Ha un po’ rinfrescato, l’aria è frizzante insomma è il momento di rimettersi in cucina! Non che mi dìa fastidio il caldo, per carità, però quando le temperature superano i 30 gradi diventa più difficile gestire il cibo, soprattutto se ci si sta cercando di abituare a usare il frigorifero solo in extremis, e si fa tanta autoproduzione :-)
Oggi volevo proprio parlarvi di un tipo di conserva che il mondo ci invidia, per la quale serve tanto sole, proprio quello che ci siamo goduti quest’estate. Tra i miei ricordi mangerecci c’è la mia mamma che a Natale preparava il ragù spremendo nella salsa questi tubetti di metallo che contenevano questa delizia purpurea e profumata, e io che andavo di nascosto ad aprire il frigo per mangiarlo a cucchiaiate. Quando ho visto che si poteva fare in casa così economicamente e facilmente non ci potevo credere :-P
Se ben ricordate sul pasto nudo non siamo nuovi all’utilizzo del sole per conservare il cibo; abbiamo già fatto una marmellata solare e seccato un bel po’ di ortaggi e piano piano ci stiamo impratichendo dell’arte antica e meravigliosa di cuocere al sole.
Non so se anche a voi quest’estate sono arrivate bordate di cassette di pomodori maturi, da smaltire velocissimamente; quest’anno non mi andava tanto di fare la conserva (tanto il procedimento lo conoscevo già, quindi ormai ha perso di interesse ihihih). Volevo provare qualcosa di nuovo, e mi sono ricordata (ok, ok, me lo ha ricordato lo zac) della ricetta del concentrato, perfetta se il sole è bello caldo, ma che si può fare pure usando il forno (anche se non è la stessa cosa).
La prima volta che ho provato a farla ho combinato un disastro. Ero partita per fare un sugo di pomodori, visto che ne avevo lavati e passati con il passaverdure un paio di chili, per smaltire quelli che stavano maturando troppo in fretta. Avevo già messo in padella un velo d’olio con l’aglio a dorarsi e ci avevo versato la passata.
Solo *dopo* (uno dei miei grandi classici) ho avuto l’illuminazione e ho pensato di andarmi a studiare il procedimento per fare il concentrato (che parte, come tante ricette con le solanacee, dalla Sicilia, e infatti viene chiamato “u strattu”, cioè l’estratto, immagino). E ho scoperto che la ricetta non prevedeva né olio né aglio. Ugh.
Senza rifletterci troppo ho pensato: “vabbeh faccio una versione spuria con l’olio verrà benissimo lo stesso.” Ecco, appunto, voi *non fatelo*. Non avevo pensato che l’olio al caldo come è ovvio irrancidisce o.O Me ne sono resa conto dopo tre o quattro giorni di esposizione al sole (mo’ vi spiego) ed è finita che ho dovuto gettare tutto (bleah!) con mio grandissimo disappunto, visto che *odio* buttare il cibo.
Credevo ormai di aver perso il treno delle cassette di pomodori maturi (mannaggia i primi erano per-fet-ti!) e delle giornate di sole intenso, poi invece me ne sono arrivati altri (di un tipo diverso e meno maturi, ma vabbeh) e Agosto ci ha regalato qualche ultimo giorno di temperature oltre i 30°C, così ci ho riprovato, testarda come al solito, e nonostante la passata che ho ottenuto da cruda fosse molto più acida della precedente, il risultato finale è stato perfetto :-) Sono molto molto soddisfatta di questo concentrato di pomodoro, considerato anche il fatto che in commercio non è facile da trovarlo in versione bio, e che quando si trova costa un sacco (oltre agli inevitabili imballaggi non sempre riciclabili).
Questa meraviglia, come accennavo sopra, non è altro quindi che passata di pomodoro piuttosto salata, e molto concentrata. Viene anche chiamata “strattu stinnutu”, perché in un mondo perfetto, dove ognuno di noi avesse in cucina l’apposita tavola di legno (e i veli di tulle per proteggerlo dagli insetti curiosoni), andrebbe appunto stinnutu, cioè steso, sulla suddetta che assorbirebbe più velocemente l’eccesso di liquido (anche se pare che il concentrato risulti più granuloso se asciugato sul legno).
