaci e curiosi si etichettano iper-attivi?
@Sabine: tutte. Anche quelle. Sia mai che forse imparino qualcosa anche presidi e maestri
@Claudia: Hai perfettamente ragione, Claudia (anche sui giornalisti che almeno dovrebbero sapere scrivere in buon italiano, ma qui bisognerebbe fare un discorso sulle scuole che li formano, università compresa, e non mi sembra il caso).
L’educazione alimentare ormai possono farla solo scuola e televisione (???) e, aggiungo io, medici, sì, perchè vogliamo aprire un capitolo anche su di loro, per favore? Quale pediatra o medico di base consiglia di nutrirsi in modo sano? Penso pochissimi, i pediatri per lo più predicano sul fare dimagrire i bambini ma non mi risulta suggeriscano pane burro e marmellata fatti in casa e poi una bella camminata di un paio d’ore. Eppure dovrebbero essere i detentori della nostra salute.
Ecco, sogno ambulatori medici con brochure scritte da Izn (Claudia, Sabine e tutta la squadra insieme, ovviamente) su come mangiare consapevole, scuole con esperti che parlino di alimentazione sana ai bambini, volantini nei mercati, magari puntando sul: se mangi meglio paghi meno, che in tempo di crisi fa la differenza. Credo si possa fare. Vede, prof., non è che io vedo il bicchiere mezzo vuoto. Anzi, sono un’inguaribile ottimista, penso sempre che si possano cambiare le cose, dandosi da fare. Ma mi piace partire da un dato di realtà nudo e crudo, da un’analisi impietosa. Non so voi.
Sottoscrivo Claudia: la scuola è il cardine da cui dovrebbe partire tutto. E invece in Italia (o almeno dalle mie parti) so che nelle mense scolastiche propinano cibi veramente scadenti (filetto di pangasio… ma scherziamo??? ok, non è tossico o radioattivo, per carità: ma che in un posto di mare come Riccione, dove il pesce locale è buonissimo e costa poco mi debbano dare un pesce che viene dal Vietnam, sinceramente mi pare una follia bella e buona).
Ma perchè?
E su quello che scrivono i giornali è meglio che non mi esprima: tutto il contrario di tutto, per confondere sempre di più le idee e far si che l’italiano medio un’idea non riesca più ad averla. E questo non vale solo per l’alimentazione, ma è da estendere a tutti gli ambiti.
Oggi ho il dente avvelenato, sarà colpa del mal di testa ;)
Scusa Laura,però io non riesco ad essere d’accordo neppure con te su ciò che scrivi sui giornali. E non perchè appartengo alla categoria (anche se ora non scrivo più per loro), ma perchè credo che non si debba sempre dare la colpa ai “massimi sistemi”.
E’ come dire: piove, governo ladro. L’italiano medio, se vuole, può leggere buona informazione (giornali seri ce ne sono, anche su internet, e si può anche virare su quelli esteri). E poi, per quanto riguarda l’informazione scientifica, i giornalisti di solito riportano i commenti degli esperti: sono loro che dicono tutto e il contrario di tutto. Vuoi fare un giro sui siti dei vari nutrizionisti, anche di fama? Carne si, no carne no, dieta a zona si, no troppo proteica, carboidrati si, no attenzione al picco insulinico, lo zucchero fa bene al cervello, no assolutamente rischiate il diabete, e via discorrendo.
C’è di che diventare anoressici, o obesi per disperazione. Poi, per carità, ci sono giornalisti bravissimi e altri che non lo sono affatto, ma questo vale per i medici, gli avvocati e tanti altri. la differenza la dobbiamo fare noi, come sempre. Non ci convince un articolo: bene, se abbiamo gli strumenti per contraddirlo, scriviamo al direttore. ti garantisco che, nei giornali seri, i lettori vengono presi molto in considerazione.
Ho un’amica, eccellente giornalista scientifica, che per prima in Italia, con un lungo dossier ben documentato su un femminile pieno di pubblicità di case farmaceutiche, ha denunciato, nell’ordine, La Nestlè per ciò che faceva in Africa, gli effetti collaterali della terapia ormonale sostitutiva (prescritta in modo scriteriato da molti ginecologi prezzolati e non) ed altro che in questo momento non ricordo. Vogliamo parlare di quelli che rischiano continuamente la vita per raccontare ciò che succede nei luoghi di guerra, o di quelli ammazzati dalla mafia? E’ facile, seduti nelle nostre comode sedie, con una routine giornaliera tranquilla, giudicare. Poi però bisogna esserci dentro, nelle situazioni, per capire veramente.
Cominciamo a sporcarci un pò anche noi le mani, leggere sempre, e intervenire, nei gornali, per dare il nostro sostegno a chi è bravo e criticare chi sbaglia. Stare alla finestra non serve mai a cambiare le cose.
Concordo su ciò che dici, non sono una che sta alla finestra (mai stata). Ma ti faccio un esempio molto pratico: mia mamma ha 65 anni e la quinta elementare come massima istruzione. Di tempo per sedersi a leggere un giornale ne ha sempre avuto poco.
Come si informa una come mia mamma, cioè la classica massaia italiana? Con la tv o la radio accese mentre fa i mestieri in casa.
Ieri sera non mi sono spiegata bene: non ce l’ho con i giornalisti o con la tv o con la carta stampata, ma con la disinformazione fatta ad hoc da chi maneggia gli strumenti di comunicazione.
Non sono una che combatte i mulini a vento e non condivido nemmeno l’idea di chi non mette la tv in casa perchè la considera il diavolo da non far vedere ai bambini.
