Sono passati 7 mesi dall’ultimo aggiornamento orto sul terrazzo, e un sacco di acqua è passata sotto i ponti (e nell’innaffiatoio). Eravamo rimasti a settembre che avevo trovato le piante mezze morte al rientro dalle vacanze, anche se avevo coperto la terra con paglia e pigne anti-gatto. Avevo appena adottato un piccolo ulivo, e avevo iniziato a seguire le fasi lunari avvalendomi dei consigli dei mitici Paunger e Poppe.
L’ultimo proposito era far crescere gli ortaggi all’ombra di qualche alberello che può stare in vaso, visto che il terrazzo è troppo scoperto e le piante soffrono il vento e il sole a picco, e i miei 5 pianeti in vergine lo stanno perseguendo con tutta la loro testardaggine, tanto è vero che c’è un nuovo arrivato, un ciliegio che mi ha regalato zac per San Valentino.
Lui sì che mi conosce! Peccato che non sapeva che i ciliegi hanno radici molto esigenti e in vaso difficilmente si adattano; ma la gioia è stata troppa, ormai ce l’ho e per adesso rimane! Risolverò eventuali problemi man mano che si presenteranno.
Attualmente quindi abbiamo due macro-isole sul terrazzo (ho raggruppato le piante tutte insieme perché si supportassero tra loro — questa è stata una pura intuizione e mi pare stia funzionando); ho aggiunto una mezza botte dismessa che mi è stata donata nella quale ho seminato una zucchina (come al solito ho sottovalutato lo spazio che questo ortaggio pretende!) e sparso semi di melanzane, pomodori e peperoncini nei vasi del ciliegio, del nespolo, del fico (che sta crescendo) e — tanto per sperimentare — anche in vasi tutti per loro (una per vaso).
I nuovi arrivati sono un baby-melograno venuto prepotentemente alla luce non chiedetemi come in uno dei vasi delle fragole, e che come potete vedere qui sotto ho trapiantato in un bel vaso tutto per lui, e una pianta di rincospermum che mi servirà per ombreggiare la parte a ovest del terrazzo, offrire un po’ di umidità (sul terrazzo c’è sempre vento e le piante lo soffrono molto) e soprattutto per avere un po’ di privacy visto che da quel lato del terrazzo ci sono tanti balconi altrui :-)
Al momento l’olivo e il nasturzio sono in fiore, il fico, il melo e l’alloro si stanno alzando un bel po’ (quest’ultimo inizia a fare un po’ di ombra attorno a sè, che carino); sto per avere il mio primo vero raccolto di zucchine. In particolare questa cosa della pianta di zucchine mi riempie di emozione, perché cresce molto (molto!) velocemente, ed è estremamente generosa di fiori e frutti, oltre ai tenerumi che vengono fuori a fine stagione.
Ho imparato a mie spese (ricordate le ottimistiche cassette di legno dei primi tempi?) che per le zucchine serve un vaso decisamente grande; anche la botte gli sta stretta, come vedete sopra sborda abbondantemente (e temo abbia appena iniziato). Con la diligenza del buon padre di famiglia, ho seminato due semi assieme, pensando che uno avrebbe cannibalizzato l’altro; invece sono cresciuti tutti e due (tenete conto che le piante di zucchina dovrebbero stare almeno a 80 centimetri l’una dall’altra) e il risultato è stata una superpianta esplosiva che per adesso sembra stare piuttosto bene e comincia a fruttificare.
Ho pure pronto il rimedio per il famoso oidio, il fungo che quando la pianta decide che è tempo di andare nel paradiso delle piante arriva a consumare le foglie e quello che rimane della pianta. Nell’accezione convenzionale l’oidio è un mostro da distruggere; io lo vedo più come uno spazzino che viene a demolire “quel che resta del giorno”.
Se ben ricordate ne avevamo parlato nel post della fattoria Le Spinose, e avevamo detto che uno dei modi per far durare di più la pianta era asportare le foglie man mano che venivano coperte dal fungo; la pianta “cammina” sul terreno e continua a produrre (nel suo caso fino a novembre!). Io però non avendo spazio per farla andare a passeggio sul terrazzo, quest’anno se vorrò prolungare un pochino la vita del mio zucchina-sauro proverò un rimedio che la Raffaella Nencioni di cui spesso vi parlo ha postato su Facebook un paio di mesi fa: “per ogni litro di acqua distillata aggiungo 10 grammi di bicarbonato di sodio e sciolgo bene, poi aggiungo 10 gocce di tea tree oil e 10 gocce di propoli alcolica (quella per la gola, che si compra dagli apicoltori). Ho fatto due trattamenti a distanza di 5 giorni l’uno dall’altro, la sera subito dopo il tramonto.”
