Una premessa doverosa. All’atto dell’acquisto di un prodotto industriale a base di carne, il consumatore deve aver presente che più manipolato e disintegrato (quindi meno riconoscibile) è il pezzo di carne utilizzato come materia prima, maggiore è il rischio che l’industria abbia fatto ricorso a carne di scarsa qualità.
Mi spiego con un esempio. Nel prosciutto crudo è ben evidente il taglio che è stato utilizzato — il prosciutto di maiale appunto — perché esso è stato utilizzato intero e il processo di lavorazione lo lascia integro. Già col prosciutto cotto la situazione cambia, perché del prosciutto, come taglio, si perde ogni traccia. La carne, infatti, è omogeneizzata e la forma che le si da è un’invenzione dell’industria: si ottiene versando l’omogeneizzato in uno stampo e poi lo si cuoce.
Fanno eccezione i prosciutti cotti definiti “scelti” e quelli di “alta qualità”, per i quali la legge prescrive che siano riconoscibili almeno tre dei quattro muscoli che formano il prosciutto. Ciò significa che il prosciutto, prima di essere lavorato, viene separato nei suoi quattro muscoli e poi di questi se ne possono utilizzare soltanto tre. Se così è, c’è da chiedersi dove vada a finire il quarto e quale sia il criterio per scegliere quello che è stato scartato (il pezzo più buono o quello più malmesso?)
Voi capirete bene che, per fare il prosciutto cotto, l’industria può anche impiegare carne non eccellente, che mal si presterebbe ad essere trasformata in prosciutto crudo. Carne che ovviamente può essere anche congelata, e che proviene chissà da dove. Questa scelta di qualità al ribasso è favorita dal fatto che gli eventuali difetti della carne non sono più evidenti una volta che questa è omogeneizzata e addizionata di “correttivi” permessi dalla legge, come lo zucchero, il latte in polvere e gli aromi.
Negli insaccati si ha un’ulteriore perdita d’identità del taglio (o dei tagli) di carne utilizzati, che giunge al suo estremo in quelli in cui la carne è ridotta ad un impasto, come la mortadella, i paté e i würstel.
Per la produzione di questi ultimi l’industria ha un ampio margine di manovra nella scelta dei tagli e della qualità di carne da utilizzare: possono essere pregiati (come nel caso in cui ci sia uno specifico disciplinare di produzione) o scadenti per i prodotti a larga diffusione. Ovviamente il prezzo cambia notevolmente e sarà alto nel primo caso e basso nel secondo.
Nel caso dei würstel ce ne sono di quelli che vengono a costare pochi centesimi di euro per 100 grammi di prodotto e altri che per gli stessi 100 grammi costano oltre i due euro. La qualità ha un costo, non esiste un prodotto di alta qualità ad un prezzo stracciato!
Brevemente, il würstel è un impasto di carne (quella dei würstel tradizionali è la suina, ma oggi va di moda quella di pollo mista a tacchino, non tanto perché sia più saporita quanto perché la si ritiene più salutare), sale, spezie e zucchero. Si può usare qualunque taglio, ma anche o soltanto carne separata meccanicamente e frattaglie varie (che però devono essere dichiarate in etichetta). Vi ricordo quanto ho avuto già modo di dirvi: la carne separata meccanicamente è in effetti quella che rimane attaccata alle ossa dopo il prelievo della carne mediante taglio manuale e che viene recuperata staccandola meccanicamente.
L’impasto viene poi posto in un budello, cotto in forno, raffreddato e pelato. I würstel sono infine confezionati in buste di plastica sotto vuoto o in atmosfera di gas inerte e infine pastorizzato.
Il würstel in origine si affumicava, cioè si trattava con fumo di legna che bruciava. Oggi può subire una finta affumicatura mediante miscele di sostanze definite “aromatizzanti di affumicatura” che sono prodotti derivanti dalla degradazione termica del legno. Ebbene, l’EFSA che sta valutando per conto dell’UE la sicurezza di tali aromatizzanti, ha espresso forti riserve su alcuni di essi. Se il würstel è stato trattato in tal modo, c’è l’obbligo di riportare tra gli ingredienti elencati in etichetta la voce “aromatizzante di affumicatura”.
Per giudicare la qualità dei würstel si opera come per qualsiasi altro prodotto: leggendo e valutando gli ingredienti in etichetta. Lo so che ci vorrebbe una laurea in tecnologia alimentare o in chimica ma, se mi seguite su questo blog e sulla rivista Valore alimentare, di cui sono direttore scientifico, oltre che autore di alcune rubriche, pian piano potrete diventare esperte(i) “etichettologhe” (gi) e consumatori sempre più attenti e consapevoli.
Ecco le valutazioni che bisogna fare nel caso dei würstel di pollo:
la qualità della carne
Se la carne proviene da un taglio, è scritto semplicemente “carne di pollo”. Se invece è carne recuperata mediante ripulitura meccanica delle ossa, è scritto “carne di pollo (o di tacchino) separata meccanicamente”. Ovviamente la prima è di qualità superiore alla seconda.
La quantità di carne presente
La percentuale di carne, qualunque sia il tipo, viene indicata in etichetta. Ci sono würstel in cui la carne arriva a stento al 60% e altri in cui va anche oltre il 90%. Ovviamente, meno carne c’è, più scadente è il würstel.
Il numero di ingredienti
Accertatevi se, oltre agli ingredienti fondamentali prima riportati, ce ne siano altri accessori, come additivi (antiossidanti, conservanti, correttori di acidità, esaltatori del gusto), sostanze per dare consistenza (fecola o amido di patata, fibre), latte in polvere e derivati del latte. Più alto è il numero di questi ingredienti, più scadente è la qualità. Ci sono additivi da guardare con sospetto, come i polifosfati e i glutammati. Per quanto riguarda la presenza dei nitriti, il loro impiego nei würstel pare obbligato dal momento che nella grande distribuzione non ho trovato nessun prodotto in cui sia assente. Il nitrito di sodio (E 250) si trova anche in molti würstel biologici (è permesso dal regolamento) ma in questo settore qualcuno che non li contenga si trova.
La presenza dello zucchero
Nei würstel si può usare il saccarosio, ma sono permessi anche altri zuccheri come il destrosio. Se volete sapere se nel prodotto c’è poco o molto zucchero, dovete guardare il posto che esso occupa nell’elenco degli ingredienti. Se sta tra i primi posti, significa che ce n’è molto, se verso la fine, significa che ce n’è poco. Meno zucchero c’è, più pregiato è il prodotto. Ci sono würstel di alta qualità che non ne contengono affatto.
Il budello usato
Può essere naturale (interiora varie) o artificiale e tra gli artificiali ce ne sono fatti di plastica. Non c’è l’obbligo di scrivere in etichetta quale tipo di budello è stato usato ma, se è naturale, l’industria lo
riporta in etichetta vantando giustamente questa scelta come pregio).
Se c’è la scritta “würstel senza pelle”, è molto probabile che sia stato usato un budello artificiale che è stato poi eliminato durante il processo di produzione.
La lezione (noiosa!) è finita. Ora spetta a voi fare il compitino a casa. Vi riporto gli ingredienti di 8 würstel in circolazione. Fate la graduatoria per la qualità utilizzando i criteri riportati sopra (o almeno indicate i primi due e l’ultimo in graduatoria). Aspetto il vostro verdetto su questo blog.
Tutti i prodotti sono in confezioni da 250 grammi.
