È passato quasi un anno dall’ultimo articolo di questa rubrica sull’agricoltura; avevo promesso di raccontarvi l’andamento dell’orto sul terrazzo e di darvi magari un po’ di dritte su come farlo prosperare, ed eccomi qui a raccontarvi successi e fallimenti.
L’anno scorso avevo piantato semi di zucchine, fagiolini, carote, qualche piantina di pomodoro e un paio di piccole zucche, e avevo cominciato a sperimentare con i fiori, dopo aver appreso che sono importanti per attirare gli insetti utili per le piante e in generale fondamentali per la sopravvivenza delle api. Ebbene in Luglio come sapete sono stata fuori per un mese, e ho lasciato a una signora di mia conoscenza l’incombenza (pagata) di bagnare le piante; in Agosto le piccole erano quasi tutte sull’orlo della morte.
Oltre al fatto che la tipa aveva fatto un po’ come le pareva con l’innaffio, ci dovevano essere stati altri motivi per quella sconfitta; ho dedicato molti mesi di quest’anno a studiare per capire quali erano stati, ed ecco il motivo per cui questa rubrica ha subìto una battuta d’arresto fino a oggi (mica avrete pensato che mi ero arresa, eh?!).
Premetto – per chi non avesse seguito gli episodi precedenti – che l’orto in vaso è cosa ben diversa dall’orto in piena terra; se avete la fortuna di avere un giardino o un patio con un po’ di terra è tutto molto più semplice e veloce, anzi se avete domande in proposito fatemele tranquillamente qui sotto nei commenti ché sono preparatissima :-D
Per prima cosa, il terreno
Come vi ho detto e ripetuto fino alla consunzione, il terreno viene sempre per primo. Siccome non ho mai voluto usare (e mai userò) materiali plastici, e però non potevo permettermi di acquistare cassette di coccio abbastanza grandi (che sarebbero stati anche molto pesanti sul terrazzo, non che poi mi crolla in testa lui e la passione per il giardinaggio neh), come avete intravisto nelle foto dei vecchi post avevo optato per delle cassette di legno (quelle della frutta per capirci), che avendo assi distanti tra loro, avevo incautamente rivestito con vecchie lenzuola di cotone molto spesso.
Gli errori che ho fatto sono stati due, collegati tra loro: primo, ho usato terra appena acquistata al vivaio (anche se bio e tutto il resto appresso). Le piante non ce la fanno a crescere in un suolo così “vergine”: perché siano sane e forti la terra nella quale crescono deve essere ricca di humus, che si sviluppa partendo dalle radici delle erbe spontanee e delle altre piante vicine (la famosa “biodiversità ipogea” di cui parlava Giancarlo Cappello, ricordate?).
Questo è anche il motivo per cui non bisogna rivoltare mai il terreno (e infatti avendo un giardino bisognerebbe trapiantare le piantine su sodo, anche detto inerbito o in inglese “no till transplant”.
Il secondo errore è stato non coprire abbastanza la terra attorno alle piante. Non basta uno strato sottile e sporadico come quello che facevo con gli scarti delle verdure. Sulla terra piena (cioè non in vaso) ci vogliono, Civiltà dell’Orto docet, quindici o venti centimetri di fieno (non di paglia, di fieno). La paglia è fatta di steli di grano e di orzo, il fieno invece è fatto da erbe essiccate e contiene quindi anche numerosi semi, che facilmente passano alla terra (ed ecco che compaiono subito le preziose erbe spontanee).
*Mai* lasciare la terra nuda. Solo coprendola bene si svilupperanno i microbi fondamentali per rendere solubili e disponibili i nutrienti e i vari animaletti sotterranei, tra cui i meravigliosi lombrichi, che la rendono soffice e colloidale.
Vi riporto le parole della meravigliosa Raffaella Nencioni, che seguo da tempo su Facebook, leggerla e diffondere il suo lavoro è sempre un piacere immenso:
La compattezza del suolo è direttamente proporzionale alla scarsità della microbiologia del suolo. Ovvero, più il suolo è povero di microrganismi e più diventerà compatto. Sono infatti i microrganismi del suolo (batteri, funghi, enzimi, insetti, lombrichi, ce ne sono diverse migliaia di specie) che, vivendo nel terreno, lo mangiano, lo trasformano, lo aerano e quindi lo mantengono soffice, ma anche capace di trattenere l’acqua e i nutrienti necessari alla crescita delle piante.