I mezzi ci sono. Ok è vero.
Ma io nella sala d’aspetto del pediatra ho sentito diverse mamme mie coetanee ammettere tranquillamente di dare i teneroni di casa modena ai figli o la nutella a colazione perchè “anche nella pubblicità dicono che è sano”.
Insomma ok, ci dobbiamo svegliare noi. Ma credo che non sia così facile farsi un’idea, quando tutto è così confuso.
quello che volevo dire è che il messaggio, bene e spesso, è ingannevole intenzionalmente.
Se tata Lucia o la Nazionale di Calcio sponsorizzano una crema spalmabile, il messaggio che arriva alle mamme (anche a quelle istruite) è rassicurante. Gli sportivi fanno colazione così? Ok, allora è sano!
Questo principio base di pubblicità e comunicazione lo vedo applicare a sempre più prodotti e concetti.
Riviste divulgative di consigli di vita sana da una parte ti scrivono un articolo sulla dieta del momento, tu ti fai un’idea, pensi “oh che bell’articolo, questa si che è una rivista seria!”, poi volti pagina e c’è una bella pubblicità di una pillola dimagrante (o di una barretta energetica chimica a bestia o una crema anticellulite inutile). Non noti subito che c’è un’incongruenza di fondo.
Ecco cosa intendevo.
Ok Laura hai ragione, però noi viviamo in un mondo capitalistico che della pubblicità ha fatto l’anima del commercio. Anche e soprattutto della pubblicità ingannevole. E gli italiani, per la maggior parte, hanno votato per mi sembra 18 lunghi anni proprio il protagonista assoluto di questa pubblicità ingannevole. Colpa del protagonista? No, io dico colpa di chi l’ha votato. Nel nostro mondo Occidentale, tutti, se vogliamo, possiamo diventare un pò più consapevoli, e il sito di Izn lo dimostra.
Mi ricordo una volta, ennesimo viaggio in Svezia (devo dire nazione che amo molto e se avessi potuto ci sarei andata a vivere, o in Olanda) accendo la tivù e su uno dei primi canali cosa c’è? Un meraviglioso concerto di musica classica. Torno in Italia, accendo la tv nazionale e cosa c’è? Nani e ballerine, per dirla alla Brecht. Donne sguaiate e quiz a premi. Roba da terzo mondo. Eppure è ciò che la gente guarda di più. Bene, la mia televisione da allora è spenta, e se lo facessimo tutti l’Italia forse sarebbe migliore. E se ci mettessimo d’accordo a non pagare il canone anzichè vederci arrivare le truppe cammellate di equitalia a riscuotere, essendo in tanti, faremmo fallire la televisione nazionale e risparmieremmo 180 euro all’anno, che non sono pochi. Lo facciamo? No. E allora cucchiamoci (cuccatevi, chè la mia è morta), la tv nazionale.
La tua mamma non ha tempo per leggere? Anzichè stare h 24 con la tv accesa può ascoltare la radio, rai 1, rai 3 e radio 24 , fanno ottimi programmi di informazione, condotti da giornalisti bravissimi. Vedi, la differenza la possiamo fare sempre e solo noi.
@ Laura: E scusatemi la lunghezza delle risposte. Parli di mamme “istruite” che si fanno rassicurare da volti di protagonisti sportivi, dalle loro pubblicità. Scusa, ma abbiamo un concetto diverso di “istruite”. Una mamma istruita sa che chi fa pubblicità è pagato per dire ciò che dice, e fior di quattrini, quindi non è obiettivo.
Una mamma “istruita” o semplicemente saggia si informa sulla nocività degli ingredienti delle pappe che dà ai figli. Magari chiede al pediatra, se proprio la lettura non le si confà. Qui intorno è pieno di mamme “non istruite” che conoscono benissimo la differenza fra pubblicità e verità, e certamente non danno merendine piene di grassi nocivi ai figli. Hanno la quinta elementare, ma una saggezza e consapevolezza che levati.
non fa una piega quello che dici, mi trovi d’accordo su tutto, forse ho generalizzato un po’ troppo. la verità è che sono molto sanguigna e anche che ci vorrebbe una specie di forum per parlare di queste cose, o si rischia di fare commenti chilometrici. Tu pensa che una volta l’ascoltava pure radio 3 la mia mamma… e adesso non so come mai ma al pomeriggio la becco sempre con la vita in diretta o l’eredità accese.
Non voglio scaricare tutta la responsabilità su terzi, anche perchè la società è costituita da individui, quindi non ci si scappa, ma converrai con me che per tantissimi professionisti innamorati del loro lavoro ci sono anche tantissimi giornalisti o comunicatori un po’ troppo “faciloni”, così come c’è un’informazione bene e spesso un po’ pilotata. Te lo ricordi il canale televisivo “Current Italia”? Era bellissimo. L’hanno oscurato. E se ci penso mi sale ancora la bile.
Ma credo che sia sacrosanto quello che dici, quando fai notare che sta a noi informarci e crearci uno spirito critico.
Piccolo appunto: non volevo dire che le mamme che becco dal pediatra siano istruite o che chi ha la quinta elementare sia spacciato, anzi. La saggezza popolare è una cosa che andrebbe preservata e coltivata con molto più rispetto e cura. Lungi da me lo snobismo di colui che crede che una laurea o un diploma lo rendano migliore di chi non ha studiato: il valore delle persone non si misura sicuramente così.
Grazie Laura, sono contenta che qualcuno la pensi come me. La maggior parte delle volte mi sento un’aliena, con le mie idee.
Un’aliena??? Beh, ce ne fossero allora!!!!! :)