In questi giorni ho seguìto, anche se soltanto a distanza, i lavori della quinta edizione dell’International Forum on Food e Nutrition ideato dal Barilla Center for Food and Nutrition. Hanno parlato esperti di prestigio internazionale e tutti hanno detto cose molto interessanti riguardo alla nutrizione, alla sostenibilità, allo spreco di cibo e a come evitarlo.
Ovviamente si è fatto anche riferimento alla doppia piramide 2012 proposta proprio dal Barilla Center, e racchiusa in un documento di circa 130 pagine dal titolo Doppia Piramide 2012: favorire scelte alimentari consapevoli. Tale proposta enuncia principi interessanti e condivisibili. Ma una cosa non mi ha convinto. Cerco di spiegarvelo in breve.
La piramide alimentare che si descrive alle pp. 55-56 del documento colloca — correttamente — pane, pasta, patata e riso, cioè le fonti primarie di carboidrati, al gradino immediatamente sopra quello della frutta e verdura. Ma poi, quando si arriva alle pp. 81-82, si trova che nei vari menu settimanali stilati in base a tale piramide, il “nostro pane quotidiano” — quello comune per intenderci — è presente molto poco, mentre figurano frequentemente le alternative industriali, e cioè le fette biscottate, le brioche, i biscotti secchi, i pacchetti di cracker, il pane in cassetta (che chiamarlo pane è un’offesa al buon pane che, per il mistico Silesio vissuto nel ‘600, nutre perché è vita e spirito).
Per esempio il menù settimanale definito “sostenibile” (a pagina 55), ha il pane comune soltanto nel pranzo di lunedì, martedì e mercoledì e nella cena del giovedì (nella cena del sabato è inserita anche una porzione di pane integrale ma non si specifica di che tipo si tratti). A fronte, troviamo le fette biscottate in due colazioni (lunedì e venerdì) e due spuntini (mercoledì e venerdì); le fette di pane in cassetta integrale o bianco nella colazione del martedì e del sabato, e nel pranzo di sabato e domenica; il pacchettino di cracker ben 5 volte (4 spuntini e 1 colazione). E non vado oltre per non rischiare di tediarvi. Ma una domanda è legittima: “perché a colazione non si dovrebbe consumare pane tutti i santi giorni?”
Lascio a voi la risposta. È ovvio che, se l'”informazione” riguardante l’alimentazione la fa, come in questo caso, l’industria alimentare tramite suoi centri scientifico-culturali, essa sia portata a tirare l’acqua al suo mulino (nessuna allusione al Mulino bianco della Barilla, che stando alla pubblicità è “un mondo buono”). Fa, per così dire, come quegli acquaiuoli della Napoli di una volta che, quando veniva loro chiesto se l’acqua che vendevano fosse fresca, rispondevano sintetici e convincenti: “Manc’a neve” (traduco: “nemmeno la neve è così fredda”) anche se l’acqua era calda come un brodo.
È questa sorta di “informazione” interessata che, in combutta con la pubblicità palese e legittimata che impazza alla televisione ed è pagata dalle industrie alimentari, crea certi miti. Tra questi va alla grande quello che le fette biscottate sono da preferire al pane fresco perché più leggere (attributo che in tempo di ossessione per le calorie equivale a ipocaloriche e perciò non ingrassanti).
Parlando di fette biscottate, il pensiero corre allo spot, che attualmente imperversa alla televisione, in cui il di sicuro ben remunerato Banderas si improvvisa esperto fornaio (ma pur essendo ottimo attore, non è per nulla convincente in questa parte) e ti sforna fette biscottate che misurano qualche millimetro in più della norma e così, a suo dire, si spalmerebbero meglio. Insomma ci trattano da autentici imbecilli!
E ora torniamo a bomba. Meglio fare colazione con del buon pane comune o con le fette biscottate comprate al supermercato? Una domanda degna del migliore Marzullo, l’intervistatore televisivo diventato famoso per l’ovvietà delle domande che pone a suoi ospiti. Io la mia risposta ve l’ho già data tanto tempo fa parlandovi della colazione da re.
In tempo di miseria, il pane con un po’ di latte (intero, ovviamente) era la colazione e il pasto serale di tanti. Il poeta futurista russo Velimir Chlebnikov, che visse una vita di stenti a cavallo tra l’ottocento e il novecento, ci ha lasciato questa semplicissima quanto suggestiva poesia: “Poco mi serve!/ Una crosta di pane/e un ditale di latte./ E questo cielo./ E queste nuvole”. Poi decenni di benessere e di consumismo, e di martellante pubblicità, ci hanno abituati a consumare a colazione, al posto del pane, fette biscottate (e non solo, ma anche merendine e cornetti surgelati e scongelati alla bisogna) di produzione industriale. E, anche se la povertà si è abbattuta di nuovo come una valanga sulla nostra società, questa abitudine rimane. Nonostante le fette biscottate dei supermercati costino il doppio del pane comune. Alla faccia del “menu sostenibile” e del consumo consapevole!
E pensare che biscottare il pane è stato in passato un sotterfugio per sfamare i soldati in tempo di guerra. Serviva a produrre le gallette, un nome che evoca quelle di riso o di altri cereali, di cui vi ho già parlato sul pasto nudo, che però sono tutt’altra cosa. Le gallette militaresche erano fette tagliate da pane non lievitato e rimesse in forno per far perdere loro fino all’ultima stilla di acqua e rimanere così inattaccabili da muffe e batteri per mesi e quindi manducabili ad oltranza. Perciò erano dure come le pietre e ci volevano denti di acciaio per sgranocchiarle asciutte. Io, veterano (non di guerra però), ho avuto da ragazzino l’occasione di “gustarle”.
Le fette biscottate della nostra epoca sono invece fatte con pane lievitato e addizionato di diversi ingredienti, tra cui grasso vegetale, di solito quello di palma (se non è idrogenato), zucchero, estratto di malto d’orzo, farina di frumento maltato. Questi ingredienti sono aggiunti per addolcire, dare sofficità e colorare le fette di quel color ambra che evoca la giusta cottura al forno, e ovviamente per dare quella impressione di leggerezza che attira tanto. Nulla a che vedere, quindi, con il pane comune che è fatto per legge soltanto con farina, acqua, lievito e sale (tollerato qualche miglioratore).
A mio avviso, le fette biscottate della grande distribuzione ricordano alla lontana i “biscotti (della) salute” di una volta, contenenti abitualmente nobili ingredienti come burro, miele e latte. Il “della salute” non stava a significare che il prodotto fosse basso in calorie, come potremmo intenderlo noi afflitti dall’ossessione dei chili di troppo; tutt’altro, visti gli ingredienti. Ma una volta si mangiava poco per miseria e per penuria di cibo, perciò un alimento era salutare se ipercalorico. Come cambiano i tempi e i consumi alimentari!
Le differenze nella composizione degli ingredienti del pane e delle fette biscottate incidono ovviamente sulle qualità dei due prodotti. Nel menu “sostenibile” sopra citato viene consigliato di consumare a colazione 5 fette biscottate (ciascuna pesa 8-9 grammi). La quantità totale da consumare sarebbe quindi di 40-45 grammi. Dalla tabella nutrizionale in etichetta si ricava che questa quantità apporta circa 155-174 calorie. Le calorie che invece apporta la stessa quantità di pane comune variano da 88 (pane integrale) a 102 (pane con farina bianca). Dunque, ‘sta leggerezza (calorica) delle fette biscottate dove sta?