Questo trattamento completamente naturale può essere fatto sia preventivamente sia quando il fungo è in azione spruzzando direttamente sulla pianta, possibilmente asportando la foglia malata, e sostituisce il rame che normalmente si usa in agricoltura biologica, che purtroppo è abbastanza inquinante. In biodinamica invece se non sbaglio si usa il macerato di equiseto; Raffella a questo proposito nel suo post scrive: “L’equiseto l’ho trovato utile come prevenzione, non come cura. È ricco di silicio e irrobustisce i tessuti rendendoli più resistenti all’attacco del micelio. Se il micelio si è già attaccato al tessuto è più efficace il bicarbonato, che rende il ph di superficie non compatibile con lo sviluppo del fungo, e gli antifungini naturali come propoli e oli essenziali”.
Passiamo all’argomento del post, il terrore di tutte le mie adorate piantine. Se ben ricordate il problema più grande l’anno scorso, oltre al calore esagerato del terrazzo, è stata l’amata, maledetta gatta scavatrice di casa, della quale potete intravedere il caratterino nella foto qui sotto. La sua passione è praticare nottetempo profonde buche nei vasi spargendo terra dappertutto e lasciando ovviamente abbondanti tracce organiche, in disinvolta alternativa alla sabbietta. Questa cosa è talmente traumatica per ortaggi, fiori e quant’altro, (quando non li sradica e li distrugge) che si seccano quasi all’istante.
Nei post precedenti vi avevo raccontato che avevo provato a coprire il terreno con la rete per le galline, che però è scomodissima sia per gestire le piante sia per le piante stesse; oltretutto il mostro scava nei buchi esagonali con le zampine sante (gliele taglio!). In un secondo momento ho provato a coprire la terra con le pigne, ma impediscono alle piante di crescere nel modo che voglio, ho il dubbio che siano acide come gli aghi dei pini, e inoltre l’orrido essere le fa rotolare fuori dai vasi e scava ugualmente (e ci si diverte pure).
Un’altra prova è stata coprire la terra dei vasi con cocci appuntiti, ma secondo me impediscono un po’ alla terra di respirare, e comunque l’assassina riesce a spostarli e scavare lo stesso. Adesso vi dico cosa ho provato a fare nei mesi scorsi ma vi prego non ridete :-D
Gironzolando su Pinterest (attenti perché è un buco nero senza ritorno quel social) mi sono imbattuta in queste “chicken wire cloche”, delle gabbiette di ferro che si mettono attorno agli ortaggi per non farli mangiare dalle galline, e ho voluto provare a farle pure io, pur avendo tanti dubbi (non creerò mica una gabbia di Faraday attorno alle piante, problemi di magnetismo etc?) e difficoltà (ancorare le gabbie ai vasi, toglierle ogni volta che dovevo fare qualche lavorazione etc.). Il risultato è stato quello che vedete nelle foto qui attorno (non biasimatemi mi faccio pena da sola).
Non fate caso al tocco artistico della cupola, ché io non ci riesco proprio a fare le cose normali nemmeno se mi impegno; in realtà le gabbie potevano essere fatte molto più facilmente come le vedete su Pinterest, anzi se volete sollazzarvi eccovi un tutorial per costruirle. Ad ogni modo la fase cat wire cloche ha avuto fine qualche settimana fa per i seguenti problemi riscontrati:
uno: le piante tendono a crescere molto fuori dai vasi (vedi zucchine) e quando arrivano alla rete le foglie cominciano a rovinarsi, tagliarsi etc;
due: non ho mai potuto vedere nessuna forma di vita in gabbia (conigli uccelli, nemmeno i pesci negli acquari) e ho capito che non ce la posso fare nemmeno con le piante;
tre: ogni volta che c’era da fare qualche lavoro (potare, togliere foglie, aggiungere terra e pure semplicemente annaffiare) bisognava fare equilibrismi assurdi o togliere le gabbiette (che palle);
quattro: per fare le gabbie ci mettevo un secolo.
La goccia che ha fatto poi traboccare il vaso è stata un pomeriggio passato a “intensificare” una delle griglie superiori per renderla più stretta (la gatta era riuscita a entrare nel vaso e a scavare) e il giorno dopo trovare la stessa gabbia tutta schiacciata e deformata: la psicopatica felina era riuscita a farsi strada lo stesso, aprendosi un varco non so come. Risultato, nella disperazione del momento ho tolto tutte le gabbie e chiuso l’accesso al terrazzo alle gatte fino a quando non troverò una soluzione!
Hanno a loro disposizione i balconi che sono grandi e assolati, ma per adesso niente più giri sui tetti a meno che non sia presente io (tanto con la bella stagione tutto il tempo che non sto qui a scrivere lo passo sul terrazzo a fare qualcosa). Con grande gioia e tripudio degli uccellini che in questa stagione fanno il nido sul tetto e che non rischieranno più la vita a causa di Bonnie e Clyde che nel tempo li hanno spesso recati in grazioso dono ai nostri piedi, per esempio al mattino a colazione (e le devi pure ringraziare se no si deprimono).
Adesso se smettete di ridere vi anticipo che sto già preparando il prossimo post basato su come annaffiare nel modo più giusto possibile e altre piccole dritte sempre utili per gli orto-dummies come noi :-D Intanto buona coltivazione testarda e indefessa!!
Hai provato mettendo tra le maglie della rete del pungitopo? Con la mia gatta ha funzionato, soprattutto per le piante in casa. Buona fortuna