Sono indignato per la scoperta delle migliaia di tonnellate di falsi prodotti bio fatta dalla guardia di Finanza di Verona. E penso che, come me, siano indignati tutti coloro che credono nella bontà del cibo biologico e nella nobiltà dei principi che ispirano il regolamento comunitario relativo alla sua produzione.
vero e falso biologico
La maggior parte dei prodotti sequestrati proveniva dall’estero (quindi si trattava di una filiera lunga) ed era costituita da cereali, soia ed altri legumi provenienti dall’estero e destinati all’alimentazione animale.

La bontà del cibo biologico

Il cibo biologico, quando è davvero tale, è buono perché non è pompato da nitrati e ormoni, è esente da residui di pesticidi tossici, contiene pochi additivi alimentari. In più è saporito e ricco di sostanze benefiche. Questo è quanto sta dimostrando la ricerca scientifica internazionale. Secondo il prestigioso Istituto di ricerca sul biologico FIBL, che opera in Svizzera, Germania e Austria, ci sono 90 ragioni per consumare biologico.
E i ricercatori della prestigiosa Università di Berkeley, che sono impegnati in ricerche sugli effetti deleteri dei pesticidi organofosforici impiegati nell’agricoltura convenzionale sulla salute dei bambini hanno lanciato dal loro sito questo messaggio: “Consumate cibo biologico quando è possibile perché in questo modo potete ridurre l’esposizione ai pesticidi degli alimenti”.
Dunque, l’atto criminoso scoperto dalla guardia di Finanza non mette in discussione la bontà del cibo bio, ma prova soltanto che ci sono in giro agricoltori e commercianti delinquenti che fanno circolare *falso bio*. Ma i delinquenti sono purtroppo presenti in ogni campo dell’attività umana!
Secondo la guardia di finanza tra i delinquenti dell’affare falso bio ci sarebbero anche rappresentanti di un organismo di certificazione del bio. Nel regolamento bio un anello debole è rappresentato proprio dagli organismi di certificazione bio.
L’aspetto più criticabile è questo: se un organismo di certificazione serio (di seri ce ne sono tanti) rileva che un’azienda bio da esso controllata ha commesso delle irregolarità e le leva il marchio bio, l’azienda penalizzata per la sua disonestà cambia il nome e la partita IVA e riacquista verginità. Così può chiedere di essere controllata da un altro organismo di controllo, nella speranza che sia più compiacente.
Poiché compete al Ministero delle Politiche agricole la responsabilità di controllare l’operato degli organismi di certificazione del bio, c’è da chiedersi se questo Ministero non debba intervenire per evitare che vengano commessi atti del genere.

Penso che una cosa da fare, abbastanza banale ma efficace, sia quella di individuare e tenere sotto controllo le aziende che dopo il ritiro del marchio bio passano con nuovi connotati fiscali ad altro organismo di controllo e semmai tenere sotto controllo anche l’organismo di certificazione che è subentrato. Inoltre, poiché lo scandalo ora portato alla luce riguarda soprattutto prodotti provenienti dall’estero, ritengo che sarebbero da rivedere le norme relative al controllo dei prodotti bio d’importazione e in generale quando si tratta di filiere lunghe.
La nobiltà dei principi che ispirano la produzione bio

Nel regolamento bio sono espressi due principi che hanno un alto valore etico e sociale, la ecosostenibilità e il rispetto degli animali da allevamento. Due principi che sono agli antipodi di quelli su cui si fonda l’agricoltura convenzionale, che sono lo sfruttamento delle risorse (suolo e acque inclusi) e l’animale come macchina di produzione.
La ecosostenibilità non nasce da un’ideologia ma da un’esigenza reale che viene avvertita in maniera sempre più drammatica sia dalla Chiesa che dagli scienziati di buona volontà. Papa Benedetto XVI ci ha invitato recentemente a “correggere i modi di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente e uno sviluppo umano integrale per oggi e per domani”.
Ecosostenibilità reclamano anche gli scienziati preoccupati per la perdita di fertilità dei suoli per effetto delle concimazioni con azoto di sintesi, per la riduzione della biodiversità dovuta ai pesticidi, per la contaminazione delle falde da nitrati e pesticidi. Il rispetto degli animali deve essere sentito come un dovere dagli allevatori dettato dal fatto che gli animali soffrono come noi.