1. Würstel Tobia (si trova nei discount, prezzo per confezione 0,72 euro):
carne di pollo (49%) e di tacchino (38%) separate meccanicamente, latte scremato in polvere reidratato, sale, aromi, esaltatore di sapidità: glutammato monosodico (E 621), antiossidante: ascorbato di sodio (E 301), stabilizzanti: difosfat i (E 450), polifosfati (E 452), conservante: nitrito di sodio (E 250), aromatizzante di affumicatura;
2. Würstel Conad (prezzo per confezione 1,38 euro):
carne di pollo (68%) e di tacchino (22%) separate meccanicamente, sale, proteine del latte, aromi, antiossidanti: ascorbato di sodio (E 301), aromatizzante di affumicatura, conservante: nitrito di sodio (E 250);
3. Würstel Wulevù Principe (prezzo per confezione 1,65 euro):
carne di pollo separata meccanicamente (86%), acqua, sale, aromi, antiossidante: acido ascorbico (E 300), conservante: nitrito di sodio (E 250);
4. Würstel Weber (prezzo per confezione 1,69 euro):
carne di pollo separata meccanicamente (percentuale non specificata), proteine del latte, fibre vegetali, aromi, antiossidante: ascorbato di sodio (E 301), aromatizzante di affumicatura, conservante: nitrito di sodio (E 250);
5. Würstel Fiorucci (prezzo per confezione 1,99 euro):
carne di pollo (49%) e di tacchino (31%) separate meccanicamente (provenienza Italia e Francia), acqua, sale, stabilizzanti: fosfato di diamido idrossipropilato (E 1442), difosfati (E450), polifosfati (E 452), fibre alimentari, destrosio, amidi, senape, antiossidanti: ascorbato di sodio (E301), acido ascorbico (E 300), aromi, aglio, conservante: nitrito di sodio (E 250);
6. Würstel Morini (prezzo per confezione 4,99 euro):
carne di pollo (75%), acqua, sale, aromi naturali, antiossidante: acido ascorbico (E 300), conservante: nitrito di sodio (E 250);
7. Würstel Amadori (prezzo per confezione 1,49 euro):
carne di pollo (67%) e di tacchino (21%) separate meccanicamente, acqua, amido, sale iodato, destrosio, aromi, esaltatore di sapidità: glutammato monosodico (E 621), aromatizzante di affumicatura, aromi naturali, addensanti: carragenina (E 407), farina di semi di carruba (E 410), antiossidante: acido ascorbico (E 300), conservante: nitrito sodico (E 250);
8. Würstel AIA Wudy (prezzo per confezione 1,68 euro):
carne di pollo (49%) e di tacchino (38%) separate meccanicamente, latte scremato in polvere reidratato, sale, aromi, esaltatore di sapidità:glutammato di sodio ( E 621), antiossidante: acido ascorbico (E 300), stabilizzanti: difosfati (E 450), polifosfati (E 452), conservante: nitrito sodico (E 250), aromatizzante di affumicatura;
Se vi interessa sapere altro sui würstel andate a leggere il mio articolo nel numero 31 di Valore alimentare.
Per sapere qualcosa in più degli additivi presenti nei würstel, consultate inoltre la mia guida sugli additivi (Giannattasio M., Rucabado C. Gli additivi alimentari, una guida. II ed. 2010. Ed. L’Aratro, www.laratro.net).
Aspetto il vostro responso. Quando ne vedrò un certo numero, interverrò di nuovo per chiudere questo argomento con considerazioni sui wurstel di carattere non solo nutrizionale, ma anche, perché no, etico-sociale.
Come è difficile fare cucina consapevole. Izn, la Giovanna d’Arco del pastonudisti, mi chiede insistentemente una ricetta per preparare un würstel casalingo. Vedremo :-)
io risolvo il problema con i wurstel vegetariani, ad esempio quelli biologici della Taifun, ottimi e salutari :-)
Si salva solo
6. Würstel Morini (prezzo per confezione 4,99 euro):
carne di pollo, acqua, sale, aromi naturali, antiossidante: acido ascorbico (E 300), conservante: nitrito di sodio (E 250)
il resto…non classificabile!
Però al di là dei wurstel, che vengono consumati, credo e spero , saltuariamente, io sono seriamente preoccupata per il consumo indiscriminato di Prosciutto Cotto.
E’ spaventoso vedere quante mamme inseriscano nell’alimentazione settimanale dei propri bimbi questo insaccato dalla dubbia provenienza, consistenza e sicurezza! Possibile che si facciano tutte abbindolare dal confortante colore “rosa”? E sono convinte di far mangiare sano i propri piccoli!
Io propongo un post “A proposito del prosciutto cotto”…così poi copio/incollo/inoltro a tutti gli “aficionados” del parallelepipedo rosa! ;)
@matteo giannattasio: grazie Prof. per questo ennesimo interessantissimo articolo. Io devo dire che non amo particolarmente i wurstel (né gli insaccati in genere, in effetti, tranne la mortadella…), e questo perché li trovo davvero insulsi. Mi è capitato di assaggiare qualcosa di decente solo in Austria, ma erano molti anni fa e non ero neanche minimamente consapevole come ora. A questo proposito mi sorge spontanea una riflessione. Nei paesi dove questo alimento fa parte delle tradizioni culinarie storiche dovrebbe significare che ne esiste almeno una versione che sia ben fatta, magari artigianale, senza additivi assurdi, ma con tutti gli ingredienti al posto giusto… o no? Ho l’impressione che qui in Italia abbiamo “importato” il wurstel unicamente nelle sue versioni industriali (tranne forse in Alto Adige?)…
@sara77: anche io sono perplessa da questa faccenda del prosciutto cotto… non so perché, ma è come se le mamme in generale pensassero che sia più adatto ai bambini… boh!
il migliore direi Würstel Morini ma questo era facile intuirlo,
Würstel AIA Wudy e Würstel Fiorucci i peggiori direi per il numero di additivi, ma è una bella lotta anche con gli altri per aggiudicarsi l’ultimo posto.
Io comunque li evito a prescindere dato che mi fanno proprio pensare ad una cosa finta.
Sono ahime’ però grande consumatrice di salumi, prosciutto di parma e salumi vari che cerco di prendere il più possibile artigianali. Sono cresciuta in una famiglia in cui si allevava il maiale e si producevano prosciutti e salami vari, per fortuna c’e’ ancora qualche amico da cui posso prenderne qualcuno!
Prof. le ha la capacità di mandarmi nel panico più totale; ogni volta che leggo i suoi articoli o interventi sul blog vado in ansia!!! Pure la mortadella e il prosciutto cotto!!!!
Nooo!!!!
Grazie per le preziose indicazioni! Mi sa che si salva solo Morini.
Ho un bimbo di due anni. Per lo svezzamento la pediatra mi suggerì di introdurre il prosciutto crudo SOLO dopo i tre anni e il prosciutto cotto da SUBITO (?!?!)
Quindi non è proprio tutta colpa delle mamme! Se ti informi un minimo ci arrivi, ma se hai pochi strumenti e ti affidi agli esperti di salute….
Che stupida! Non ho scritto la classifica dei prodotti… quoto quanto scritto da Sara77 sebbene ci siano dei non meglio identificati aromi naturali e il nitrito di sodio…
Ho sempre pensato che il prosciutto cotto fosse piu’ adatto per i bambini rispetto a quello crudo e infatti una volta a settimana i miei figli lo mangiano associato ad un formaggio o alla mozzarella. Ho sempre creduto che fosse un taglio di carne o comunque un insieme di pezzi di buona qualita’ cotto a vapore con la forma di una coscia di maiale , mentre il pros iutto crudo fosse la coscia del suino fatta stagionare per un certo periodo cpn la sola aggiunta di sale. E’ l’idea che il cotto fosse “cotto” che me lo fa preferire al crudo. La mortadella, poi, ho sempre creduto fosse l’insaccato meno pregiato, perche’ insieme di tagli diversi, ma che quando ne infili un paio di fette tra due pezzi di pizza bianca ancora calda mmmmmm…. Che buona!!! Scopro, invece, che le mie credenze sono tutte sbagliate! Per non parlare dei wurstel: io acquisto quelli di Primavera o Bioalleva. Noto, pero’, che i miei figli riescono a mangiarne solo un wurstel, pur essendo golosi di wurstel, come se non riuscissero ad assimilarne di piu’ (forse perche’ speziati). In effetti il consumo di prosciutto cotto mi e’ stato suggerito dal pediatra, cosi’ come il Fruttolo, che di mia iniziativa ho sostituito con lo yogurt. A chi credere? Penso che seguendo una dieta equilibrata e varia ed utilizzando prodotti sani e cucinati in casa,sia possibile mangiare una volta ogni tanto delle “schifezze” ( come pane e mortadella, un paio di fette di salame, ecc.) senza grandi danni alla salute. Non so ancora se arrivare ad una forma di consapevolezza tale da eliminare qualsiasi cosa sia prodotta industrialmente e preferire solo prodotti sani e sicuri di cui conosco la provenienza.