E per quanto riguarda il gusto, un buon pane — come quello che vi ha insegnato a fare la nostra Sonia — ha sapore, fragranza e morbidezza, attributi di un nobile alimento che è frutto dell’attività di tanti microrganismi buoni che si sono dati da fare per pre-digerire sostanze come il glutine, fermentare i carboidrati, degradare la fitina, produrre sostanze salutari dalle fibre. Non si può dire lo stesso delle fette biscottate del supermercato che invece sono asettiche e fragili, tutte tristemente incartate e identiche per colore, forma, spessore, e poi sanno solo di zucchero.
Ci sarebbe anche da fare il confronto per l’indice glicemico. Come sapete, un prodotto contenente carboidrati, dopo la sua ingestione, provoca un picco di glicemia tanto più alto quanto maggiore è l’indice glicemico (e per questioni di salute è bene che questo picco non si alzi troppo, se no l’insulina incomincia a dare i numeri). Purtroppo in letteratura non ho trovato l’indice glicemico delle fette biscottate (se lo trovate voi, fatecelo sapere). Ma c’è quello del pane integrale fatto con pasta madre che si aggira intorno a 50. Penso che di meglio non si possa trovare.
“Pane, pane!” è stato da sempre il grido della povera gente affamata ed esasperata e che, in casi come la recente rivoluzione in paesi dell’Africa settentrionale, ha dato inizio alle sommosse che hanno fatto cadere le dittature locali. E chi di noi non ricorda la rivolta del pane cui assistette il povero Renzo (quello dei Promessi Sposi) a Milano? Lo stesso grido (metaforicamente parlando) si dovrebbe levare oggi, fortunatamente non per la fame, ma per rivendicare pacificamente il diritto di avere pane di alta qualità e al prezzo giusto. Tutti dovremmo fare una colazione da Re con del buon pane, semmai tostato o biscottato, spalmato con dell’ottimo burro e della marmellata fatta di tanta frutta, oppure accoppiato a companatico salato. E, se proprio dovessimo ricorrere alle fette biscottate in circolazione, che non siano farcite di ingredienti scadenti. Io, per esempio, ne ho trovate alcune bio che hanno soltanto l’olio extravergine di oliva come ingrediente aggiuntivo rispetto a quelli del pane comune.
Devo confessarvi che in famiglia le fette biscottate ce le facciamo in casa quando il pane che compriamo ci sembra troppo umido e temiamo perciò che conservandolo a lungo possa sviluppare muffe. Vengono fuori fette biscottate davvero saporite e fragranti (per effetto soprattutto della reazione di Maillard di cui vi ho già parlato).
A chiusura mi viene un sospetto: non è che i Re ancora sul trono non fanno più la colazione degna del loro rango perché sono caduti come i comuni mortali nel tranello dell’informazione “Cicero pro domo sua” e della pubblicità, e quindi hanno sostituito anche loro il pane con le fette biscottate? Noi tutti del pasto nudo continueremo a seguire il vecchio adagio: “fai una colazione da Re etc etc”.
Professore, io spesso mi chiedo:
i titolari dei più noti e rinomati Supermercati, ad esempio, che ben conosciamo tutti, che pur hanno “l’angolino” di frutta e verdura biologici, e nelle gondole dei prodotti da forno la gamma/linea dei biscotti & C. biologici, e tra le numerose marche di uova convenzionali quelle biologiche, e tra la carne convenzionale qualche confezione (timidissima) di carne bianca biologica, eccetera…, non si sentono in qualche modo RESPONSABILI (uso un termine educato e gentile) di ciò che propongono ai consumatori al 90%… o forse al 95%?
E’ tutta robaccia!
E lo sapranno bene, visto che propongono anche “il biologico”, seppur poco, e in qua e in là…
Che assurdità! Che orrore! Che disastro!
Tutto quel sale iodato (raffinato e con additivi pericolosissimi, Sabine Eck docet), e tutto quello zucchero bianco-sbiancato-raffinato, e tutta quella farina bianca raffinata-sbiancata con tutti gli additivi…
Per non parlare dei prodotti detergenti (per corpo, capelli, denti, vestiti, pavimenti, e così via)
Che offesa all’umanità.
Sono indignata.
Per non parlare del servizio mense scolastiche dove ancora, oltre a cibo scadente offerti ai bimbi, i pasti vengono serviti in stoviglie di plastica, così i nostri bambini ingeriscono anche pvc. Perchè il Ministero della Salute non obbliga a distribuire cibo vero (bio) ai bambini e in stoviglie OBBLIGATORIAMENTE biodegradabili atossiche?????
Io non sono medico, nemmeno agronomo, e nemmeno tante altre cose, non ho l’autorevolezza, la credibilità, i titoli giusti, necessarie in questi casi, ma non tengo la bocca chiusa, noooo! Ma garantisco che molta gente mi prende per una fanatica (genitori miei coetanei compresi).
Questa digressione me l’ha ispirata la “fetta biscottata industriale”, chiedo scusa, ma è venuta spontanea… Oltre al buon pane vero in casa nostra spesso sono presenti anche buone fette biscottate bio con olio di oliva e.v. e pasta madre del tipo che usa Lei, Professor Giannattasio…
Un caro saluto e un grazie, con l’idea di fare-realizzare con urgenza un libro di tutti questi suoi post e distribuirlo nelle scuole (dai nidi in su), che ne dice?
Salve,volevo chiedere al dott. Giannattasio cosa ne pensa di questo latte.
Buongiorno, leggo dalle origini ma intervengo poco. Avrei una domanda da fare al prof. Giattanasio. Leggo di una buona colazione con pane e latte intero. Ecco, la mia domanda parte da qui. Sono confusa. Il latte. Ormai sento dire da quasi tutti che il latte fa male, andrebbe evitato, la caseina è causa di tumori… E io che lo adoro, adesso non so più che fare… Posso proporre un post che chiarisca se il latte è così nocivo alla salute dell’uomo o no? Grazie per una sua risposta e per tutto il lavoro che fa per noi.
ringrazio tantissimo il professore per tutti i suoi approfondimenti e sono contenta che ci siano persone così attente e critiche.
sono anni ormai che mi faccio il pane in casa con la pasta madre e le mie colazioni sono a base di quel meraviglioso pane (che tosto leggermente solo quando umido)
fare la colazione così, con pane miele o marmellate fatte in casa mi ha cambiato la vita.
vorrei dire a TUTTI, anzi lo vorrei quasi urlare, di ASCOLTARSI e imparare dai propri segnali, dai propri disturbi e malattie, il corpo ci parla in continuazione e spesso ci fa capire cosa gli fa male.
per questo secondo me non esistono cibi dannosi (se non ovviamente i prodotti industriali e raffinati)….sono spesso le quantità a fare il danno , unito al fatto che non sappaimo più riconoscere i segni che il corpo ci manda per avvertirci che stiamo facendo qualcosa di sbagliato quando non stiamo bene.
dovremmo affinare il nostro sentire, essere attenti e cercare anche di contestualizzare sempre….sono convinta che ciò che fa bene ad una persona può nuocerne un’altra.
Assolutamente D’ accordo con Enrica. E come sempre grazie al prof. Devo dire che dopo molti “tentativi” di colazioni giuste per me, che mi facessero stare bene sino a quando posso pranzare (tardissimo) da qualche giorno vado a pane ( con semi vari, fatto in casa) burro e marmellata (ovviamente non industriali) e sto veramente bene. Fette biscottate? Mangiate, una vita fa, dopo un’ ora avevo una fame tremenda. Comunque il pane si può biscottare in forno, ed e’ delizioso.