Un terreno morto, privo di questi organismi, perde la sua struttura elastica e si compatta, diventa asfittico, ovvero l’ossigeno non entra, si salinizza; i minerali, non essendo più legati alla microbiologia del suolo, si liberano nel terreno e diventano sali, rendendo ancora più difficile la vita ai microrganismi (nel sale non cresce nulla, non a caso è un conservante), e il ciclo diventa vizioso.
Quindi la domanda è: cosa distrugge la microbiologia del suolo? E poi, cosa invece la incrementa? Le lavorazioni del terreno sono la prima causa di distruzione della microbiologia del suolo: l’eccesso di ossigeno e luce sterilizza letteralmente i microrganismi del terreno. Se infatti voglio “dare una rinfrescata” ai materassi di casa, li porto fuori in una bella giornata di sole, perchè l’ossigeno mi asciuga le muffe e i raggi ultravioletti del sole hanno un’azione battericida.
Sapendo ciò, e tutti lo sanno, la prima cosa da fare è cessare le lavorazioni del terreno. La seconda è coprirlo, mettere una spessa pacciamatura, affinchè si ricreino le condizioni ideali per la vita dei microrganismi.
Un’altra cosa che distrugge la microbiologia del suolo sono i concimi in forma mineralizzata: quindi di sicuro i concimi chimici, ma anche il letame e lo stallatico pellettato. In essi l’azoto è in forma minerale, ovvero come nitrato, e il nitrato è un sale, un sale che viene messo nei salumi come conservante per non far crescere batteri pericolosi. Quindi, introdurre letame o qualsiasi altro tipo di concime nel terreno è la seconda cosa importante da non fare.
Al contrario, specialmente se abbiamo un terreno morto (e il terreno compattato lo è quasi), sarebbe meglio introdurre tutti quegli organismi che mancano e che con le condizioni ideali ricreate (non lavorazioni e pacciamatura) possono riprendere a vivificare il suolo e renderlo di nuovo soffice, come accade nel bosco.
Quindi, a seconda di che tecnica agricola vogliamo seguire, possiamo spargere humus di lombrico, preparato biodinamico 500 (cornoletame), micorrize prese dal bosco e moltiplicate, microrganismi effettivi (EM), bokashi. Ovvero, tutti quegli elementi dove è presente la vita, la microbiologia del terreno, e dove i minerali non sono in forma libera.
Un modo empirico per vedere se i minerali sono in forma libera, sali, oppure no è quello di sciogliere il preparato in esame nell’acqua: se la colora, vuol dire che ci sono sali idrosolubili, se l’acqua resta limpida vuol dire che non ci sono. Sia il letame, sia lo stallatico pellettato colorano l’acqua. Il cornoletame no.”
Come ti invito l’humus nel vaso
Applicare questi princìpi alla coltivazione in vaso è quindi il mio prossimo step; vi dico cosa sto facendo adesso e tra qualche mese vi saprò dire se ha funzionato. Intanto ho dismesso le cassette di legno, che perdevano acqua da tutte le parti, e ho comprato i vasi di coccio più grandi che ho trovato, compatibilmente con le mie possibilità economiche (quelli fatti bene sono piuttosto costosi!).
Il coccio è meraviglioso, fresco in estate e caldo in inverno, traspira che è una bellezza ed è pure molto bello da vedere (a differenza delle cassette). La grandezza è fondamentale perché più terra c’è nel vaso meno sbalzi di temperatura subiscono le piante, e più rimane umido a lungo il terreno, oltre alla possibilità di fare delle consociazioni (cioè coltivare più di un tipo di pianta nello stesso vaso).
Ho usato il terreno che era nelle cassette (quindi non era vergine) per riempire i vasi, posizionando prima un pezzetto di coccio un po’ ricurvo sul foro sul fondo, poi una decina di centimetri di cocci rotti in piccoli pezzi (o di argilla espansa, ma quest’ultima tende a sbriciolarsi e compattarsi nel tempo), e dopo la terra, cercando di prenderla tutta in un pezzo, rispettando gli strati che si erano formati senza rivoltarla o romperla. Ho piantato le piantine e i semi nella terra senza rivoltarla con la zappetta, ma non ho potuto usare la paglia per coprire perché ho una gatta che è una scavatrice seriale.