Io ho seguito la ricetta che ho trovato su questo bel blog Ragusano, ma usando il procedimento che ci spiegò Pietro Parisi nel suo post della marmellata solare di cui sopra: ciotola e coperchio di vetro e specchio. 4/5 giorni (con un paio di giornate di pioggia nel mezzo, oltretutto) e il concentrato è entrato a far parte della mia dispensa, ben protetto dal sale che contiene, in attesa di nuove mirabolanti avventure di cui vi dirò :-)
A quanto pare dovete stare attenti solo a due cose: lo scirocco (che invece di far addensare il pomodoro lo fa inacidire) e il sole, che deve essere bello forte. Ho letto che in mancanza del mio astro preferito potete anche seccare la salsa di pomodoro nel forno a 70°C per un tempo indefinito, o anche nell’essicatrice. Fossi in voi attenderei la prossima estate per questa conserva, a meno che non abitiate a Siracusa (nel qual caso avete tutta la mia invidia); farla al sole è tutta un’altra storia :-)
Ingredienti:
2 chili di pomodori dolci e maturi
20 grammi di sale marino integrale
olio extravergine d’oliva
tanto tanto sole
Lavate per bene i vostri succosi pomodori, tagliateli a pezzi grossolani, armatevi di passaverdure e girate la manopola come se non ci fosse un domani, fino a quando non rimarrano nel cestello solo le bucce e i semi, piuttosto asciutte.
Nel pomeriggio mettete il passato in una pentola di acciaio (non di alluminio!), aggiungete il sale, mescolate bene e posizionate il tutto sul fuoco a fiamma bassa (io ho messo anche il rompifiamma). Lasciate cuocere per un bel po’ (almeno un’oretta) mescolando ogni tanto, fino a quando la maggior parte dell’acqua sarà evaporata (più evapora meglio è). Lasciate raffreddare la salsa che otterrete e poi trasferitela in una ciotola di vetro, coprendola con un coperchio, un piatto o una teglia anch’essa di vetro (guardate la foto), facendo attenzione che non rimangano fessure tra la copertura e la ciotola.
Il mattino dopo munitevi di specchio; io semovibile avevo solo quella meraviglia che mi ha portato la mia meravigliosa amica Desi da Haiti, ma tipo da Ikea trovate anche dei quadrati di specchio che vanno benissimo all’uopo. Posizionate la ciotola sullo specchio, trovategli un posto in pieno sole e lasciatela lì tutto il giorno, fino a quando il sole comincia a calare. Durante il giorno vedrete che si formerà spesso una condensa di acqua sul coperchio. Pietro nel post della marmellata diceva di non sollevare mai il coperchio, io ovviamente ho ripetutamente sollevato, asciugato con un panno pulito, mescolato e richiuso.
È molto importante che vi ricordiate di ritirare dentro casa la ciotola prima che il sole cali, altrimenti l’umidità vanificherà i vostri sforzi.
Emma mi guardava e diceva che finalmente aveva un fratellino, visto che pensavo prima a portare al sole lui che alla sua colazione. La spiritosa. In tre o quattro giorni (a seconda di quanto fa caldo) la salsa dovrebbe scurirsi progressivamente; sarà pronta quando sarà di un rosso quasi vinoso e molto densa, quasi modellabile come la plastilina.
Quando avrete raggiunto la consistenza giusta viene la parte divertente: mettete il vostro concentrato in un piatto, aggiungete un po’ d’olio, lavatevi bene le mani e manipolate la pasta per un po’ cercando di fargli assorbire bene l’olio. Alla fine modellatela a formare una sfera cercando di renderla più compatta possibile e di non far formare bolle d’aria all’interno, poi mettetela in un barattolo sterilizzato.
La quantità di sale dovrebbe essere sufficiente a rendere la conserva inattaccabile dalle muffe; c’è chi aggiunge olio o sale a coprire per un’ulteriore protezione, altri poggiano sulla superficie un sacchetto di cotone oliato pieno di sale grosso, altri ancora foglie di alloro. Io sto provando a tenerlo così com’è (giusto una fogliolina di alloro sopra) visto che asciugandosi il sale si è concentrato molto. Poi vi aggiornerò sulla situazione!
Che meraviglia! Però non ce lo puoi mica postare quando il sole caldo caldo caldo non c’è più! Mannaggia…