Anche a me, caro prof. Piacerebbe avere un suo commento su questa notizia che sta circolando, e cioè che la caseina causi tumori. Io, nello mia ignoranza, penso sempre che quando un alimento fa parte da millenni della nostra tradizione non possa contenere sostanze ” nocive” e che comunque nessun cibo, a meno che non sia alterato da sostanze chimiche, sia dannoso. E mi sembra che di questo parere siano anche molti nutrizionisti. Ma vado a buon senso. E mi scusi se sono andata fuori tema.
Per me è sempre un gran gusto leggere i suoi simpatici post caro Prof. Sono leggeri e profondi insieme.
Ogni giorno affronto l’argomento dell’alimentazione disastrosa (sopratutto dei bambini) in ambulatori. La realtà purtroppo è drammatica… una buona e sana alimentazione inizia dallo svezzamento… tema più che scottante… anzi *bi-scottante*… *tri-scottante* e via dicendo.
Grazie come sempre :-)
@Stefano: è un latte bio pastorizzato a temperatura oltre gli 80° e per questo motivo sa alquanto di cotto, come tutti gli altri latti in commercio (bio e non bio) che sono pastorizzati allo stesso modo per farli durare alcuni giorni di più rispetto al latte fresco.
@Laura e Graziella: Ho difficoltà a rispondere alla questione da voi posta sulla nocività o meno del latte. I dati scientifici di cui disponiamo sono alquanto confusi e contradditori. Ci sono lavori che suggeriscono che il consumo di latte possa aumentare ad esempio il rischio del cancro della prostata e d’insorgenza dell’acne (ma ce ne sono altri che suggeriscono che previene il cancro dell’intestino).
Sono ricerche sulla popolazione le quali a mio avviso peccano per un aspetto: considerano se le persone sotto indagine consumano latte ma non la qualità del latte consumato. Per questo ho programmato insieme ad altri colleghi una ricerca per capire se sia il latte di per sé nocivo o non piuttosto la sua qualità. Parto da un presupposto biblico, la terra promessa indicata da Dio a Mosè era “un paese bello e spazioso, dove scorre latte e miele”. Secondo voi, è possibile una terra promessa in cui scorre del veleno? E poi per millenni, la zuppa di latte e pane è stato il pasto serale dei poveri. Insomma, è mai possbile che il latte sia diventato ora così tossico?
Il mio pensiero, basato anche su alcuni dati scientifici, è che è la qualità del latte che oggi consumiamo fa la differenza, ovviamente in peggio. Per come sono allevate e iperalimentate, le nostre mansuete mucche danno un latte in cui sono cambiati i rapporti tra le diverse frazioni di caseine, che è farcitio degli additivi presenti nel mangime, contiene segmenti del DNA della soia e del mais transgenico che fa parte della loro razione, tante sostanze estranee dotate di attività ormonale (residui di pesticidi, enterolattoni provenienti dai pannelli di lino che vengono dati per aumentare il contenuto di omega-3, ormoni somministrati alle mucche in barba alla legge, fitoestrogeni provenienti dalla soia), e tant’altro ancora che ci vorrebbe un post kilometrico per esaurire l’argomento. Insomma, a mio avviso la qualità del latte in circolazione è ormai pessima e può causare di tutto (ma ci sono fortunatamente latti come quello a km 1000 che è il mio preferito che sono da terra promessa).
Poi c’è chi dice che l’uomo è l’unico animale che beve latte di mucca anche da adulto. Ed io a rispondere che in effetti noi esseri umani eravamo destinati a non bere latte, ma poi circa 7000 anni fa subimmo una mutazione genetica per cui da intolleranti al lattosio (e quindi al latte) diventammo tolleranti. Ma di questo vi ho parlato in un precedente post e nel quaderno che ho dato alla luce qualche settimana fa (Allergie e intolleranze alimentari). Poco ma buono, dunque.
Spero comunque di essere più preciso alla fine del 2014, quando prevedo di avere i primi risultati della ricerca programmata e che mi auguro inizi quanto prima (siamo in attesa che qualcuno dia un finanziamento per cominciare).
Grazie prof. Giattanasio. Ha centrato il punto. La mia fonte principale è il dott. Colin Campbell e il suo studio riportato nel libro “The China Study”. Mi sono venuti i brividi perchè sembra che il lattosio sia come un interruttore, capace di attivare o disattivare le cellule cancerogene eventualmente presenti nel nostro corpo. E poi, ovviamente, a scalata, sono dannose anche tutte le proteine animali che acidificano e creano la base per le infiammazioni e nuovamente sviluppo di eventuali tumori… Il punto è questo e l’informazione poco attendibile. Perchè se è vero che non sono nocive in sè, diverso è dire sono potenzialmente buone ma sono sconsigliate perchè di bassissima qualità. Comunque più mi documento e più sono confusa…
Scusi prof. … nonostante io conosca bene il suo nome sono due volte che sbaglio a scrivere… non me ne voglia… sono un po’ stordita…
@Stefano: non credo che il prof possa consigliare una marca piuttosto che un’altra :-( Posso dirti che personalmente uso il berchtesgadener, un latte biodinamico che proviene da vacche che pascolano in alpeggio, che però purtroppo è tedesco (si trova nella distribuzione bio, in bottiglia di vetro con vuoto a rendere).
Prima di decidere quale latte comprare comunque le informazioni importanti da sapere sono cosa mangiano le vacche (devono mangiare erba e fieno — avulsi da pesticidi e nitrati — e basta possibilmente!), se le suddette pascolano alla luce del sole o passano la loro vita chiuse, se gli vengono somministrati antibiotici e altro, se insomma sono vacche felici o stressate, maltrattate e ipermedicalizzate.
In secundis, il latte deve aver subìto meno manipolazioni possibile, quindi molto meglio se non è omogeneizzato, se è pastorizzato in modo molto blando, e se è intero (non scremato). Se poi è crudo ancora meglio, ma in quel caso attenzione che provenga da un allevatore coscienzioso e preciso, che sia stato munto da pochissimo e a berlo subito o altrimenti a metterlo immediatamente in frigo. Nel caso non si sia completamente sicuri basta portarlo a 80°C per un minuto, in quel modo gli eventuali patogeni che ci sono vengono inattivati.
Prof, se ho detto qualche cavolata aspetto le bacchettate! :-D
La commercializzazione del latte su larga scala fu opera degli americani ad inizio 900…..hanno sviluppato un bisogno che spesso era solo marginale ed asaudito dalle famiglie solo attraverso il consumo di orzo e surrogato di cicorie. In più sono stati creati milioni di tipologie di formaggi che sulla tavola si vedevano di rado. La produzione su larga scala ha indotto la sterilizzazione del latte e molti altri sistemi che penalizzano i contenuti ma non distruggono quegli elementi portatori di infiammazioni fisiologiche persistenti e TBC……io preferisco evitarlo ma so che ingerisco lattosio e latte in alimenti diversi poichè inserito per esigenze di lavorazione industriale…..lo bandisco come un alimento di cui possiamo fare a meno ed estremamente pericoloso per l’organismo…
@Angela: intervengo volentieri riguardo al commento di Angela per chiarire alcuni aspetti.
“La commercializzazione del latte su larga scala fu opera degli americani…” Questo non significa che il latte non sia stato usato da tempo immemorabile.
“hanno (gli americani ovviamente) sviluppato un bisogno che spesso era solo marginale ed esaudito dalle famiglie solo attraverso il consumo di orzo e surrogato di cicorie”. Quello del latte non è mai stato un bisogno marginale. Cito, a sostegno di quanto dico, la scuola medica salernitana (che per me è un trattato di dietetica preziosissimo), per la quale “il grano, il latte, il cacio fresco nutriscono e impinguano (verbo da considerare in positivo perchè a quel tempo la magrezza non era come oggi – con i buoni, anzi pessimi servizi della dieta Dukan – un modello da seguire, ma una condizione precaria dovuta alla fame da penuria e povertà). La zuppa di latte è stata, lo ripeto, la cena completa dei poveri.
