In questi giorni ho seguìto, anche se soltanto a distanza, i lavori della quinta edizione dell’International Forum on Food e Nutrition ideato dal Barilla Center for Food and Nutrition. Hanno parlato esperti di prestigio internazionale e tutti hanno detto cose molto interessanti riguardo alla nutrizione, alla sostenibilità, allo spreco di cibo e a come evitarlo.
pane tostato lievitazione naturale
Ovviamente si è fatto anche riferimento alla doppia piramide 2012 proposta proprio dal Barilla Center, e racchiusa in un documento di circa 130 pagine dal titolo Doppia Piramide 2012: favorire scelte alimentari consapevoli. Tale proposta enuncia principi interessanti e condivisibili. Ma una cosa non mi ha convinto. Cerco di spiegarvelo in breve.
La piramide alimentare che si descrive alle pp. 55-56 del documento colloca — correttamente — pane, pasta, patata e riso, cioè le fonti primarie di carboidrati, al gradino immediatamente sopra quello della frutta e verdura. Ma poi, quando si arriva alle pp. 81-82, si trova che nei vari menu settimanali stilati in base a tale piramide, il “nostro pane quotidiano” — quello comune per intenderci — è presente molto poco, mentre figurano frequentemente le alternative industriali, e cioè le fette biscottate, le brioche, i biscotti secchi, i pacchetti di cracker, il pane in cassetta (che chiamarlo pane è un’offesa al buon pane che, per il mistico Silesio vissuto nel ‘600, nutre perché è vita e spirito).
Per esempio il menù settimanale definito “sostenibile” (a pagina 55), ha il pane comune soltanto nel pranzo di lunedì, martedì e mercoledì e nella cena del giovedì (nella cena del sabato è inserita anche una porzione di pane integrale ma non si specifica di che tipo si tratti). A fronte, troviamo le fette biscottate in due colazioni (lunedì e venerdì) e due spuntini (mercoledì e venerdì); le fette di pane in cassetta integrale o bianco nella colazione del martedì e del sabato, e nel pranzo di sabato e domenica; il pacchettino di cracker ben 5 volte (4 spuntini e 1 colazione). E non vado oltre per non rischiare di tediarvi. Ma una domanda è legittima: “perché a colazione non si dovrebbe consumare pane tutti i santi giorni?”
Lascio a voi la risposta. È ovvio che, se l'”informazione” riguardante l’alimentazione la fa, come in questo caso, l’industria alimentare tramite suoi centri scientifico-culturali, essa sia portata a tirare l’acqua al suo mulino (nessuna allusione al Mulino bianco della Barilla, che stando alla pubblicità è “un mondo buono”). Fa, per così dire, come quegli acquaiuoli della Napoli di una volta che, quando veniva loro chiesto se l’acqua che vendevano fosse fresca, rispondevano sintetici e convincenti: “Manc’a neve” (traduco: “nemmeno la neve è così fredda”) anche se l’acqua era calda come un brodo.

È questa sorta di “informazione” interessata che, in combutta con la pubblicità palese e legittimata che impazza alla televisione ed è pagata dalle industrie alimentari, crea certi miti. Tra questi va alla grande quello che le fette biscottate sono da preferire al pane fresco perché più leggere (attributo che in tempo di ossessione per le calorie equivale a ipocaloriche e perciò non ingrassanti).

Parlando di fette biscottate, il pensiero corre allo spot, che attualmente imperversa alla televisione, in cui il di sicuro ben remunerato Banderas si improvvisa esperto fornaio (ma pur essendo ottimo attore, non è per nulla convincente in questa parte) e ti sforna fette biscottate che misurano qualche millimetro in più della norma e così, a suo dire, si spalmerebbero meglio. Insomma ci trattano da autentici imbecilli!
E ora torniamo a bomba. Meglio fare colazione con del buon pane comune o con le fette biscottate comprate al supermercato? Una domanda degna del migliore Marzullo, l’intervistatore televisivo diventato famoso per l’ovvietà delle domande che pone a suoi ospiti. Io la mia risposta ve l’ho già data tanto tempo fa parlandovi della colazione da re.
In tempo di miseria, il pane con un po’ di latte (intero, ovviamente) era la colazione e il pasto serale di tanti. Il poeta futurista russo Velimir Chlebnikov, che visse una vita di stenti a cavallo tra l’ottocento e il novecento, ci ha lasciato questa semplicissima quanto suggestiva poesia: “Poco mi serve!/ Una crosta di pane/e un ditale di latte./ E questo cielo./ E queste nuvole”. Poi decenni di benessere e di consumismo, e di martellante pubblicità, ci hanno abituati a consumare a colazione, al posto del pane, fette biscottate (e non solo, ma anche merendine e cornetti surgelati e scongelati alla bisogna) di produzione industriale. E, anche se la povertà si è abbattuta di nuovo come una valanga sulla nostra società, questa abitudine rimane. Nonostante le fette biscottate dei supermercati costino il doppio del pane comune. Alla faccia del “menu sostenibile” e del consumo consapevole!