Con la suddetta felina ho provato molti metodi di dissuasione, tra cui sassi tipo quelli del mare (li sposta e scava); spiedini di legno conficcati nel terreno (li dribbla e scava); assi di legno messe sui vasi in orizzontale (le fa cadere e scava). l’unica cosa che finora ha funzionato sono stati pezzi di coccio appuntiti (li vedete nella foto sopra) che hanno anche il pregio di tenere la terra umida, ma ho sentito parlare molto bene anche delle pigne, che andrò a cercare nel bosco in questi giorni.
Dove ho potuto ho cercato di far crescere un tappeto di erba aromatica (il timo serpillo funziona alla grande); tutte le altre spontanee mi limito a schiacciarle sotto i cocci o a cimarle quando diventano troppo alte, tranne il trifoglio (soprattutto quello rosso), che estirpo fino alla radice appena lo vedo fare capolino, perché crea un reticolo di radici che invade tutto il vaso finendo per soffocare le altre piante; la stellaria, che invade tutti i vasi, la cimo man mano che cresce rimettendola sul terreno, perché anche lei è un po’ troppo gioiosa e tende a colonizzare la qualsiasi.
Importantissimo: i vasi devono essere in qualche modo sollevati dal sottovaso (vedi foto sotto), perché quando questo si riempie di acqua le radici delle piante non riescono a respirare e vanno in asfissia radicale; io ci metto sotto dei grandi tappi di sughero ma va bene qualsiasi supporto li sollevi dall’acqua di qualche centimetro. Dentro i sottovasi metto qualche monetina di rame per evitare che le zanzare li usino come incubatrici.
Ho messo una grande fioriera di rame vicino alle piante e l’ho riempita d’acqua. Gli insetti e le piante amano gli ambienti umidi e inoltre posso usare direttamente l’acqua “ferma” per annaffiare le piante, visto che è a temperatura ambiente e ha meno cloro. Ancora meglio, spesso è piena di ottima acqua piovana vista la primavera umida che stiamo avendo.
In attesa di capire se questo nuovo metodo funziona ho rinunciato agli ortaggi estivi: riprenderò tra agosto e settembre con le verdure invernali. Per adesso direi che più che un orto abbiamo un quasi-frutteto e un giardino di erbe aromatiche: se guardate le foto vedrete che sto amorevolmente privilegiando gli alberelli che l’anno scorso erano poco più di teneri virgulti. Guardate nella foto qui sopra il nespolo giapponese che l’anno scorso era alto venti centimetri che cosa è diventato adesso!
Avere degli alberelli nell’orto in fieri, oltre al miraggio di raccogliere un po’ di frutta naturale sul proprio terrazzo, ha il vantaggio che le piante che soffrono stando troppo esposte al sole, come le insalate ad esempio, a senso dovrebbero crescere molto meglio in consociazione sotto le loro fresche frasche; Farò la prova e vi dirò che succede (ma mi piacerebbe anche una pergola di legno molto basica, con teli che posso mettere e togliere) :-)
Ricapitolando:
• vasi di coccio, più grandi possibile e sollevati dal sottovaso;
• terra coperta con piante tappezzanti, fieno e scarti dell’orto;
• provate a piantare gli ortaggi più sensibili al caldo sotto un alberello in vaso;
• un “laghetto” d’acqua nei pressi dei vasi;
• se avete gatti scavatori, pezzi di coccio o pigne sulla terra;
• inserite nell’orto fiori adatti agli insetti impollinatori in quantità;
• mollate la sindrome del controllo fuori dall’orto e cercate invece di aiutarlo a fare ciò che vuole;
• quando annaffiate non bagnate le foglie, solo il terreno (a meno che non stia piovigginando).