Le bevande a base di orzo e surrogato di cicorie sono state, sempre per miseria o per ideologia autarchica, artifici per avere, dato il colore nero, l’illusione di bere del caffè. Un po’ come la margarina che mangiavano i soldati dell’esercito di Napoleone III che del burro (che mangiavano i soldati) aveva solo il colore e la consistenza.
“sono stati creati milioni di tipologie di formaggi…” Se allude all’americano philadelphia, mi trova perfettamente d’accordo, ma che in Italia e in altri paesi come la Francia e la Spagna i formaggi siano dei parvenue della nostra tavola mi sembra un’esagerazione.
“la produzione su larga scala ha indotto la sterilizzazione del latte e molti altri sistemi che penalizzano i contenuti ma non distruggono quegli elementi portatori di infiammazioni e TBC”. Mi pare di cogliere una contraddizione quando dice che nel latte ci sono “contenuti” (presumo di valore nutrizionale) che sono stati penalizzati dalla sterilizzazione. Effettivamente la sterilizzazione (120°C per 20 minuti) compromette i contenuti, ma ormai non si pratica più. Si praticano l’UHT (che a mio avviso penalizza anch’essa i contenuti e aggiungerei il sapore) e la pastorizzazione. Quest’ultima penalizza poco i contenuti, non dà il gusto del cotto e inoltre basta per eliminare tutti i i microbi nocivi presenti nel latte. Quindi, per carità, non facciamo terrorismo.
Se c’è un “pregio” nel latte di oggi è l’assenza totale di microrganismi (anche di quelli buoni purtroppo come i lattobacilli). L’ideale sarebbe il latte crudo se si potesse essere certi dell’assenza di microbi nocivi. Per quanto riguarda l’affermazione che il latte sia portatore di infiammazioni fisiologiche, io penso che essa sia dovuta al dilagare di una falsa credenza: in realtà sono i formaggi molto stagionati che, se consumati in eccesso, possono portare ad una condizione infiammatoria perché influenzano il pH del sangue. Il latte tal quale, per il suo relativamente basso contenuto in proteine, non influenza in maniera significativa il pH del sangue.
“io preferisco evitarlo”. Fa benissimo ad evitarlo ma non perché “estremamente pericoloso per l’organismo” bensì perchè forse non le piace, o è fortemente intollerante al lattosio, o si rifiuta di bere un latte di scadente qualità farcito di residui di pesticidi, o ancora vuole seguire una dieta priva di alimenti animali.
Come ho già detto nel mio precedente intervento, tutti gli studi che parlano male del latte sono stati fatti senza badare alla qualità del latte. Spero che con la ricerca programmata (se si farà) possa anch’io dare un contributo per dirimere la questione “latte sì o latte no”. Io sono vegetariano ma non vegano, il latte mi piace e lo consumo ma quello buonissimo a km 1000; però non obbligherei nessuno a berlo se non vuole. Comunque diceva un vecchio saggio a proposito del prosciutto (ma può valere anche per il latte): “meglio mangiarlo che sognarlo”. Se no si diventa tristissimi, e questo non è salutare.
Comunque grazie Angela, per avermi dato la possibilità di chiarire il mio pensiero. Considero gli interventi come il suo il sale della discussione.
Per Sonia: mi meraviglio che sul nostro pregiatissimo pastonudo non ci sia un post sul latte. sarebbe bello che qualcuno, non io però, perché quello che avevo da dire l’ho detto, lo scrivesse, e poi tutti noi a commentarlo.
p.s.: Oggi nell’inserto della salute di Repubblica c’era un servizio sul latte. Ne parlava a favore, ma era piuttosto impreciso e incompleto.
@Matteo Giannattasio: io ringrazio lei per le precisazioni per la maggioranza di quanto scientificamente asserisce… mi trova discorde per il collegamento latte-TBC
A tal proposito faccio riferimento non solo ai centinaia di casi esplosi nelle scuole primarie e tra gli anziani (bambini e anziani sono tra i principali consumatori di latte) ma le cito, tra i centinaia disponibili, un testo scientifico in cui si legge:
“….Nella diffusione della tubercolosi importanza di gran lunga maggiore della carne, ha il latte, e per varie ragioni. In primo luogo è da considerare che il consumo del latte, come alimento, è grandissimo. La Francia, che pure è uno dei paesi al mondo che producono maggior quantità di vino, produce tuttavia meno vino che latte. In secondo luogo è da tener conto del fatto che il latte è usato specialmente dai fanciulli, i quali sono più predisposti degli adulti alla tubercolosi dell’intestino e delle sue ghiandole linfatiche. In terzo luogo convien notare che il latte di cui si fa maggior uso è quello di vacca, e che per nostra sfortuna la vacca è, fra gli animali domestici, quello che più va soggetto alla tubercolosi. La frequenza della tubercolosi nelle vacche non si può determinare con precisione. Fino a poco tempo fa l’esistenza della malattia non si poteva sempre riconoscere nell’animale vivo, perchè quando essa non è avanzata, può decorrere senza alcuna manifestazione avvertibile dal veterinario. Si è cercato, allora, di desumerne la frequenza dal numero degli animali trovati tubercolosi all’atto della macellazione, e per questa via si è accertato, che essa varia assai da paese a paese, e che, anzi, può variare di non poco nello stesso paese. Così, per esempio, limitandoci all’Italia, Alessi e Arata al macello di Roma avrebbero trovato che, sopra cento vacche di razza svizzero-lombarda, si conterebbero sei casi di tubercolosi, mentre sopra altrettante di razza romana brada non se ne conterebbe che uno; a Padova il Cappelletti calcola che nel sessennio 1890-95 la tubercolosi tra le vacche macellate si sia riscontrata nella proporzione del 3 per cento; più rara sarebbe a Firenze, a Pisa, a Napoli, a Torino; assai più frequente, invece, in Lombardia. A Civitavecchia, secondo il dott. Croce, si avrebbero differenze grandissime secondo l’epoca dell’anno che si considera: dal maggio all’agosto vi si macellano vacche selvaggie della campagna romana, che danno il 4 per cento di tubercolosi; nei mesi invernali si ammazzano vacche di scarto provenienti dalle latterie suburbane di Roma, che presentano l’enorme proporzione del 30 per cento di tubercolosi; negli altri mesi, infine, si fa uso di giovani vacche toscane, in cui la tubercolosi si riduce al 2 per cento…..”
Può trovarlo qui.
Ora è pur vero che bollitura, sterilizzazione e UHT sono sistemi di prevenzione per la salute ma è anche vero che molte industrie di trasformazione giocano sporco ……sulla nostra pelle!
Quindi oppongo alla sua indicazione un dato di fatto che è comunque un dato reale che desta in noi preoccupazione…..meglio evitare nel caso!
Sull’orzo e sulla bevanda di cicorie convengo che siano state bevande povere ma avevano una funzione salutistica quella di mettere in azione gli organi della digestione e indurre ad una migliore digestione cosa che con il latte, oramai indigesto anche per i tanti trattamenti e sostanze estranee contenute, non si può ottenere…… sul latte crudo di alpeggio converrà con me che si parli di situazioni limite per pochi….
“meglio mangiarlo che sognarlo”. Se no si diventa tristissimi, e questo non è salutare.” Su questo si può essere d’accordo ma è un altra cosa e ognuno deve trovare i giusti compromessi per se stesso.