I primi 2 Wurstel Morini e Conad, ultimi Wurstel Tobia e Wudy che hanno identiche etichette, Fiorucci ha meno carne ma non ha l’aromatizzante di affumicatura. Le mamme danno il prosciutto cotto ai bambini perchè glielo dicono i pediatri, fa parte del menu standard di svezzamento! Prescrivono quello senza polifosfati e quindi pensano di essere a posto.
Ma del wurstel Morini non c’è la percentuale di carne presente.
Senza sapere quello, tenderei a fidarmi di più di quello che ne ha l’82%.
In ogni caso, da vegetariana quoto Giulia: li prendo, solo saltuariamente, vegetali e da agricoltura biologica.
é vero , dare prosciutto cotto (che io da anni ho bandito dalla mia dieta) ai bimbi per lo svezzamento parte proprio dai pediatri.
nel mio piccolo ..ho due nipotini di 4 e 1 anno … sto facendo una battaglia difficilissima …passo sempre per una rompiscatole …
ma comincio a vedere i risultati ….non ci sono più merendine , ma li vedo che mangiano panini con prosciutto crudo o marmellata fatta in casa ..speriamo che continuino..
grazie Prof.
com’è difficile!!!!!!
Ecco. Immaginatevi io, che ho due tedeschi in casa. Wurstel e salame rosa (a forma di faccia di orsetto) facevano parte del menu della scuola materna. Anzi, era quasi sempre quello, mi sa. Ho rimosso volontariamente, ma assieme al pediatra abbiamo fatto un bel po´ di serate a tema, ai tempi, per i genitori.
Ormai riuscivo solo a mangiare i wurstel della fattoria a mezz´ora di macchina, animali bradi e tanti pascoli. Erano persino digeribili (leggeri non direi). Rigorosamente con senape.
Ora qui non ne mangiamo piú, cosí come niente prosciutto cotto (quello crudo costa piú dell´oro, e tra l´altro contiene pure nitriti – o nitrati, non ricordo. Che non si potrebbe neanche). Ogni tanto del salame, fatto quasi in casa. Gli altri affettati, a parte in un supermercato, non riportano nemmeno gli ingredienti (anche nelle buste sottovuoto).
Quando proprio i due teutonici (padre e figlia) vanno in crisi di astinenza, preparo una versione casalinga del loro amato leberwurst (una sorta di paté di fegato e maiale fatto a forma di salamino spalmabile che tanto piace agli abitanti della Doicilandia): fegatini di pollo passati in poco olio e aglio, porri, carote e sedano, prezzemolo e spezie varie e poi tutto frullato. A dirlo cosí fa un po´ schifo, ma a loro piace.
Oppure soluzione estrema, li mando al ristorante qui vicino. Occhio non vede, pancia non duole.
Se proprio proprio proprio, Morini. Ma anche no. Si puó vivere benissimo anche senza affettati, e ve lo dice una cresciuta in una famiglia dove facevano parte dell´alimentazione quotidiana.
Aaaargh scusate scusate me l’ero mangiata io la percentuale di pollo del Morini, ehehehe :-)
Ho corretto, adesso è tutto a posto :-)
grazie prof, molto interessante. i wurstel in casa nostra non entrano più, però per essere buoni ora che mi ci fate pensare mannaggia se son buoni.. ci vorrebbe una versione bio artigianale o la mitica ricetta di izn mannaggia!
il prosciutto cotto sapevo che era composto in buona quota dal prosciutto crudo che ha fatto i vermi durante la stagionatura, non so se sia una leggenda metropolitana, qualcuno lo sa per piacere?
un abbraccio
B.
Rieccomi. Allooooooora, vediamo vediamo (rumore di mani che si strofinano tra loro).
Tobia:
nonono, latte scremato in polvere (ARGH) non se ne parla proprio (a parte che secondo me se proprio uno deve mangiare un wurstel che sia almeno di maiale, eh).
Conad:
nooooo, ma che sono le *proteine* del latte? Cassato, sgrunt.
Wulevù:
c’è molta di carne (di pollo, uff) scartata e poi asportata dalle ossa (ma si può definire carne quella?), poi il conservante (la mia bisnonna non lo conosce), no neanche lui.
Weber:
ma di che stiamo parlando? fibre vegetali??? Cioè?? Poi aromatizzante di affumicatura, mi suona tipo finto sapore di fumo ottenuto non so come, no, scartato pure lui.
Fiorucci:
(ma sono tutti di pollame, ‘sti wurstel? ma com’è?) stabilizzanti?????!! Che vuol dire? Era carne instabile? Ma poi ci sono un sacco di cose con nomi strani, mi sembrano i peggiori in assoluto.
Morini:
pure questo c’ha il nitrito, e aromi non ben identificati, *io* non me lo mangio, anche se ha carne di pollo vera (che è tutto da vedere) in percentuale confortante.
Amadori:
ma non esiste proprio, non mangio cose che si chiamano carragenina, per non parlare di cose che cominciano con “acido” tranne se seguite da “citrico” (ma preferisco il limone vero, grazie).
Aia wudy:
glutammato??? E perché? non aveva sapore, che ci hanno messo il gusto umami?
Vabbeh, è andata così, adesso scusate ma devo proprio dirigermi al banco salumeria a prendere due fette di pane (possibilmente che non provenga congelato dalla Romania – non per la Romania, per il congelato) e prosciutto (crudo!!).
Prof, ma perché tutti di pollo? Quelli di maiale non si portano più? :-/
E cosa dice il professore dei würstel di vitello? Quelli bianchi, per intenderci. Le rare volte che li compro per la family li trovo in macelleria e sono fatti artigianalmente. Mi posso fidare? Una volta, adesso sono vegetariana, li mangiavo tutte le volte che andavo a München, entro le 11 del mattino e con la senape dolce. Erano buonissimi!
Il meno peggio Morini, ma…. sto leggendo con vivo interesse il libro sugli additivi del Professore Giannattasio e così mi unisco a izn….proprio nessuno!!! Mi si sta illuminando un’autostrada ;)
Ho avuto la fortuna di incontrare Sabine Eck sulla mia strada e con lei ho seguito svezzamento e alimentazione consapevole. Il secondogenito ha 20 mesi e gli insaccati ancora non sa cosa siano! Tantomeno il prosciutto cotto. Ho un’amica che lavora da Naturasi e mi ha detto che sta per arrivare un prosciutto cotto senza nitriti e privo di altri conservanti anche se a lei avevano detto che questo serviva per combattere il botulino. E’ vero?
Io li compro solo all’ultimo piano del Ka-De-We di Berlino una volta l’anno. Ne faccio una bella scorpacciata che congelo ;o)
Ci voleva questo bel post caro Prof… !
E per non ripetermi sempre (… e invece eccomi che non resisto)… ma se togliamo il sale a qualsiasi wuerstel non piace più a nessuno!
Purtroppo siamo quasi tutti imprintati su sale=salume=wuerstel, etc
Quando mi viene voglia di “qualcosa di saporito” mangio magari il paté di capperi o di olive, la bruschetta, mandorle tostate salate, tahin+sale, il pesto, un pezzo di pizza buona…
Sono piuttosto convinta che molte persone amano questi cibi tipici (prosc cotto e wuerstel) soprattutto perché soddisfano questa necessità istintiva di sale.