Ecosostenibilità

Recita il regolamento del bio: “La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell’azienda agricola basato su un alto livello di biodiversità e la salvaguardia delle risorse naturali. A tal fine nella produzione bio sono permessi soltanto alcuni concimi azotati organici e, come pesticidi, soltanto una ventina dei circa 500 principi attivi impiegati nell’agricoltura convenzionale. Tra questi, il rotenone, che è dotato di tossicità, è stato vietato a partire dall’aprile di quest’anno.

Il rispetto degli animali da allevamento

Recita il regolamento della produzione bio: “L’allevamento biologico dovrebbe rispettare criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e soddisfare le specifiche esigenze comportamentali degli animali secondo la specie, e la gestione della salute degli animali dovrebbe basarsi sulla prevenzione delle malattie”. Per rispettare questo principio detta precise regole riguardanti le condizioni di stabulazione e la creazione di spazi aperti, le pratiche zootecniche e la densità degli animali. Tra le tante mi piace citarne una, quella che riguarda l’allattamento dei piccoli con latte materno per un periodo di 3 mesi per i bovini e di 45 giorni per bovini e 40 giorni per i suini. Bello no, se si pensa che negli allevamenti convenzionali i piccoli possono anche non assaporarlo nemmeno il latte materno.

Non buttiamo l’acqua sporca con il bambino

È inevitabile che chi è solito denigrare il biologico coglierà questa occasione a volo uscendosene con il fatidico “Ve l’avevo detto”.
In queste occasioni i denigratori del bio seminano terrorismo tra i consumatori abituali del bio, paventando loro il rischio di ingerire residui di pesticidi tossici utilizzati nell’agricoltura convenzionale, quando consumano cibo convenzionale spacciato per bio. Dovrebbero avere l’onestà intellettuale di dire che tale rischio è occasionale e legato ad episodi criminali per i consumatori bio, mentre per i consumatori di cibo convenzionale è quotidiano e li accompagna per tutta la vita.
A mio avviso non è in discussione la qualità del cibo biologico e i principi che regolano la sua produzione. La questione riguarda le norme relative all’attività degli organismi di certificazione bio che permettono che succedano queste cose e ad una giurisprudenza carente in materia di responsabilità penale degli agricoltori che violano le leggi di sicurezza alimentare. Ci vogliono *subito* norme più severe, per tutelare i consumatori e anche per salvaguardare gli organismi di controllo che operano con correttezza e professionalità. Una mela marcia non deve far ammalare tutte le altre, quindi va eliminata con prontezza.
A mio avviso, nell’attesa che si provveda in questo senso, le aziende di commercializzazione dei prodotti bio si devono fare garanti della qualità nei riguardi dei consumatori impegnandosi ad accertare se ci sia il rispetto delle normative vigenti da parte delle aziende fornitrici e degli stessi organismi di certificazione bio che le controllano.
Per l’acquisto dei prodotti freschi, i consumatori che ne hanno la possibilità, comprino direttamente da piccoli agricoltori, a condizione che abbiano il marchio bio o che abbiano garanzie assolute sulla salubrità dei prodotti (ma anche in questo caso si può incocciare in qualche disonesto). Comunque, quando l’azienda è piccola, è più difficile che le magagne sfuggano al controllo dell’organismo di certificazione o agli occhi di un acquirente attento e preparato.

Una considerazione finale

In conclusione, i principi della produzione e dell’alimentazione bio sono fuori discussione.
La bontà del cibo biologico dipende invece dall’onestà degli operatori e dalla severità delle norme. Ma per qualche disonesto in circolazione, non dobbiamo fare di ogni erba un fascio e tornare nelle braccia del convenzionale.
Non dobbiamo dimenticare che le aziende che producono bio devono sottostare allo stesso controllo in materia di sicurezza alimentare del convenzionale e in più allo specifico controllo riguardante le norme dettate dai regolamenti della produzione bio. Doppio controllo, quindi doppia sicurezza. E sono proprio questi controlli aggiuntivi che consentono di scoprire i malfattori del bio in maniera più incisiva di quanto succeda per i malfattori del convenzionale. Lo scandalo di questi giorni ne è una prova.
Per finire, mi chiedo: possono le aziende di distribuzione e i negozi bio chiedere a questi delinquenti di essere risarciti dei danni economici subiti? E i consumatori possono fare altrettanto per tentato attentato alla loro salute? Sono domande che rivolgo alla Federbio e alle Associazioni dei consumatori.