E pure ogni tanto qualcosa di bello e consolante avviene, e càpita che passeggiando nei dintorni del Parco degli Acquedotti a Roma (un’oasi archeologica appena a lato della caotica via Tuscolana, qui l’account FB dei volontari che lo proteggono) ci si possa imbattere in una vetrina piuttosto inusuale, un po’ un viaggio a ritroso nel tempo, un po’ un tuffo rigenerante in quello che si spera sia il futuro prossimo venturo.
Piccola Bottega Merenda prima di essere un negozio di quartiere è una scommessa, anzi un sogno/scommessa, fatto di alzatacce prima dell’alba alla volta degli agricoltori più consapevoli, più virtuosi e più passionali del Lazio, di vecchiette del quartiere che per sbrigarsi ti aiutano a scaricare le cassette di verdura dalla macchina (le anziane signore hanno risorse inaspettate), di mercatini della domenica inaspettatamente gioiosi e molto frequentati e di un sacco di altre cose belle che immancabilmente arrivano quando si fanno scelte coraggiose e avventate.
Come il riconoscimento del loro lavoro da parte di Slow Food, che li ha premiati per i locali del buon formaggio (cioè quelli che si distinguono per la selezione di formaggi), con tanto di targa che verrà presto affissa nel negozio, e il Gambero Rosso che quest’anno li ha consacrati tra le dieci migliori botteghe di Roma (in compagnia, tra gli altri, di Gabriele Bonci, Semi’n’aria e Pomarius), o la solidarietà e l’amicizia di gente come il Roberto Liberati della Bottega che già sapete.
Giorgio e Giulia si sono buttati in quest’avventura nel 2012; Giorgio a occhi chiusi e via di corsa contro i muri (mi ricorda me il ragazzo ihih) e Giulia in modo più ragionato e razionale (ma detto tra noi, Giulia mia, quanto puoi essere razionale se decidi di sposare un pazzo — e pure hipster, se vogliamo?! :-D).
Tutto originò dalla decisione di aprire un franchising di una catena di negozi del Lazio che vendeva prodotti biologici e del territorio e li cucinava sul posto; finito l’impegno con quest’azienda i due temerari, nel bel mezzo della crisi del capitalismo mondiale, decisero di mettersi in proprio “82 metri più in là”. Affittarono un negozietto grande come una stanza (36 metri quadri molto ben spesi), lo battezzarono come sapete (questa adesso ve la racconto eh), e si diedero le proprie regole: solo frutta e verdura biodinamica (!), solo produttori seri e veri, abolizione del fighettismo (e benvenuti i clienti in ciabatte e vestaglia), ricerca continua del prodotto particolare e tradizionale, tappeto rosso e orchestra per la biodiversità, in tutte le sue meravigliosissime forme.
Il nome del negozio, che inevitabilmente mi riporta al mitico musical fito-rock-horror di Frank Oz, nella realtà dei fatti è più che altro una descrizione del posto (una piccola bottega) e un’azzardata dichiarazione d’intenti: prima di rendersi conto del lavoro che ci sarebbe stato dietro, Giorgio e Giulia avevano pensato di mantenere il recupero della merenda pomeridiana a base di pane e olio (e molto altro). Poi la Bottega li fagocitò (quindi qualcosa in comune con il film alla fine ce l’ha, eheh).
Per quanto mi riguarda io Giorgio e Giulia (non le dite che ho messo la sua foto perché mi si potrebbe un tantinello arrabbiare ehm) li amo incondizionatamente e li santificherei, non foss’altro perché personificano l’esigenza che ha la gente (in primis io!!) di uscire dai supermercati e tornare alle botteghe, quelle vere però, nelle quali si può chiacchierare con chi conosce personalmente le persone che producono ciò che si vuol comprare.
E chiedergli i perché e i percome di un salame o di un formaggio, e lasciarsi consigliare finalmente da chi ne capisce più di te cosa acquistare e perché. Poi non lo so, avete presente di quanto sia difficile trovare frutta e verdura biodinamica da noi (e nel resto d’Italia)?! Diciamo che se il teletrasporto fosse stato inventato io sarei troppo presente nella vita dei due malcapitati; peccato che sono ben protetti da quasi mezzo raccordo sgrunt >:-(
Ascoltare Giorgio che parla di cibo è un’esperienza. Vi consiglio spassionatamente, fingendovi degli ingenui viandanti, di chiedere da dove viene il tal formaggio nel bancone o di indicare la senape a foglia rossa o il broccoletto Mizuna, con aria interrogativa ma incuriosita: vi si aprirà un mondo di informazioni imperdibili sul cibo. Voglio dire. Quando ho visto appesi alla parete i pomodori piccoli e appuntiti che vedete qui sotto ho avuto un mancamento tipo sindrome di Stendhal.