Date ai bambini il “salato vegetale” e saranno meno schiavi di questi circoli viziosi. :-)
Vi confesso che, un tempo, prima che le gattine, entrando in casa, mi convertissero al vegetarianesimo (ma loro la mangiano la carne e come) , tutte le volte che andavo in Svizzera, io il salcicciotto, quello gigante per intenderci , di maiale però (che come dice la saggia IZN è l’unico frankfurter), me lo divoravo senza nemmeno cuocerlo. Poi avevo fatto un patto con me stesso, che la mortadella (per la quale impazzivo) la dovevo mangiare non più di due volte all’anno, ma spesso le volte diventavano quattro. E io ‘ste cose sui wurstel e sulla mortadella le sapevo anche allora. Perchè vi dico questo?Per dirvi che sono contro il talebanesimo, se vi va o vi capita mangiate pure questi prodotti scegliendo il meglio (il che vuol dire pagandoli a peso d’oro) ma che siano momenti di trasgressione, non abitudini. E poi, avete notato che il paniino con la mortadella di mezzogiorno, fa venire tanta sete che poi si porta dietro una coca cola dopo l’altra. Noi adulti comunque siamo responsabili delle nostre azioni, ma i bambini? Io sto raccogliendo tanto materiale bibliografico che dimostra che la scellerata bramosia di guadagno della “finanza” non è solo quella che sta umiliando un paese nobile come la Grecia e che sta creando panico in ogni dove. No, è anche quella che propone ai nostri bambini “latti di crescita” che latte non sono , 8 vaccinazioni invece delle poche obbligatorie, antibiotici e degli antinfiammatori ad ogni accenno di febbre (che una volta erachiamata giustamente febbre di crescita). Ma questa è un’altra storia, anzi no, è la stessa identica storia che reclama di essere raccontata.
Articolo davvero interessante, che mi ha fatto inorridire da una parte e sorridere dall’altra, considerando quanta gente li compra considerandoli buoni… La consapevolezza è ancora una merce rara: settimana scorsa ho visto una trasmissione su una rete locale, dove una blogger di alimentazione naturale e consapevole preparava una ricetta per la conduttrice e l’ospite, un Politico del comune di Milano di cui non ricordo il nome. La ricetta consisteva in una paga integrale con broccoletti saltati in padella con olio e mandorle a pezzetti, tostate. Il politico ha commentato dicendo: “Che bello, non ho mai assaggiato la pasta integrale”. Ma come è possibile?!?
Per motivi di allergia alla carne di maiale, per me il problema non sussiste… Qualche volta ho mangiato gli “affettati” vegetali: li ho presto abbandonati perché hanno il sapore finto, quindi, via!
@izn: ah, i tuoi 5 pianeti in vergine… Sei l’unica che ha commentato i würstel uno per uno. Anch’io sono piuttosto precisa e puntigliosa, ma ho ancora molto da imparare…! :-))
@ Barbara: lo sapevo anch’io del prosciutto cotto. L’ho scoperto parecchi anni fa sul lubro “Quattro sberle in padella”.
@ Prof.: grazie!
Bye bye,
Sara I lab
@Sabine: ma sai che l´ho notato anch´io??? Questa cosa che secondo me la bambina cerca la mortadella solo perché ha voglia di cibi saporiti o salati? A parte che lei non mangia prosciutto crudo né speck nemmeno a pagarla, peró una fetta di pane con un´acciuga sott´olio o pesto di olive se la sbafa con gusto. E se le metto patatine fritte salate o prosciutto cotto non ha nessun dubbio (come i genitori, peraltro…;-)).
Il problema, secondo me,é proprio come dici tu, una sorta di “imprinting”. Io son stata tirata su a pane e prosciutto cotto o salame o mortadella, era la regola, non l´eccezione (e ringrazio comunque che almeno non mi davano formaggini, che andavan tanto di moda, a quei tempi…). E lei alla scuola materna tedesca é stata abituata al sapore dei wurstel e del salame rosa.
Io ho avuto una sorta di limbo, quando ho smesso di mangiare sempre affettati, che é durato circa un anno, un anno e mezzo. Ma adesso mi sento proprio disintossicata. Direi la differenza tra un alcolista ed un amante del buon vino che se ne gusta qualche bicchiere ogni tanto.
Ieri sera raccontavo alla mia metà di questo post e ci ritenevamo molto fortunati perché “interessati, curiosi, informati e abbastanza consapevoli” … ma a volte è difficile “difendersi” se proprio il pediatra inserisce il prosciutto cotto nella dieta dei bimbi o il dietologo lo inserisce nel menù settimanale! Ecco spiegato l’uso indiscriminato del prosciutto cotto!
@ Cleofe come ti capisco, io sono “la rompiscatole” per eccellenza…ma piano piano le persone iniziano ad ascoltarti o almeno metti loro la pulce nell’orecchio!!!! Impulciamo sempre più gente!!! ;)
@ Prof. sono contenta di leggere “sono contro il talebanesimo” e concordo pienamente! L’estremismo secondo me non è mai salutare!
Sabine, Claudia, sul salato aprite una riflessione che mi sta facendo impazzire. C’è un alimento che contiene tanto sale che non ricordo! e più ci penso più vado in autoscillazione. (aargh)
Io, che vorrei vivere attaccata a un carretto di bratwurst e bretzel, ho cercato ovunque un wurstel senza additivi, ma non c’è, non c’è neanche al Bio. E allora come dice il prof, limito l’assunzione modello vaccinazione. una volta all’anno con richiamo. Solo di maiale. che sia maiale tanto felice.
@silvia.moglie: c’è n’è uno al naturasì con un solo additivo (possibile) acido citrico. E Roberto Liberati, della Bottega Liberati che sapete, mi ha detto di averne preparati alcuni personalmente, senza alcun tipo di additivi e con carne meravigliosa. Inoltre se avrete un po’ di pazienza ci attrezziamo per farceli in casa. (Si – può – fareeeeee!!!!! cit.) :-)
Volevo aspettare un poco prima di parlarvi del valore nutrizionale e degli aspetti etici sociali dei wurstel e di altri prodotti fatti con la carne separata meccanicamente. Ma poiché la paziente IZN mi ha segnalato che su facebook qualcuno, perdipiù autorevole, ha avanzato qualche riserva su due mie affermazioni, intervengo subito per fare le dovute precisazioni.
Non sono contrario alla carne separata meccanicamente, sono anche per il quinto e il sesto quarto se ci fosse (nella mia vita precedente da carnivoro adoravo il fegato alla veneta e il soffritto napoletano con le interiora del maiale). Ma le persone devono essere informate che quella carne è più scadente perchè dalle ossa si strappano anche tendini che hanno scarso valore nutrizionale, può fuoriuscire del midollo osseo che poi aumenta i grassi e il colesterolo ed altri aspetti che incidono negativamente sulla qualità e di cui vi parlerò tra qualche giorno.
Per quanto riguarda il glutammato che io ho incluso tra gli additivi da guardare con sospetto, confermo nel senso che quando c’è il glutammato gatta ci cova, vuol dire che bisogna esaltare una sapidità che non c’è o è scomparsa per il processo impiegato artificiosamente e unilateralmente. Questo per me è già un elemento che depone per la cattiva qualità del prodotto. Per ora basta, ma che fatica quando le persone, invece di inquadrare i problemi nei loro aspetti complessivi, vanno a cercare il pelo nell’uovo.
@claudia, silvia.moglie: sono 20 anni che studio e sperimento questa impostazione. Ragioniamo: il bambino in utero galleggia per 9 mesi in una soluzione salata. Come può non piacergli il sale?!… infatti tutti bambini sotto l’anno bevono l’acqua di mare (e le mamme vanno purtroppo subito in ansia).
Il sapore dolce arriva poi subito con il seno: il latte umano è in assoluto il più dolce in natura!… quindi trovo completamente assurdo dire di svezzare un bambino senza sale e senza zuccheri… Il primo sale che arriva si imprinta nel cervello del pargolo a vita (parmigiano-prosc cotto-pizza… e i loro simili tipo wurstel & co)
Poi il primo zucchero che arriva si imprinta pure nel cervello del nostro pargolo (tisane zuccherate: anticamera delle bibite – fruttini x bimbi, yogurt alla frutta: anticamera “cibi alla frutta”, cioè aromi – assaggino di gelato: zucchero industriale e cosi via).