E pensare che biscottare il pane è stato in passato un sotterfugio per sfamare i soldati in tempo di guerra. Serviva a produrre le gallette, un nome che evoca quelle di riso o di altri cereali, di cui vi ho già parlato sul pasto nudo, che però sono tutt’altra cosa. Le gallette militaresche erano fette tagliate da pane non lievitato e rimesse in forno per far perdere loro fino all’ultima stilla di acqua e rimanere così inattaccabili da muffe e batteri per mesi e quindi manducabili ad oltranza. Perciò erano dure come le pietre e ci volevano denti di acciaio per sgranocchiarle asciutte. Io, veterano (non di guerra però), ho avuto da ragazzino l’occasione di “gustarle”.
Le fette biscottate della nostra epoca sono invece fatte con pane lievitato e addizionato di diversi ingredienti, tra cui grasso vegetale, di solito quello di palma (se non è idrogenato), zucchero, estratto di malto d’orzo, farina di frumento maltato. Questi ingredienti sono aggiunti per addolcire, dare sofficità e colorare le fette di quel color ambra che evoca la giusta cottura al forno, e ovviamente per dare quella impressione di leggerezza che attira tanto. Nulla a che vedere, quindi, con il pane comune che è fatto per legge soltanto con farina, acqua, lievito e sale (tollerato qualche miglioratore).
A mio avviso, le fette biscottate della grande distribuzione ricordano alla lontana i “biscotti (della) salute” di una volta, contenenti abitualmente nobili ingredienti come burro, miele e latte. Il “della salute” non stava a significare che il prodotto fosse basso in calorie, come potremmo intenderlo noi afflitti dall’ossessione dei chili di troppo; tutt’altro, visti gli ingredienti. Ma una volta si mangiava poco per miseria e per penuria di cibo, perciò un alimento era salutare se ipercalorico. Come cambiano i tempi e i consumi alimentari!
Le differenze nella composizione degli ingredienti del pane e delle fette biscottate incidono ovviamente sulle qualità dei due prodotti. Nel menu “sostenibile” sopra citato viene consigliato di consumare a colazione 5 fette biscottate (ciascuna pesa 8-9 grammi). La quantità totale da consumare sarebbe quindi di 40-45 grammi. Dalla tabella nutrizionale in etichetta si ricava che questa quantità apporta circa 155-174 calorie. Le calorie che invece apporta la stessa quantità di pane comune variano da 88 (pane integrale) a 102 (pane con farina bianca). Dunque, ‘sta leggerezza (calorica) delle fette biscottate dove sta?
E per quanto riguarda il gusto, un buon pane — come quello che vi ha insegnato a fare la nostra Sonia — ha sapore, fragranza e morbidezza, attributi di un nobile alimento che è frutto dell’attività di tanti microrganismi buoni che si sono dati da fare per pre-digerire sostanze come il glutine, fermentare i carboidrati, degradare la fitina, produrre sostanze salutari dalle fibre. Non si può dire lo stesso delle fette biscottate del supermercato che invece sono asettiche e fragili, tutte tristemente incartate e identiche per colore, forma, spessore, e poi sanno solo di zucchero.
Ci sarebbe anche da fare il confronto per l’indice glicemico. Come sapete, un prodotto contenente carboidrati, dopo la sua ingestione, provoca un picco di glicemia tanto più alto quanto maggiore è l’indice glicemico (e per questioni di salute è bene che questo picco non si alzi troppo, se no l’insulina incomincia a dare i numeri). Purtroppo in letteratura non ho trovato l’indice glicemico delle fette biscottate (se lo trovate voi, fatecelo sapere). Ma c’è quello del pane integrale fatto con pasta madre che si aggira intorno a 50. Penso che di meglio non si possa trovare.
“Pane, pane!” è stato da sempre il grido della povera gente affamata ed esasperata e che, in casi come la recente rivoluzione in paesi dell’Africa settentrionale, ha dato inizio alle sommosse che hanno fatto cadere le dittature locali. E chi di noi non ricorda la rivolta del pane cui assistette il povero Renzo (quello dei Promessi Sposi) a Milano? Lo stesso grido (metaforicamente parlando) si dovrebbe levare oggi, fortunatamente non per la fame, ma per rivendicare pacificamente il diritto di avere pane di alta qualità e al prezzo giusto. Tutti dovremmo fare una colazione da Re con del buon pane, semmai tostato o biscottato, spalmato con dell’ottimo burro e della marmellata fatta di tanta frutta, oppure accoppiato a companatico salato. E, se proprio dovessimo ricorrere alle fette biscottate in circolazione, che non siano farcite di ingredienti scadenti. Io, per esempio, ne ho trovate alcune bio che hanno soltanto l’olio extravergine di oliva come ingrediente aggiuntivo rispetto a quelli del pane comune.
Devo confessarvi che in famiglia le fette biscottate ce le facciamo in casa quando il pane che compriamo ci sembra troppo umido e temiamo perciò che conservandolo a lungo possa sviluppare muffe. Vengono fuori fette biscottate davvero saporite e fragranti (per effetto soprattutto della reazione di Maillard di cui vi ho già parlato).
A chiusura mi viene un sospetto: non è che i Re ancora sul trono non fanno più la colazione degna del loro rango perché sono caduti come i comuni mortali nel tranello dell’informazione “Cicero pro domo sua” e della pubblicità, e quindi hanno sostituito anche loro il pane con le fette biscottate? Noi tutti del pasto nudo continueremo a seguire il vecchio adagio: “fai una colazione da Re etc etc”.