Ultimo consiglio al volo per adesso (ne lascio un po’ per il prossimo post!): se la sera vedete lumache sui vasi lasciatele fare. Se le piante sono in equilibrio e sul terreno sotto e sopra la paglia ci sono scarti di verdure mangeranno solo quelle e le foglie più fragili e molli esterne degli ortaggi, o magari assaporeranno qualche fragola, lasciandone altre. Abituiamoci a dividere i frutti della terra con tutti gli altri abitanti del pianeta. Se fatta nel modo giusto l’agricoltura vi aiuterà anche a evolvervi come mai avreste pensato.
Bello, bellissimo post! Pieno di consigli utili, ma anche fonte di dubbi e domande, tipo:
1- Hai detto che un tuo errore è stato prendere terra appena comprata dal vivaio…ma come fare altrimenti? Ok, potrei prendere la terra da qualche terreno qui vicino, io che sono in campagna, ma se fosse tremendamente difficile causa troppi trattamenti agricoli? O se abitassi in città?
2- Non riesco bene a capire perché il letame no. Non che voglia usarlo, andrebbero benissimo gli altri metodi, è una mia curiosità intellettuale. Nel senso: per millenni il passaggio di erbivori e animali vari nei campi è stata l’unica fonte di fertilità, come lo è stata negli ambienti selvatici, insieme alla decomposizione di corpi e foglie morte. Perché dici che non andrebbe usato in agricoltura? Leggevo di fattorie virtuose, tipo quella di Joel Salatin citata da Pollan in “Il dilemma dell’onnivoro” che sfruttano proprio le deiezioni di mucche e galline come unica fonte di nutrimento per i campi, che sono in supersalute e danno da mangiare agli animali di continuo…ho un po’ di confusione, sob..
Grazie per le tue sperimentazioni e questo gran lavoro, io sto riuscendo a non far morire 3 piante di rucola e una di lamponi, e non è poco…spero di riuscire presto a fare ancora meglio!
P.S: Dici che il gatto se ci sono le pigne non scava? Non per tirartela, ma secondo me le butta giù in un attimo e ci si diverte pure :) Meglio i cocci! Ma se mi smentisci sarò superfelice, io non ho un gatto scavatore, ma i miei vicini sì…ed è decisamente un cittadino del mondo, maledizione…
@Claudia: Grazie tesoro, in realtà ci speravo proprio che fosse foriero di dubbi e domande, che mi sembra sempre di dire la metà di quello che vorrei! :-)
Per quanto riguarda la terra, quello che intendevo è che prima di metterci un seme o una pianta secondo me converrebbe tenere un vaso a erbette spontanee o insomma piantine che non richiedano molto, mettendoci sopra gli scarti delle verdure che si mangiano etc e magari usare quella terra dopo qualche mese o meglio un anno, senza rivoltarla né scavarla, quindi nello stesso vaso, per poi piantare in “inerbito” a quel punto.
In realtà mi parlano tutti molto bene anche del concime di lombrico, per quanto la cosa migliore sarebbe se dentro la suddetta terra ci fossero proprio i lombrichi veri (in vasi molto grandi sopravvivono, ho notato). Non scherzo, io quando li trovo in giro nel patio li prelevo e li… trasferisco! :-)
Per quanto riguarda la concimazione, è vero che per millenni gli erbivori hanno pascolato, ma di solito si muovono, vale a dire magari si fermano sul prato qualche tempo e poi si trasferiscono altrove. In questo modo l’apporto di letame è minimo, e passa tanto tempo prima che venga “depositato” di nuovo. Podolinsky se ricordi lo spiegava in un post che scrissi qualche tempo fa.
Per quanto riguarda invece i gatti, le pigne sono solo una flebile speranza!! Per adesso i cocci funzionano ma non sono infallibili, ma prima o poi una soluzione la troverò ormai è diventata una lotta all’ultimo sangue tra me e i gatti! Ho provato anche la rete per le galline messa sulla terra, ma oltre a essere scomodissima i gatti infilano le maledette zampette tra una maglia e l’altra e riescono a scavare lo stesso! >:-(
Anche la mia gatta scava e sono riuscita a risolvere il problema mettendo una rete a maglie strette o in alternativa appoggiare sui vasi dei rami di pungitopo o delle bucce di agrumi, che ai gatti non piacciono. Ma, come si sa, ogni gatto è un unicum!