Ma insomma: non è meglio dare (dai 6-7 mesi) olive, capperi, bruschetta, il pesto, verdure con sale + olio buono? e poi la frutta vera di stagione stramatura e succulenta, quindi dolcissima, zucchero integrale vero, malti, zuckerruebensaft (x claudia :-)) uvetta, fichi secchi, albicocche secche, pane burro marmellata, miele, frutta cotta e così via?
Poi se vediamo i risultati dello “svezzamento senza zucchero e senza sale” mi chiedo come mai la maggioranza dei giovani mangia cosi volentieri le cosidette “schifezze salate e dolci”.
La teoria alimentare pediatrica sarà carina… ma i risultati proprio NON li vedo. :-)
Professore, sa che le voglio bene, anche se non la conosco?
@Vale: :-)
Prof, il suo parere sui Kebab!?
qui in Emilia nascono questi fast-food dal sapore orientale come i funghi…
In rete si legge già di tutto, ma vorrei sapere soprattutto quanto tempo passa dalla produzione di questa specie di albero di carne al consumo.
@vale: anch’io le voglio bene senza conoscerla di persona, come voglio bene a tutte(i) del pasto nudo e a quante(i) vogliono essere informate(i) per ribellarsi alla prepotenza del potere compreso quello dell’industria alimentare.
La nostra è una comunità di moderni carbonari che lottano per un cibo di qualità e l giusto prezzo).
Una riflessione che facevo ieri a proposito della pubblicità che fa la televisione ai prodotti alimentari delle grandi industrie. Vi pare giusto che con la tanta miseria che c’è in giro le persone devono pagare un prodotto alimentare di più di quello che costa la materia prima e la lavorazione perchè nel prezzo è incluso anche quello che l’industria alimentare deve pagare alla televisione per fare la pubblicità ai suoi prodotti? E noi a pagare anche il canone della televisione per vedere una pubblicità commerciale che poi paghiamo comprando i prodotti.
E io pago, diceva il sommo Totò, e compaesano mio e di IZN.
interessante articolo :) non si mette mai abbastanza l’accento sulla necessità di esaminare per bene le etichette. Personalmente non acquisto nessun prodotto con carne separata meccanicamente da anni… (per es. il 90% dei lavorati di pollo come le cotolette agli spinaci, ecc. contiene carne separata meccanicamente, ma anche in quel caso c’è qualche eccezione, per fortuna. Purtroppo, per questi prodotti non è obbligatorio indicare in etichetta le modalità di allevamento dei polli utilizzati… ma visto il prezzo temo che si tratti nella totalità dei casi di allevamenti intensivi, fatta eccezione per i prodotti biologici. Sigh, c’è poco da stare allegri!
@Tutti: scusate! Ho letto tutti i post e, devo dire, mi ha preso una sorta di terrore misto ad incredulita’. Ora, a prescindere dal fatto che noi tutti qui cerchiamo di essere consapevoli, e che ai bambini bisogna dare cose piu’ sane possibili, un dubbio mi viene.
La maggior parte delle persone mangia würstel, prosciutto cotto, mortadella ecc. (io stessa fino all’anno scorso, anche se leggevo le etichette), vuol dire che sono tutti sull’orlo del avvelenamento? Che moriranno tutti di terribili forme di tumore? Che i supermercati sono pieni di cibi nocivissimi per la salute?
Se e’ così credo che lo nostra consapevolezza, francamente, non basti. Dovrebbero intervenire i NAS, il centro veleni, il ministero della Salute ecc. Se fosse cosi’ dovremmo far partire denunce per danni alla salute ecc. Qui in oltrepo’ pavese si vive nel culto dei salumi, quando esco a cena con gli amici una fetta di coppa ci scappa, perché non resisto alla coppa, dovrei prima fare l’ interrogatorio al ristoratore? E poi, se non mi convince, non mangiare nulla?
Se davvero i cibi ” comuni” sono così tossici viviamo in una società ‘ che avvelena continuamente le persone? O siamo tutti sull’ orlo dell’ ortoressia? Mi viene in mente una frase di Woody Allen: ho smesso di fumare, ho guadagnato una settimana di vita. Ha piovuto tutta la settimana. E ora non linciatemi.
Seguendo le indicazioni che ho appena letto, la mia classifica di wurstel è questa:
1- Morini
2- Wulevù Principe (per i pochi ingredienti, tra i quali non noto quelli peggiori)
3-Conad (a differenza di Wulevù, ha tracce di latte e aromatizzazione di affumicatura)
Gli altri a seguire mi sembrano tutti piuttosto loschi, li classificherei così:
4- Fiorucci ( non contiene glutammato ma polifosfati sì);
5- Amadori (al contrario, non contiene polifosfati ma il glutammato sì);
6-7: Wudy e Tobia hanno la stessa etichetta, ma Wudy costa più del doppio, per cui potremmo forse dire che il peggiore in assoluto sia proprio Wudy, che evidentemente fa pagare al cliente packaging e trasporto per mangiare qualcosa di poco sano, mentre Tobia fa supporre che sia cattivo cibo a kilometro quanto meno ridotto…
Il Weber non lo saprei classificare in quanto non contiene molti degli ingredienti incriminati, ma non specifica la percentuale di carne. Cosa significa?
@Graziella Carnevali: domande giuste e importanti.
“Vuol dire che sono tutti sull’orlo del avvelenamento? Che moriranno tutti di terribili forme di tumore?”
No, non tutti, certo molti sono più meno avvelenati, cosa che non vuol dire debbano avere malattie estreme come un tumore, ma sicuramente una qualità di vita molto ma molto peggiore di quella che avrebbero se non mangiassero cibo scadente (mal di testa, sentirsi – ed essere – gonfi – accentuazione di tutti i piccoli problemi fisici personali, obesità, difese immunitarie indebolite etc.). Ovviamente se i disturbi sono molti e non risolti possono, secondo il mio umile parere, portare anche a malattie molto gravi.
“Che i supermercati sono pieni di cibi nocivissimi per la salute?”
Sì, direi di sì.
“Se e’ così credo che lo nostra consapevolezza, francamente, non basti. Dovrebbero intervenire i NAS, il centro veleni, il ministero della Salute ecc.”
Graziella, ci sono troppi interessi economici in ballo. Le industrie sono grandi, ricche e quindi potenti. E comunque, quando può, il ministero della salute interviene.
“Qui in oltrepo’ pavese si vive nel culto dei salumi, quando esco a cena con gli amici una fetta di coppa ci scappa, perché non resisto alla coppa, dovrei prima fare l’interrogatorio al ristoratore?”
Se lo facessi te ne sarei molto grata. E anche i tuoi figli e nipoti, immagino. Perché sarebbe un passo avanti per far interrogare in futuro i ristoratori sulle materie prime che comprano, e magari migliorarle, magari molto.
“Se davvero i cibi ”comuni” sono così tossici viviamo in una società che avvelena continuamente le persone?”
Sì, Gabriella. Welcome in the real world (citazione da Matrix) :-)
Ne ho parlato tempo fa anche qui.
“O siamo tutti sull’orlo dell’ortoressia?”
Questo è quello che farebbe comodo all’industria che noi credessimo…
p.s.: ma perché credi che la nostra consapevolezza non basti?