Sentire dire che il latte vaccino fa bene all’uomo è un insulto alla mia e alla vostra intelligenza. Voglio farle una domanda oggettiva con una premessa: Ogni essere vivente è frutto di anni e anni di evoluzione e adattamento, la natura ci ha fatto perfetti.
Mi spiega come il latte di un bovino che decuplica ripeto decuplica il proprio peso corporeo può essere adatto al corpo di un uomo che cresce a ritmi molto inferiori ?
Secondo me vi impelagate in un argomento che non trova sicuramente la giusta risposta. Le 2 correnti di pensiero sono troppo nette. E’ come per l’acqua….depurata, osmotizzata etc…A chi credere?? Si tratta solo di “credere o non credere”… perchè studi di medici dicono una cosa e studi di altri ci dicono l’opposto. Bisogna operare con buon senso…che è quello che la nostra società consumista sta completamente cercando di estirpare da tutti noi…abbindolandoci e rendendo difficilissimo muoversi nel campo alimentare.
Io continuo a seguire conferenze di omeopati e non ultima di un’oncologa di Torino che sconsigliano vivamente l’assunzione di latte. Volendo cercare di muoversi …per l’appunto…nel buon senso, personalmente abbraccio il consiglio che France Guillain ci ha dato durante la conferenza che ho avuto la fortuna di seguire “latte e proteine animali in quantità moderate, per una convivialità serena”.
Lei sconsiglia l’assunzione di latte…perchè a noi uomini fa male, e nel suo pasto quotidiano inserisce sempre una piccolissima, ribadisco “piccolissima” parte di carne, uova, pesce. Se c’è poi la serata “bisteccona” o “formaggiosa”….ma va bene! Non emarginiamoci dalla nostra società…se ci alimentiamo bene nel quotidiano gli “sgarri” del weekend e delle vacanze sono ben tollerati dal nostro organismo. Ovviamente parliamo solo di “salute” se ci inoltriamo in ideologie “vegetariane” sull’uccisione o no di animali scendiamo in altro campo.
Approfitto per lanciare a Sonja l’input (per la colazione o pranzo) di proporre la ricetta del miam o fruit di France Guillain. Questa meravigliosa persona ha girato il mondo (4 volte il giro del mondo in barca a vela…con 5 figlie) conducendo le sue ricerche in modo empirico, studiando per anni quello che la natura ci offre sul globo e come gli uomini ne colgono i suoi doni.
ma di cosa stiamo parlando ? confrontare l’acqua osmotica all’argomento latte lo trovo assolutamente fuori luogo, scusatemi ragazzi….comunque non ci vuole uno scienziato o dati scientifici per capire che il latte vaccino è per la famiglia delle Bovidae se volete capire di più della conformazione di un bovino basta andare a leggere Wikipedia. Vi lascio solo con una domanda: mi dite per piacere il peso medio di un adulto del genere Umano ? e il peso medio della famiglia delle Bovidae ?
Ciao Armando! Il riferimento all’acqua è solo per dire che come in ogni “argomento” le opinioni e gli studi sono controversi. Non volevo di certo fare un “calderone” di argomenti. Io condivido la tua posizione sul latte…e la tua osservazione l’ho sentita più volte. L’unico latte adatto a noi umani è il latte materno. Questo è un dato di fatto. Che poi il latte sia stato inserito nell’alimentazione dell’uomo….questa è tutt’altra cosa. Io semplicemente “sdrammatizzerei” sull’argomento.. Personalmente per me ed i miei figli ho optato per un moderatissimo consumo di latte e latticini… di qualità.
Sono completamente d’accordo con Armando ed è questo il motivo per il quale ho abbandonato il pasto nudo.
E’ inconsapevole, è diventato solo business e non è andato avanti nel pensare e nel cercare verita’ non comuni.. Anche voi avete i paraocchi e non mi spiego davvero come sia possibile visto che ormai i Vegani sono diventati un milione in Italia.. Non si puo’ ancora giustificare che il latte faccia bene! Che la carne e il pesce facciano bene ma moderatamente e se sono di allevamenti felici! E’ davvero un modo per giustificarsi quando giustificazioni non ci sono! Fa’ bene ai vitelli e non a noi! A noi fa bene solo il latte che prendiamo da nostra madre quando nasciamo..
Ecco che succede con il latte: Il sangue viene sempre salvato in extremis dal disastro dell’acidificazione grazie ai meccanismi del sistema immunitario, chiamati appunto tamponi alcalini. Il sangue non può assolutamente scostarsi dal suo pH che sta tra 7.30 e 7.50. Andando sotto il 30 ci sarebbe un collasso cardiocircolatorio. Per un soggetto sano che che sta a 7.50, ad esempio, è già pesante andare a 7.30, per cui scatta l’emergenza immunitaria in zona ipotalamo. Dal cervello parte dunque un missile neuro-trasmettitore ormonale che ordina al midollo di rilasciare all’istante calcio organico per tamponare l’emergenza acida provocata dal latte, visto che il calcio-cattivo del latte non serve a questo essendo inorganico, cotto, e misto a caseina. A quel punto il calcio buono viene rilasciato dalle ossa sotto-forma di osseina e l’emergenza viene superata.
Il calcio del latte intanto finisce per causare al corpo calcificazioni improprie tipo calcoli e depositi calcarei, mentre l’osseina persa dalle ossa causa osteoporosi. La caseina del latte intanto va ad incollare tremendamente i 5 milioni di villi intestinali, riducendo in modo drastico la capacità assimilativa del piccolo intestino e dei suoi 2 campi da tennis (400-600 metri quadri di superficie assimilativa, che si riducono a uno sgabuzzino da 40-60 metri quadri). In più si crea una forte anemia per intensa carenza di ferro, causata dalla mancanza di ferro nel latte e dagli impedimenti assimilativi appena citati. Come fate qui sul Pasto Nudo a trovare ancora giustificazioni su quello che ormai e ampiamente documentato e provato? E’ solo Business?
Questo blog era partito bene, ero innamorata di questo modo consapevole di mangiare ma poi le mie ricerche sono andate avanti e ho conosciuto delle realta’ che non possono essere ignorate. E’ vero che ognuno ha la sua verita’ ma come si puo’ ignorare e giustificare questo?
@patrizia: ok! ora è chiaro, grazie per la precisazione
@valentina: purtroppo sono pienamente d’accordo con te, tratte per quello che dici sul fatto che il Pasto Nudo sia diventato un Business, conosco personalmente Sonia e ti assicuro che fa un sacco di sforzi per portare avanti il blog. Forse una cosa giusta sarebbe quello di riferirsi sempre a basi scientifiche.
Lo so’ forse puo’ sembrare eccessivo..
Ma non riesco a capire perchè una persona così, con tantissime potenzialita’ per fare INFORMAZIONE ad alti livelli possa ancora giustificare latte,uova, carne e pesce..
Come si fa’??
Tralasciando l’Etica (che cmq conta parecchio ma giustificano con “animali felici”) per la parte della salute come si fa’??