Mi sono seduta su una seggiola tipo Alice nel paese delle meraviglie ho balbettato a Giorgio: “ti prego dimmi che sono i pomodorini del piennolo della mia infanzia partenopea”. Beh non solo erano quelli (anche se non erano gli originali maturati al sole di Napoli) ma Giorgio mi ha pure spiegato che per fare il piennolo servono particolari tipi di pomodoro, chiamati “da serbo”, e coltivati con pochissima (o senza) irrigazione, tra cui il Principe Borghese, che era quello in questione, il Lampadina, il Patanara, il Re Umberto.
Altri piennoli vengono fatti col Regina in Puglia o col Tolve in Basilicata. Sono rimasta affascinata anche da un altro pomodoro, riccio, simil-costoluto casalino; una varietà antica recuperata che viene coltivato in assenza quasi totale di acqua da un’azienda campana che si chiama La Sbecciatrice, lavora in altitudine su terreni ostici, recuperando sementi antiche di legumi e di pomodori.
La Sbecciatrice questo costoluto da serbo lo imbottiglia (che ve lo dico a fare che lo troverete presto nella bottega di questi due pazzi sconsiderati?). Il bellissimo grappolo che vedete sopra invece lo produce un’azienda che si chiama la casa di Toni, che fa agricoltura naturalissima a Santa Marinella e dove potete trovare un sacco di altre cose buone.
Quello che mi piace di più di Giorgio è che a parte amare svisceratamente il suo lavoro, è anche totalmente calato nel nostro tempo connesso (la Piccola Bottega è abbondantemente presente su facebook, ad esempio, dove Giorgio racconta ogni giorno il lavoro quotidiano – e ci fa fare un sacco di risate), e quindi non possiede quell’atteggiamento stantìo di taluni che le informazioni se le tengono per sé perché non si sa mai che qualcuno dovesse fregarmi il produttore.
È quel tipo di atteggiamento salvifico che ti fa lavorare a prescindere da ciò che guadagni; difficile arricchirsi così – Giorgio e Giulia ci pagano il mese successivo e ci mangiano – ma io sono profondamente convinta che alla fine questo modo di essere paga in ogni senso, anche economico (anche perché altrimenti il pasto nudo sarebbe già sparito da tempo) :-) Per fortuna c’è Giulia che più o meno tampona l’impeto artistico del marito (Giorgio dice che senza di lei avrebbe chiuso dopo una settimana) e ha aperto le porte del negozio anche a qualcosa di quasi “normale” della distribuzione bio che tutti conosciamo.
Per il resto, in Bottega potete trovare cibo buono e giusto che proviene dalle Spinose, da Marco De Angelis (Edit: Marco purtroppo ha avuto un attacco di cuore qualche tempo fa, proprio appena dopo aver trovato il posto dove creare la sua nuova azienda agricola), da Janas, dalla Riserva San Massimo, dai Floriddia che ben conoscete, Maestà della formica, i formaggi di Calcabrina-che-spacca, gli spettacolari formaggi di pecora semistagionati di Tonino Pira-gran-bravo, il conciato romano delle capre del giovanissimo Carmine Bonacci (presidio slow food) e insomma come al solito solo quelli che se non sono fuori di testa non li vogliamo (ve l’ho detto che infatti hanno anche il nostro libro? O:-)).
E ovviamente il pane, in tante declinazioni diverse: Panis, Gabriele Bonci, Pina Fioretto e una nuova entry in arrivo, in modo da presentare pani differenti a rotazione durante la settimana. Così, perché un solo pane è noioso (pure se parliamo dei migliori panifici di Roma); che poi Giorgio è di quelli che ti dice questo pane è di ieri non lo prendere, che ve lo dico a fare? :-)
Oltre ai produttori “freschi” trovate nella Bottega Merenda anche un bel po’ di provviste sull’interessante spinto: ad esempio mi ha incuriosito molto la torta in barattolo della mitica biscotteria Suljma di Marino (spero presto su questi schermi), un preparato al quale si può aggiungere solo il latte (anche vegetale) per le emergenze torte (frequentissime da queste parti).
O il patè di fagioli di un’azienda che ancora non conosco (ma che mi sembra molto promettente), e naturalmente le meravigliose confezioni di Ambrosiae, una splendida azienda italiana che produce cibo raw biologico sano e giusto.
Se avete una bottega come questa sotto casa o negli immediati paraggi, andate a comprare da loro quello che vi serve, non usate Ammuìna!! Il negozio online che abbiamo creato è stato pensato per chi non ha la possibilità di raggiungere questi luoghi meravigliosi, dove oltre a comprare e basta si possono scambiare idee e dritte e fare due chiacchiere con chi con il cibo, quello vero, ha a che fare ogni giorno, lo ama e lo diffonde in ogni modo, anche a costo di venderlo al prezzo che l’ha pagato lui, perché la gente lo conosca e lo faccia girare.