@Grazie Izn per la risposta, e per quel ” benvenuta nel mondo reale”. E’ vero, faccio fatica a pensare che per un interesse commerciale si attenti alla salute della gente , che i supermercati vendano alimenti nocivi nel disinteresse generale. Perché un conto e’ non sentirsi gonfie e non avere acidita’ di stomaco, un altro rischiare la vita. Anch ‘ io mi sento meglio quando mi preparo il cibo a casa con le materie prime scelte con un criterio ” consapevole”, ma non per questo sono disposta a rinunciare alla pizza con amici per non ” avvelenarmi” . Quanto ai bambini…la tua e’ ancora piccola, ma mia figlia, a cui avevamo proibito il salame perché secondo noi non adatto a una bimba, a cinque anni l’ ho trovata in un piccolo casotto, a mangiare allegramente pane e salame insieme ai muratori ( che gliel’ avevano offerto, commossi dalle sue suppliche). E allora, poiché voglio vivere nel mondo reale senza farmi venire l’ esaurimento nervoso, si, penso che la nostra consapevolezza non basti. Che, se abbiamo dati validi in mano, dobbiamo fare lobby e denunciare. Come e’ successo a Casale Monferrato, con l’ amianto. Quando si tratta di salute collettiva non e’ piu’ un problema personale. Perché i cibi nocivi li mangiano, per esempio, i figli degli immigrati, i cui genitori non sanno destreggiarsi con la lingua e le etichette, e li mangerà mia nipote, quando andrà alle feste dei suoi amici e potrei fare altri esempi simili. Ho letto, ma non ricordo più dove, che alcuni additivi/ conservanti sono proibiti negli Stati Uniti e permessi da noi. E se cominciassimo da quelli, e con l’ aiuto di esperti e avvocati, iniziassimo un’ azione legale?
@ Gabriella: prima di rispondere alle tue domande, volevo aspettare che Sonia intervenisse – come “padrona di casa”, su questioni così cricuiali, ci vuole prima la sua mano. Dentro di me, mentre leggevo il tuo commento, una voce gridava: “Sì Sì Sì Sì Sì Sì….”. Nessuno si occupa della nostra salute se non NOI in prima persona! Non aspettarti che dalle autorità arrivi qualcosa. Io credo che la NOSTRA CONSAPEVOLEZZA sia il SOLO VERO STRUMENTO che abbiamo a disposizione per PROTEGGERCI da quello che l’industria alimentare vorrebbe che noi mangiassimo. Lo so che continuo a citarlo, ma qualche mese fa ho letto un libro romanzo/documentario alimetare che mi ha davvero colpito: si chiama “Mi fido di te”. Si legge molto velocemente e vale molto più di mille parole.
Purtroppo, le grandi industrie NON vogliono che le persone diventino consapevoli, troppi interessi economici: il soldo è diventato il centro su cui si regge TUTTO e questo è davvero pericoloso.
Qualche giorno fa, giravo per le corsie del supermercato (dove ormai compro solo la carta igienica, l’acqua deionizzata per stirare, le spugnette e poco d’altro) e mi ha colpito questa cosa: da una parte vendono cibi pieni di grassi di pessima qualità e zucchero e poi, a qualche corsia di distanza, vendono le fasce dimagranti… E’ assurdo! Cavolo, le fasce dimagranti non sussisterebbero se questi cibi non venissero venduti. Ma ancora meglio: loro possono anche vendere questi alimenti, ma sta A NOI NON comprarli! Per questo la nostra consapevolezza è l’unico strumento.
Un paio di settimane fa, hanno dato in tv (potrebbe essere Rai Movie o Rai3) “Supersize me”, un film documentario di un americano “illuminato” che ha deciso di mangiare per 1 mese come la media degli americani (cioà 3 pasti al giorno da McDonald’s), tenendosi sotto controllo con esami del sangue, controllo del peso e visita cardiologica. Beh, dopo 2 settimane, i medici lo hanno scoraggiato dal proseguire. Lui ha voluto portare a termine l’esperimento e si è ritrovato con 11 Kg di più, gli esami del sangue alterati in modo anomalo, il fegato molto ingrossato e il cuore sofferente. Gli ci è voluto un intero anno per tornare nello stato di salute precedente (stava con una compagna vegana, molto attenta all’alimentazione). Concordo con Sonia che i problemi di salute ci sono eccome! E finchè non passi ad una qualità alimentare migliore, non te ne rendi conto. Io l’ho sperimentato personalmente: si recupara uno stato di salute ed una energia vitale sorprendenti!
Ciò non vuol dire vivere sotto una campana di vetro, significa scegliere il meglio per noi stessi; l’obiezione che sento spesso “E ma non posso permettermelo, costa troppo”, escludendo situazioni reali di difficoltà economiche, spesso nasconde una pigrizia di fondo. Compro frutta e verdura biologiche, presso un’azienda biologica della mia zona: ho notato che sono più nutrienti e ne mangio meno. Le quantità settimanali che ero abituata a comprare al supermercato, se le compro biologiche, mi durano di più perchè più nutrienti e corpose.
La cosa bella è che si è SEMPRE IN TEMPO per recuperare la nostra consapevolezza.
Complimenti per le tue domande e lo stimolo che dai ogni volta che intervieni qui :-)
@ izn: risposte lucide ed equilibrate, brava!
Prof, innanzitutto grazie e rigrazie di questo post, dato che sono tra quelle che l’hanno chiesto. Devo confessarlo: io amo i wurstel (di maiale) e la choucroute ogni tanto me la concedo di gusto, specie nel gelo che c’è stato qui in Francia adesso (ogni tanto vuol dire due volte dall’inverno scorso). La compro sfusa al mercato dei piccoli produttori. Mi stupisce però l’idea che sia il sale a rendere appetibili i wurstel: per me non si associano affatto a un cibo salato, al contrario, se mai può farlo il prosciutto crudo. Malgrado i salsicciotti, la voglia di Coca Cola non mi è mai venuta in vita mia. Però quando tra gli ingredienti dei wurstel di supermercato una volta ho letto al primo posto sull’etichetta “plasma” ho avuto un moto di nausea e un più prosaico stranguglione. Insomma, riuscire a mangiarne di buoni mi piacerebbe, quelle volte che me li concedo. Provo a raccogliere la sfida all’ultima etichetta, più difficile del solito, perché i criteri da tenere presenti sono davvero tanti e non sono sicura dell’ordine di importanza da attribuire a tutti, dato che ci sono dei criteri qualitativi e non solo quantitativi da tenere presenti, quindi rimango con qualche dubbio. Mi correggerà, se sbaglio.
L’unico con carne non separata meccanicamente mi sembra sia Morini. Quindi direi che utilizza carne di qualità migliore. Però la percentuale di carne di Morini è inferiore tutti gli altri wurstel proposti tranne il Weber che non specifica la percentuale.
Conclusione:
percentuale di carne: migliore è CONAD 90%
seguito da AMADORI 88%
Seguono Tobia e Aia (87%), Wulevù (86), Fiorucci (80), Morini (75%) Weber (n.i.)
qualità della carne: migliore MORINI non separata meccanicamente.
Gli altri si equivalgono.
Numero di ingredienti:
5 Wulevù, 5 Morini, 5 Conad, 6 Weber, 7 Tobia, 9 Aia, 12 Amadori, 14 Fiorucci.
Però quali ingredienti? Io ho contato pure acqua e sale, ma il sale sulla carne lo metteremmo comunque. Poi, se mi aggiungi la senape non sarà il migliore dei wurstel, ma se mi aggiungi il glutammato sarà anche peggio, se poi sono i polifosfati sarà pure poco salutare. Seguendo questo criterio l’elenco sarebbe un po’ diverso.
Polifosfati:
i peggiori sarebbero Fiorucci che già è messo male con 14 additivi, ma anche Aia che ne ha 9 e Tobia, che ha “solo” 7 additivi. Gli altri si equivalgono.
Glutammato, qui le cose cambiano meno: quelli che lo usano già hanno molti altri additivi, Amadori 12 e Aia 9.
L’affumicatura, altra cosa se non capisco male forse dannosa, c’è in Conad Weber Tobia Aia Amadori. Non c’è in Fiorucci, che però ha tantissimi additivi tra cui il destrosio (mi pare sia l’unico ad avere zuccheri).
Quanto al resto degli ingredienti, tranne Wulevù e Morini hanno tutti proteine o latte scremato, tranne Fiorucci che ha le fibre e Amadori la farina di carrube (forse la cosa più innocua).
Rifarei quindi la lista:
Morini/Wulevù dipende se conta più la percentuale della carne o la sua qualità, direi la seconda cosa.