@tutti: anche se adoro questo confronto mi trovo costretta a chiedervi di non commentare più riguardo il latte perché siamo molto ma molto ma molto ma molto Off Topic!!! Prometto che a breve scriverò personalmente un post sul latte e potrete venire tutti a insultarmi lì! Qui se possibile commentate solo sull’argomento di cui ha scritto il Prof, altrimenti facciamo un casino! :-)
@Valentina: mi rattrista molto sentire le tue accuse nei confronti del mio lavoro (e in quello di chi scrive sul pasto nudo). Mi fa un po’ ridere questa storia del business, anzi diciamo che mi fa rotolare per terra dalle risate. “Fare business” vuol dire guadagnarci qualcosa vero? Beh vieni a vedere qui come viviamo e poi mi dici se facciamo “business” :-DDD
Ad ogni modo rispetto la tua opinione ma io ne ho una diversa, mi dispiace ma è così, e ho spiegato moltissime volte qual è e tutti i motivi per cui la porto avanti. Se hai altro da dire però per favore scrivilo nei commenti sul post (del 2008!) Flexitariani (sul quale abbiamo già discusso di questo argomento), in modo da non intasare di OT il post del Prof, che tratta una cosa completamente diversa. Un abbraccio
Il Pasto Nudo è nella mia mente e nel mio cuore come una piazzetta (me la immagino della mia città, che è un grande paese medievale, Bologna, e che ne ha tante) chiusa al traffico, defilata dalla confusione, dove regna pace e tranquillità, con tante panchine e qualche albero, dove si ha l’opportunità di ritirarsi e fare incontri utili, dilettevoli e interessanti. E’ un luogo dove di può ascoltare e dove si può dire. E’ un luogo di dialoghi. Di scambi. Di punti di vista. Aperto a tutti. Un luogo costruttivo. E’ gestito da un’amabile e appassionata padrona di casa, Sonia, cioè Izn. A cui tutti dovremmo essere assai grati per l’ospitalità. Per il dono che ci offre quotidianamente.
In questa deliziosa piazzetta sono presenti tante Voci Diverse. Tanti studi. Tante ricerche. Tante riflessioni. Tante idee. Tanto di tanto. Ma ciò che si respira soprattutto è amore per la vita. Rispetto per il nostro bel Pianeta. E per le persone. Se non è ricchezza questa!!!! Una ricchezza alimentata sia dagli esperti di salute straordinari sia dagli utenti. E’ un ascolto reciproco. Con umiltà. Alla pari. Tutti abbiamo da imparare. Nessuno dovrebbe quindi prevaricare nessuno. O sentirsi prevaricato. Non qui…
Cara Valentina, anch’io sono rimasta molto rattristata dal tono del tuo intervento… Credo che questo non sia il luogo adatto… Stona molto… E addolora… E’ un luogo molto accogliente e ospitale, è gratuito in più… A me ad esempio piace assaggiare un po’ di tutto in campo culinario-alimentare naturale. Quindi mi sento uno spirito molto libero: un giorno posso fare la macrobiotica, un altro giorno la vegana, un altro la crudista, un altro la onnivora, un altro la carnivora (bè a dire il vero lo sono sempre meno carnivora, chissà sarà per l’età, ne ho 48 di primavere, e non ne sento praticamente più la necessità), eccetera, eccetera, eccetera. Del resto la vita è in continua trasformazione. Non c’è un giorno uguale all’altro. E’ poi è bello cambiare, provare. Almeno per me.
Tornando alle fette biscottate e certi prodotti da forno “vegani”: viene spesso utilizzata la margarina per la loro produzione. Anche se in etichetta è espresso Margarina Vegetale, resta il fatto che essa cmq ha un’alta quantità di grassi “trans”. Inoltre margarina ha le proprietà quasi al cento per cento della plastica. Pare che nemmeno le mosche vi si posino sopra. E poi non fa muffe, e non va mai a male.
Quindi la verità assoluta esiste? No. Di assoluto non vi è nulla. C’è molto da sapere-studiare-valutare-imparare. C’è molto da dire. Ma facciamolo nel rispetto reciproco, cara Valentina. Rendiamo la vita più piacevole. Diamoci la mano. Non diamoci contro. E’ energia sprecata. Un caro saluto. E rinnovo la mia gratitudine alla cara Izn, e al caro Prof. Giannattasio, a agli Altri, che non si stancano mai di condividere con noi i loro preziosi saperi e incessanti ricerche. Un patrimonio da custodire e di cui andare orgogliosi.
@Sonia, capito? non sei Valentina, non sei vegana integralista. Hai il torto di ragionare con la tua testa, di fare il tuo percorso di consapevolezza e di raccontarlo. Di interagire con un’infinità di persone, di sensibilità, di conoscenze, di coscienze. Ma non sei Valentina, per fortuna di tutti noi. Che non ci accontentiamo di una verità assoluta, fuoriviante, di comodo e verosimilmente pilotata da qualche potere oscuro (quello sì che fa business, foraggiando le multinazionali seitan-tofu-ogm).
@Valentina, fossi in te, semplicemente abbandonerei questo blog per non tornarvi mai più. Potrai trovare riparo in altri approdi più confacenti al tuo credo e al tuo stile: ne è pieno il web. La tua voce, in questa piazzetta civile e pacifica (cito Silvia N.) è quanto di più infelice possa esistere.
Obbedisco all’invito di Sonia di non continuare a parlare di latte, ma mi sia permesso di fare una considerazione. Valentina invita, per conoscere la verità sul latte, a guardare il documentario che si trova su youtube e che si chiama “un equilibrio delicato”. Io lo conosco. è un documentario realizzato negli Stati Uniti e presenta, in maniera alquanto terrificante, la drammatica situazione di quel paese per quanto riguarda la diffusione delle malattie degenerative e la sua relazione con il consumo di prodotti animali.
Io ritengo che noi mediterranei non abbiamo bisogno di prediche da parte di esperti americani. Basta che perdiamo le pessime abitudini contratte per effetto del benessere e del consumismo (e anche per i nostri americanismi alimentari McDonaldiani) e riprendiamo a seguire le regole dietetiche millenarie racchiuse nella nostra dieta mediterranea che non a caso è stata dichiarata patrimonio immateriale dell’umanità.
La dieta mediterranea, se fatta come si deve, sprizza equilibrio, allegria, tolleranza (!), in una parola solarità, come solare è il burro e buia la margarina, l’olio di oliva extravergine e non gli oli di semi, il pane-pane e non il pane in cassetta, il vino buono e non la coca-cola, un pezzettino di pecorino di tanto in tanto e non il philadelphia, un ottimo piatto di fagioli e non l’hamburger fast food. Invece di stare a farsi ossessivamente frullati di verdure affinchè il nostro pH sanguigno sia miracolato (ogni riferimento al libro di Campbell è casuale) si ritorni alla dieta mediterranea, il che significa ridurre drasticamente il consumo di prodotti animali a favore di quelli vegetali, ma ridurre anche tanti prodotti industriali, e le bevande pregne di zuccheri e additivi e povere di frutta. Ma attenzione massima sia data alla *qualità* di quello che mangiamo. E poi mettiamo al bando gli ascensori, finchè è possibile e facciamo lavorare i nostri muscoli.
Ancora per Valentina: dove ha letto che è il sistema immunitario a controllare il pH del sangue? E per finire: Valentina, non le pare che con la sua affermazione che il pasto nudo è un “bissinis”, riveli una certa intransigenza e non fa onore a chi predica il rispetto degli animali. Quanto mi piacerebbe se lei chiedesse scusa alla Sonia su questo stesso blog. Sarebbe un bel gesto e un regalo per Natale che farebbe a tutti noi che stimiamo la Sonia e le vogliamo bene.
P.S. Il latte americano lo si ottiene da mucche trattate con l’ormone della crescita bovina (per di più ottenuto da batteri transgenici) e iperalimentate con proteine da soia (transgenica). In questo latte, il fattore di crescita insulino-simile, di cui si parla nel documentario da lei citato, e che è accusato di aumentare il rischio di insorgenza del cancro della prostata, è più alto rispetto al latte proveniente da mucche non trattate. Povero latte, non più alimento biblico che scorre nella terra promessa con il miele. Io sto con il poeta che diceva che gli bastava un po’ di pane e un ditale di latte (a km 1000). Auguro Buon Natale a tutti, dicendovi che quest’anno ho trovato un buon panettone che potrebbe fare al caso nostro ad un prezzo giusto. Non vi dico il nome per non essere accusato di fare bissiniss. A meno che non ci sono le scuse vegane!