Queste realtà uniche e virtuose vanno difese e sostenute in ogni modo, non solo per farle sopravvivere e crescere, e perché ne nascano tante in ogni quartiere di ogni città, creando lavoro per tante singole persone e famiglie, ma anche per tornare piano piano a essere umani. A fidarci di chi ci sta di fronte, ad ammirare chi fa le cose per bene, a riavere la possibilità di scegliere di acquistare ciò che vogliamo veramente e non la prima cosa che ci capita davanti, stressati e di corsa, da scaffali che obbediscono a regole di marketing che sfruttano i buchi neri psicologici che ci siamo cuciti addosso senza accorgercene.
Anche perché non vi potete assolutamente perdere le uscite delle vecchiette che pur non capendo nulla di cibo consapevole frequentano molto assiduamente la Bottega, perché fanno ancora parte di quei pochi eletti che hanno mangiato durante la loro infanzia il cibo vero e ne riconoscono il sapore nelle cose che comprano da Giorgio e Giulia. E in cambio li allietano quotidianamente con perle tenerissime come “sì sto a fa’ la spesa dal biologo” o “le fragole mi raccomando piccole perché a me le cose grosse inquietano” (nell’immaginario collettivo il biologico *deve essere* brutto), e poi “i fagiolini gialli so’ vecchi” (no signora nascono proprio gialli questi) e i peperoni verdi (che non si possono lasciare sulla pianta quando fa troppo caldo perché il sole li brucia) che sono acerbi :-)
Se non avete una bottega consapevole (per adesso non sono tante, ma non mettiamo limiti all’umana provvidenza) dalle vostre parti, tenetevi informati sui mercatini dove potete trovare loro o direttamente i produttori; fate attenzione che siano produttori seri, non gente che va a comprare la frutta e verdura qualsiasi ai mercati generali e la rivende come fosse sua; fate domande, rompete le scatole, informatevi. Per i Romani segnalo che il mercato bio a Trionfale, quello nella scuola Waldorf di cui vi ho parlato qualche mese fa, adesso c’è ogni terza domenica del mese, tutto l’anno, come appuntamento fisso. Ne parlerò anche stasera alle 19 su Radio Stonata, nei miei 5 minuti settimanali di timidezza on air (se ve li perdete zac provvede a scolpirli in una pagina apposita qui sul blog, a imperitura memoria) :-D
Vabbeh mi fermo qui se no vi faccia una capa tanta come al solito (troppo tardi, eh?). Vi dico solo un’ultima cosa per la quale i romani mi ringrazieranno (scommettete?): sabato 3 ottobre da Piccola Bottega Merenda ci sarà un evento che non potete proprio perdere. Dalle 10 alle 13 i piccoli botteghi offriranno ai convenuti la ciambella al mosto, un dolce casalingo tipico di Marino che si prepara solo due settimane all’anno (appunto quando c’è il mosto) in versione farro monococco. Cito Giorgio Pace: “storicamente altro non è dato sapere: un impasto che varia da uscio di casa a uscio di casa, roba da far impallidire la più autarchica delle cucine regionali” :-D Per la ciambella useranno il mosto di Casale Certosa di Pavona, che coltiva uva in biodinamica e l’impasto lo farà la biscotteria Suljma di cui vi dicevo sopra.
Il tutto verrà accompagnato da un paio di vini sfusi biodinamici, ma io vi consiglio di portarvi in borsa un bel bicchiere (non di plastica, orrore!) perché, non so se avete fatto caso alle foto qui attorno, in Bottega è pieno di roba buona: tutti vini naturali, piccoli vigneron e gente che produce in biodinamico (e qualche volta invecchia nelle anfore!!!) o.O
Vabbeh, adesso scusatemi ma devo proprio andare a scolpire il nome di questa Bottega della resistenza contadina sulla mia pietra dei duri e puri, e capite bene che ci metterò un po’. Spero di leggere presto su questa pagina i commenti alticci di chi andrà a curiosare da loro (e portatevi la tessera, ve lo ricordate che da loro i pastonudisti hanno lo sconto, no?) :-)
Piccola Bottega Merenda
via Anicio Gallo 59/61 — 00174 Roma
info.piccolabottega@gmail.com
+39 06 7151 0455
orari di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 14.00 e dalle 16.00 alle 20,30 (chiusi il giovedì mattina) e il sabato dalle 9.30 alle 13.30 e dalle 14.00 alle 19.30
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