Fiorucci ultimo sia per numero sia per tipo di ingredienti (polifosfati). In mezzo però mi restano le incertezze. Direi che se non ci sono i primi due passerei proprio sull’acquisto. E in ogni caso vorrei un wurstel di maiale!!!
@izn: molti nutrizionisti non bioterapici sarebbero d’accordo con le cose che dici mi pare. Le bevande gassate, i succhi e gli yogurt tutto zucchero, i piatti pronti i prodotti confezionati che rappresentano la maggiore quantità delle merci offerte nei supermercati non sono molto apprezzati nei regimi alimentari odierni che invitano a preferire prodotti freschi e non lavorati.
@Sara : grazie per i complimenti, mi fanno davvero piacere. Naturalmente sono d’ accordo su ciò che dici. Vorrei pero ritornare al mio appello di prima, partendo da un presupposto. Cioè: in una società come la nostra e’ evidente che le industrie, di qualsiasi tipo, cerchino il profitto. E la tentazione ( per loro) di averne sempre di più, utilizzando mezzi non onesti ( cibi non salutari) non e condivisibile ma fisiologica. Pensiamolo come un virus, che attacca la società. Per sconfiggere un virus non e sufficiente, come dire, ignorarlo, cioè dire: faccio finta che non esisti, non entro più in un supermercato, litigo con il ristoratore e non mangio il suo salame, elimino il würstel velenoso ecc. No, non basta. Per combattere il virus bisogna creare un anti – virus all’ altezza, un movimento di opinione che si opponga con strumenti tipo la magistratura. Mi ha sempre fatto riflettere notare come negli Stati Uniti, tempio del capitalismo più sfrenato, vi siano organi di controllo e associazioni ferratissime e potentissime. Gli anti virus. Che agiscono concretamente e collettivamente.
P.S. Intendevo dire associazioni di consumatori, scusate.
Aggiungo, perchè finora mi pare nessuno l’abbia evidenziato, che nella maggior parte dei wurstel industriali c’è anche glutine. Quando c’è scritto “amidi” non si specifica da quale cereale proviene l’amido, e quindi può essere tranquillamente amido di frumento.
Dimenticavo: Morini e Amadori sono i soli a avere “aromi naturali”. Amadori però ha 12 ingredienti al posto dei 5 di Morini, incluso il glutammato e l’aroma di affumicatura.
Izn, ti prego: postaci ´sta benedetta ricetta dei wurstel, che tra finto fumo e glutine e zucchero mi vien la nausea e inizia pure a girarmi la testa.
@Sara I lab: il documentario di Moore è giusto e appassionato ma, e vi prego non linciatemi (x citare Graziella) ho due obiezioni: 1 la media degli americani NON fa 3 pasti al giorno da McDonald’s & Co: ci va più spesso di quanto facciamo noi, che abbiamo una cultura del cibo, ma non stanno sempre là dentro. 2 se mangi un mese intero sempre e solo la stessa cosa, bene non ti fa.
Considerazioni finali. Era facile assegnare a Morini la palma del vincitore. Si tratta di un wurstel bio che ha però un prezzo molto più alto degli altri.
Facciamo un po’ di conti. 250 grammi costano 5 euro e contengono il 75% di carne di pollo. 1 chilo di questi wurstel (che conterranno 750 grammi di carne) costa quindi 20 euro. In conclusione, la carne di pollo di questi wurstel viene a costare circa 26 euro al chilo. Non è poco, ma purtroppo la qualità ha un prezzo. Se non si è ricchi, un wurstel del genere è un sfizio che uno si può permettere soltanto di tanto in tanto. L’alternativa è sempre quello del wurstel fatto in casa di cui aspettiamo la ricetta da IZN.
Secondo in graduatoria, il Wulevù, che ha un prezzo molto più abbordabile. Gli ingredienti sono gli stessi, ma la qualità è più scadente perché la carne di pollo è separata meccanicamente e gli aromi sono artificiali. La carne di pollo di questi wurstel viene a costare circa 13 euro al chilo (che non è poco considerando anche la scadente qualità della carne). Una famiglia a basso reddito non può pensare di ricorrere ai wurstel, meglio comprare carne di pollo fresca.
Gli altri wurstel non meritano nessun commento se non quello che i più reclamizzati alla televisione sono nei bassifondi della classifica.
Ed ora un commento sui nitriti presenti come conservanti. Io non criminalizzo l’impiego dei nitriti nei salumi (in passato una delle tragedie era il botulino nelle carni conservate). Quello che a me non va a genio è che la legge permetta che non venga scritto in etichetta la quantità di nitriti presente nel prodotto. Per legge è consentito di aggiungerne fino a 150-175 mg per kg di prodotto. Allora una cosa è che ne vengano aggiunti ad un prodotto 10 mg per chilo, altra è che ne vengano aggiunti 150.
Facciamo un conto facile facile. Per le Autorità preposte alla nostra sicurezza alimentare una persona può ingerire al giorno una quantità di nitriti che non superi 0,07 grammi per chilo del proprio peso. Il che vuol dire che per un adolescente che pesa 40 chili la quantità giornaliera massima di assunzione è di 2,8 mg (0,07 x 40).
Bene, se questo ragazzo mangia 100 grammi di wurstel in cui sono presenti 50 mg di nitriti per chilo di prodotto, ingerirà 5 mg di nitriti. Siamo oltre la soglia di sicurezza e lo siamo anche se ne mangia soltanto 80 grammi.
Diverso è se nel prodotto sono presenti soltanto 10 mg/kg. In questo caso nei 100 grammi di wurstel c’è soltanto 1 mg di nitriti, cioè stiamo sotto la soglia di sicurezza.
Conclusione, se proprio non si può fare a meno di aggiungere nitriti a certi alimenti a base di carne, che almeno in etichetta venga scritto quanto ne è stato aggiunto. Poi ci regoliamo noi. Un invito alle Associazioni dei consumatori a prendere in considerazione la questione. Un invito anche ai produttori del bio affinché accolgano questo mio invito ancor prima che sia la legge a stabilirlo. Sarebbe una testimonianza che stanno dalla parte del consumatore.
Se volete altre informazioni su quest’aspetto andate sul sito di Valore alimentare dove trovate un mio articolo “I nitrati e i nitriti nella nostra alimentazione”.
@prof: grazie, da parte di un’eretica, delle sue conclusioni finali.
Perché, oltre ovviamente alla sua professionalita’ e competenza, ha usato “tolleranza” e non allarmismo. E ha fatto un preciso invito alle Associazioni consumatori, che su certe cose, mi sembrano molto “deboli”.
Penso infatti (e pero’ potrei sbagliare), che, quando si tratta di tutelare la salute collettiva, e quindi anche quella dei piu’ deboli, siano necessarie azioni ufficiali e dirompenti. In Italia, purtroppo, non tutti si informano nel modo dovuto, e chi ha pochi soldi non si limita a comprare cose che costano poco, ma va, per esempio, nei discount.
L’altro giorno ho accompagnato una signora rumena a me molto cara a fare la spesa in un negozio di loro prodotti. Ho letto l’etichetta del loro prosciutto cotto (una specie di cosciotto di maiale affumicato, molto buono devo dire): vi erano una quantità di additivi e conservanti mai vista. Eppure loro e i loro figli lo mangiano e se un giorno mia nipote andasse a pranzo o cena in una casa in cui quello le danno, cosa faccio, cosa fa mia figlia? Le dice “non mangiare quello che ti offrono”? No, non sara’ possibile, per la tranquillità psicologica della bambina. Era un esempio, naturalmente, solo per sottolineare come sarebbe importante che certe cose in Italia cambiassero in modo anche istituzionale. E’ un sogno? Non lo so, ma non voglio smettere di crederci, e vedere il lavoro di divulgazione che fa lei, egr. Prof., mi fa ben sperare e mi rincuora. Grazie di nuovo.