Leggere le parole del Professore mi mette di estremo buon umore! Grazie Prof! …ha espresso in modo assolutamente limpido e chiaro il “punto”. Conto di imparare anch’io prima o poi!!…Sonja che a suo tempo corresse la mia tesi di laurea conosce le mie “difficoltà!” :) Buon Natale anche lei!
Io chiedo scusa a Sonia perché forse business non è il termine più appropriato… rispetto al passato questo blog mi ha un po’ deluso e la mia impulsività mi ha portato a definirlo un business
Cio’non toglie che quello che penso sul latte e sullo sfruttamento degli animali per produrre cio’di cui abbiamo “bisogno”. Nel docufilm si Parla dell’alimentazione americana perche’essendo una popolazione numerosa è stata presa per fare gli studi. Quello che intende l’articolo e’che comunque la popolazione mondiale si abitua e cronicizza le malattie in base all’alimentazione.. Ovvio che non dice che la carne e il latte sono virus letali e pandemici.. Pero’ anche vivere cronicizzando malattie non mi sembra una gran cosa.
E’come se, anzi è proprio cosi’, ti danno il virus e poi ti danno la cura.. Cosi sei costretto a dipendere da loro.
Soldi soldi soldi soldi È a questo, soprattutto che mi viene proprio da dire NO! Poi l’etica e la salute sono una conseguenza diretta.. Comunque purtroppo ancora non riesco ad essere pacifica quando si parla di consapevolezza e poi si continua a mangiar carne pesce formaggi..
Quindi ripeto chiedo scusa a Sonia e chiudo qui il mio discorso e come dice il SAGGIO e Cortese Stefano di Quale Formaggio (eccessivo non credi?!) me ne vado da questo posto che sicuramente non è piu’quello che credevo fosse!
Quale Formaggio, Quale Latte, Quale Consapevolezza. E Quale Valentina. Di sicuro ce ne saranno tante altre più lucide, più consapevoli e meno aggressive che ci aiuteranno a non sentire la sua mancanza :)
Stefano perché continuare a infierire così??
Io ho chiesto scusa spiegando le mie ragioni tu invece vedo che continui..
Beh forse ti ho toccato sul profondo?
Il latte è il tuo lavoro e come puoi dire che fa male!?
“Oste, com’è il vino?”
È proprio vero: non c’è peggior sordo di chi non vuol intendere. E allora te lo ripeto: Quale Latte fa male? Quale Informazione è attendibile? Quale Ricerca è foraggiata dalle Lobby degli Ogm? Quale Soia? Ecco, di fronte a questa domanda una risposta certa c’è, visto che ormai è tutta Ogm: Nessuna Soia. Nessuna Scelta Univoca, Nessuno che vada a dire ad un so simile cosa deve o non deve fare. Bensì far circolare l’Informazione e lasciare che ognuno faccia le proprie scelte.
Cerca di capire, prima di sentenziare. Scendi dal piedistallo e poi, se volevi andare (lo hai confermato tu), vai. Anche perché mi pare evidente che se alzi un muro il percorso del dialogo non procede. Buona giornata e cerca di essere serena :)
@Valentina: Grazie e…non ci abbandoni, non fosse altro per sentire un’altra campana. Ricordiamoci dell’episodio manzoniano del giudice che dava ragione a tutti e due i contendenti e a chi gli faceva notare che non era possibile che avessero ragione entrambi, rispose: hai ragione anche tu. L’importante è ragionare con la propria testa senza preclusioni e ideologie o, peggio come succede oggi, dopo aver letto Wikipedia o documenti messi in giro per creare allarmismo o terrore (-ismo).
@tutti: il panettone che mangerò a Natale è bio, è fatto soltanto di 10 ingredienti, non ha emulsionanti, non ha sciroppo di glucosio-fruttosio, non ha correttori di acidità, ed è aromatizzato con vaniglia. Manca purtroppo della frutta candita che a me piace tanto. Costa sui 9 euro e pesa 750. Individuarlo è facile. Il suo “maggiore concorrente” della grande distribuzione, di cui parlammo anni fa nel post del panettone, ha l’onnipresente emulsionante mono e digliceridi degli acidi grassi, lo sciroppo di glucosio-fruttosio e tanti altri ingredienti accessori, pesa 700 grammi e costa oltre i 10 euro. Dunque costa anche di più del bio che vi sto segnalando.
Attenzione: prima di affettarlo e mangiarlo, il panettone mettetelo a fianco di una fonte di calore (termosifone, ad esempio) per qualche ora, così si ammorbidisce e il burro si sente meglio. Inoltre, se non lo consumate tutto in una volta, chiudetelo per bene, altrimenti si secca troppo.
E per finire una curiosità: sapevate che un tempo il lievito madre, anche quello del panettone quindi, si faceva utilizzando lo sterco di cavallo o di mucca? Ma una volta questi meravigliosi animali non erano maltrattati, dopati e antibiotizzati come lo sono ora (in questo Valentina ha tantissima ragione). Quindi anche il loro sterco era prezioso perchè serviva per la lievitazione: E chissà che il lievito madre non venisse anche megli di quello ottimo “made in pasto nudo”!
@Scusate, non avevo visto i due interventi precedenti e così con questo mio intervento ho fatto la parte di Gennaro nella Commedia Napoli milionaria che mentre alle sue spalle i componenti della famiglia si bisticciavano e la moglie gli metteva pure le corna, lui beato mmaginava di vivere in una famiglia felice. E Natale, ragazzi, smettiamola se no ci comportiamo come quei politici ai talk show.
@Valentina: non credere che non capisca ciò di cui parli… anch’io ho provo la tua stessa indignazione quando vedo gli interessi stratosferici che si muovono dietro l’alimentazione. Il problema è che anche dietro quelle che sembrano offrirci come soluzioni ci sono ancora interessi economici, e alla fine l’unico possibile atteggiamento è trovare un equilibrio.
Inizialmente è normale spostarsi completamente da una parte o dall’altra, soprattutto per chi è più sensibile, perché si prova orrore (io stessa ancora mi chiedo, ma questa gente non ha bambini? Come può vendere alimenti – se così si possono chiamare – così nocivi sapendo che finiranno a mamme e bambini?). Poi però ci si rende conto che la cosa giusta è mangiare molto moderatamente ogni cosa, cercando di rispettare più possibile animali e persone, e non in ultimo se stessi.
Non so cosa credevi fosse il pasto nudo, posso dirti quello che è (Silvia lo ha tratteggiato in modo molto preciso, e la ringrazio immensamente delle sue parole): un non-luogo dove cerco di accogliere ogni diversità con umiltà e rispetto per le scelte di ognuno, e dove vorrei non vedere mai aggressività, perché credo sinceramente che siamo tutti nella stessa barca, che dobbiamo essere una rete e non più singole monadi allo sbando, che solo se non ci opporremo gli uni agli altri riusciremo a non essere più vittime delle multinazionali e dei loro patetici greenwashing.
Solo insieme possiamo uscire dal buio delle ultime due generazioni, per questo ti prego continua a seguire il pasto nudo, cercando di accettare serenamente le opinioni diverse da quella tua attuale.
