Certo, rispetto al tempo incalcolabile dell’universo ho scritto l’ultimo post di questa rubrica un secondo fa. Nel mio percepire soggettivo mi sembra l’altro ieri… il dato oggettivo dice febbraio 2013! Ma entriamo senza tanti preamboli nel cuore di questo post, che ho scritto ormai due domeniche fa, il 2 novembre, in apparente contrasto con il tema tradizionale della data, cioè il giorno dei morti.
siate esseri creativi
Vivo e sento sempre profondamente e consapevolmente questa data, pensando sì alla morte, ma senza tralasciare la bellezza divina della vita che riceve il suo valore intimo dalla sua ombra terrestre: la morte, appunto. Quindi vita e morte non come visione lineare, inizio e fine, ma piuttosto come due poli, tra i quali si svolge l’esistenza. Non so nemmeno se la brava izn mi passerà questo scritto (ma userò la mia amicizia-autorità!) perché il fatto che io posti una ricetta (!!) essendo donna che ha un rapporto con la cucina tipo “toccata e fuga” potrebbe essere contradditorio. Ma non per chi pensa a 360(000) gradi, e se ne inventa una ogni giorno.
Stavolta il mio processo creativo è semplicemente avvenuto in cucina, anzi è successo la mattina seguente il terzo incontro che ho fatto sulla salute dei bambini. Da un po’ di tempo infatti la bravissima Giorgia organizza per me corsi, conferenze e piccoli convegni con altri colleghi intorno alla salute. Alla fine dell’ultima lezione mette sempre in piedi un piccolo buffet di degustazione inerente all’argomento trattato, e sabato appunto c’era un piatto che mi ha fulminato su diversi piani: semplicità, velocità, bontà, variabilità.
Era un semplicissimo sformato di farina di ceci impastato con acqua (e basta, quindi neanche uova), qualche cucchiaio di olio, sale marino integrale, e sopra aveva una copertura leggera con radicchi tirati prima in padella con un po’ di cipolla. In forno a 230-240°C per 15-20 minuti, e condimento finale con un filo di aceto balsamico. Pronto! Squisito!!! Adoro le ricette-veloci toccata-e-fuga: azione creativa per 5-10 min, fuga sul divano con libro, e il forno che fa il resto!
Mentre quindi gustavo questa delizia, nella mia testa si creavano subito le varianti dei possibili condimenti. Non ve le posso elencare… erano non meno di 30 ;-)

Da tempo proviamo a casa nostra una cucina senza glutine, e devo dire che stiamo tutti molto meglio. Si legge parecchio sulla questione del moderno “turbo-grano” e dei notevoli problemi di salute che porta. Sembra perfino che favorirebbe l’Alzheimer (secondo me può essere un valido co-fattore, ma di sicuro non l’unica causa), ma non voglio approfondire adesso questo tema. È per questo che i ceci sono spesso ospiti a tavola nostra, ma di solito nella variante classica, cioè cotti e conditi secondo le mie ispirazioni e l’offerta del frigo e dell’orto (cioè mai uguali).

Arrivata a casa ho constatato che ovviamente mi mancava l’ingrediente principale, e cioè la farina di ceci. Ho preso la macchina per fare un salto al nostro negozietto bio: chiuso!!! Ovvio, era Ognissanti. Poi, grazie all’ingordo mondo dei supermercati (era aperta la nostra Coop, dove devo dire mi vedono mooolto raramente) ho trovato una farina di ceci, e perfino bio. Così il detto “l’eccezione conferma la regola” ha raccolto un altro punto nella sua statistica.
Per farla breve, ho impastato la pastella di cui vi parlavo sopra (semiliquida); anzi, prima ho acceso il forno per farlo riscaldare bene. Ho aperto il frigo: ho trovato cavolo cappuccio, carote e la mitica cipolla (a casa mia non manca mai mai mai); ho tagliato tutto fine-fine-fine, uguale-uguale-uguale (alla izn, tanto per spiegarmi sul punto)… la precisione piace pure a me! Prima di mettere la pastella nella forma (io ho usato quella del forno, quadrata) ho versato un po’ d’olio sul fondo, stendendolo con le dita, cosi ne ho usato poco.
Potete immaginare il risultato. Era buonissima anche questa versione. Fomentata dalla buona riuscita dell’impresa, il mattino dopo ho creato subito la versione dolce (inventata sabato mentre mangiavo la versione di Giorgia).
Farina di ceci + latte di mandorle + pizzico di sale integrale. Versata sulla teglia, stavolta imburrata con un po’ di burro chiarificato (poco… steso con due dita); condimento: una bella mela grattugiata (con buccia, ma solo se bio!), uvetta a volontà, e poi, avendo sottomano dello zenzero candito, l’ho tagliato a pezzi piccolissimi e sparso al meglio sulla creazione.
Ormai il forno era caldo; ho cotto 15-20 minuti, e il vantaggio è che a differenza dei dolci lievitati ho potuto aprire quanto volevo per controllare lo stato delle cose: il dolce non si accascia, tanto nasce piatto come la valpadana. Ora che ci penso potrei chiamarlo “dolce valpadana”. Quale lezione ne risulta?!
Siate creativi: le endorfine sono carburante per il sistema immunitario, che è la mamma della salute, dei sorrisi, del ben-essere. Sentirete perfino meno bisogno di bere caffè. Ricordatevi che il termine “malattia” proviene dall’espressione “mal-habitus” (cattivo aspetto), e ha sempre le radici dentro di noi.
Siate curiosi; la curiosità vi apre verso il nuovo e potrete raccogliere (di ogni, ammetto); se siete invece iper-critici vi chiudete. La “critichite” è la peggior malattia moderna, ha invaso i cuori come un tremendo fungo; ha messo le monete sugli occhi e chiuso le orecchie col catrame.
La creatività non è mero abbellimento, è il nucleo stesso dell’esistenza! Noi siamo co-creatori, in cucina come in qualsiasi altra situazione.

Consiglio pratico

Provate questa ricetta con i bambini! Possono mescolare l’impasto, sperimentarne la consistenza, versarlo nella forma, condirlo con le loro meravigliose manine in perenne ap-prendi-mento. Poi magari sperimentate le vostre varianti, e se vi piace condividetele qui sul pasto nudo (luogo alchemico per eccellenza) nei commenti a questo post.

Chiusura filosofico-spirituale

Tiro un graaaande e vasto arco da questa piccola fiammella creativa in cucina a ben altro creatore: proprio oggi ho trovato questo bellissimo elenco di aforismi su *Dio* nella mia posta elettronica; per chiudere in bellezza ve ne riporto una piccola selezione personale :-)
“Non riesco a immaginare come l’orologio dell’universo possa esistere senza un orologiaio”.
 Voltaire
“Ogni bambino che nasce ci ricorda che Dio non è ancora stanco degli uomini”. Tagore
“Siamo tutti uguali agli occhi di Dio. Mi domando solo chi sia il suo oculista”. Mafalda
“Non crederò mai che Dio giochi a dadi con il mondo”. Albert Einstein
“Smettila di dire a Dio che cosa fare con i suoi dadi”. Niels Bohr in risposta ad Albert Einstein
“Le persone vedono Dio ogni giorno, solo che non lo riconoscono”. Pearl Bailey
“Dio esiste, ma non ha nessuna fretta di farlo sapere”. Lev Tolstoj
“Se si unissero le Anime di tutti gli esseri viventi del Cosmo, lì comparirebbe Dio!” Buddha
“Nel cuore di ogni uomo c’è un vuoto che ha la forma di Dio.” Blaise Pascal