@Graziella: Una risposta prima di iniziare la mia giornata sempre gioiosamente faticosa ma gratificante anche per i nostri scambi e-mailiani. Lasci andare la nipote dai suoi amici rumeni e le lasci mangiare quello che mangiano i padroni di casa. Il problema della scarsa qualità del cibo non è il consumo di uno, due, dieci volte all’anno (la frequenza dipende dal prodotto ovviamente), ma il consumarlo un giorno si ed un altro anche.
Una domanda mi sorge spontanea: a me ´sta cosa della “soglia di sicurezza” stabilita per legge non convince. O semplicemente non l´ho capita. Ma se io giá la supero con i wurstel, e magari mi ero fatta un panino col salame a colazione? O se poi mangio qualche altro alimento contenente nitriti o nitrati?
E questo dubbio ce l´ho anche per tutti gli altri “aggiuntivi”. Se un alimento é a norma perché sotto la soglia, ma poi mangio qualcosa d´altro che lo contiene? Al giorno d´oggi, nei supermercati, non c´é nulla che sia esente, mi pare (o pochissimo); ma con questo fatto che “ogni prodotto é sotto la soglia”, a me vien da pensare: e se facciamo la somma?
Un altro fatto (forse é off topic, ma non so dove chiederlo): ho notato che in moltissimi prodotti in scatola, anche i piú “sani”, c´é sempre acido citrico o qualche altro acido. Cosa che una volta non c´era. O, forse, non erano obbligati a scriverlo. Lo so che bisognerebbe sempre comprare tutto fresco, ma insomma…un barattolo di pelati oggi, una scatoletta di ceci domani…che, tutti ´sti acidi, sempre facendo le somme (tipo uno che si fa una pasta col pomodoro e piselli – ehm…nella maggior parte dei piselli in scatola c´é pure lo zucchero…), son proprio sani sani? Grazie in anticipo
@claudia: L’impianto della sicurezza alimentare ha il suo punto debole proprio sull’aspetto che tu evidenzi e che riguarda non solo gli additivi ma anche i pesticidi.
Un alimento è “legalmente” sicuro se ciascuno degli additivi e dei residui di pesticidi che contiene è al di sotto dei limiti fissati per legge (per i pesticidi si parla di “livello massimo di residuo” mentre per gli additivi di “quantità massima” che è lecito aggiungere all’alimento).
La legge però non tiene però conto del rischio che, se in un alimento sono presenti diversi additivi o più residui di pesticidi, che appartengono alla stessa categoria (ad esempio coloranti del gruppo della tartrazina o insetticidi del gruppo degli esteri fosforici), essi sommati vanno oltre la soglia massima di sicurezza; oppure che, anche se sono nel complesso sotto la soglia massima, l’uno può esaltare l’azione nociva di un altro per un effetto sinergico.
Poi c’è un’altra questione a mio avviso fondamentale: la soglia di sicurezza è stata stabilita per gli adulti e in buone condizioni di salute. Non vale per le persone malate, ad esempio quelle che hanno problemi renali o epatici, che hanno ridotte capacità di metabolizzare o di eliminare queste sostanze. E non vale nemmeno per i bambini piccoli che, anche dal punto di vista metabolico, non sono dei piccoli adulti.
Debbo però dire che, almeno per i residui dei pesticidi, la legge prevede che per gli alimenti per la prima infanzia (ma si tratta di alimenti speciali) i residui di certi pesticidi debbono essere assenti e per altri è ridotto il livello massimo di residuo.
Puoi trovare un approfondimento su queste e tante altre questioni sul mio libro sugli additivi alimentari e per i pesticidi sull’ultimo numero, quello invernale, di Valore alimentare. Scusatemi la pubblicità non tanto occulta ma abbiate presente che i libri, quelli seri, non si scrivono per il guadagno (quello lo lasciamo ai libri di cucina scritti da personaggi della televisione che vendono centinaia di migliaia di copie) ma per fare corretta informazione ed anche per riordinare le idee a chi li scrive.
@ok, grazie prof. Per il post, ora pero’ io sono veramente disperata. Nel senso, come ci salviamo? Da quando vivo in campagna sono molto piu’ consapevole, anche del fatto che, stando così le cose, neppure il biologico e’ sicuro. E non lo dico per denigrarlo, no davvero. E’ ” inconsapevolmente e impotentemente” poco sicuro. Vu faccio un esempio. Il mio giardino, ed il mio orto, sono circondati da campi di grano, mais e erba medica. Ciclicamente, questi campi vengono ” trattati” con sostanze chimiche evidentemente permesse. Le sostanze chimiche vengono irrorate con macchinari infernali e potentissimi. Quando tira vento, le sostanze tossiche arrivano anche nel mio orto e nel mio giardino, e in misura piuttosto potente. Infatti, l’anno scorso, a causa di questi fertilizzanti, mi sono morte alcune piante ( i fertilizzanti sono tollerati da alcuni alberi, da altri no). Lo stesso con l’ uva. In oltrepo passano ad irrorare i vegneti non biologici con l’ elicottero, ma, se c’ e’ vento, il pesticida va dove gli pare. Ho chiesto l’ anno scorso, gentilmente, ( siamo un paese di cinquanta anime) agli agricoltori di non trattare i loro campi quando tira vento, ma naturalmente mi hannonpreso per pazza. Quando ” loro” con le macchine infernali dono fuori io e il mio cane per almeno una settimana migriamo a camminare altrove, in collina, dove non vi sono campi coltivati. Tutta questa filippica per dire che, comunque, non ci si salva, a meno di non riuscire a cambiare a monte le cose. Naturalmente, leggero’ il suo libro ed il suo giornale, consapevole che lei scrive per informare onestamente. E scusatemi per lo sfogo. Per inciso, ho appena litigato con il sindaco per lo stato, al limite dell’ avvelenamento, della nostra acqua ” potabile” . Risposta: e’ trattata nei termini consentiti dalla legge, se non le piace si metta un purificatore ( costo intorno ai 3.000 euro). Buona giornata a tutte, Graziella, in questo caso per nulla eretica.
Vi comunico che dal 9 all’11 marzo ci sarà alla Zelata in Bereguardo (tra Milano e Pavia) presso l’azienda biodinamica della Signora Crespi Mozzoni un incontro che riguarderà l’alimentazione dei bambini e degli anziani e il rapporto tra nonni e nipoti. Chi fosse interessato può avere informazioni scrivendomi a qualitas.cibi(chiocciola)libero(punto)it.
@Graziella Carnevali: Non posso fare altro che esprimerle la mia solidarietà. Se gli agricoltori sapessero che sono loro i primi a soffrire di questa situazione dovendo pagare a caro prezzo i pesticidi ed essendo i primi a pagarne le conseguenze… Gli agricoltori infatti occupano i primi posti nelle graduatorie dell’incidenza di alcune gravi malattie.
Non capisco che cosa avete contro la “carne separata meccanicamente”.
Lasciamo stare il concetto di “pregio” che è relativo, ditemi piuttosto cosa avrebbe in meno rispetto alla carne da taglio, in quanto a
1) sicurezza alimentare
2) proprietà organolettiche
3) salubrità
@t4j. Si può essere contrari alla carne separata meccanicammente perchè: 1) è da considerare una carne, per così dire, di “risulta” la cui presenza in un prodotto è un indice di cattiva qualità; b) è carne di risulta perchè, ricavandola “spolpando l’osso” meccanicamente, si può portare appresso cartilagini, la pelle con il grasso sottostante, qualche frammento d’osso che ben macinato non viene avvertito dalconsumatore e un po’ del midollo dell’osso che è fonte di colesterolo. La carne di pollo separata meccanicamente, che oggi va per la maggiore nei wurstell, ad esempio, ha, rispetto alla alla carne-carne del petto o della coscia, più colesterolo (dal 50 all’80%), un po’ più di calcio (proveniente appunto dalle ossa), un minor contenuto in proteine solubili, è un gusto non eccellente (mascherato ovviamente da altri ingredienti come gli additivi. Comunque come si diceva un tempo “de gustibus non est disputandum”. Se al lei piace!
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