Di quest’azienda vi ho già parlato qualche mese fa, in tempi molto più soleggiati di quelli attuali (sospiro), quando me ne andavo per la Sardegna a visitare posti incontaminati e inaspettati. Se avete letto quel post sapete che parliamo di pecore abituate a prati a base di erba medica, trifoglio bianco e loietto, circondati dai profumati arbusti e cespugli della macchia mediterranea.
Da poco Monzitta e Fiori ha anche un bellissimo sito (con lo zampino del poliedrico Stefano) che racconta molto bene ciò che fanno e soprattutto *come* lo fanno. Dagli effetti benèfici che il formaggio proveniente da animali al pascolo può apportare alla salute, all’importanza che l’azienda dà alla biodiversità (degli animali e delle piante), alla spiegazione su cos’è un pascolo polifita e come questo particolare che può sembrare poco significativo influenzi enormemente la qualità del latte degli animali e quindi del formaggio che ne deriva.
Ma parliamo di questo pecorino “Tiu Ettori”, battezzato così dal soprannome del babbo di Monzitta (credo significhi “Zio Ettòre”). Siamo sempre nell’ambito del latte crudo; una metà è appena munto alla mattina, l’altra proviene dalla mungitura (refrigerata) della sera precedente.
Il latte viene fatto coagulare a 37-39°C con caglio di vitello; dopo 30 minuti si rompe la cagliata “a chicco di mais” (cioè in pezzetti della dimensione di chicchi di mais) e si “semicuoce” portandola a 41-43°C. Si fa poi scolare il siero e si mette la pasta in stampi di 15-22 cm, che vengono lasciati spurgare per 5 o 6 ore. Trascorso questo tempo le forme, che peseranno un po’ più di tre chili, vengono messe in una salamoia satura per 36 ore. Vengono poi lasciate stagionare nelle cantine dopo averle unte con la morchia (lo scarto di lavorazione della produzione) delle olive, che mantiene la crosta del formaggio bella morbida e gli dà un buon profumo.
Da questo momento in poi, ogni 15 giorni le forme vengono rivoltate sui ripiani, in questo caso per 10 mesi, ma questo tipo di pecorino si può stagionare dai 60 giorni a 24 mesi (e i Monzitta sono arrivati a stagionarlo anche 3 anni). Nel video qui sotto potete farvi un’idea di come si svolgono le cose in casa Monzitta. Ce ne fosse uno per ogni azienda sarebbe tutto più semplice. Come potete immaginare, il pecorino che scaturisce da cotanto latte e suddetta lavorazione è veramente ottimo, e si può usare sia grattugiato che a tavola, magari in compagnia di un buon vino rosso.
Visto il tempo di questi giorni, per la ricetta da preparare ho pensato al piatto più “comfort food” che potevo, e cosa c’è di meglio di un paio di canederli al formaggio caldi caldi immersi in un brodo bollente? Per la precisione ho usato un brodo di lingua, ma va benissimo anche un brodo vegetale (bello carico, possibilmente), e tanto, taaaaanto timo, che sta benissimo con il formaggio e lo rende anche un po’ più digeribile, insieme al sedano nel brodo, che essendo ricco di iodio stimola la tiroide, accrescendo la velocità di circolo e la perfusione renale (ed è pure antifermentativo, bioterapia docet).
Come al solito per ingredienti e procedimento fate un salto qui da Stefano, dove per l’occasione volendo potete finalmente anche acquistare direttamente dal suo produttore il Tiu Ettori (e non solo) in persona: dopo mesi che Stefano ce lo minacciava, è online il suo bellissimo mercato del formaggio che per adesso conta tre produttori, ma rischia di crescere un bel po’.
Sono anche molto orgogliosa (per lui) della nuova pubblicazione cartacea che Stefano ha stampato, il “pieghevole di QF” (ne ha vendute 9000 copie in poco più di una settimana!). Quest’uomo è un vulcano, che vi devo dire! Sarà che mangia il formaggio giusto :-)
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