Per quanto riguarda i tuoi dubbi sul veganesimo sono disposta a parlarne con te quanto vuoi sul post dei Flexitariani che ho linkato nel commento sopra e che già conosci, anche fino al 2050! :-)
E adesso miei cari smettetela di litigareeee (che abbiamo un sacco di cose da aggiustare qua)!! :-D
@ Izn: fantastico! D’ora in avanti quando avrò qualche veCano o Animalaro in mezzo ai piedi te lo manderò per un utile e sano confronto! Poi passo a farmi due risate :D :P ;)
@Stefano: Ma sei tremendo! :-D Ho tanti amici vegani, convinti della loro scelta, e tanti altri che sono stati vegani e adesso, pur rimanendo molto moderati nel consumo di proteine animali, hanno deciso di tornare a una dieta mista. Credo che nel tempo molti faranno questa scelta.
Accoglierò sempre sul pasto nudo chiunque si accosti con educazione e senza essere aggressivo, spero sempre di imparare almeno quanto cerco di trasmettere :-P
Izn aspettiamo impazienti una nuova discussione sul latte!!! Passo e chiudo…. :D
Prof. Mi permetta di dirle che lei è’ un Grande. E anche a Izn, che accoglie tutti e si confronta con intelligenza ( anche con me, che all ‘ inizio ero un po’ scettica). Confronto e spirito critico e’ ciò che alla fine può dare una buona informazione a tutti, e loro ne sono un esempio. Vorrei aggiungere una cosa così generale che forse non vado fuori tema: gli studi scientifici di solito (ovviamente non parlo di quelli che fa il prof) nessuno li fa gratis. C’ e’ sempre qualcuno che li paga e che ha interessi in merito. Soprattutto negli Stati Uniti, in Cina e in altri paesi che non ricordo. Tutto bene, ovvio, se questo serve a far proseguire la ricerca e a trovare soluzioni per curare le malattie. Ma nel campo dell’ alimentazione diciamo che si sta ampiamente eccedendo : prima di ” bersi” un qualsiasi studio scientifico, magari neppure pubblicato su riviste scientifiche serie e accreditate, sarebbe utile andare a leggere chi lo ha commissionato. E poi avere l’ umiltà di pensare che uno studioso da anni della materia come il prof può avere opinioni diverse ma di studi ne sa sicuramente più di noi.
Vorrei abbracciare Graziella! bellissimo quello che scrivi! E’ solo la VERITA’ !!!
@Graziella Carnevali: La disonestà alligna in qualunque categoria professionale, compresa quella dei ricercatori, ma questo non deve essere motivo di scetticismo perchè alla lunga le magagne si scoprono. Nel caso dei ricercatori la disonestà può significare asservimento ad interessi di bottega, manipolazione dei dati o furto di dati a colleghi. La storia della scienza annovera episodi del genere.
Sì è vero, il finanziamento della ricerca, anche di quella universitaria, da parte dell’industria, espone ai rischi che Lei lamenta. Nel campo dell’alimentazione, oltre a rischio di cui lei parla, ce ne sono altri: che i risultati della ricerca, nonostante siano preliminari, quindi bisognosi di conferme, vengano immediatamente utilizzati dall’industria alimentare per fare business, salvo poi ad essere sconfessati. Esempi: olio di semi per decenni reclamizzato “amico del cuore” al posto dell’olio di oliva. Oggi sappiamo che gli omega6 di cui questi abbondano, comportano, se consumati in eccesso, problemi infiammatori; la margarina, anch’essa santificata perchè povera di saturi e priva di colesterolo, oggi sappiamo che contiene i trans che sono peggio del colesterolo e dei saturi messi insieme (a parte il fatto che il colesterolo alimentare nella giusta quantità non è nocivo, anzi); i probiotici avrebbero dovuto fare miracoli, ma oggi sappiamo che la gran parte di loro non supera la barriera dello stomaco; fino a qualche decennio fa, si sosteneva che bisognasse mangiare oltre 100 grammi di proteine al giorno, oggi si sostiene che bisogna scendere a 50 grammi, altrimenti la salute rischia di brutto; tanti additivi considerati innocui sono stati poi vietati perchè riconosciuti nocivi, e via discorrendo.
Insomma un po’ per interessi di bottega, un po’ per l’eccessivo riduzionismo del metodo scientifico (si studia un aspetto particolare, semmai utilizzando cavie, e quanto si scopre diventa legge universale, quindi valida anche per la specie umana), capita spesso che i risultati della ricerca scientifica nel campo dell’alimentazione siano sconfessati da nuove scoperte.
E poi, l’alimentazione non può essere studiata soltanto a tavolino o nel chiuso dei laboratori o con complesse ricerche epidemiologiche. Perchè essa è anche buon senso, tradizione, cultura. La dieta di una persona può anche essere diversa da quella ordinaria per ragioni individuali (penso ad esempio ad un colitico che segue il dettato che bisogna mangiare tante fibre, o tanta frutta e verdura, e poi sta perennemente con la pancia gonfia come un pallone).
Questo vuol dire che ognuno di noi non è solo quello che mangia, come diceva il fisosofo, ma mangia – e questo lo dico io – anche per quello che è. Per questo prendo con le pinze tutto quanto scrivono oltreoceano perchè una cosa siamo noi con la nostra cultura e tradizione di mediterranei, anche culinaria ovviamente, una cosa sono gli yankee con le diete macdonaldiane. Io del nostrano Regimen Sanitatis, che è millenario, mi fido, dei tanti libri di alimentazione tradotti dall’americano meno, pur riconoscendo che sono scritti in base alle conoscenze scientifiche (del momento!).
P.S. Un’ultima osservazione che voglio condividere con voi. Avete visto in questi giorni di tanta televisione dedicata, giustamente, al grandissimo Mandela che se n’è andato, quante persone nere erano grasse? Questo perchè il benessere che, grazie anche a Mandela, ha investito quelle popolazioni, si sta traducendo nell’adozione di modelli alimentari assurdi perchè non consoni alle loro tradizioni e al loro metabolismo (vi dico questo perchè ho avuto modo di fare una lunga esperienza professionale da quelle parti). Mandela invece, uomo – è il caso di dire – di vecchio stampo, era solito mangiare, stando alle dichiarazioni della sua cuoca, piatti tipici della tradizione culinaria del suo paese natìo, come umphokogo (latte acido) con pasticcio di manioca, l’umungkusho (mais e fagioli), l’umsila wenkomo (coda di bue in umido), e beveva probabilmente il tè rosso tipico del Sudafrica. Forse anche per questo egli era alto, longilineo, insomma bellissimo, come lo è Obama!
Grazie, il panettone bio consigliato (Aries, vero?) è squisito, poi inzuppato nel latte demeter a km 1000 è davvero un dono di babbo natale e della befana.
Sono assolutamente D’ accordo su tutto ciò che scrive, prof. ( per quel che conta la mia opinione) e posso solo ringraziarla per l’ intelligente analisi che ha fatto della questione.
Essendo anche un po’ ehm …cattivella aggiungo che tutte queste nuove ” scoperte” con susseguenti nuove diete, regole e via discorrendo servono moltissimo ad incrementare il business dei dietologi/ dietologhe. Più confusione c’ e’ meno la gente sa come mangiare e si rivolge agli esperti.
Sono un ragazzo di Parma e vi dico la mia. Tutti questi centri ricerche non sono altro che una specie di asilo nido per i futuri dirigenti della azienda stessa. Conosco compagni di medie e superiori, ovviamente figli di quadri e funzionari, che una volta finito la facoltà di scienza dell alimentazione vengono piazzati su queste ambigue poltrone. Gli esperti? Beh, loro vengono pagati per insegnare cose sbagliate ai poveri amici miei.
Che palle. A me piace il pane casereccio, il ferrarese, il mantovano, il toscano da bruschetta. E mi piacciono le fette biscottate dell’Esselunga. Ogni cosa ha il suo momento e il suo uso.